Il calore dopo il dolore
di
Kugher
genere
sentimentali
“Come stai?”
“Hai gli scrupoli per come mi hai conciata?”
Lui le sorrise e la strinse a sé, nell’abbraccio che li univa dopo l’orgasmo quando, nell’ombra della stanza, si infilavano sotto le coperte e lui la avvolgeva tra le braccia.
“Conciata? Tu? Io? ma se ho usato la piuma questa volta”.
Andrea adorava accarezzare con la lingua i segni lasciati dallo scudiscio sulla schiena di Monica.
Anche ad orgasmo avvenuto, quando la tensione e la pressione che aveva dentro mentre la usava si era placata, amava guardare le testimonianze del suo potere (e della corrispondente sottomissione) sul corpo femminile.
Era un momento nel quale l’isola temporale che si erano creati prolungava i suoi effetti.
L’emozione e l'eccitazione iniziavano alcune ore prima del loro incontro, anche il giorno precedente, costringendoli a trascorrere una notte con l’ansia dell’attesa, dell’eccitazione che iniziava a montare dentro e a creare i presupposti per le ore nelle quali avrebbero chiuso fuori il mondo o, meglio, dal mondo sarebbero usciti loro.
Lei era entrata per prima in stanza, in modo da accoglierlo nuda, inginocchiata appena davanti alla porta.
Quei minuti iniziali erano come la prima salita delle montagne russe, quando la lentezza caratterizza l’avvicinarsi alla prima discesa, quando, con lo strappo dell’accelerazione improvvisa dopo lo scollinamento, si viene presi dal vortice delle passioni e delle emozioni, col tempo che si restringe e si dilata in modo da adattarsi alle esigenze di coloro che vivono quel percorso adrenalinico nel quale il mondo si capovolge, dove la libertà coincide con la schiavitù e l’affetto con il dolore alla schiena o ai capezzoli torturati, dove il movimento fisico viene costretto da corde e catene che imprigionano il corpo lasciando libera l’anima di appartenere ad altra persona che detiene su di sè l’eccitante potere.
L’abbraccio nella penombra naturale della stanza restituiva al tempo la possibilità di scorrere normalmente, con i secondi che quasi coincidevano col battito cardiaco, a differenza di quando ogni scorrere di lancetta di orologio avrebbe potuto contare più battiti per ciascuno dei due cuori coinvolti nello scambio di piacere.
La pelle del petto di Andrea aderiva alla schiena di Monica ed il calore continuava a scambiarsi di posto da un corpo all’altro, calore assaporato dalla carezza della lingua sul collo della donna, un tocco delicato teso alla ricerca del sapore altrui, per farlo proprio e trattenerlo con sé, dando maggior corpo al calore che lui teneva tra le braccia.
“Smettila di bagnarmi tutta con quella lingua umidiccia”.
Il tono della voce non coincideva con le parole pronunciate mentre, civettuolamente, la ragazza abbassava il collo per offrire più centimetri della pelle alle attenzioni di Andrea che, con la scusa di avere colto sul serio la sua lamentela, la imprigionava tra le braccia col solo scopo di ridurre maggiormente la già inesistente distanza tra i due corpi che, nelle sue intenzioni, voleva maggiormente fondere e unire.
“Devi sempre lamentarti? Forse ti ho frustata troppo poco se hai ancora voglia di reagire”.
Durante il dominio lei lo provocava sempre, aveva bisogno di testare i loro confini, bisognosa di sentire il dominio prepotente, che abbatteva le sue finte difese per sentirsi sopraffatta dal potere altrui al quale cedeva il proprio in modo che, dopo la “conquista”, avrebbe potuto fare di lei ciò che voleva per il proprio piacere.
Le piaceva sentire il dolore che sconfiggeva, secondo dopo secondo, la propria forza di ribellione per spingerla ai piedi di colui che, vittorioso, la teneva sotto il proprio piede.
La loro era una danza la cui coreografia veniva scritta all’istante, come una musica jazz suonata d’impulso, con le note che in quel momento l’anima emetteva, creando un movimento nel quale a volte era lei a provocare ed altre lui a condurre, chiamandosi e respingendosi per poi unirsi con la forza prima e con la sottomissione poi, quando lei cedeva completamente l’uso del proprio corpo alla persona che l’aveva fatta sua, tenendo quel guinzaglio corto e stretto, con gli arti incatenati mentre prendeva ciò che era suo infliggendo a quel corpo sottomesso il dolore che in quel momento testimoniava il potere conquistato teso alla ricerca del proprio piacere.
“E’ che tu sei maiale h24”.
Lui faceva finta di cedere alla sua finta ribellione, volta solo a farlo stendere per consentirle di sdraiarsi su di lui.
Sapeva che ad Andrea piaceva guardare il suo viso circondato dai capelli che, cadendo ai lati, gli solleticavano il viso ed avevano l’effetto di escludere tutto dal suo orizzonte, concentrando lo sguardo solo sui rispettivi ovali sorridenti.
Le piacevano le mani maschili che lievemente le accarezzavano la schiena, sfiorando la pelle e fermandosi a volte in un punto nel quale sentiva il peso ed il calore, fino al momento in cui le due braccia la stringevano a sé e le lingue si toccavano al ricerca del piacere del contatto, avendo già ottenuto quello erotico.
Il completo rilassamento della tensione iniziata il giorno prima arrivava sempre troppo presto ed il sonno li coglieva abbracciati, stretti, fusi.
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krugher.1863@gmail.com
“Hai gli scrupoli per come mi hai conciata?”
Lui le sorrise e la strinse a sé, nell’abbraccio che li univa dopo l’orgasmo quando, nell’ombra della stanza, si infilavano sotto le coperte e lui la avvolgeva tra le braccia.
“Conciata? Tu? Io? ma se ho usato la piuma questa volta”.
Andrea adorava accarezzare con la lingua i segni lasciati dallo scudiscio sulla schiena di Monica.
Anche ad orgasmo avvenuto, quando la tensione e la pressione che aveva dentro mentre la usava si era placata, amava guardare le testimonianze del suo potere (e della corrispondente sottomissione) sul corpo femminile.
Era un momento nel quale l’isola temporale che si erano creati prolungava i suoi effetti.
L’emozione e l'eccitazione iniziavano alcune ore prima del loro incontro, anche il giorno precedente, costringendoli a trascorrere una notte con l’ansia dell’attesa, dell’eccitazione che iniziava a montare dentro e a creare i presupposti per le ore nelle quali avrebbero chiuso fuori il mondo o, meglio, dal mondo sarebbero usciti loro.
Lei era entrata per prima in stanza, in modo da accoglierlo nuda, inginocchiata appena davanti alla porta.
Quei minuti iniziali erano come la prima salita delle montagne russe, quando la lentezza caratterizza l’avvicinarsi alla prima discesa, quando, con lo strappo dell’accelerazione improvvisa dopo lo scollinamento, si viene presi dal vortice delle passioni e delle emozioni, col tempo che si restringe e si dilata in modo da adattarsi alle esigenze di coloro che vivono quel percorso adrenalinico nel quale il mondo si capovolge, dove la libertà coincide con la schiavitù e l’affetto con il dolore alla schiena o ai capezzoli torturati, dove il movimento fisico viene costretto da corde e catene che imprigionano il corpo lasciando libera l’anima di appartenere ad altra persona che detiene su di sè l’eccitante potere.
L’abbraccio nella penombra naturale della stanza restituiva al tempo la possibilità di scorrere normalmente, con i secondi che quasi coincidevano col battito cardiaco, a differenza di quando ogni scorrere di lancetta di orologio avrebbe potuto contare più battiti per ciascuno dei due cuori coinvolti nello scambio di piacere.
La pelle del petto di Andrea aderiva alla schiena di Monica ed il calore continuava a scambiarsi di posto da un corpo all’altro, calore assaporato dalla carezza della lingua sul collo della donna, un tocco delicato teso alla ricerca del sapore altrui, per farlo proprio e trattenerlo con sé, dando maggior corpo al calore che lui teneva tra le braccia.
“Smettila di bagnarmi tutta con quella lingua umidiccia”.
Il tono della voce non coincideva con le parole pronunciate mentre, civettuolamente, la ragazza abbassava il collo per offrire più centimetri della pelle alle attenzioni di Andrea che, con la scusa di avere colto sul serio la sua lamentela, la imprigionava tra le braccia col solo scopo di ridurre maggiormente la già inesistente distanza tra i due corpi che, nelle sue intenzioni, voleva maggiormente fondere e unire.
“Devi sempre lamentarti? Forse ti ho frustata troppo poco se hai ancora voglia di reagire”.
Durante il dominio lei lo provocava sempre, aveva bisogno di testare i loro confini, bisognosa di sentire il dominio prepotente, che abbatteva le sue finte difese per sentirsi sopraffatta dal potere altrui al quale cedeva il proprio in modo che, dopo la “conquista”, avrebbe potuto fare di lei ciò che voleva per il proprio piacere.
Le piaceva sentire il dolore che sconfiggeva, secondo dopo secondo, la propria forza di ribellione per spingerla ai piedi di colui che, vittorioso, la teneva sotto il proprio piede.
La loro era una danza la cui coreografia veniva scritta all’istante, come una musica jazz suonata d’impulso, con le note che in quel momento l’anima emetteva, creando un movimento nel quale a volte era lei a provocare ed altre lui a condurre, chiamandosi e respingendosi per poi unirsi con la forza prima e con la sottomissione poi, quando lei cedeva completamente l’uso del proprio corpo alla persona che l’aveva fatta sua, tenendo quel guinzaglio corto e stretto, con gli arti incatenati mentre prendeva ciò che era suo infliggendo a quel corpo sottomesso il dolore che in quel momento testimoniava il potere conquistato teso alla ricerca del proprio piacere.
“E’ che tu sei maiale h24”.
Lui faceva finta di cedere alla sua finta ribellione, volta solo a farlo stendere per consentirle di sdraiarsi su di lui.
Sapeva che ad Andrea piaceva guardare il suo viso circondato dai capelli che, cadendo ai lati, gli solleticavano il viso ed avevano l’effetto di escludere tutto dal suo orizzonte, concentrando lo sguardo solo sui rispettivi ovali sorridenti.
Le piacevano le mani maschili che lievemente le accarezzavano la schiena, sfiorando la pelle e fermandosi a volte in un punto nel quale sentiva il peso ed il calore, fino al momento in cui le due braccia la stringevano a sé e le lingue si toccavano al ricerca del piacere del contatto, avendo già ottenuto quello erotico.
Il completo rilassamento della tensione iniziata il giorno prima arrivava sempre troppo presto ed il sonno li coglieva abbracciati, stretti, fusi.
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