La vera storia di DIANA (il karate)

di
genere
etero

A metà del mio aperitivo, mentre qualcuno parla forte e molti ridono, saluta il gruppo una mora dai capelli corvini, lucidi e lunghi.
È Diana, la tanto citata cugina calabrese di Veronica con la quale ha sempre passato le vacanze estive in Calabria ed ora è venuta qui a studiare.
Per Veronica, sua cugina è impareggiabile: bellissima, simpaticissima, sportivissima: insomma la cugina mitica.
Porta un vestito bianco sbracciato, veramente molto corto, che evidenzia due gambe assolutamente perfette dalle cosce spudoratamente scoperte fino in cima.
Cazzo! Bella è davvero bella. A parte che ha un’abbronzatura fenomenale, forse accentuata dal bianco del tessuto, ma queste gambe sono uno spettacolo da capogiro. Porta dei sandali argentati col tacco e le unghie delle dita smaltate di bianco, sia dei piedi che delle mani: piedi affusolati e mani lunghe ed eleganti. Solleva e porta una poltroncina accanto a Vero, che sposta la sua per farle spazio, e, sedendosi, accavalla quelle cosce abbronzate, mostrando con naturalezza tutta la coscia. L’orlo del vestito si solleva fino all’anca scoprendo la parte tonda del culo, e lasciando parecchi maschi, e anche alcune delle ragazze, senza fiato: che chiappa abbronzata, che stacco di cosce, che polpacci torniti e che caviglie eleganti.
Pum! Pum! Pum! Ho il cuore a mille e l’acquolina in bocca.
Ho già perso la testa per questa ragazza.
Gli occhi neri sembrano seri ed indagatori, ma con un sorriso solare, la cugina Diana ribalta in un istante questa sensazione negativa, senza però renderla sdolcinata: ha uno sguardo inteso, molto sexy.
Le sopracciglia sono accentuate, ma, pur essendo perfettamente curate, non sono quelle perfettine ad ali di gabbiano. Le braccia nude dai muscoli definiti si muovono nell’aria con gesti ampi e fluidi. Ha una voce un po’ greve che ricorda quella di una fumatrice, ma lei non fuma, non beve, ma secondo me, da come muove il culo sulla poltroncina, scopa divinamente.
In realtà è solo una mia fantasia, pensare che sia un po’ porca, perché non fa assolutamente nulla per farlo credere. Mi avvicino con noncuranza quando, nel via vai, la gente si alza e lascia il posto. Le chiedo cosa studia, se ha trovato casa. Per ora sta da Vero, ma sta cercando un monolocale, perché non ama condividere casa con atri. Mentre parla si accarezza gli avambracci mettendo in mostra le belle mani. Porta all’anulare destro un anello con una pietra artificiale bianca rotonda. I suoi occhi sono due pozzi di pece nera in cui mi sembra di poter cadere e perdermi: è assolutamente eccitante. Mi dice che in Calabria giocava regolarmente a pallavolo e che le piacerebbe trovare una squadra per tenersi allenata e giocare anche qui. Svelato il mistero del bel fisico, le chiedo della Calabria e le dico di quanto mi sia piaciuta e i posti dove sono stato. Lei mi dice che dovrei visitarla meglio e vedere altri posti, meno turistici, ma più belli, che solo uno del posto conosce: “Se vieni giù, ti accompagno io volentieri”. Chissà se è solo un invito di circostanza o se veramente mi accompagnerebbe su spiagge deserte, solo io e lei, magari con un piccolissimo bikini bianco come il suo vestito. Mi si gonfia impercettibilmente il pacco nell’immaginarla mentre cammina sulla sabbia con i capelli al vento ed il culo ancheggiante.
Chiacchera anche con altri e, mentre il gruppo si disperde, lei si affianca a Vero, salutando cordialmente. La osservo mentre sorride e muove all’indietro i capelli lucidi e lunghi, con riflessi quasi blu. Aveva ragione Vero: è bellissima e sportivissima: ha un fisico che si fa notare parecchio, caratterizzato dai muscoli guizzanti, e da quello che, senza timore di smentita, deve essere un culo marmoreo. Mi saluta baciandomi sulle guance, pregandomi di farle sapere, tramite Vero, se conosco qualcuno che affitta casa.
Diana sale sulla smart nera di Vero con una rapida scosciata che mi regala uno spicchio di mutanda bianca, folgorandomi.
La notte l’ho sognata che ballava con il vestito bianco e, muovendosi flessuosa, lo sollevava ballando e mostrava un tanga lucente sulla pelle scura. Mi sono svegliato con una grossa erezione che ho domato a fatica.
Vorrei chiamare Vero per chiederle della cugina, ma mi faccio un po’ di scrupoli: prima o poi ci sarà l’occasione: bisogna saper attendere.
In effetti la settimana dopo quell’aperitivo, l’occasione si presenta ed incontro nuovamente quella che per abitudine tutti chiamano “la cugina di Veronica”.
Quest’anno è un settembre ancora molto caldo e la sera l’aria resta gradevole tanto che le ragazze sfoggiano ancora canottiere corte, che lasciano la pancia scoperta, su minigonne leggere o vestitini dal tessuto sottile.
Assaporo con gusto tutta questa abbondanza di corpi, esposti e abbronzati, di fine estate.
Il locale è sulla piazza più frequentata della città ed è gremito di gente. Sotto gli enormi ombrelloni asimmetrici i tavolini pullulano di fiche in tiro che attizzano i giovani maschi arrapati. Una marea di gente fluttua aggrappata ad un drink. C’è una tipa curvy che mi fissa da un bel po’: ha dei bellissimi capelli lunghi, molto mossi, che le incorniciano un volto rotondo con le labbra rosso carminio. Porta una camicietta attillatissima, abbondantemente sbottonata per mostrare un seno generoso e prorompente, infilata in una gonna corta elasticizzata che le fascia, strettissima, un culo rotondo, ma esageratamente grande. Io non sono un fan dell’abbondanza e non mi attira per niente la quantità dell’offerta, pur riconoscendo che sia di una bellezza che altri apprezzerebbero sicuramente.
Mentre chiacchiero un po’ distrattamente, vago con lo sguardo sulla folla riconoscendo immediatamente tra le mille persone la capigliatura riccia di Vero: ci deve essere anche sua cugina.
Mi faccio strada con poca eleganza per raggiungerla e vedere se Diana sia con lei. Sì, c’è, ma chiacchiera con un ragazzo moro, alto, bello, palestrato: un avversario che annuncia una competizione dura.
Saluto Vero e accenno un saluto con la mano a Diana che mi sorride, ricambia e continua a parlare col moretto (insomma “moretto” non è il diminutivo giusto visto che sarà alto quasi due metri).
Mentre rosico silenziosamente, cerco di guardarla attraverso la gente che staziona o passa tra noi: le sneakers bianche, un paio di jeans corti, ma non troppo, ed una maglietta bianca ampia con le maniche larghe fino ai gomiti. Scuote ogni tanto i capelli e li sposta maliziosamente, talvolta anche con le mani, mentre il moretto gongola e mostra a sua volta i bicipiti gonfi, in un balletto di segnali sessuali attrattivi. Ridono: lei ha una risata sonora corposa mentre lui sembra grugnire. Lo sto odiando mentre le si avvicina sempre di più, con movimenti apparentemente casuali che, lentamente, accorciano la distanza. Ora le tocca l’avambraccio, ora la spalla: vorrei andar lì e spostare fisicamente quella montagna di muscoli. Nel frattempo, Vero mi parla del cane che vuole comprare: in un altro momento sarei stato più attento, ma il moretto che sta addosso a Diana mi irrita oltremodo. Vero se ne accorge e mi dice: “guarda che non le interessa, lo fa solo per farti ingelosire”.
Ma senti, senti la cuginetta troietta. Rincuorato dall’amica (una vera amica) mi rilasso e faccio l’indifferente elargendo consigli sul cane come se fossi un veterinario senza però perdere di vista il bestione che mi sta assediando la preda: non si sa mai.
Così, mentre il brusio della serata tende a dissolversi, io continuo a chiacchierare con Vero e guardare ogni tanto i tentativi sempre più insistenti del moretto qualche metro più in là, finché, ad un mio sguardo, incrocio quello di Diana che si è girata appena un po’: mi sorride impercettibilmente e socchiude un paio di volte gli occhi truccati con l’eyeliner generoso. Mi sento felice, perché quello sguardo è carico di mille significati. Vero vuole andar via e mi chiede se posso riaccompagnare io Diana: fantastico! Mi schiocca due baci sulle guance e abbracciandomi mi dice di andare sul sicuro. Si allontana sculettando e si affianca alla cugina indicandomi e salutandomi di nuovo con la mano, facendo contemporaneamente l’occhiolino ed un sorriso furbetto.
Diana liquida l’energumeno in un secondo esatto e si incammina verso di me lasciando il palestrato statuario, come … una statua di sale.
Mi bacia sulle guance, ma molto vicino alle labbra tanto che gli angoli delle nostre bocche si sfiorano. Mi chiede se Vero mi ha sfiancato con la faccenda del cane: ridiamo.
Mi spiega la lunga chiacchierata col tipo che frequenta un circolo sportivo famoso dove si allena anche la squadra femminile di pallavolo.
Vuole andare a sentire come fare a iscriversi ed io mi propongo di accompagnarla. Lei accetta con entusiasmo e mi chiede se, intanto l’accompagno a casa, perché ormai si è fatto tardi e l’aria si è rinfrescata: è vestita leggera e vedo la pelle d’oca sulla pelle.
Camminiamo fino all’auto, parlando della sua passione per la pallavolo a cui gioca sin da bambina e del suo percorso parallelo nelle arti marziali: è già cintura marrone. Forse comprendo meglio il suo incedere spavaldo.
Mi dice che il tipo muscoloso è un vero idiota, ma che le ha dato tante indicazioni utili per la pallavolo, tra le quali, quella che gli allenamenti si svolgono vicinissimo a casa e potrebbe andarci a piedi, visto che non ha mezzi propri. È evidentemente una decisa e determinata, che sa ciò che vuole e come ottenerlo.
In macchina si rilassa e mi racconta un po’ di lei, del suo bel rapporto con sua cugina Veronica, che vede tutte le estati, e di quanto sia eccitata di essere venuta qui a riprendere gli studi interrotti a causa di una serie di esperienze deludenti alla facoltà che frequentava Reggio Calabria, coincidenti, purtroppo, con la scomparsa prematura del padre.
Mi chiede di me, cosa faccio. Parlo a ruota libera e in poco tempo fermo la macchina sotto casa di Vero: “che stupida!” esclama, spiegandomi che si è distratta dimenticandosi di dirmi che trovato casa, non troppo distante da lì.
Rimediamo facilmente all’errore e, giunti sotto casa sua, lei mi ringrazia, si sporge verso di me e mi bacia, premendo piano, ma con una certa pressione, le sue labbra per un breve istante sulle mie, chiedendomi di scusarla, ma è troppo stanca per stare a parlare, magari la prossima volta. Non c’è spazio per provare ad accompagnarla di sopra. Esce e camminando veloce, entra in casa senza voltarsi.
Guardo i suoi capelli che ondeggiano proprio sopra la vita: avrei sperato in una nottata più interessante, ma i temi trattati in auto avevano smorzato un po’ la mia propensione erotica.
Vero mi dice che Diana ha cominciato subito a giocare nella squadra che l’ha presa immediatamente, visto che “mia cugina è bravissima!”.
Decido di farle una sorpresa e nel tardo pomeriggio di una giornata in cui si allena, vado a prenderla.
Le ragazze escono a piccoli gruppi. Diana parlotta con una piccoletta bionda dalle gambe forti e, appena mi vede, la saluta e mi viene incontro sorridendo. Ha un sorriso lievemente obliquo che lo rende enigmatico.
Mi abbraccia forese un po’ rudemente, da sportiva, e senza chiedermi nulla si incammina mentre mi racconta della nuova squadra. Dopo un paio di isolati siamo a due passi da casa sua dove infatti ci stiamo dirigendo. Apre il portone e saliamo al primo piano dove Diana ha affittato un bilocale arredato, ad un prezzo vantaggioso. Butta il borsone a terra: ha fame ed apre il frigo trovandolo deserto. Mi chiede se mi andrebbe di mangiare con lei qualcosa dal cinese che sta poco distante. Figuriamoci se non accetto. Esco di corsa e vado con l’ordinazione in mano per tornare in un paio di minuti. Lei ha apparecchiato in modo frugale il tavolino che sta nel soggiorno moderno e accogliente. Mangiamo seduti l’uno di fronte all’altro scolandoci le birre per calmare il piccante della cena; poi lei si alza e mi chiede di scusarla, ma deve fare una doccia. Io accendo la tv e cerco della musica.
Sto fantasticando su cosa accadrà, ma potrebbe succedere anche l’imprevedibile, come una telefonata di Vero o qualche altra rottura.
Esce dal bagno con un accappatoio colorato lunghissimo ed un asciugamano sulla testa: ha i piedi nudi ancora bagnati e si infila in camera chiudendo la porta. Forse per l’emozione, per il kebab schifoso che ho mangiato a pranzo, ma sento che il mio intestino mi sta per tirare un brutto scherzo. Gorgoglii sinistri preannunciano il peggio, per fortuna lei si sta asciugando i capelli in camera col phon al massimo. Forse riesco a sgattaiolare in bagno e risolvere la questione rapidamente. Spalanco la finestra socchiusa e, guardando il cielo scuro della sera che è sopraggiunta, procedo con determinazione all’eliminazione del problema. Alleggerito, mi lavo molto accuratamente con maniacale attenzione e, a scanso di sorprese, do pure una bella lavata anche all’uccello. Ora che sono perfettamente pulito e fresco come una rosa, esco timidamente dal bagno. La luce e la tv sono state spente e la musica proviene dalla camera che ha la porta socchiusa, così come l’unica debole fonte di luce.
Mi affaccio e, nella penombra, vedo il letto vuoto, un armadio imponente e Diana in piedi appoggiata con i gomiti ad una cassettiera alta: che visione erotica! Indossa solo delle minuscole mutande alla brasiliana bianche che spiccano sull’abbronzatura della sua pelle scurissima. I capelli sono sciolti sui seni che non si vedono.
Lei mi guarda riflessa nello specchio sopra la cassettiera. Mi avvicino in silenzio e le accarezzo le spalle scendendo poi lungo la fessura in mezzo alla schiena per sfiorarle le mutande, ma, ma … le mutande non ci sono! È completamente nuda e quello che credevo fosse uno slip è il segno dell’abbronzatura.
Farfuglio qualche complimento sconnesso mentre lei aspetta immobile che continui a scendere con la carezza su quelle due chiappe scolpite, alte e pronunciate che curvano piene verso le cosce. Mi attardo e prolungo le carezze su entrambi i lati per poi confluire al centro e scivolare verso l’inguine. Le bacio la schiena mentre lei abbassa la testa coprendosi il volto coi capelli. La luce, che prima mi sembrava fioca, ora mi sembra che la illumini alla perfezione e apprezzo la bellezza del suo corpo. Lecco piano la pelle sotto la nuca fino ala centro delle scapole facendola rabbrividire di piacere. “Continua ti prego”. Io ubbidisco e le lecco la pelle calda e soffice sotto la quale i dorsali sono duri e tesi. Solleva il sedere verso l’alto inarcando la schiena e spingendolo contro i miei pantaloni lievemente tesi dalla mia eccitazione che cresce lentamente. Mentre le bacio i fianchi le accarezzo le anche, scivolando sul davanti fino all’attaccatura delle gambe che si staccano con un lieve scalino tra i muscoli dell’addome e quelli delle cosce. È completamente depilata ed ha un pube liscio e corposo che carezzo fino al clitoride per ignorarlo però deliberatamente e farle desiderare le mie dita che invece scorrono sul pube che non vedo l’ora di leccare.
Le carezzo l’interno sodo delle cosce compatte per poi tornare a ritroso fino ai glutei marmorei su cui appoggio il bacino facendole sentire che molto felice di averla davanti a me. Mi sbottono velocemente la camicia e la tolgo continuando a premere la mia voglia sempre più gonfia sulle dune dure del suo sedere.
Lei spinge piano all’indietro mentre le accarezzo di nuovo i fianchi risalendo sul davanti fino ai seni. Ha le tette compatte, aderenti senza volumi decisi ma che si sollevano come premute da sotto la pelle creando dolci collinette che ricordano i seni acerbi, ma molto più voluminose.
Sono straordinariamente sensibili, perché ai primi tocchi lievi, lei si scioglie di già in espressioni di piacere. Le sfioro i capezzoli che si ergono tra le mie dita.
Non ho il coraggio di stringerle queste tette gonfie e delicate.
Penso ai miei pantaloni troppo stretti e decido di toglierli insieme alle scarpe ed i boxer, restando anch’io completamente nudo e molto eccitato. Mi abbasso tenendole i fianchi e le bacio le due profonde fossette di venere che poi lecco piano infilandoci la lingua da quando sono evidenti: amo queste fossette. Le lecco la porzione non abbronzata che avevo scambiato per le mutande. La peluria si solleva in ondate di brividi che le procuro leccandola piano, facendole venire la pelle d’oca. Scivolo con la lingua tra le chiappe lungo il solco profumato. Lei solleva ancora di più il sedere e mi ostenta il buco del culo al quale dedico con immensa gratitudine una serie di leccate circolari e brevi intrusioni che lei accoglie e richiede spingendomi il culo sulla lingua ritmicamente. La lingua entra ed esce ritmata dalla mia eccitazione: l’anello cedevole si allarga gradatamente ed entro sempre di più nell’antro caldo mentre il cazzo pulsa in attesa. Il mio cervello si elettrizza nel sentire il suo culo accogliere la mia lingua guizzante. Lei gode invece con tutto il corpo e freme di piacere nel sentirsi penetrata con tanta dedizione.
Mi abbasso ancora di più e infilo la lingua nella sua fica stretta, che pulsa e quasi mi risucchia. Le cingo i fianchi e le accarezzo l’addome sotto l’ombelico. Scendo nuovamente sull’inguine caldo e arrivo al bottoncino teso appena sotto l’attaccatura delle labbra. Diana mugola al mio tocco. Io riesco a infilarmi sotto di lei e le lecco tutta la vulva con lunghi percorsi dal culo al clitoride, aggrappato alle sue chiappe solide e gustandomi il sapore dolciastro della sua fica stretta. Le mi sente parecchio, perché geme forte mentre le infilo la lingua in ogni piega, in ogni buco, con diligente attenzione alle sue esigenze. Mi diverto solo un pochino leccandole il pube e succhiandolo così liscio e rasato: lo prendo tutto interno nella bocca e lo stringo con le labbra leccandole il clitoride dandole di che godere.
Rapidissime leccate la fanno trattenere il respiro per poi espirare profondamente. Ansima dal piacere che le dona la mia lingua. Io mi sto eccitando nel penetrarla con la lingua dura come un piccolo fallo e le stringo ripetutamente tra le mani il culo dalla consistenza impressionante (che gran culo!)
Geme ora molto forte ed io le dedico tutta la mia passione: la faccio venire con maestria leccando poi avidamente tutto quello che la sua fica mi dona mentre gode con un orgasmo vibrante. Ha le gambe lunghissime e tese che vibrano ancora, ma con i piedi bene a terra ed i gomiti saldamente poggiati sul piano della cassettiera. Mentre il suo ventre si scuote piano nelle ultime scosse dell’orgasmo, mi alzo le prendo nuovamente i bei fianchi allenati e le appoggio l’uccello sotto la fica, strusciando la cappella sul suo clitoride già stremato dalla mia lingua, rilanciando Diana nelle sensazioni del piacere con un po’ più di ruvida vivacità. La sua fica gronda ancora e mi bagna il cazzo per bene, lungo tutta l’asta, tanto che quando appoggio il glande alla fica, la penetro scivolando come un cucchiaino nel tiramisù. Com’è calda. Ogni tanto solleva la testa e mi sbircia riflesso nello specchio. Ha gli occhi gonfi del piacere provato e mi comunica pura libidine lasciando separate le labbra respirando con la bocca socchiusa. Ogni tanto spalanca un po’ di più gli occhi quando mi lascio un po’ andare con qualche affondo troppo violento o quando, con gusto infinito, le stringo più del dovuto quelle due chiappe solide. Come mi fa gonfiare la cappella guardarle quel triangolino di pelle chiara non abbronzata e serrarle le natiche tra loro. Mentre la sto pompando con il cazzo inalberato dal godimento, comincio a toccarle piano le dune soffici dei seni che si lasciano plasmare duttili, ritornando immediatamente turgidi e stabili alla fine della presa: che gusto tastare queste due tette gommose dai capezzoli magici che si estendono incredibilmente mentre le palpo i seni per poi lentamente ridimensionarsi ad una forma stabile: mi ricordano vagamente gli occhi che le lumache hanno sulle antenne. Mi diverto un po’ e li guardo allungarsi quando le stizzo le tette. Ho una fitta di libidine ai lombi nello scrutare quei due bei capezzoli ballerini che subito si tramuta in un affondo più evidente. Diana gode e comincia a incassare con più piacere questi miei colpi di cazzo ed io, che adoro spingere l’asta fino in fondo, aumento il ritmo rendendo più energici e più goduriosi gli affondi: bam, bam, bam, come lo prende bene, con gusto, apprezzando lo sforzo e gemendo. Che godimento per l’uccello, sentirla umida e accogliente, e per gli occhi, che assaporano la sua schiena arcuata coi lunghi capelli sciolti ed il culo che mi rimbalza addosso. Continuo a scoparla così, perché sento che ansima di piacere e inoltre mi pare di sentire che la sua fica si stia stringendo attorno alla mia cappella. La sensazione è nettissima: la sua fica mi stringe il cazzo sempre più forte, come se invece di una vagina ci fosse una manina che me lo afferra e me lo mena vibrando. Che sensazione divina. Rallento e assaporo la sua “fica a manina” che mi scopa l’uccello con un ritmo folle sempre più veloce e stringendo sempre più forte, eccitandomi fuori misura, godendo di questa nuova sensazione, tanto che le vengo dentro in un baleno quasi senza preavviso. All’inizio quasi ci rimango male, poi approfitto e godo alla grande, col cazzo che pulsa, e pochi schizzi copiosi e potenti.
Mi accorgo solo ora che lei mi sta osservando nello specchio guardandomi attentamente mentre godevo e le venivo dentro la sua fichetta stretta: mi sorride. Hai capito la cugina: lo ha fatto deliberatamente. Gran fica la sua e bravissima lei ad usarla con tale maestria.
La tengo abbracciata da dietro rallentando fino a fermarmi ed uscire con l’uccello barzotto che gocciola sul pavimento l’unione dei nostri umori.
Lei si gira, tenendosi la mano a coppa sotto la fica sgocciolante: mi bacia fugacemente con la lingua, ma poi mi abbandona e scivola in bagno.
Mi sdraio soddisfatto sul letto a gambe larghe e l’uccello fumante, guardando distrattamente il soffitto chiaro e ascoltando la musica rilassato.
Diana si affaccia nuovamente alla porta completamente nuda, indossando solo il segno chiaro dell’abbronzatura bronzea: il pube rasato accentua l’illusione di un perizoma bianco.
Si appoggia al letto con le mani e le ginocchia e procede carponi verso di fermandosi all’altezza del mio ventre e, baciandomi gli addominali, mi esorta a non addormentarmi ancora “è troppo presto!”
Non pensavo proprio di farlo, ma avrei gradito un tempo di ripresa ricco di baci succosi e una lunga sessione di carezze al suo corpo meraviglioso.
Diana invece ha la fica in calore e mi prende l’uccello flaccido in bocca succhiandolo forte. Tiene alto, bene in vista, il culo strepitoso e riesco a vedere le sue fossette di venere al di sopra della testa che ondeggia piano mentre la sua bocca mi sta rianimando il cazzo. Mi eccita da matti questa visione: le chiappe sode che svettano ed i capelli nerissimi che si sparpagliano sulla mia pancia: mi concentro a guardare con immensa libidine le sue finte mutande sopra il coccige e sento che quella vista sta funzionando ed arriva in aiuto al pompino succulento con cui ormai Diana ha raddrizzato nuovamente il mio cazzo, che ora reclama attenzione.
Lei si sposta i capelli da una parte per farmi guardare come me lo succhia voracemente ed io guardo con gusto, eccitandomi, scorrendo con lo sguardo tutto il suo corpo per poi concentrarmi sulla sua lingua che ora svolazza sulla mia cappella insalivata. La saliva scivola abbondante sull’asta dura e le cola sulle dita che me la stringono. Con un movimento calcolato, erotico, ma non troppo lento, Si appoggia con il ginocchio destro al lato della mia anca destra e con il piede sinistro a fianco della mia anca sinistra tenendo il ginocchio sinistro sollevato. Si tiene le labbra ben allargate divaricandole con le dita e con l’altra mano mi stringe l’uccello per indirizzarlo alla meta facilmente. Mi sembra di vederle gocciolare la fica poco prima che la cappella sparisca dentro, inghiottita dalla sua meravigliosa passera pulsante. Ringrazio i miei numi protettori per avrele fatto scegliere di scoparmi così, mostrandomi spudoratamente il suo impareggiabile culo. Più probabilmente è consapevole della sua splendida forma soda di straordinaria bellezza e me ne vuole fare dono per farmi arrapare e tenermelo duro più a lungo possibile.
Ora appoggia entrambe le ginocchia e comincia a cavalcarmi come si deve, sollevando le sue chiappe entusiasmanti vero l’alto per riabbassarle con piacere, senza però muovere le cosce, ma solo ruotando il bacino. Questa visione è scolpita nella mia mente: Il suo culo galattico che ondeggia e la mia spada laser che le scorre nella fica spaziale.
La lascio fare tutto da sola, con i ritmi che le aggradano, soddisfatto di godermi lo spettacolo in prima fila con un bastone talmente duro che, anche grazie alla divina visione, il tempo non abbatterà facilmente.
Ed ecco che provo di nuovo la sensazione della fica che si stringe: Tutta la vagina si contrae lentamente e avviluppa completamente tutto il mio pene, stringendolo sempre di più in una presa goduriosissima.
Lei si appoggia su di me e, senza muoversi più, mi scopa con la sua fica a manina che vibra. Sembra che si stia muovendo impercettibilmente su e giù: forse è solo un’illusione, ma con questa fica bollente che mi sta succhiando la cappella comincio a godere maggiormente. L’idea è eccitante quanto la vista delle sue chiappe appoggiate e leggermente slittate verso le fossette. Le vibrazioni le si estendono sulla schiena e poi su tutto il corpo che risuona con le stesse vibrazioni come se fosse un enorme diapason di carne e sangue.
Scrolla i capelli sulla schiena e si tiene le tette con le mani: non vedo, ma so che se le stringe facendo sporgere i capezzoli scuri. I segnali sono evidenti: sta per godere senza che io mi sia mosso di un millimetro. Infatti spinge il basso il bacino, incorporando tutto il mi cazzo, che mi pare durissimo, e si scuote in un orgasmo lungo, accompagnandolo con respiri profondi e gemiti, accennati a bocca chiusa, ed infine con una breve serie di gemiti sonori durante la fase più intensa del piacere.
L’ascolto, eccitandomi sempre di più, e la guardo arrapandomi incessantemente alla vista del suo corpo sul mio: con quei bellissimi capelli lunghi che ondeggiano sopra a quella schiena abbronzata, con i due lati ben separati dai dorsali allenatissimi, le fossette, il perizoma fantasma e il culo mitico. Il culo mitico della cugina mitica.
Le si quieta con qualche scossa di piacere residuale e sollevando un po’ il bacino, ricomincia a cavalcarmi con scorrimenti ampi e cadenzati. Appoggia le mani sulle mie gambe e mi dedica la sua scopata dalle chiappe danzanti. Non sono più eccitato come prima: sono ingrifato come una bestia!
Le afferro quel mitico culo strapazzandolo e tirandolo sul mio cazzo che freme: è giunto il mio momento.
Questa volta accompagno il suo ritmo con il mio desiderio crescente di schizzarle tutto lo sperma che ho nelle palle in fondo alla sua fica vulcanica. Sento la cappella che scorre nella sua fica serrata e vedo l’asta scomparire sempre più velocemente dentro di lei. La mia presa sul culo si fa salda e gli ultimi affondi mi fanno veramente godere ampiamente e così vengo copiosamente su per la sua fica incandescente.
Diana è veramente una cugina… mitica!
scritto il
2022-11-23
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