Come sono diventato sottomesso a mia moglie Sesto episodio STORIA VERA

di
genere
dominazione

Mi aveva detto di non telefonarle per il fine settimana in quanto andava a Gand in Belgio per un triangolare contro Belgio e Francia ma che dal lunedì, se avessi voluto, avrei potuto telefonarle prima di cena. Se avessi voluto? Io non desideravo altro. La prima telefonata fu quasi comica. Vorrei ricordare che sto parlando del telefono fisso perché i cellulari sarebbero arrivati soltanto qualche anno dopo. Ma dicevo che all’inizio fu un disastro. Mi impappinai più volte e lei sembrava addirittura più imbranata di me ma dopo qualche istante io riuscii a sciogliermi mentre lei ci mise un po’ di più. Per tutta la settimana seguente quindi, ci telefonammo ogni sera, parlando a lungo di ogni cosa, della scuola, degli amici. La prima cosa di cui mi resi conto era che anche lei sembrava interessata a me. Lo sentivo. D’accordo che le femmine sono strane e che spesso ci fanno immaginare cose che poi, alla prova dei fatti, si rivelano infondate ma ero convinto che in quel caso il mio sesto senso non mi stesse ingannando. E infatti, riuscii a strapparle un appuntamento per il sabato pomeriggio seguente, cosa non facile per via dei suoi molteplici impegni. Mentre si avvicinava il momento del fatidico appuntamento, mi chiedevo cosa significasse per me una ragazza del genere. La prima considerazione fu che la realtà si era scontrata con la fantasia. Nella mia immaginazione, una ragazza che avesse avuto certe doti avrebbe dovuto essere per forza dominante o comunque sicura dei propri mezzi. Nella realtà invece, quella ragazza che, malgrado non l’avessi mai vista in azione, doveva essere per forza molto brava considerando il suo palmares, sembrava, e poi scoprii che lo era davvero, completamente diversa, addirittura agli antipodi come carattere. Era timida, dolce, sensibile ma era pur sempre una ragazza che mi piaceva e mi avvicinai a quell’incontro solo con l’intento di uscire con una tipa che mi interessava cercando di non pensare che fosse una giovane campionessa di judo. E non una campionessa per modo di dire ma la detentrice del titolo italiano juniores. E scusate se è poco.

L’andai a prendere sotto casa sua e me la ricordo incantevole. Faceva un freddo della malora. Si era vestita finalmente da femminuccia, con un lievissimo trucco e addirittura con degli stivali con un accenno di tacco che comunque le bastarono per superarmi in altezza, altra cosa che mi fa uscire di senno in quanto mi fa sentire inferiore anche se, a dir la verità, in quel preciso momento ancora non ero completamente conscio di questo e consideravo l’altezza semplicemente come una caratteristica fisica che mi piaceva nelle donne. Completavano l’opera un vestitino all’altezza del ginocchio color bordò, cappotto nero non abbottonato e capelli stavolta sciolti sulle spalle e lisci. Mi piaceva da morire. Quel vestitino, pur non essendo aderente, metteva in mostra un fisico notevole e sembrava più grande dell’età anagrafica anche se poi il suo volto rimetteva la cose a posto dimostrando che si trattava di un’adolescente semplicemente già formata. Comunque, il risultato era che vestita e truccata non era una ragazza che passava inosservata. Non una di quelle che si guardano dicendo < Ammazza che bona> ma una ragazza che osservi pensando < Che carina!>. La feci entrare nella mia macchina e la portai a un famosissimo bar dell’Eur e malgrado il freddo optammo per due gelati. Il suo era composto da cioccolato, nocciola e panna. Nella sua vita non ha mai mangiato un gelato con altri gusti, quelle poche volte che ha potuto mangiarlo considerando la sua dieta ferrea per rientrare nel peso. Parlammo molto, di tutto e inevitabilmente il discorso andò anche sul judo. Mi raccontò di come avesse iniziato, delle difficoltà che incontrava a causa del suo peso, dovuto soprattutto al fatto che era quasi sempre più alta delle sue avversarie, che le faceva affrontare atlete molto più strutturate fisicamente di lei anche se più basse, tenendo ovviamente in considerazione che l’altezza nel judo non è un vantaggio come in altri sport e addirittura del fatto che aveva pensato di ridurre le dimensioni del suo seno che le creava qualche difficoltà nei combattimenti, anche se ovviamente se lo fasciava ben stretto. Le dissi che, a mio parere, avrebbe fatto uno sbaglio madornale se l’avesse fatto davvero e lei ci rise sopra. Ma il discorso sul judo oltre che tecnico era soprattutto di carattere psicologico in quanto parlammo di nuovo del fastidio che provava per le conseguenze che una ragazza deve sopportare nel praticare uno sport del genere e di tutte le sciocchezze stereotipate che sentiva dire dagli altri e soprattutto dai ragazzi. Non le andava proprio giù. Mi confidò addirittura di un tipo che se l’era date a gambe levate appena venuto a conoscenza di cosa lei facesse
“ Beh, meglio così. Credo che quel tipo fosse un idiota. Non credi?” Ci ridemmo sopra e aggiunsi che invece io sarei stato orgoglioso di una ragazza del genere. Lei mi rispose con un “Davvero?” che mi sembrò quasi un invito. Quella chiacchierata mi fece comprendere inoltre che mi trovavo di fronte ad una ragazza intelligente, con vari interessi che spaziavano dalla musica al cinema ma soprattutto era una ragazza che mi stava facendo battere il cuore come mai mi era capitato in passato. Al di là del fatto che fosse una campionessa di judo, mi piaceva infatti fisicamente, mi piaceva come parlava, senza la minima inflessione dialettale, mi piacevano i suoi discorsi, sempre sensati e più maturi di una ragazza di nemmeno 18 anni. Mi piaceva davvero tutto di lei.

Uscimmo comunque dal bar e decisi di portarla ad Ostia a fare una passeggiata. Ah, piccola parentesi. Mi dimenticai di pagare. Ero così preso da quella ragazza che mi alzai, le presi la mano e ci avviammo verso l’uscita tranquillamente. Solo quando ero ormai quasi arrivato a Ostia mi resi conto di ciò che avevo fatto. Non dissi niente a M. e proseguii la mia strada. Al ritorno passai però di nuovo in quel bar e feci presente al cameriere che un paio d’ore prima avevamo consumato e che mi ero dimenticato di pagare. Il cameriere mi fece un sorriso
“ Me ne ero accorto ma poi ho visto come la guardavi e ho deciso di non farti fare una brutta figura davanti a lei. Sei un cliente e prima o poi saresti ritornato e avresti pagato le consumazioni” Lo ringraziai. In effetti, a me e ai miei amici capitava spesso di trascorrere una serata in quel bar, da soli o con qualche ragazza e quel cameriere mi aveva riconosciuto. Bel gesto. Ma ritorniamo a Ostia. Ci facemmo una breve passeggiata sul lungomare e poi la portai sul pontile che all’epoca era completamente diverso da quello di oggi. E fu proprio sul pontile che avvenne il fattaccio. Il vento era pazzesco, c’erano pochissime persone sul lungomare e i suoi capelli sciolti le andavano in tutte le direzioni. Mi ricordo i suoi gesti per toglierseli dal volto e rammento ancora come ci fermammo, l’aiutai a liberare quel bel visetto da quei capelli dispettosi e di come poi le afferrai il volto. Eravamo a pochi centimetri di distanza e il desiderio di baciarla era davvero immenso. Per un nanosecondo pensai che forse non avrei dovuto visto che era la prima volta che uscivamo insieme ma proprio non resistevo. Sempre tenendole il viso con le mie mani, con la colonna sonora del mare mosso che si infrangeva a riva, poggiai le mie labbra sulle sue e lei rimase immobile, senza sfuggirmi, aspettando che la baciassi come si doveva. E così feci e la baciai, subito contraccambiato, con tutta la passione che potevo avere. Ero stato dominante, come forse lei si aspettava e mi ricordo persino le nostre parole. Io l’accarezzai e le dissi
“ Avevo una voglia pazza di baciarti” e lei rispose sorridendo
“ E io di essere baciata” Quelle nostre frasi apparentemente banali avevano invece un grosso significato. Io ero il maschio, che la baciava ed era attivo e lei la femmina, quella passiva che invece era stata baciata. E questo la diceva lunga su come lei intendesse una relazione con un ragazzo. In quel momento però non ci pensai, intento a mangiarmela con gli occhi. La guardai infatti e la ribaciai con le sue braccia che cingevano dolcemente il mio collo e mi dissi che le mie fantasie sarebbero dovute rimanere nel cassetto a vita.
Facile a dirsi, ben più difficile a farsi.

Continua...

scritto il
2023-08-11
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