Come sono diventato sottomesso a mia moglie Settimo episodio STORIA VERA
di
Davide Sebastiani
genere
dominazione
La mia intenzione, dopo aver conosciuto quella ragazza, era quella di mettere da una parte le mie fantasie per vivere con lei una normale relazione. Ma ovviamente non fu facile. Avere una ragazza del genere, con quelle doti atletiche, era davvero complicato per uno con le mie ossessioni. Era come fumare dinanzi ad uno che ha deciso di smettere. O peggio, drogarsi davanti ad uno che non vorrebbe farlo più. Ma per un bel po’ riuscii nell’intento anche se ogni tanto era inevitabile che tornassi a pensarci.
Cominciammo quindi la vita da fidanzatini, rigorosamente a casa con le nostre famiglie visto che eravamo entrambi squattrinati come lo erano la stragrande maggioranza degli studenti, ma quasi sempre insieme appena ne era possibile, compatibilmente coi suoi impegni di atleta che la facevano volare da una parte all’altra del mondo. Naturalmente facemmo l’ingresso ognuno nella famiglia dell’altro. Tutto facile per me che fui accolto con la fanfara. Ero un bravo ragazzo, proveniente da una famiglia per bene e probabilmente qualsiasi genitore sarebbe stato felice di vedere la propria figlia fidanzarsi con uno come me. Meno facile fu invece per M. nella mia famiglia. Non per mia madre che l’adorò da subito ma per mio padre e mia sorella. Mio padre temeva proprio quello che io speravo, ovvero che una ragazza con quelle doti avrebbe potuto precludere in me, nel suo unico figlio maschio, quella logica dominanza che, secondo la sua mentalità, ogni uomo avrebbe dovuto avere nei confronti della propria donna. Me lo disse chiaramente
“ Ti rendi conto che con lei tu non potrai mai essere quello che comanda?” Se avesse immaginato che io ci speravo……. Non ero comunque il tipo che si faceva influenzare. Non l’avrei fatto con una ragazza normale, figuriamoci con lei che incarnava alla perfezione il mio ideale femminile e gli risposi per le rime.
Comunque, pure se mio padre era un po’ antiquato, non era certo un idiota con il paraocchi e presto, in poco più di un mese, fu conquistato dai modi dolci e teneri di M. divenendo addirittura un suo tifoso sfegatato e amandola come una figlia. Più complicato il rapporto con mia sorella. Lei stravedeva per me e quell’intrusa le aveva rubato l’affetto del suo fratellone. La tollerava appena, malgrado M. ci mise tutta la buona volontà per diventarle amica ma si trovava di fronte a un muro invalicabile. Solo quando mia sorella diventò adulta, intorno ai 17/ 18 anni, i loro rapporti divennero sempre più cordiali fino a diventare, per mia fortuna, amiche e a rispettarsi reciprocamente.
Ovviamente, le feci conoscere i miei amici coi quali ero inseparabile. Io naturalmente la presentavo con orgoglio come la campionessa che era, malgrado lei si schernisse dicendo che la dipingevo più brava di quanto fosse nella realtà. Loro invece pensavano di prendermi in giro dicendomi le solite frasi stereotipate tipo < Attento che questa ti mena> senza sapere che io gongolavo di orgoglio e l’unico problema che mi creavano era quello di far intristire M. Lei non voleva affatto che gli altri pensassero che tra noi due potesse comandare lei. Tutt’altro. Voleva che soprattutto dinanzi agli amici io sfoderassi la mia autorità maschile ed era felice di essere accondiscendente soprattutto nei miei confronti ma addirittura anche nei confronti delle altre ragazze, quasi che con loro avesse timore di passare per una che si approfittasse della sua fisicità e della sua bravura. Insomma, era dolcemente sottomessa, accettando senza mai dire una parola i miei piccoli vizi come quello di andare a vedere la mia squadra del cuore allo stadio o di giocare io stesso a calcio oppure di radunarci insieme ad altri tre amici in casa di uno di noi per giocare a poker. Le altre ragazze si lamentavano attaccando un pippone gigantesco ai miei amici mentre lei mi veniva vicino e mi diceva
“ Cercherò di addormentarmi subito se no poi ti penso troppo e ho paura che tu possa perdere a carte” memore del vecchio detto che chi è fortunato in amore non lo è al gioco. Smielata da far venire il diabete, direte. A me invece faceva una tenerezza infinita. Ma, come ho detto, malgrado fosse tutto tranne che dominante nel carattere, stare insieme ad una con le doti di M. non era facile per me. E non era facile nemmeno da un semplice punto di vista sentimentale. Lei era evidente che aveva preso una cotta pazzesca per me. E si, strano ma vero considerando che non ero proprio un adone ma per fortuna molto spesso le donne si innamorano anche di altre cose e non solo dell’aspetto fisico. E comunque, proprio da buttare non ero. E il suo amore si notava in ogni suo gesto, in ogni sua parola. Per lei ero semplicemente perfetto. Roba da non credere! Ed io? Oh beh, che dire? Ero confuso. Ero convinto di essermene innamorato ma mi domandavo anche se io fossi innamorato di lei come persona o per quello che avrebbe potuto rappresentare per me. Cioè, l’avrei amata ugualmente se non fosse stata una campionessa di judo? Dovettero trascorrere alcuni mesi per capire meglio quei miei sentimenti e alla fine non avevo più dubbi. Io l’amavo per come era, anche per quelle cose che erano in assoluto contrasto con le mie fantasie. L’amavo come ragazza e tutto il resto non contava.
E dopo un mese circa di teneri baci, arrivò finalmente il momento del sesso. E potei anche vedere dal vivo quel suo corpo strepitoso da atleta che fino a quel momento avevo solo immaginato attraverso i suoi abiti. Piuttosto atipico per uno come me che era abituato ad andare subito al sodo. Avvenne durante le feste natalizie, con i miei che erano andati fuori città e con la casa finalmente libera. Ci mettemmo sul letto dei miei e iniziai a baciarla dolcemente. Lei sapeva che saremmo andati finalmente a dama e quando io iniziai a spogliarla, mi fece fare. Dapprima mi gettai come un affamato su quei seni che fino ad allora avevo solamente potuto toccare attraverso i vestiti e poi sempre più giù, spogliandola e ammirando l’armoniosità del suo corpo che mi fece strabuzzare gli occhi. Montai io su di lei e finalmente coronammo il nostro amore. Fu sesso dolcissimo, accompagnato da lunghi baci e scoprii che era addirittura vergine. Non che per me fosse una dote imprescindibile in un rapporto ma la sua illibatezza mi procurò una tenerezza infinita. Sempre quel pomeriggio lo facemmo ancora. Io non certo sazio di lei e M. che invece cominciava a sciogliersi e ad osare qualcosa in più. Non avevo preservativi e lei non prendeva nessun tipo di anticoncezionale. Con molta incoscienza lo tolsi pochi secondi prima di venirmene prendendo poi la sua mano per metterla sul pene per agevolare la fuoriuscita dello sperma.
Fu in questo modo che facemmo sesso per almeno un paio di mesi. Non voleva che mettessi il profilattico forse perché lo vedeva come una barriera del nostro piacere o più semplicemente perché voleva sentire la mia carne nuda dentro di lei. In compenso, lei si mise la spirale e finalmente potevo godere dentro di lei senza rovinarmi l’eiaculazione. In seguito lo facemmo un po’ dappertutto, dove capitava. Persino una volta in ascensore, mandandolo su e giù diverse volte. Il mio desiderio di lei era incontenibile e M. accettava sempre con piacere le mie avances.
Ogni giorno però che passava mi rendevo conto che quella bella ragazza che ormai mi faceva battere il cuore non poteva essere dominante. Anzi, era l’esatto contrario ma, incredibilmente, a me andava bene. O almeno era ciò che pensavo.
Cominciammo quindi la vita da fidanzatini, rigorosamente a casa con le nostre famiglie visto che eravamo entrambi squattrinati come lo erano la stragrande maggioranza degli studenti, ma quasi sempre insieme appena ne era possibile, compatibilmente coi suoi impegni di atleta che la facevano volare da una parte all’altra del mondo. Naturalmente facemmo l’ingresso ognuno nella famiglia dell’altro. Tutto facile per me che fui accolto con la fanfara. Ero un bravo ragazzo, proveniente da una famiglia per bene e probabilmente qualsiasi genitore sarebbe stato felice di vedere la propria figlia fidanzarsi con uno come me. Meno facile fu invece per M. nella mia famiglia. Non per mia madre che l’adorò da subito ma per mio padre e mia sorella. Mio padre temeva proprio quello che io speravo, ovvero che una ragazza con quelle doti avrebbe potuto precludere in me, nel suo unico figlio maschio, quella logica dominanza che, secondo la sua mentalità, ogni uomo avrebbe dovuto avere nei confronti della propria donna. Me lo disse chiaramente
“ Ti rendi conto che con lei tu non potrai mai essere quello che comanda?” Se avesse immaginato che io ci speravo……. Non ero comunque il tipo che si faceva influenzare. Non l’avrei fatto con una ragazza normale, figuriamoci con lei che incarnava alla perfezione il mio ideale femminile e gli risposi per le rime.
Comunque, pure se mio padre era un po’ antiquato, non era certo un idiota con il paraocchi e presto, in poco più di un mese, fu conquistato dai modi dolci e teneri di M. divenendo addirittura un suo tifoso sfegatato e amandola come una figlia. Più complicato il rapporto con mia sorella. Lei stravedeva per me e quell’intrusa le aveva rubato l’affetto del suo fratellone. La tollerava appena, malgrado M. ci mise tutta la buona volontà per diventarle amica ma si trovava di fronte a un muro invalicabile. Solo quando mia sorella diventò adulta, intorno ai 17/ 18 anni, i loro rapporti divennero sempre più cordiali fino a diventare, per mia fortuna, amiche e a rispettarsi reciprocamente.
Ovviamente, le feci conoscere i miei amici coi quali ero inseparabile. Io naturalmente la presentavo con orgoglio come la campionessa che era, malgrado lei si schernisse dicendo che la dipingevo più brava di quanto fosse nella realtà. Loro invece pensavano di prendermi in giro dicendomi le solite frasi stereotipate tipo < Attento che questa ti mena> senza sapere che io gongolavo di orgoglio e l’unico problema che mi creavano era quello di far intristire M. Lei non voleva affatto che gli altri pensassero che tra noi due potesse comandare lei. Tutt’altro. Voleva che soprattutto dinanzi agli amici io sfoderassi la mia autorità maschile ed era felice di essere accondiscendente soprattutto nei miei confronti ma addirittura anche nei confronti delle altre ragazze, quasi che con loro avesse timore di passare per una che si approfittasse della sua fisicità e della sua bravura. Insomma, era dolcemente sottomessa, accettando senza mai dire una parola i miei piccoli vizi come quello di andare a vedere la mia squadra del cuore allo stadio o di giocare io stesso a calcio oppure di radunarci insieme ad altri tre amici in casa di uno di noi per giocare a poker. Le altre ragazze si lamentavano attaccando un pippone gigantesco ai miei amici mentre lei mi veniva vicino e mi diceva
“ Cercherò di addormentarmi subito se no poi ti penso troppo e ho paura che tu possa perdere a carte” memore del vecchio detto che chi è fortunato in amore non lo è al gioco. Smielata da far venire il diabete, direte. A me invece faceva una tenerezza infinita. Ma, come ho detto, malgrado fosse tutto tranne che dominante nel carattere, stare insieme ad una con le doti di M. non era facile per me. E non era facile nemmeno da un semplice punto di vista sentimentale. Lei era evidente che aveva preso una cotta pazzesca per me. E si, strano ma vero considerando che non ero proprio un adone ma per fortuna molto spesso le donne si innamorano anche di altre cose e non solo dell’aspetto fisico. E comunque, proprio da buttare non ero. E il suo amore si notava in ogni suo gesto, in ogni sua parola. Per lei ero semplicemente perfetto. Roba da non credere! Ed io? Oh beh, che dire? Ero confuso. Ero convinto di essermene innamorato ma mi domandavo anche se io fossi innamorato di lei come persona o per quello che avrebbe potuto rappresentare per me. Cioè, l’avrei amata ugualmente se non fosse stata una campionessa di judo? Dovettero trascorrere alcuni mesi per capire meglio quei miei sentimenti e alla fine non avevo più dubbi. Io l’amavo per come era, anche per quelle cose che erano in assoluto contrasto con le mie fantasie. L’amavo come ragazza e tutto il resto non contava.
E dopo un mese circa di teneri baci, arrivò finalmente il momento del sesso. E potei anche vedere dal vivo quel suo corpo strepitoso da atleta che fino a quel momento avevo solo immaginato attraverso i suoi abiti. Piuttosto atipico per uno come me che era abituato ad andare subito al sodo. Avvenne durante le feste natalizie, con i miei che erano andati fuori città e con la casa finalmente libera. Ci mettemmo sul letto dei miei e iniziai a baciarla dolcemente. Lei sapeva che saremmo andati finalmente a dama e quando io iniziai a spogliarla, mi fece fare. Dapprima mi gettai come un affamato su quei seni che fino ad allora avevo solamente potuto toccare attraverso i vestiti e poi sempre più giù, spogliandola e ammirando l’armoniosità del suo corpo che mi fece strabuzzare gli occhi. Montai io su di lei e finalmente coronammo il nostro amore. Fu sesso dolcissimo, accompagnato da lunghi baci e scoprii che era addirittura vergine. Non che per me fosse una dote imprescindibile in un rapporto ma la sua illibatezza mi procurò una tenerezza infinita. Sempre quel pomeriggio lo facemmo ancora. Io non certo sazio di lei e M. che invece cominciava a sciogliersi e ad osare qualcosa in più. Non avevo preservativi e lei non prendeva nessun tipo di anticoncezionale. Con molta incoscienza lo tolsi pochi secondi prima di venirmene prendendo poi la sua mano per metterla sul pene per agevolare la fuoriuscita dello sperma.
Fu in questo modo che facemmo sesso per almeno un paio di mesi. Non voleva che mettessi il profilattico forse perché lo vedeva come una barriera del nostro piacere o più semplicemente perché voleva sentire la mia carne nuda dentro di lei. In compenso, lei si mise la spirale e finalmente potevo godere dentro di lei senza rovinarmi l’eiaculazione. In seguito lo facemmo un po’ dappertutto, dove capitava. Persino una volta in ascensore, mandandolo su e giù diverse volte. Il mio desiderio di lei era incontenibile e M. accettava sempre con piacere le mie avances.
Ogni giorno però che passava mi rendevo conto che quella bella ragazza che ormai mi faceva battere il cuore non poteva essere dominante. Anzi, era l’esatto contrario ma, incredibilmente, a me andava bene. O almeno era ciò che pensavo.
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