Risvegli. Energy drink

di
genere
etero


Penombra e giusto un filo di aria condizionata. Il tuo strano tempismo, l’orologio interno. Sempre qualche minuto prima della sveglia. Durante la notte ci siamo sciolti, ma ora il tuo braccio torna ad avvolgermi. Passa tra il collo e il cuscino, si ripiega a cingermi una spalla, la mano scende sul seno, se ne appropria, lì resta. Mi abbracci come quando ci siamo addormentati. Cuccia per la notte, tana. Mi piace scivolare nel sonno così, su un fianco, nuda e ripiegata contro di te, nudo e ripiegato a farmi da sgabello. La mia schiena sottile adagiata al tuo petto ampio, il retro delle mie cosce appoggiato ai tuoi quadricipiti, a volte avverto la presenza morbida del tuo cazzo finalmente domato e ricondotto alla ragione. “Dammelo tutto, dammene di più!”, mi piace scivolare nel sonno compiaciuta del fatto che non ti sei lasciato pregare. Mi piace scivolare nel sonno stretta fra le tue braccia, con i tuoi peli che spesso mi fanno il solletico, con i miei capelli che SEMPRE ti fanno il solletico. Li sposti dal tuo naso, sento il tuo respiro. La mano che non mi tiene la tetta, la sinistra, finisce sulla mia pancia e mi tira a te. Mi piace scivolare nel sonno così, definitivamente prigioniera.

E mi piace quando mi risvegli e mi fai prigioniera in un altro modo, tornando alla posizione in cui ci siamo addormentati. Il tuo orologio interno: sempre qualche minuto prima della sveglia. Una mano sul seno, l’altra sulla pancia. Mi piace perché ormai so che quella mano sulla pancia non ci resterà a lungo. Le dita scivolano sul mio fianco, accarezzano il sedere, cercano da dietro la vagina, la trovano, ne percorrono i confini esterni provocando e attendendo la sua risposta. Che non tarda mai. Non sono io, è lei che è proprio una zoccola.

So tutto. Anche se è un po’ che non me lo fai, so tutto. È incredibile come una cosa che si ripete sempre uguale possa essere così desiderata e prevedibile allo stesso tempo. Posso prevedere il mio primo crampetto, il mio capezzolo preso in ostaggio e torturato. Posso prevedere il tuo dito - il pollice, sempre quello - che mi infilzerà. Dapprima piano e poi con più decisione, roteando dentro di me come se cercasse qualcosa. Posso prevedere l’irrigidimento e il rilascio dei miei muscoli, il mio abbandono, il mio primo gemito. Posso prevedere le due dita - medio e anulare - che lo sostituiscono e che mi invadono lasciandomi senza fiato, posso prevedere il tuo pollice bagnato che mi inculerà brutale, il dolore e persino il mio tentativo di resistere al dolore. Potrei anche scommettere, e vincere la scommessa, sul mio strilletto e sullo scalciare delle mie gambe costrette sotto il lenzuolo.

Da qui in avanti è più difficile dire cosa succederà, sono in balia delle tue fantasie, dei tuoi desideri e dei tuoi bisogni. So anche questo.

Mi fotterai? Come stanotte, chiedendomi dove spargere il tuo seme oppure decidendo tu? Non ho voglia di scegliere, mi va bene tutto perché mi sento azzerata.

Mi prenderai dietro? È un po’ che non lo facciamo e sono settimane che ci penso. Non ho voglia di chiederlo, ma immagino te che mi possiedi a tradimento, che ignori i miei strilli, i miei insulti, le mie suppliche di fermarti, le mie suppliche di non fermarti.

Oppure continuerai così, a scoparmi in double con le dita? Cazzo quanto adoro le tue dita che mi riempiono e che quasi subito sanno essere così grandi e violente, infinitamente più violente delle mie persino quando faccio da sola e penso “adesso mi sfondo”. Cazzo quanto adoro quella mano che mi martirizza il seno e questa stretta che mi inchiavarda a te. Quanto adoro quando fai il cazzo che ti pare e mi fai sentire puttana. Quanto adoro non avere via di scampo. Quanto adoro i miei rantoli a metà tra dolore e piacere, quanto adoro smaniare e agitarmi senza construtto mentre mi sussurri all’orecchio “godi godi godi!”.

Quanto adoro artigliare il lenzuolo con le unghie, sentirmi una corda tesa all’estremo che alla fine si spezza e cade informe da qualche parte.

Parte la sveglia del telefono, il tuo strano tempismo, l’orologio interno. Sempre qualche minuto prima che suoni. A pensarci bene, potevo prevedere pure questo. Sticazzi, lascia che suoni, sono morta.

E ora sono rinata. Osservi la mia vestizione: bralette, tights attillati, fantasmini, scarpe da running. A portata di mano iPhone, ear pods, chiavi della macchina. Pochi chilometri di statale per andare a correre sul lungomare di Marzamemi.

- Vai?
- Sì.
- Quando mi passa ricomincio anch’io.
- Quando ti passa saremo già da un’altra parte, amore.

In montagna, o forse a Roma. Chi lo sa quanto ci mette a guarire uno stiramento come il tuo…

Ti sorrido, so che ci metterai poco per rimetterti a dormire. Ti osservo, osservo la zona bianca del tuo corpo abbrustolito, quella che il costume nasconde. Osservo il tuo cazzo più scuro e il nero dei peli pubici, osservo i tuoi testicoli.

Sorrido ancora, forse in modo più languido, chissà se te ne accorgi. Mi resta imperscrutabile il motivo per cui hai deciso di dedicarti al mio piacere senza prenderti il tuo. Lo so, si fa, succede. Eppure ti sentivo appoggiato alla mia carne, eri così gonfio di voglia… Hai preferito farmi sbroccare, hai preferito guardarmi sbroccare. Ok, è vero, lo dici sempre che ti piace tanto guardarmi mentre sbrocco.

Mi inginocchio sul letto, tra le tue gambe aperte. Mi inchino, ti lecco i coglioni, ti lecco il cazzo. Due lente lappate. Il tuo odore, il tuo sapore. Tuo, esclusivo, lo riconoscerei tra mille. Ti imbocco, sento rapidamente crescere l’ingombro. Questo mistero che ti diventa una sbarra senza che quasi me ne accorga un giorno o l'altro me lo dovresti spiegare. Ma anche se non me lo spieghi va benissimo così. Allontano con un gesto il tuo falsissimo “fai tardi”, lo dici solo perché ti confermi quanto ritenga molto più importante, adesso, giocare. E io ti gioco come so fare, come ti piace, come è impossibile che non ti piaccia. Colo litri di saliva per farti scivolare. La tua mano appoggiata sulla mia nuca asseconda il mio andare. Le mie mani appoggiate ai tuoi addominali ne sentono la contrazione. Ma per qualche motivo ho voglia che sia ancora una volta tu a condurre il gioco.

- Devi dirmi qualcosa? - domando interrompendomi.

Mi lanci uno sguardo beffardo, un ghignetto. Hai capito il segnale: voglio essere usata. Come stanotte, come poco fa. È un periodo che mi sento molto submissive.

- Sei la mia troietta bocchinara…
- Siiiì…

La tua mano si fa pesante, spinge. Soffoco, mi escono le lacrime. Se potessi ti incoraggerei “sì sì sì!”. Vorrei che approfittassi della coda ai capelli che ho fatto per correre e che trattassi la mia testa come uno yo-yo. Vorrei che i tuoi “succhia troia” non finissero mai, che i tuoi affondi non finissero mai, che i tuoi spruzzi non finissero mai.

Non voglio lavarmi i denti, non voglio sciacquarmi. Mi piacerebbe sentire il sapore del tuo sperma durante tutta la corsa, finché non mi siederò boccheggiando al tavolino di un bar ordinando la colazione. Esausta, come esausto lascio te sul nostro letto soffiandoti un bacio.

Mi guardi uscire.

Penserai che l’ho fatto perché mi piace, o perché non so resistere al tuo cazzo. O per riconoscenza, per avermi fatta godere così tanto stanotte e stamattina. Potrebbe essere, avrebbe senso, ma non è così. Avevo giusto bisogno di un energy drink prima della corsa.
scritto il
2023-08-25
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