Come sono diventato sottomesso a mia moglie Decimo episodio STORIA VERA
di
DavideSebastiani
genere
dominazione
Dopo qualche mese, mi misi l’anima in pace. Il mio matrimonio sembrava proprio finito. Frequentai anche un’altra donna ma poi mi tirai indietro all’ultimo momento. Non ce la facevo ad andare con un’altra e decisi che avrei atteso almeno un altro po’ prima di rifarmi una vita. In quel periodo ci vedevamo almeno due volte a settimana quando andavo a prendere la bambina o per darle i soldi che le servivano per andare avanti. In quel periodo ancora non lavorava e non aveva nessun reddito. Era diventata insegnante di educazione fisica ma era in attesa di poter rientrare in graduatoria. Più volte pensai di riavvicinarmi ma poi il mio orgoglio me lo impedì sempre. Mi sentivo offeso. Non dico che avrebbe dovuto accontentarmi ma almeno accettarmi, parlare, comprendere come e perché io avessi quei desideri. E invece non l’aveva fatto. Quando andavo a prendere la bambina, ci scambiavamo poche parole. Le chiedevo se avesse bisogno di soldi e lei accettava solo lo stretto necessario, anche perché io e mia madre, che rimase sconvolta per la nostra separazione, riempivamo la piccola di ogni ben di Dio. Non era mai stata troppo venale. I soldi se ce li aveva li spendeva ma sapeva anche accontentarsi senza mai chiedere troppo e anche durante quella separazione si comportò in quel modo. E appunto otto mesi dopo che fui cacciato di casa, ci fu il compleanno di nostra figlia. Ne parlammo e decidemmo di organizzare una mega festa per la bambina. Quanto mi mancava! Si, è vero che mia moglie me la lasciava vedere quando volevo ma non era la stessa cosa. Mi mancava fisicamente quando, prima di addormentarsi, veniva nel nostro lettone e mi diceva che ero il papà migliore del mondo e la riempivo di baci dicendole che lei era la mia principessa e poi la prendevo in braccio e la portavo nel suo lettino prendendole la mano fino a quando si addormentava.
Dicevo però della festa. Invitammo tutti a casa nostra. O meglio, a casa di M. visto che io ero tornato da mia madre. Per l’occasione chiamai addirittura un clown prestigiatore che entusiasmò i bambini. E quando la festa terminò e mentre la bambina era nella sua camera a scartare con entusiasmo i suoi regali, M. mi chiese se volevo rimanere il tempo necessario per farla addormentare mano nella mano come quando stavamo insieme perché a nostra figlia mancava tantissimo quella situazione. Lo feci, ovviamente. Dopo che lei scartò tutti i suoi regali, abbracciai la mia principessina e la portai a letto. Si addormentò felice e serena e ritornai da M. per salutarla e per andarmene. Stare in quella casa, in quella casa dove avevo abitato fino a pochi mesi prima, dove avevo fatto l’amore con lei, dove avevo mangiato, dormito, ricevuto amici, dove c’era stata tutta la mia vita, mi sconvolgeva troppo. Era meglio per me rientrarci il meno possibile e soltanto per prendere la mia unica e adorata figlia. Questa era la mia condizione psicologica in quel preciso momento. E non era una bella condizione.
Lei mi aspettava in piedi in cucina appoggiata al muro. Le chiesi se avesse bisogno di aiuto per ripulire la casa ma declinò l’offerta. Mi ricordo perfettamente come era vestita. Indossava un jeans, il suo capo preferito, dentro un paio di stivali col tacco medio e una camicetta avorio con le maniche lunghe. Aveva i capelli, più corti rispetto a quando ci eravamo conosciuti, tinti di biondo e un leggero trucco. Era sempre stata attenta al suo look e raramente indossava qualcosa di appariscente preferendo sempre la semplicità. Quella sera però aveva qualcosa che mi intrigava. Forse quel jeans dentro gli stivali, forse quella camicetta chiara che aveva un effetto vedo e non vedo. Non sapevo cosa fosse esattamente ma l’insieme era quello di una giovane donna attraente e il fatto che non fosse più la mia donna mi faceva star male. Fu lei a venirmi vicino
“ Non immaginavo mai che noi due ci saremmo separati” mi disse. Era la prima volta che parlavamo di noi da quella maledetta sera
“ Nemmeno io ma visto che mi hai trattato come il peggiore degli uomini, forse non ero proprio quello che ti saresti aspettata” risposi con un bel po’ di acidità che lei sembrò però non cogliere più di tanto
“ E’ che non me l’aspettavo. Ti ho sempre visto come una persona sicura, autorevole e quando mi hai confessato quella cosa… Beh, non ci ho visto più. Forse ho esagerato” Io scoppiai a ridere nervosamente
“ Forse? Ma no, mi hai solo cacciato da casa” replicai sempre con ironia
“ Hai ragione. Senza forse. Ho esagerato. Speravo che comunque si potesse riparlare di quella cosa e invece non mi hai quasi più rivolto la parola” Cominciavo ad essere nervoso. Cosa stava facendo? Cercava un riavvicinamento?
“ Per farmi dare di nuovo del pervertito? Eri stata tu a lasciarmi. Anzi, a cacciarmi di casa. Se davvero pensavi di aver sbagliato, di aver esagerato, eri tu che dovevi cercarmi e chiedere di approfondire quella cosa” Inutile dire che le lacrime cominciarono a sgorgare dal suo viso
“ Si, forse dovevo essere io a chiederti spiegazioni”
“ Forse?” Stavolta sorrise anche lei asciugandosi le lacrime che le erano uscite fino a quel momento. Si avvicinò sempre di più a me fino quasi a sfiorarci il viso
“ Si, avrei dovuto farlo
“ E perché non l’hai fatto?” le chiesi
“ Non lo so. Non sapevo come cominciare il discorso”
“ Bastava chiedermi come mi sentissi, cosa provassi realmente, cosa desiderassi. Non era complicato” Lei annuì ma poi cambiò tono ed espressione
“ Hai un’altra?” Alzai le spalle
“ Non ci riesco ancora. No, non ce l’ho. E tu? Hai un altro?” Scosse la testa
“ No, mai pensato ad un altro”
“ Perché?” Le chiesi
“ E tu perché non ci riesci? Mi ami ancora?” Non risposi e lei mi buttò le braccia al collo
“ Io non ci riesco perché ti amo ancora. Ecco, ho preso l’iniziativa proprio come piace a te. Torniamo insieme, ti prego. Dimentichiamo questi maledetti mesi” mi disse cercando di baciarmi. Io rimasi per un istante con la bocca chiusa. Ero rimasto deluso dal suo comportamento. L’avevo sopravvalutata. Il mio desiderio di vederla sempre una spanna sopra a chiunque altro mi aveva fatto immaginare una reazione diversa ed invece lei era una donna normale, coi suoi dubbi, i suoi timori e le sue paure ma inutile mentire a me stesso. La sua vicinanza mi stregava, quasi. Continuava a piacermi come la prima volta che la vidi a casa mia e trovarmi a pochi centimetri da lei mi stava eccitando. E soprattutto, il mio cuore mi stava dicendo che l’amavo ancora. Cosa feci, secondo voi?
Dicevo però della festa. Invitammo tutti a casa nostra. O meglio, a casa di M. visto che io ero tornato da mia madre. Per l’occasione chiamai addirittura un clown prestigiatore che entusiasmò i bambini. E quando la festa terminò e mentre la bambina era nella sua camera a scartare con entusiasmo i suoi regali, M. mi chiese se volevo rimanere il tempo necessario per farla addormentare mano nella mano come quando stavamo insieme perché a nostra figlia mancava tantissimo quella situazione. Lo feci, ovviamente. Dopo che lei scartò tutti i suoi regali, abbracciai la mia principessina e la portai a letto. Si addormentò felice e serena e ritornai da M. per salutarla e per andarmene. Stare in quella casa, in quella casa dove avevo abitato fino a pochi mesi prima, dove avevo fatto l’amore con lei, dove avevo mangiato, dormito, ricevuto amici, dove c’era stata tutta la mia vita, mi sconvolgeva troppo. Era meglio per me rientrarci il meno possibile e soltanto per prendere la mia unica e adorata figlia. Questa era la mia condizione psicologica in quel preciso momento. E non era una bella condizione.
Lei mi aspettava in piedi in cucina appoggiata al muro. Le chiesi se avesse bisogno di aiuto per ripulire la casa ma declinò l’offerta. Mi ricordo perfettamente come era vestita. Indossava un jeans, il suo capo preferito, dentro un paio di stivali col tacco medio e una camicetta avorio con le maniche lunghe. Aveva i capelli, più corti rispetto a quando ci eravamo conosciuti, tinti di biondo e un leggero trucco. Era sempre stata attenta al suo look e raramente indossava qualcosa di appariscente preferendo sempre la semplicità. Quella sera però aveva qualcosa che mi intrigava. Forse quel jeans dentro gli stivali, forse quella camicetta chiara che aveva un effetto vedo e non vedo. Non sapevo cosa fosse esattamente ma l’insieme era quello di una giovane donna attraente e il fatto che non fosse più la mia donna mi faceva star male. Fu lei a venirmi vicino
“ Non immaginavo mai che noi due ci saremmo separati” mi disse. Era la prima volta che parlavamo di noi da quella maledetta sera
“ Nemmeno io ma visto che mi hai trattato come il peggiore degli uomini, forse non ero proprio quello che ti saresti aspettata” risposi con un bel po’ di acidità che lei sembrò però non cogliere più di tanto
“ E’ che non me l’aspettavo. Ti ho sempre visto come una persona sicura, autorevole e quando mi hai confessato quella cosa… Beh, non ci ho visto più. Forse ho esagerato” Io scoppiai a ridere nervosamente
“ Forse? Ma no, mi hai solo cacciato da casa” replicai sempre con ironia
“ Hai ragione. Senza forse. Ho esagerato. Speravo che comunque si potesse riparlare di quella cosa e invece non mi hai quasi più rivolto la parola” Cominciavo ad essere nervoso. Cosa stava facendo? Cercava un riavvicinamento?
“ Per farmi dare di nuovo del pervertito? Eri stata tu a lasciarmi. Anzi, a cacciarmi di casa. Se davvero pensavi di aver sbagliato, di aver esagerato, eri tu che dovevi cercarmi e chiedere di approfondire quella cosa” Inutile dire che le lacrime cominciarono a sgorgare dal suo viso
“ Si, forse dovevo essere io a chiederti spiegazioni”
“ Forse?” Stavolta sorrise anche lei asciugandosi le lacrime che le erano uscite fino a quel momento. Si avvicinò sempre di più a me fino quasi a sfiorarci il viso
“ Si, avrei dovuto farlo
“ E perché non l’hai fatto?” le chiesi
“ Non lo so. Non sapevo come cominciare il discorso”
“ Bastava chiedermi come mi sentissi, cosa provassi realmente, cosa desiderassi. Non era complicato” Lei annuì ma poi cambiò tono ed espressione
“ Hai un’altra?” Alzai le spalle
“ Non ci riesco ancora. No, non ce l’ho. E tu? Hai un altro?” Scosse la testa
“ No, mai pensato ad un altro”
“ Perché?” Le chiesi
“ E tu perché non ci riesci? Mi ami ancora?” Non risposi e lei mi buttò le braccia al collo
“ Io non ci riesco perché ti amo ancora. Ecco, ho preso l’iniziativa proprio come piace a te. Torniamo insieme, ti prego. Dimentichiamo questi maledetti mesi” mi disse cercando di baciarmi. Io rimasi per un istante con la bocca chiusa. Ero rimasto deluso dal suo comportamento. L’avevo sopravvalutata. Il mio desiderio di vederla sempre una spanna sopra a chiunque altro mi aveva fatto immaginare una reazione diversa ed invece lei era una donna normale, coi suoi dubbi, i suoi timori e le sue paure ma inutile mentire a me stesso. La sua vicinanza mi stregava, quasi. Continuava a piacermi come la prima volta che la vidi a casa mia e trovarmi a pochi centimetri da lei mi stava eccitando. E soprattutto, il mio cuore mi stava dicendo che l’amavo ancora. Cosa feci, secondo voi?
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