Il regalo di nozze (parte 5)
di
Kugher
genere
sadomaso
Mentre puliva quei ricchi tappeti (la cui bellezza, ora, cominciava ad apprezzare), mentre serviva a tavola (dando anche modo ai Padroni di capire di avere speso bene i loro soldi), ebbe modo di capire, da quelle poche frasi rubate, che lei era stata acquistata per essere un regalo, anche se non aveva capito per chi.
I primi sentori si trasformarono in certezza nel momento in cui stava pulendo un vaso di cristallo che rischiò di cadere.
La serpe del dubbio si era annidata dentro lei e vagava nel suo subcosciente lasciandole sempre quella leggere tensione allo stomaco.
Tutto sommato in quella casa non si trovava male, anche se le venne mestamente da ridere nel pensare che la felicità di un tempo consisteva in un vestito nuovo e, ora, nel non essere trattata troppo male.
Alla frase pronunciata dalla Padrona ebbe un mancamento in quanto improvvisamente le si riaprì la porta sull’ignoto.
Non poteva smettere di pulire il vaso e, per farlo, preferì inginocchiarsi sul pavimento di marmo, gradendo quel freddo materiale che le dava un seppur piccolo sollievo.
Si accorse che la Padrona le destinò uno sguardo interrogativo per quella posizione insolita, ma lei iniziò a pulire meglio l’oggetto che teneva tra le mani tremanti, facendo finta di ancorarlo bene tra le gambe per poter pulire l'interno senza il rischio di farlo cadere.
Quella circostanza svelò il mistero del suo addestramento e dell’attenzione di tutti nel non segnarla o, anzi, nel non rovinare quell’oggetto destinato ad altri.
Più avanti capì anche che lei costituiva il regalo in occasione di un matrimonio che non sarebbe avvenuto tra molto.
Aveva paura e, irrazionalmente, iniziò a servire ancor meglio i Padroni nella vana speranza di essere tenuta e sostituita con altro oggetto umano da dare agli sposi.
Succhiò il cazzo del Padrone e leccò la figa della Padrona meglio che poteva.
Quando veniva penetrata a letto o a 4 zampe sul tappeto, cercava di contrarre la sua figa in modo da creare un ambiente stretto per il cazzo che ne avrebbe tratto più piacere, oltre che di agevolare la scopata con il movimento del bacino.
Alla Padrona eccitava moltissimo vederla strisciare per raggiungere i suoi piedi da leccare e, così, Anna cercava di esaudire il suo desiderio nel modo più eccitante possibile, in modo da amplificare nella Signora l’attesa del piacere e gradire meglio l’umiliante lavoro di lingua sui piedi.
Divenne bravissima in questa attività e la Padrona la usava spesso anche per farsi rinfrescare i piedi dopo essere rientrata da un aperitivo in centro o dallo shopping.
Ancora non veniva punita con frustate poichè, in quanto “dono”, non doveva essere rovinata, dovendo arrivare intonsa e perfetta ai destinatari che, poi, ne avrebbero fatto tutto ciò che volevano.
Ogni speranza svanì un giorno in cui stava succhiando il cazzo al Padrone comodamente seduto in poltrona. Lei era inginocchiata davanti all’uomo che, per rendere più eccitante il lavoro, le aveva incatenato i polsi dietro alla schiena e appoggiato i piedi sulle cosce che Anna doveva tenere bene spalancate.
“E’ brava a succhiare questa bestia, brava anche a servire e a pulire. Ci farà fare bella figura con nostra figlia”.
La notizia che ogni impegno era vano, la distrasse al punto che il Padrone fu costretto a tirarle forte i capelli per ottenere il piacere che aveva caratterizzato i momenti precedenti.
“Che cazzo ti succede, animale! succhia bene!”
Ebbe quindi la conferma che quella sarebbe stata solo una tappa e che i destinatari, suoi futuri Padroni, erano la figlia ed il genero di quei Signori.
Nuovamente l’ansia l’assalì, quella paura che prende in una situazione di incertezza poichè questa sa essere più crudele della realtà.
Venne comunque costretta a servire e a soddisfare sessualmente in quanto i Padroni del momento volevano godere al meglio delle sue prestazioni finché l’avessero avuto con loro.
Ormai erano abituati ad ottime prestazioni e lei non poté far venire meno le loro aspettative a causa della delusione che l’aveva investita.
La cella nella quale veniva ritirata la sera le sembrò ancora più piccola e angusta, priva di aria e quella finestrella posta nella parete vicino al soffitto faceva entrare solo aria che, ora, le sembrava pesante.
“Abbiamo speso bene i nostri soldi, è anche forte e resistente questa bestia, peccato non poterla tenere”.
L’ulteriore conferma non ebbe nemmeno modo di ferirla ulteriormente quando la sentì pronunciare una sera dalla Padrona che, prima di andare a letto, l’aveva usata a 4 zampe come sedia davanti alla toeletta per struccarsi.
Venne costretta a fare attività fisica per migliorare la tonicità dei suoi 28 anni e la resistenza.
Avrebbe dovuto essere perfetta, ben sapendo che il gesto atletico dona a qualunque corpo una bellezza ulteriore a quella regalata dalla natura. Senza considerare anche gli aspetti pratici per l'uso di una schiava in forma e con un minimo di forza per eventuali lavori pesanti.
Non le mancò il buon cibo, seppur mangiato, mischiato, in una ciotola a terra. Le venne fatto dedicare il giusto tempo anche al riposo, parte essenziale di un buon allenamento e di un'ottima forma fisica.
I divertimenti sadici dei padroni furono destinati solo agli altri due schiavi, in quanto lei avrebbe dovuto avere il corpo perfetto.
Ciò non toglie che, al fine di evitare altre forme di dolore, si dedicava al meglio negli esercizi fisici.
La nudità era una regola che aveva quale eccezione le autoreggenti nere e le scarpe décolleté con tacco 12.
Venne usata spesso per soddisfare sessualmente i Padroni, i quali avevano apprezzato le sue abilità delle quali non volevano farne a meno fino al momento in cui avrebbero dovuto privarsene per farne dono.
I primi sentori si trasformarono in certezza nel momento in cui stava pulendo un vaso di cristallo che rischiò di cadere.
La serpe del dubbio si era annidata dentro lei e vagava nel suo subcosciente lasciandole sempre quella leggere tensione allo stomaco.
Tutto sommato in quella casa non si trovava male, anche se le venne mestamente da ridere nel pensare che la felicità di un tempo consisteva in un vestito nuovo e, ora, nel non essere trattata troppo male.
Alla frase pronunciata dalla Padrona ebbe un mancamento in quanto improvvisamente le si riaprì la porta sull’ignoto.
Non poteva smettere di pulire il vaso e, per farlo, preferì inginocchiarsi sul pavimento di marmo, gradendo quel freddo materiale che le dava un seppur piccolo sollievo.
Si accorse che la Padrona le destinò uno sguardo interrogativo per quella posizione insolita, ma lei iniziò a pulire meglio l’oggetto che teneva tra le mani tremanti, facendo finta di ancorarlo bene tra le gambe per poter pulire l'interno senza il rischio di farlo cadere.
Quella circostanza svelò il mistero del suo addestramento e dell’attenzione di tutti nel non segnarla o, anzi, nel non rovinare quell’oggetto destinato ad altri.
Più avanti capì anche che lei costituiva il regalo in occasione di un matrimonio che non sarebbe avvenuto tra molto.
Aveva paura e, irrazionalmente, iniziò a servire ancor meglio i Padroni nella vana speranza di essere tenuta e sostituita con altro oggetto umano da dare agli sposi.
Succhiò il cazzo del Padrone e leccò la figa della Padrona meglio che poteva.
Quando veniva penetrata a letto o a 4 zampe sul tappeto, cercava di contrarre la sua figa in modo da creare un ambiente stretto per il cazzo che ne avrebbe tratto più piacere, oltre che di agevolare la scopata con il movimento del bacino.
Alla Padrona eccitava moltissimo vederla strisciare per raggiungere i suoi piedi da leccare e, così, Anna cercava di esaudire il suo desiderio nel modo più eccitante possibile, in modo da amplificare nella Signora l’attesa del piacere e gradire meglio l’umiliante lavoro di lingua sui piedi.
Divenne bravissima in questa attività e la Padrona la usava spesso anche per farsi rinfrescare i piedi dopo essere rientrata da un aperitivo in centro o dallo shopping.
Ancora non veniva punita con frustate poichè, in quanto “dono”, non doveva essere rovinata, dovendo arrivare intonsa e perfetta ai destinatari che, poi, ne avrebbero fatto tutto ciò che volevano.
Ogni speranza svanì un giorno in cui stava succhiando il cazzo al Padrone comodamente seduto in poltrona. Lei era inginocchiata davanti all’uomo che, per rendere più eccitante il lavoro, le aveva incatenato i polsi dietro alla schiena e appoggiato i piedi sulle cosce che Anna doveva tenere bene spalancate.
“E’ brava a succhiare questa bestia, brava anche a servire e a pulire. Ci farà fare bella figura con nostra figlia”.
La notizia che ogni impegno era vano, la distrasse al punto che il Padrone fu costretto a tirarle forte i capelli per ottenere il piacere che aveva caratterizzato i momenti precedenti.
“Che cazzo ti succede, animale! succhia bene!”
Ebbe quindi la conferma che quella sarebbe stata solo una tappa e che i destinatari, suoi futuri Padroni, erano la figlia ed il genero di quei Signori.
Nuovamente l’ansia l’assalì, quella paura che prende in una situazione di incertezza poichè questa sa essere più crudele della realtà.
Venne comunque costretta a servire e a soddisfare sessualmente in quanto i Padroni del momento volevano godere al meglio delle sue prestazioni finché l’avessero avuto con loro.
Ormai erano abituati ad ottime prestazioni e lei non poté far venire meno le loro aspettative a causa della delusione che l’aveva investita.
La cella nella quale veniva ritirata la sera le sembrò ancora più piccola e angusta, priva di aria e quella finestrella posta nella parete vicino al soffitto faceva entrare solo aria che, ora, le sembrava pesante.
“Abbiamo speso bene i nostri soldi, è anche forte e resistente questa bestia, peccato non poterla tenere”.
L’ulteriore conferma non ebbe nemmeno modo di ferirla ulteriormente quando la sentì pronunciare una sera dalla Padrona che, prima di andare a letto, l’aveva usata a 4 zampe come sedia davanti alla toeletta per struccarsi.
Venne costretta a fare attività fisica per migliorare la tonicità dei suoi 28 anni e la resistenza.
Avrebbe dovuto essere perfetta, ben sapendo che il gesto atletico dona a qualunque corpo una bellezza ulteriore a quella regalata dalla natura. Senza considerare anche gli aspetti pratici per l'uso di una schiava in forma e con un minimo di forza per eventuali lavori pesanti.
Non le mancò il buon cibo, seppur mangiato, mischiato, in una ciotola a terra. Le venne fatto dedicare il giusto tempo anche al riposo, parte essenziale di un buon allenamento e di un'ottima forma fisica.
I divertimenti sadici dei padroni furono destinati solo agli altri due schiavi, in quanto lei avrebbe dovuto avere il corpo perfetto.
Ciò non toglie che, al fine di evitare altre forme di dolore, si dedicava al meglio negli esercizi fisici.
La nudità era una regola che aveva quale eccezione le autoreggenti nere e le scarpe décolleté con tacco 12.
Venne usata spesso per soddisfare sessualmente i Padroni, i quali avevano apprezzato le sue abilità delle quali non volevano farne a meno fino al momento in cui avrebbero dovuto privarsene per farne dono.
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