La schiava ereditata dalla madre (parte 1)

di
genere
sadomaso

A Luigi piaceva la pioggia che lascia nell’aria un profumo di pulito. Il suo suono costante e ritmico aveva un potere rilassante.
In quel momento aveva più un effetto cullante, in quanto rilassato dall’orgasmo potente e liberatorio che aveva appena avuto.
Faceva caldo e la pioggia aveva appena raffrescato. Dalle finestre aperte avvertiva il piacere dell’aria più fresca che accarezzava il suo petto nudo.
Aveva gli occhi chiusi e la cecità, seppur momentanea, consente di concentrarsi sulle altre sensazioni.
Stava traendo piacere dal piede appoggiato sulla testa bionda della giovane schiava prostrata davanti a lui, la stessa che gli aveva appena procurato l’orgasmo con la sua bocca, ingoiando tutto il frutto del suo piacere.
Pur senza vederla, visualizzava la donna con i polsi ancora ammanettati dietro alla schiena.
Aveva perso il conto del tempo in cui era in quella posizione. Forse si era anche appisolato con il piede sulla testa.
La schiava non poteva non essere scomoda, ed il potere di disinteressarsi del disagio di colei che gli aveva donato il piacere gli dava, a sua volta, altro piacere, seppur di forma diversa.
Sentì che dal cazzo divenuto molle stava uscendo un po’ di liquido. Gli accadeva spesso che anche dopo l’orgasmo uscisse qualche goccia.
Tolse il piede dalla testa della schiava.
“Pulisci”.
Il tono era semplice, quello di colui che ordina sapendo che sarà obbedito.
Aprì gli occhi e gli parve di vedere un po’ di sollievo in colei che, seppur col corpo giovane, era stata costretta ad una postura forzata per lungo tempo.
La ragazza si avvicinò al membro per effettuare la pulizia senza incontrare collaborazione da parte del Padrone, insinuandosi tra le cosce cercando di non dare fastidio.
Luigi apprezzò la schiena della donna ancora segnata dai colpi di frustino che non le aveva risparmiato, fino al momento in cui capì che non avrebbe resistito oltre per la grande eccitazione accumulata e le aveva ordinato di fargli un pompino.
L’orgasmo venne in fretta.
Non aveva mai frustato una donna e non pensava che la sensazione potesse essere così forte ed eccitante, soprattutto nell’osservare la passività con la quale la schiava ricevette tutti i colpi. Il dolore trovò manifestazione solo con le reazioni del corpo che si contorceva senza però accennare a sfuggire al prossimo colpo e, anzi, attendendolo.
Accanto a sé, sul tavolino, c’era ancora la lettera manoscritta di sua madre, Maria, mancata da poco.
Benché non più giovanissima, era ancora in gran forma.
Sullo stesso mobile vi era la sua immagine ritratta nella sua amata casa in campagna.
Per quanto strano, quel manoscritto era una sorta di testamento che, però, andava oltre al mero trasferimento di beni.
In quel foglio c’era ben altro, un documento nel quale aveva appreso un aspetto di sua madre che aveva sempre ignorato, tanto forte quanto segreto.
Ora, questo aspetto era lì davanti a lui, rappresentato da quella giovane nuda, segnata dal frustino, offerta davanti a lui al quale aveva appena fatto avere un orgasmo potentissimo.
In quelle poche ore, aveva conosciuto una parte di sé, sicuramente latente ma ignorata, se non per qualche emozione nel vedere alcune scene di dominio. Si era trattato di sensazioni vissute ma scivolate addosso, mai coltivate.
Non si ricordava nemmeno il nome di quella ragazza, dimenticato subito dopo avere letto il manoscritto. Ricordava solo che era laureata in filosofia. Sorrise tra sé nel rendersi conto che quella era l’unica informazione che gli era rimasta impressa.
Marta si era presentata a casa sua dopo avere anticipato il suo arrivo e chiesto, con gentilezza, di indicare un giorno ed un orario che a lui sarebbe stato più comodo.
Era rimasto colpito dalla dolcezza di quella voce sconosciuta, appartenente ad un viso sconosciuto di una persona sconosciuta e della quale mai aveva sentito parlare, che si era presentata facendo il nome di sua madre e chiedendo di essere ricevuta.
Gli era piaciuta subito, appena aperta la porta di casa. Era vestita in maniera sobria, non sfacciata, senza trucco o, almeno, così sembrava. Capelli lisci e biondi che non arrivavano a sfiorare le spalle.
Era una persona molto curata e dai vestiti trasparivano le sue forme femminili, la cui bellezza non era sminuita dalla piccola morbidezza del ventre.
L’aveva ricevuta vestito adeguatamente, così come era solito fare quando aveva un ospite, soprattutto se sconosciuto. Era un insegnamento di sua madre che aveva sempre visto prepararsi bene quando doveva ricevere qualcuno, come se fosse stata lei a recarsi dall’ospite e non vice versa.
La ragazza era entrata ma aveva rifiutato di prendere qualsiasi cosa le fosse offerta.
Luigi restò leggermente imbarazzato quando lei rifiutò anche di sedersi sulla poltrona che le era stata indicata.
Senza preambolo alcuno, gli aveva consegnato subito una lettera chiusa invitandolo, gentilmente, a sedersi per leggerla.
Sul fronte c’era il suo nome preceduto dalla parola “Caro”.
Era inconfondibile la calligrafia di sua madre.
Lo colpì molto vedere quella traccia di lei consegnatagli da una giovane donna sconosciuta dal cui atteggiamento intuiva che in quella busta avrebbe trovato qualcosa di importante.
Immediatamente avvertì la mancanza della madre scomparsa e, con questa sensazione, senza pensare al fatto che la ragazza restasse in piedi, sentì egli stesso il bisogno, più che il desiderio, di sedersi.
Si accomodò sulla poltrona quasi dimentico di Maria, tutto concentrato su quella busta che aprì con attenzione, quasi a non voler rovinare una traccia di sua madre che, con quella missiva, era tornata inaspettatamente a parlargli dopo la sua morte, quasi infastidito che le ultime parole fossero state affidate ad una donna per lui sconosciuta.
All’interno c’era il foglio nel quale spiccava la calligrafia ordinata e pulita che aveva conosciuto sin da quando firmava i suoi quaderni di scuola o il diario, sul quale a volte lasciava qualche messaggio ai suoi insegnanti.
di
scritto il
2024-01-25
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