La gladiatrice Quinto episodio

di
genere
dominazione

La palestra era all'interno della villetta al piano terra. Mi guardai intorno
cercando di cogliere elementi interessanti ma vedevo solo facce preoccupate e
terrorizzate. Erano le facce degli altri uomini schiavizzati da Sonja. Joe mi
aveva presentato rapidamente agli altri ma ora il silenzio si era fatto
pesante. Sonja aveva fatto il suo ingresso nella stanza ed era stato un
ingresso tanto maestoso quanto sensuale. Sembrava tutto studiato per eccitarci
e intimorirci. Le scarpe col tacco a spillo, il costume intero sgambatissimo
rosso simile a quello indossato la sera prima durante il combattimento con me,
con una scollatura tanto profonda da lasciar quasi uscire fuori i suoi seni
tanto prosperosi quanto dritti, la camminata volutamente sexy. C'era qualcosa
di anomalo in quella donna. Qualcosa? Tutto sembrava fuori da ogni logica. La
bellezza era evidente. Il corpo era stratosferico, nettamente al di sopra di
tutti quelli che avevo visto fino ad allora. Era intriso di femminilità
ma aveva anche dei lati che, a primo impatto, non sarebbero dovuti essere
espressione di bellezza femminile. Le spalle larghe e i muscoli evidenti, per
esempio. Non era un ammasso di muscolatura mascolina, tutt'altro. Come avevo
notato dalla sera precedente, sia le gambe che le braccia erano tornite ma non
certo in modo da compromettere la sua femminilità e tanto meno in grado di
fornire spiegazioni accettabili sulla sua forza straordinaria. Sapevo con
certezza che una donna, pur allenatissima, aveva dei limiti dovuti alla
mancanza di dosi massicce di testosterone nel suo organismo e per avere gli
stessi risultati di un uomo avrebbe dovuto assorbire quel testosterone
mancante attraverso farmaci che ne avrebbero però alterato la femminilità.
Ma questo non era accaduto con Sonja. Il suo viso era bellissimo e solo un po'
spigoloso. Ma l'avevo vista sorridere ed era stato un sorriso straordinario,
puro, che aveva eliminato quelle spigolosità dovute probabilmente al suo carattere, al fatto di essere un'assassina senza scrupoli che io, come poliziotto, dovevo
assolutamente fermare. Ma come riuscirci? Sonja intanto avanzò verso il
centro della palestra e iniziò i suoi esercizi. Durarono circa un'ora e
quando uscii da quella stanza la testa mi roteava vorticosamente. Quello che
avevo visto era assurdo, inspiegabile, che sarebbe stato credibile solo in un
film di fantascienza. Ma io l'avevo visto. Avevo visto Sonja sollevare pesi
impossibili per qualunque essere umano, piegarsi su sé stessa e rialzarsi
facendo decine di ripetizioni col sorriso sulle labbra, senza apparente
sforzo. L'avevo vista eseguire perfettamente mosse di varie arti marziali,
piroettare con grazia ed eleganza ma anche con un'efficacia unica, le avevo
visto spezzare tavole e mattoni e compiere gesta che esulavano da qualsiasi
logica. Mio Dio, ma chi era quella donna? Come poteva fare quello che le avevo
visto eseguire? Ora capivo perché Joe mi aveva detto che nemmeno tutti e nove
contemporaneamente avremmo avuto qualche possibilit° contro di lei. Dopo
quell'esibizione straordinaria, Sonja ci aveva congedato ordinandoci di
riprendere ognuno le proprie mansioni mentre lei era rimasta ad allenarsi in
solitudine. Mi era quasi dispiaciuto dover interrompere la visione di quelle
gesta prodigiose che emanavano un qualcosa di particolare ai miei occhi.
Femminilità? Forse non era la parola giusta. Avevo sempre abbinato quel
vocabolo con gesti delicati, eppure c'era qualcosa di estremamente femminile
in Sonja anche quando le avevo visto sollevare pesi che per me sarebbe stato
impossibile persino spostare di qualche centimetro.
Sensualità? Si, era sensuale, pazzescamente e incredibilmente sensuale con
quel fisico scolpito nell'acciaio che la faceva assomigliare a una dea dalla
potenza smisurata. Quel che potevo dare per certo era che comunque si
presentasse, da lottatrice, da soldatessa o da terribile padrona, era la donna
che piu' di ogni altra nella mia vita stavo desiderando con tutte le mie forze
e mi ronzava nella mente la frase di Joe quando mi aveva detto che anche io,
prima o poi, avrei fatto parte del suo harem. Quindi, avrei avuto con lei un
incontro molto ravvicinato? Mi accorsi di avere a quel pensiero un brivido di
paura ma anche un'erezione, l'ennesima che quella donna mi faceva avere. E
stavolta senza nemmeno averla di fronte.

Alejandro era un uomo di circa sessant'anni, con i capelli brizzolati sopra un
viso dai lineamenti ispanici e un corpo che aveva avuto tempi migliori. Lo
stomaco era prominente e i chili in piu' erano almeno una ventina,
appena mascherati da un'altezza imponente. La canotta nera metteva comunque in
mostra dei bicipiti che dimostravano come un tempo quell'uomo doveva avere
avuto una muscolatura tale da incutere timore. Il suo sorriso era franco e
sincero e, appena mi vide, mi diede una grossa pacca sulle spalle

" E così tu sei Jason, il nuovo schiavo della nostra bellissima padrona"

" Già, a quanto pare"

" Benvenuto"

" Da come lo dici sembra che io avessi delle alternative" L'ispanico scoppiò
in una risata fragorosa"

" Credo proprio di no, amico mio. Ma non drammatizzare. Se prendi le cose per
il verso giusto, vedrai che riuscirai a vivere dignitosamente. Come ti ha
accennato Joe, io sono la persona che gestisce i lavori dentro questa villa.
Ogni inizio di settimana io affiggerò dei manifesti sopra i quali ognuno di
voi vedrà la mansione che gli spetta, mansione che cambia giorno per giorno.
Per il momento tu sei destinato alle pulizie del primo piano, quello in cui ci
sono le stanze di voi ..."

" Schiavi? Prigionieri? Di pure la parola. Non mi sembra poi che il
cambiamento sia così enorme"

" Se non ti calmi, amico mio, sopravvivrai ben poco. La parola schiavo forse
riassume il tutto alla perfezione. Voi siete schiavi di Sonja e lei gestisce
le vostre vite. Ficcatelo bene in testa. Ora vai al primo piano. Ci sono già
Liam e Ted e loro sanno cosa dovrai fare" Lo guardai in faccia. Malgrado i
lineamenti ispanici, il suo modo di parlare era tipicamente americano e mi
parve di riconoscere il dialetto texano. Per di più avevo avuto modo di
conoscere gli altri otto uomini prigionieri di Sonja. Chi era allora
Alejandro? Glie lo chiesi senza preoccuparmi delle conseguenze

" Amico mio, ti vedo un po' troppo curioso. Si, in effetti io non sono un
prigioniero di Sonja. Io posso andarmene quando voglio. Ma sono comunque suo schiavo e non me ne andrò fino a che lei non vorra' privarsi dei miei servigi.
Spero che non accada mai perché vivere senza di lei non mi interessa. Amo
quella donna da sempre, ho sempre obbedito ai suoi ordini fin da quando lei
era un soldato degli Stati Uniti e io un suo subalterno"

" Anche tu sei stato un militare?" gli chiesi

" Sergente Alejandro Gomez dei corpi speciali, specialità pilota di
elicotteri. Riesco a far alzare qualunque cosa abbia delle pale, amico.
Genitori messicani ma americano vero, di El Paso. Ora basta, Jason. Ti ho
tolto tutte le curiosita'. Il lavoro ti aspetta e cerca di farlo bene. Sonja
non scherza e non ammette errori. Vai"

Non era stato un lavoro particolarmente massacrante e avevo finito ben prima
dell'orario previsto. Si trattava delle classiche pulizie casalinghe, ben poco
adatte ad uno come me ma nemmeno troppo complicate. Mi ero fatto una doccia e
avevo avuto la gradita sorpresa di sapere che avrei dormito nella stessa
stanza con Joe. Alejandro mi aveva poi chiamato per darmi biancheria pulita e
alcuni abiti puliti. Tutto sembrava funzionare alla perfezione dentro questa
villa e tutto sembrava regolato come un orologio svizzero. C'era stata
l'interruzione per il pranzo e avevo atteso inutilmente l'ingresso di Sonja
per sapere soltanto dopo che lei era abituata a pranzare da sola nella sua
camera. Per tutta la durata del pranzo avevo cercato di tirar fuori qualcosa
da tutti quegli uomini ma già alla seconda domanda mi guardavano storto e
avevo deciso di lasciar stare. Solo il mio nuovo amico Joe sembrava un po'
più loquace e mi aveva raccontato alcuni particolari che però non avevo
trovato interessanti per gli sviluppi futuri della mia permanenza nella dimora
di Sonja. Mi aveva raccontato di come la donna avesse ucciso un prigioniero
perché aveva cercato di scappare e lo aveva fatto sotto gli occhi di tutti
gli altri uomini terrorizzati e aveva abbondato di particolari che in altri
momenti avrei creduto inverosimili ma che, dopo aver conosciuto le
straordinarie potenzialità di Sonja, mi sembravano più che verosimili. Avevo
saputo anche che alcune sere Sonja usciva per andare a vedere i vari
combattimenti che si svolgevano nell'arena dove ero stato anch'io
protagonista. C'erano almeno un paio di combattimenti a settimana ma sembrava
che Sonja ne facesse non più di uno al mese in quanto la sua presenza dava
per scontato l'esito del match togliendo in parte fascino e suspense
all'incontro. Ma Joe aveva sentito dire che i senatori erano ugualmente pazzi
di Sonja e il suo budget era di centinaia di migliaia di dollari a
combattimento. Questo spiegava le spese sostenute per mantenere una villa del
genere, spese che dovevano essere elevatissime. Ma di tutto il discorso, la
parte più interessante era quella delle sere in cui saremmo rimasti soli
nella villa, quando cioè Sonja sarebbe andata a vedere gli altri
combattimenti. Sembrava che quando combattesse lei, gli uomini fossero
obbligati a seguirla, come avevo potuto notare la sera precedente con quella
messa in scena dei suoi schiavi inginocchiati al suo ingresso nell’arena, cosa che invece non accadeva quando invece seguiva altri combattimenti. Joe però mi aveva messo in guardia sostenendo che dentro e fuori dalla villa, tra l'altro con la cancellata elettrificata, stazionavano gli uomini del famigerato colonnello, armati di tutto punto. E questo spegneva ogni argomento che potesse riguardare un'eventuale fuga durante la sua assenza. Eravamo prigionieri senza alcuna possibilita' di scappare.

Per commentare, scrivete a
davidmuscolo@tiscali.it
scritto il
2024-02-04
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