Tutti quei ragazzi (e quelle ragazze) - Le feste
di
RunningRiot
genere
etero
Esattamente un anno fa, esattamente seduta su questo divano, osservavo quello che sarebbe diventato il mio primo fidanzato fare il coglione con quella che allora era la sua ragazza. Erano in piedi davanti a me e sghignazzavano insieme a un gruppetto di altre ragazze e altri ragazzi. Lui le passava la mano sulla schiena su e giù, immaginai che avesse una gran voglia di passarla altrove. Immaginai che lei avesse la stessa identica voglia. Del resto, quella troia gliela dava. Ciò che però facevano in quel momento era stare fianco a fianco un po' allacciati, ogni tanto si scambiavano qualche accenno di bacetto. Stop.
Ero gelosa, lui mi piaceva già molto e non solo sotto quel profilo. Lui mi regalava momenti splendidi di compagnia e mi capiva al volo qualsiasi cosa dicessi. Lui occupava molto spesso i miei pensieri. Lui si preoccupava della considerazione non proprio edificante che a scuola avevano di me. Lui era l'unico - del tutto clandestinamente, è chiaro - che si beccava i miei bocchini con una certa regolarità e non one shot come altri. Lui giusto qualche ora prima di quella festa mi era esploso in bocca seduto sul letto della sua stanza. Pensando a lui mi ero masturbata sotto la doccia prima di prepararmi, compiacendomi dell'affiatamento osceno che ormai si era stabilito tra di noi: "Servizio pompini, a che piano?". Ero gelosa.
La casa era molto grande, quello che di norma si chiama terrazzo era più che altro un balcone lunghissimo che le girava tutto intorno o quasi. Cosa che nel salone consentiva di tenere le porte finestra aperte e di creare una piacevole corrente d'aria. Piacevole e indispensabile, visto che le serate iniziavano a essere calde e che lì dentro ci saranno state almeno già trenta persone. L'intensità del casino era ancora medio-bassa, come la musica. La gente aveva cominciato ad arrivare da poco, alla spicciolata. Io stessa ero lì da meno di mezz'ora. Per scatenarci attendevamo lo sboccio-diciotto di Cecy. Dopo di che, come sempre, poveri vicini: senza sapere nemmeno a cosa andassero incontro, i genitori della festeggiata non solo avevano gentilmente messo a disposizione la casa, ma avevano anche usato la cortesia di andarsene proprio fuori Roma. Quelli del piano di sotto non credo proprio.
Consentitemi una piccola digressione: alla faccia dello sboccio, che poi consisterebbe nello stappare un paio di bottiglie in un bar, o anche in una piazza, allo scoccare della mezzanotte, distribuire bacetti e cantare tanti-auguri-a-te. Ma in fondo c'erano diciotto anni da festeggiare, era un vero e proprio party. Che nei programmi dei finanziatori - immagino sempre i genitori di Cecy - doveva essere in prevalenza analcolico, spumante per brindare a parte. A portare roba più forte ci avevano pensato segretamente gli invitati, come sempre. Io stessa qualche volta mi ero fatta carico del gin o della vodka, oppure avevo contribuito a svuotare nei lavandini bottiglie di Coca, aranciate e quant'altro per far vedere il giorno dopo quanto fossero state apprezzate, o a portare fuori tintinnanti sacchi dell'immondizia pieni di ormai vuote bottiglie di superalcolici da scaricare nella campana del vetro. Dall'amaretto al whisky c'era di tutto, spesso di qualità dozzinale anche se ancora non me ne rendevo conto. Mix micidiali di cui presto si sarebbero visti gli effetti.
Tendenzialmente, l'idea di quasi tutti era quella di fare after. Personalmente non ci riuscii, ma da quello che seppi in seguito furono ben pochi a riuscirci. Era un classico di quelle feste, del resto: ognuno portava con sé, insieme al regalo per la festeggiata, il proprio carico di desideri e fantasie; la maggior parte se ne tornava a casa con un mucchietto di sogni infranti, cosa statisticamente inevitabile, e con la speranza di rifarsi la prossima volta.
Tendenzialmente, la MIA idea era un'altra, e seduta su quel divano la osservavo naufragare seguendo la mano di quel ragazzo fare su e giù sulla schiena della sua ragazza. Guardandoli, ripetevo a me stessa che mi ero fatta un film stupido. Nemmeno mi accorgevo di Dani che giocava con i miei capelli e mi passava le dita sul collo.
Non fui proprio l'anima della festa, quella sera. Eh no. Sostanzialmente mi ubriacai e basta, respingendo inviti di varia natura. Non che fosse una novità e non che fossi la sola, quella dell'alcol sembrava quasi una scusa. Come se avessimo bisogno di bere per iniziare a fare ciò che tutti, ma proprio tutti, i ragazzi e molte tra noi ragazze in fondo eravamo lì per fare: divertirci, annusarci, allacciarci e altro. Beh sì, anche altro. Sesso, insomma, soprattutto nelle sue varianti soft.
Baci in bocca, lingue che fanno amicizia, mani che corrono sui corpi, gambe che si accavallano l'una sull'altra, esplorazioni più o meno sfacciate delle parti intime, sopra ma ogni tanto anche sotto i vestiti. Pomiciate, insomma.
Cazzi umidi in punta, odore di maschio mischiato a quello di troppo deodorante, bocche impazienti di assaggiarne consistenze e sapori. Colpi di tosse e lacrime agli occhi, rantoli, mmm-mmm-mmm e cazzo-cazzo-cazzo-quanto-sei-brava. Pompini, insomma.
Sì, ok, ogni tanto usciva fuori, con vari gradi di credibilità, che c'era chi si era anche spinto/a oltre, ma le evoluzioni più ardite consistevano in questo: pomiciate e pompini. O pomiciate che a volte si evolvevano in pompini, se preferite.
Per le più fortunate e i più fortunati, pomiciate e pompini erano un modo più o meno consapevole per sperimentare e placare quella sanissima fame di sesso. Fame comune a tutte e a tutti, anche se con modi di approcciarsi differenti. Qualche volta c'era anche del sentimento, è ovvio, ma non così tanto come si potrebbe credere. Chiaramente non valeva per tutte e per tutti, ve l'ho detto, ma per un discreto gruzzoletto di persone sì, compresa la sottoscritta. Non ricordo esattamente quando i bagni delle case diventarono delle vere e proprie terre di nessuno, dove semmai il problema era aspettare che si liberassero, ma a un certo punto lo diventarono. E non solo quelli. Capitava spesso di aprire la porta di una stanza e doverla richiudere subito dopo, tra risate sguaiate o imbarazzate che fossero. I bagni avevano il vantaggio di avere la chiave, di solito, e da una certa ora in poi, se li trovavi chiusi, potevi scommetterci che non venivano utilizzati nel modo in cui ci si aspetterebbe. Tra l'altro, da lì alle toilette dei locali il passo era stato abbastanza breve, grazie a un po' più di sfacciataggine, ma giusto un po', unita a una buona dose di incoscienza, diventata con il tempo esperienza: mi ero già rinchiusa, non precisamente da sola, in quelle di bar, disco, pub, addirittura in quella iper-igienizzata di un McDonald, in un cinema. Mani sulla testa e bocchini challenge, alla te-l'hanno-mai-succhiato-così? Non credo che i primi tempi fossi realmente brava, ma probabilmente nemmeno la gran parte dei ragazzi sapeva cosa fosse un pompino a regola d'arte. Tuttavia adoravo farli e credo che si capisse. E inoltre, ingoiavo. Come mi disse uno, senza nemmeno rendersi conto della sua volgarità, non facevo "tante storie". Una volgarità che, detto tra noi, mi aveva dato un brivido caldissimo.
Quella sera, a quella festa, non ci fu però nessun pompino. Non mio, almeno. Come ho detto mi ubriacai e - dopo avere visto quello che un giorno sarebbe diventato il mio ragazzo scomparire senza nemmeno salutarmi insieme a quella che allora era la sua ragazza - chiesi a Dani di portarmi a casa. Ben prima dell'alba. Mi accompagnò in motorino e ci provò proprio davanti al mio portone, era un po' brillo anche lui. Cercò di baciarmi ma lo respinsi, scappai su, a letto. Forse piansi, non ricordo. Dani non mi dispiaceva per niente, in realtà, aveva tutto per attrarmi: era alto, carino, intelligente, mi faceva divertire e quando sorrideva diventava irresistibile. Non era particolarmente stronzo e anzi era uno dei pochi con i quali potevi pensare di non farci solo sesso. Insomma, aveva qualcosa di più. Ma di certo non ero andata alla festa pensando a lui. La mattina dopo mi ritrovai sul telefono un messaggio con il quale si scusava e mi chiedeva di uscire. Qualche giorno dopo, due o tre, aveva ottenuto ciò che voleva, due volte, pomeriggio-sera. Fine della breve storia con Dani. Se dicessi che fu un brutto pomeriggio-sera sarei ipocrita. La cosa che devo dire, piuttosto, è che non andai con lui per consolarmi, scacciare un chiodo con un altro chiodo, mettere in atto una ripicca. Non c’entrava un cazzo, ero fatta così.
Dodici mesi più tardi mi ritrovo qui: stesso sboccio, però diciannove, stessa festeggiata, stessa casa, stesso divano. Non so come Cecy abbia fatto a convincere i genitori: durante la prima festa le macchie di vomito sulle pareti avevano fatto una certa impressione a me figuriamoci a loro. Però, che vi devo dire, siamo ancora qui. Non tutti, a dire il vero, e non avrei immaginato di esserci nemmeno io. Dopo la fine del liceo non ho mantenuto tanto i contatti. È un eufemismo per dire che ho tagliato quasi tutti i ponti tranne che con due o tre. Con la stessa Cecilia non siamo nemmeno mai state particolarmente legate, anche se non era di quelle che mi dicevano troia alle spalle (oddio, qualcuna me lo diceva anche in faccia). Non posso dire che l'invito non mi abbia fatto piacere - senza esagerare, eh? - ma l'ho trovato un po' strano, di certo inatteso.
Con quel ragazzo che un anno fa vedevo passare la mano sulla schiena della sua ragazza e sbaciucchiarla ho avuto una storia, alla fine. La mia prima storia vera, il mio primo fidanzato. Ovviamente anche le mie prime scopate. Il mio primo amore finito, il mio primo cuore spezzato. Il mio primo never again. Certe cicatrici possono continuare a farti male per tanto tanto tempo e, in definitiva, chissenefrega di innamorarsi.
Ecco, per esempio lui stasera non c'è. C'è invece un bel po' di gente che non conosco, non granché interessante.
C'è Dani, ma non è più seduto accanto a me né passa le sue dita sui miei capelli e sul collo. È giù in fondo al salone che parla con un'amica della sua fidanzata e, naturalmente, con la sua fidanzata stessa. Ogni tanto lancia occhiate nella mia direzione. Non faccio nemmeno la fatica di chiedermi a cosa pensi, già lo so. Qualche giorno fa si è fatto vivo per sapere se alla festa ci sarei stata anche io, non lo sentivo dalla fine della scuola...
In linea di principio non sarei neanche contraria a un recap, maaaa… boh, stasera sta con quella e quindi rien à faire. Inoltre, per quanto mi riguarda, sarà pur vero che sono spesso ben disposta ma non è che senta tutto sto trasporto. E poi ste feste stanno diventando meno scatenate. Come se adesso che siamo quasi tutte e tutti all’università volessimo darci un tono o fossimo in cerca di cose nuove. Non gira nemmeno tanta roba chimica, per cui il minimo sindacale resta bere un po' più del solito e magari farsi qualche canna. È in gran parte apparenza, vi assicuro: il desiderio c'è sempre, solo che si acquatta in background pronto a saltare fuori come uno Xanax. Ecco, quelli sì prima o poi arriveranno, ne sono sicura, con la modalità solita: "Te ne fai uno anche tu? Non mi va di farlo da sola".
Ma ve l'ho detto, sono tranquilla. Anzi, per certi versi sono in pace con i miei sensi, almeno come lo si può essere a diciannove anni.
No, non è che mi sono ridotta allo stato monacale. In realtà scopo tantissimo. Cioè, se sia tantissimo non saprei, ma è molto più di quanto mi sarei aspettata. Ho uno scopamico e ci "vediamo" spesso, l'ultima volta è stata due giorni fa. Non ci sono grandi implicazioni sentimentali ma potrei dire di volergli bene. La do solo a lui e con lui sto scoprendo cose su di me e sul sesso che non immaginavo. Piacevoli è dire poco, a parte una volta che mi ha presa dietro a tradimento. Tuttavia si è innescato un effetto-ciliegia: lo voglio, lo prendo, mi piace, ne voglio ancora.
È un crescendo, è come se fosse scattato un interruttore. Lui se ne torna a casa dalla fidanzata - è un fuorisede – e a me sempre più spesso va di divertirmi in giro. All'inizio nulla di che, più che altro giochi da puttanella, a partire dall'outfit. Prima non ci badavo più di tanto, anzi, le mie amiche dovevano proprio raccomandarmelo e ricordarmelo di mettermi un po' più acchittata. Adesso sì, ci bado. Una volta che hai superato la loro prima approvazione il più è fatto: "Oggi, più che acchittata, proprio zoccola, eh?"; "Uh uh, come sto?". È una specie di iniziazione tra sorelle. Qualche volta bisogna evitare che i tuoi ti vedano uscire di casa conciata in quel modo ma, ok, qualche posto dove cambiarsi si trova sempre.
Centimetri di pelle scoperta, trasparenze in black e rinuncia al bra credendo di fare chissà ché, attenzione a valorizzare il lato b (quella ce l’ho sempre avuta, per la verità). Frequentazione più assidua dei centri estetici: la new entry più gettonata è stata la ceretta intima, dopo avere superato l'imbarazzo (e il dolore, ve lo dico chiaramente: mi ci gioco quello che volete che nessun ragazzo conosca il sacrificio che c'è dietro il suo "quanto ce l'hai liscia"). Prime autoreggenti acquistate (la faccia sorpresa di mamma) ma anche cura nella scelta dei collant, per far risaltare quelle gambe che prima mi sembravano troppo lunghe e troppo magre. Adesso invece le gambe mi piace mostrarle, accavallarle, farmele sfiorare da ragazzi arrapati di me: “sì, stasera sono un po’ troia, non è che ti stai innamorando, eh?”. Quando la temperatura si scalda li lascio salire più su, mi piace tantissimo farmi toccare in mezzo. Accolgo mani che, con grande forza di volontà, quando ero vergine rifiutavo. Ho scoperto il piacere incommensurabile di essere violata dalle dita di qualcuno praticamente in pubblico, mentre limoniamo attendo con ansia il momento in cui quelle dita si faranno strada dentro le mie mutandine già umide, mi apro un po’, lo incoraggio sfiorandogli il pacco. Su una poltroncina, seduta sulle sue gambe, addossata al muro. Ovunque funzioni e ovunque si possa. Mi godo vere e proprie perquisizioni intime, di quelle che ti fanno dire "ehi, se continui così perdo la testa". Ho imparato anche a fare la stronza: non è detto che ogni volta io ricambi con un pompino (le seghe le faccio male), dipende da un certo numero di fattori. Una notte che ero più brilla del solito, tra risate sguaiate e finte proteste, ho persino concesso a uno anche più brillo di me di scendere giù a leccarmela, anche se abbiamo smesso subito perché c’era gente che guardava e che aveva iniziato a tirare fuori i telefoni per riprenderci.
E però stasera, a dispetto di ogni previsione, invece del dito, il cazzo. Mutandine scostate e via: l'attesa, il contatto incerto alla ricerca del mio ingresso, l'affondo potente, i denti che mordono il labbro per soffocare lo strillo. La testa che scatta e gli occhi che si chiudono per qualche secondo. Sì, ve lo spoilero, il cazzo di Dani.
Perché? Beh, sostanzialmente perché mi annoio, alla fine. Lo sapevo che quell’invito alla festa era strano. Non c’è nemmeno Stefania, più volte ho pensato "cosa ho io da condividere con questi qui?". Nulla. Quanto me la spasserei di più a ritrovarmi in una baraonda di perfetti sconosciuti che provano a toccarmi il sedere.
La sola cosa da fare allora è bere un po' di più, magari scroccare qualche tiro di canna all’idiota che punta a uncinarmi, sballare quanto basta per accettare quel gioco di occhiate con Dani ma senza farsi sgamare. E indossare l'abito da preda senza alcuna timidezza: lo so che hai quella mignotta aggrappata ai tuoi preziosi coglioni, maaa... I'm here for you, sweetheart, mi fili un po' di più? All'inizio ci provo, con scarso successo. È un po' frustrante, sapete?
Tanto vale uscire sul terrazzo a fumare e a "prendere un po' d'aria", anche se, cazzo, stasera fa più freddo di un anno fa e io sono vestita più leggera. Ecco, mi manca ancora un po' di esperienza con il mio outfit da elegant-troia, è vero. Tanto vale vedere se a sto punto ha bevuto o fumato abbastanza anche lui, non troppissimo, lo stretto necessario per seguirmi. Bravo, ci contavo.
Mica deve succedere qualcosa, giusto un po’ di quell’intimità necessaria per metterci d’accordo per un’altra-volta-e-altrove. Magari un paio di lingua-in-bocca e un paio di strusciatine per suggellare la promessa. Tuttavia, quando la chimica funziona, non solo occhi e mani ci mettono poco a partire. Non solo labbra e lingue. Alla fine parte anche la capoccia.
- Beh, se fossimo soli...
- Cos'hai detto che faresti?
- Un pompinooo… guardandoti in faccia.
- E se invece...
Non è la prima volta che me lo chiedono così, qualcuno anzi lo ha chiesto anche con una certa insistenza, fastidiosa e invitante al tempo stesso. Ho sempre detto no. Questa sera però chissà perché... Ok, lo ammetto, il perché non è difficile da immaginare, ma davvero non lo avrei mai detto e credo che fino a un minuto fa manco lui si aspettasse che gliela dessi e che gliela dessi qui. Ma sorpreso o meno che sia, Dani sa benissimo cosa volere e come si scopa con forza una ragazza appoggiata alla ringhiera nella parte più nascosta del terrazzo, mentre da dentro casa arrivano il suono della musica e gli schiamazzi degli altri. Tra cui, appunto, la sua fidanzata. "Ah, sì!", "ti piace?", "tantissimo". Un vero e proprio quickie, dopo il quale se ne torna subito dentro per non destare sospetti, mentre io rimango un po' infreddolita a dirmi "uaooo" e a compiacermi di quella performance ipersilenziosa e ipersegreta. A complimentarmi con me stessa di quanto sono stata troia e a ripetermelo, visto che lui non me l'ha detto neanche quando gli ho fatto sapere che poteva venirmi dentro: “Mi si è fatta, mi si è fatta qui, mi ha sborrato la fica e gliel’ho chiesto io…”.
Eh sì, peccato che sia un po' troppo educato il ragazzo, peccato. Anche se, anche se... beh, ho adorato il modo in cui ha osato, a costo di farsi scoprire. Chissà che casino sarebbe successo se ci avessero beccati, se la sua fidanzata... Sono quasi euforica per averlo fatto talmente sbroccare da indurlo a rischiare in quel modo. A conti fatti mi sa che la parte più eccitante è questa. Chi ha vissuto momenti del genere sa di cosa parlo: è una condizione mentale e fisica allo stesso tempo, ti dà piacere anche se lui godrà e tu molto probabilmente no, ma in un certo senso non te ne frega nemmeno tanto. Tutto finirà quando lui si sarà soddisfatto e semmai ci penserai da sola dopo, a casa. Cosa che però ha un suo perché, soprattutto se lui non ha usato il preservativo e quando ti lecchi le dita senti ancora tracce del suo sapore. Accetti persino che quando il suo cazzo neanche tanto morbido si sfila lui ti molli praticamente subito, dopo averti dato un bacetto sui capelli e mormorato qualcosa, chissà cosa. Rimani con te stessa a ridacchiare di ciò che è appena successo, con la testa un po' confusa e sensazioni fisiche curiose. E io è così che rimango, ad apprezzare ancora un po’ il brivido del rischio e della novità, forse ancora più di quanto abbia apprezzato il suo uccello.
La novità sarebbe anche un'altra, ma quella la capirò più tardi, quando avrò meno endorfine in circolo: niente pomiciate o pompini, mi sono proprio fatta sbattere a una festa. Una "prima volta" in piena regola. E in più ho anche "tradito" Felix, il mio scopamico. Dio quanto mi piace essere troia.
Ero gelosa, lui mi piaceva già molto e non solo sotto quel profilo. Lui mi regalava momenti splendidi di compagnia e mi capiva al volo qualsiasi cosa dicessi. Lui occupava molto spesso i miei pensieri. Lui si preoccupava della considerazione non proprio edificante che a scuola avevano di me. Lui era l'unico - del tutto clandestinamente, è chiaro - che si beccava i miei bocchini con una certa regolarità e non one shot come altri. Lui giusto qualche ora prima di quella festa mi era esploso in bocca seduto sul letto della sua stanza. Pensando a lui mi ero masturbata sotto la doccia prima di prepararmi, compiacendomi dell'affiatamento osceno che ormai si era stabilito tra di noi: "Servizio pompini, a che piano?". Ero gelosa.
La casa era molto grande, quello che di norma si chiama terrazzo era più che altro un balcone lunghissimo che le girava tutto intorno o quasi. Cosa che nel salone consentiva di tenere le porte finestra aperte e di creare una piacevole corrente d'aria. Piacevole e indispensabile, visto che le serate iniziavano a essere calde e che lì dentro ci saranno state almeno già trenta persone. L'intensità del casino era ancora medio-bassa, come la musica. La gente aveva cominciato ad arrivare da poco, alla spicciolata. Io stessa ero lì da meno di mezz'ora. Per scatenarci attendevamo lo sboccio-diciotto di Cecy. Dopo di che, come sempre, poveri vicini: senza sapere nemmeno a cosa andassero incontro, i genitori della festeggiata non solo avevano gentilmente messo a disposizione la casa, ma avevano anche usato la cortesia di andarsene proprio fuori Roma. Quelli del piano di sotto non credo proprio.
Consentitemi una piccola digressione: alla faccia dello sboccio, che poi consisterebbe nello stappare un paio di bottiglie in un bar, o anche in una piazza, allo scoccare della mezzanotte, distribuire bacetti e cantare tanti-auguri-a-te. Ma in fondo c'erano diciotto anni da festeggiare, era un vero e proprio party. Che nei programmi dei finanziatori - immagino sempre i genitori di Cecy - doveva essere in prevalenza analcolico, spumante per brindare a parte. A portare roba più forte ci avevano pensato segretamente gli invitati, come sempre. Io stessa qualche volta mi ero fatta carico del gin o della vodka, oppure avevo contribuito a svuotare nei lavandini bottiglie di Coca, aranciate e quant'altro per far vedere il giorno dopo quanto fossero state apprezzate, o a portare fuori tintinnanti sacchi dell'immondizia pieni di ormai vuote bottiglie di superalcolici da scaricare nella campana del vetro. Dall'amaretto al whisky c'era di tutto, spesso di qualità dozzinale anche se ancora non me ne rendevo conto. Mix micidiali di cui presto si sarebbero visti gli effetti.
Tendenzialmente, l'idea di quasi tutti era quella di fare after. Personalmente non ci riuscii, ma da quello che seppi in seguito furono ben pochi a riuscirci. Era un classico di quelle feste, del resto: ognuno portava con sé, insieme al regalo per la festeggiata, il proprio carico di desideri e fantasie; la maggior parte se ne tornava a casa con un mucchietto di sogni infranti, cosa statisticamente inevitabile, e con la speranza di rifarsi la prossima volta.
Tendenzialmente, la MIA idea era un'altra, e seduta su quel divano la osservavo naufragare seguendo la mano di quel ragazzo fare su e giù sulla schiena della sua ragazza. Guardandoli, ripetevo a me stessa che mi ero fatta un film stupido. Nemmeno mi accorgevo di Dani che giocava con i miei capelli e mi passava le dita sul collo.
Non fui proprio l'anima della festa, quella sera. Eh no. Sostanzialmente mi ubriacai e basta, respingendo inviti di varia natura. Non che fosse una novità e non che fossi la sola, quella dell'alcol sembrava quasi una scusa. Come se avessimo bisogno di bere per iniziare a fare ciò che tutti, ma proprio tutti, i ragazzi e molte tra noi ragazze in fondo eravamo lì per fare: divertirci, annusarci, allacciarci e altro. Beh sì, anche altro. Sesso, insomma, soprattutto nelle sue varianti soft.
Baci in bocca, lingue che fanno amicizia, mani che corrono sui corpi, gambe che si accavallano l'una sull'altra, esplorazioni più o meno sfacciate delle parti intime, sopra ma ogni tanto anche sotto i vestiti. Pomiciate, insomma.
Cazzi umidi in punta, odore di maschio mischiato a quello di troppo deodorante, bocche impazienti di assaggiarne consistenze e sapori. Colpi di tosse e lacrime agli occhi, rantoli, mmm-mmm-mmm e cazzo-cazzo-cazzo-quanto-sei-brava. Pompini, insomma.
Sì, ok, ogni tanto usciva fuori, con vari gradi di credibilità, che c'era chi si era anche spinto/a oltre, ma le evoluzioni più ardite consistevano in questo: pomiciate e pompini. O pomiciate che a volte si evolvevano in pompini, se preferite.
Per le più fortunate e i più fortunati, pomiciate e pompini erano un modo più o meno consapevole per sperimentare e placare quella sanissima fame di sesso. Fame comune a tutte e a tutti, anche se con modi di approcciarsi differenti. Qualche volta c'era anche del sentimento, è ovvio, ma non così tanto come si potrebbe credere. Chiaramente non valeva per tutte e per tutti, ve l'ho detto, ma per un discreto gruzzoletto di persone sì, compresa la sottoscritta. Non ricordo esattamente quando i bagni delle case diventarono delle vere e proprie terre di nessuno, dove semmai il problema era aspettare che si liberassero, ma a un certo punto lo diventarono. E non solo quelli. Capitava spesso di aprire la porta di una stanza e doverla richiudere subito dopo, tra risate sguaiate o imbarazzate che fossero. I bagni avevano il vantaggio di avere la chiave, di solito, e da una certa ora in poi, se li trovavi chiusi, potevi scommetterci che non venivano utilizzati nel modo in cui ci si aspetterebbe. Tra l'altro, da lì alle toilette dei locali il passo era stato abbastanza breve, grazie a un po' più di sfacciataggine, ma giusto un po', unita a una buona dose di incoscienza, diventata con il tempo esperienza: mi ero già rinchiusa, non precisamente da sola, in quelle di bar, disco, pub, addirittura in quella iper-igienizzata di un McDonald, in un cinema. Mani sulla testa e bocchini challenge, alla te-l'hanno-mai-succhiato-così? Non credo che i primi tempi fossi realmente brava, ma probabilmente nemmeno la gran parte dei ragazzi sapeva cosa fosse un pompino a regola d'arte. Tuttavia adoravo farli e credo che si capisse. E inoltre, ingoiavo. Come mi disse uno, senza nemmeno rendersi conto della sua volgarità, non facevo "tante storie". Una volgarità che, detto tra noi, mi aveva dato un brivido caldissimo.
Quella sera, a quella festa, non ci fu però nessun pompino. Non mio, almeno. Come ho detto mi ubriacai e - dopo avere visto quello che un giorno sarebbe diventato il mio ragazzo scomparire senza nemmeno salutarmi insieme a quella che allora era la sua ragazza - chiesi a Dani di portarmi a casa. Ben prima dell'alba. Mi accompagnò in motorino e ci provò proprio davanti al mio portone, era un po' brillo anche lui. Cercò di baciarmi ma lo respinsi, scappai su, a letto. Forse piansi, non ricordo. Dani non mi dispiaceva per niente, in realtà, aveva tutto per attrarmi: era alto, carino, intelligente, mi faceva divertire e quando sorrideva diventava irresistibile. Non era particolarmente stronzo e anzi era uno dei pochi con i quali potevi pensare di non farci solo sesso. Insomma, aveva qualcosa di più. Ma di certo non ero andata alla festa pensando a lui. La mattina dopo mi ritrovai sul telefono un messaggio con il quale si scusava e mi chiedeva di uscire. Qualche giorno dopo, due o tre, aveva ottenuto ciò che voleva, due volte, pomeriggio-sera. Fine della breve storia con Dani. Se dicessi che fu un brutto pomeriggio-sera sarei ipocrita. La cosa che devo dire, piuttosto, è che non andai con lui per consolarmi, scacciare un chiodo con un altro chiodo, mettere in atto una ripicca. Non c’entrava un cazzo, ero fatta così.
Dodici mesi più tardi mi ritrovo qui: stesso sboccio, però diciannove, stessa festeggiata, stessa casa, stesso divano. Non so come Cecy abbia fatto a convincere i genitori: durante la prima festa le macchie di vomito sulle pareti avevano fatto una certa impressione a me figuriamoci a loro. Però, che vi devo dire, siamo ancora qui. Non tutti, a dire il vero, e non avrei immaginato di esserci nemmeno io. Dopo la fine del liceo non ho mantenuto tanto i contatti. È un eufemismo per dire che ho tagliato quasi tutti i ponti tranne che con due o tre. Con la stessa Cecilia non siamo nemmeno mai state particolarmente legate, anche se non era di quelle che mi dicevano troia alle spalle (oddio, qualcuna me lo diceva anche in faccia). Non posso dire che l'invito non mi abbia fatto piacere - senza esagerare, eh? - ma l'ho trovato un po' strano, di certo inatteso.
Con quel ragazzo che un anno fa vedevo passare la mano sulla schiena della sua ragazza e sbaciucchiarla ho avuto una storia, alla fine. La mia prima storia vera, il mio primo fidanzato. Ovviamente anche le mie prime scopate. Il mio primo amore finito, il mio primo cuore spezzato. Il mio primo never again. Certe cicatrici possono continuare a farti male per tanto tanto tempo e, in definitiva, chissenefrega di innamorarsi.
Ecco, per esempio lui stasera non c'è. C'è invece un bel po' di gente che non conosco, non granché interessante.
C'è Dani, ma non è più seduto accanto a me né passa le sue dita sui miei capelli e sul collo. È giù in fondo al salone che parla con un'amica della sua fidanzata e, naturalmente, con la sua fidanzata stessa. Ogni tanto lancia occhiate nella mia direzione. Non faccio nemmeno la fatica di chiedermi a cosa pensi, già lo so. Qualche giorno fa si è fatto vivo per sapere se alla festa ci sarei stata anche io, non lo sentivo dalla fine della scuola...
In linea di principio non sarei neanche contraria a un recap, maaaa… boh, stasera sta con quella e quindi rien à faire. Inoltre, per quanto mi riguarda, sarà pur vero che sono spesso ben disposta ma non è che senta tutto sto trasporto. E poi ste feste stanno diventando meno scatenate. Come se adesso che siamo quasi tutte e tutti all’università volessimo darci un tono o fossimo in cerca di cose nuove. Non gira nemmeno tanta roba chimica, per cui il minimo sindacale resta bere un po' più del solito e magari farsi qualche canna. È in gran parte apparenza, vi assicuro: il desiderio c'è sempre, solo che si acquatta in background pronto a saltare fuori come uno Xanax. Ecco, quelli sì prima o poi arriveranno, ne sono sicura, con la modalità solita: "Te ne fai uno anche tu? Non mi va di farlo da sola".
Ma ve l'ho detto, sono tranquilla. Anzi, per certi versi sono in pace con i miei sensi, almeno come lo si può essere a diciannove anni.
No, non è che mi sono ridotta allo stato monacale. In realtà scopo tantissimo. Cioè, se sia tantissimo non saprei, ma è molto più di quanto mi sarei aspettata. Ho uno scopamico e ci "vediamo" spesso, l'ultima volta è stata due giorni fa. Non ci sono grandi implicazioni sentimentali ma potrei dire di volergli bene. La do solo a lui e con lui sto scoprendo cose su di me e sul sesso che non immaginavo. Piacevoli è dire poco, a parte una volta che mi ha presa dietro a tradimento. Tuttavia si è innescato un effetto-ciliegia: lo voglio, lo prendo, mi piace, ne voglio ancora.
È un crescendo, è come se fosse scattato un interruttore. Lui se ne torna a casa dalla fidanzata - è un fuorisede – e a me sempre più spesso va di divertirmi in giro. All'inizio nulla di che, più che altro giochi da puttanella, a partire dall'outfit. Prima non ci badavo più di tanto, anzi, le mie amiche dovevano proprio raccomandarmelo e ricordarmelo di mettermi un po' più acchittata. Adesso sì, ci bado. Una volta che hai superato la loro prima approvazione il più è fatto: "Oggi, più che acchittata, proprio zoccola, eh?"; "Uh uh, come sto?". È una specie di iniziazione tra sorelle. Qualche volta bisogna evitare che i tuoi ti vedano uscire di casa conciata in quel modo ma, ok, qualche posto dove cambiarsi si trova sempre.
Centimetri di pelle scoperta, trasparenze in black e rinuncia al bra credendo di fare chissà ché, attenzione a valorizzare il lato b (quella ce l’ho sempre avuta, per la verità). Frequentazione più assidua dei centri estetici: la new entry più gettonata è stata la ceretta intima, dopo avere superato l'imbarazzo (e il dolore, ve lo dico chiaramente: mi ci gioco quello che volete che nessun ragazzo conosca il sacrificio che c'è dietro il suo "quanto ce l'hai liscia"). Prime autoreggenti acquistate (la faccia sorpresa di mamma) ma anche cura nella scelta dei collant, per far risaltare quelle gambe che prima mi sembravano troppo lunghe e troppo magre. Adesso invece le gambe mi piace mostrarle, accavallarle, farmele sfiorare da ragazzi arrapati di me: “sì, stasera sono un po’ troia, non è che ti stai innamorando, eh?”. Quando la temperatura si scalda li lascio salire più su, mi piace tantissimo farmi toccare in mezzo. Accolgo mani che, con grande forza di volontà, quando ero vergine rifiutavo. Ho scoperto il piacere incommensurabile di essere violata dalle dita di qualcuno praticamente in pubblico, mentre limoniamo attendo con ansia il momento in cui quelle dita si faranno strada dentro le mie mutandine già umide, mi apro un po’, lo incoraggio sfiorandogli il pacco. Su una poltroncina, seduta sulle sue gambe, addossata al muro. Ovunque funzioni e ovunque si possa. Mi godo vere e proprie perquisizioni intime, di quelle che ti fanno dire "ehi, se continui così perdo la testa". Ho imparato anche a fare la stronza: non è detto che ogni volta io ricambi con un pompino (le seghe le faccio male), dipende da un certo numero di fattori. Una notte che ero più brilla del solito, tra risate sguaiate e finte proteste, ho persino concesso a uno anche più brillo di me di scendere giù a leccarmela, anche se abbiamo smesso subito perché c’era gente che guardava e che aveva iniziato a tirare fuori i telefoni per riprenderci.
E però stasera, a dispetto di ogni previsione, invece del dito, il cazzo. Mutandine scostate e via: l'attesa, il contatto incerto alla ricerca del mio ingresso, l'affondo potente, i denti che mordono il labbro per soffocare lo strillo. La testa che scatta e gli occhi che si chiudono per qualche secondo. Sì, ve lo spoilero, il cazzo di Dani.
Perché? Beh, sostanzialmente perché mi annoio, alla fine. Lo sapevo che quell’invito alla festa era strano. Non c’è nemmeno Stefania, più volte ho pensato "cosa ho io da condividere con questi qui?". Nulla. Quanto me la spasserei di più a ritrovarmi in una baraonda di perfetti sconosciuti che provano a toccarmi il sedere.
La sola cosa da fare allora è bere un po' di più, magari scroccare qualche tiro di canna all’idiota che punta a uncinarmi, sballare quanto basta per accettare quel gioco di occhiate con Dani ma senza farsi sgamare. E indossare l'abito da preda senza alcuna timidezza: lo so che hai quella mignotta aggrappata ai tuoi preziosi coglioni, maaa... I'm here for you, sweetheart, mi fili un po' di più? All'inizio ci provo, con scarso successo. È un po' frustrante, sapete?
Tanto vale uscire sul terrazzo a fumare e a "prendere un po' d'aria", anche se, cazzo, stasera fa più freddo di un anno fa e io sono vestita più leggera. Ecco, mi manca ancora un po' di esperienza con il mio outfit da elegant-troia, è vero. Tanto vale vedere se a sto punto ha bevuto o fumato abbastanza anche lui, non troppissimo, lo stretto necessario per seguirmi. Bravo, ci contavo.
Mica deve succedere qualcosa, giusto un po’ di quell’intimità necessaria per metterci d’accordo per un’altra-volta-e-altrove. Magari un paio di lingua-in-bocca e un paio di strusciatine per suggellare la promessa. Tuttavia, quando la chimica funziona, non solo occhi e mani ci mettono poco a partire. Non solo labbra e lingue. Alla fine parte anche la capoccia.
- Beh, se fossimo soli...
- Cos'hai detto che faresti?
- Un pompinooo… guardandoti in faccia.
- E se invece...
Non è la prima volta che me lo chiedono così, qualcuno anzi lo ha chiesto anche con una certa insistenza, fastidiosa e invitante al tempo stesso. Ho sempre detto no. Questa sera però chissà perché... Ok, lo ammetto, il perché non è difficile da immaginare, ma davvero non lo avrei mai detto e credo che fino a un minuto fa manco lui si aspettasse che gliela dessi e che gliela dessi qui. Ma sorpreso o meno che sia, Dani sa benissimo cosa volere e come si scopa con forza una ragazza appoggiata alla ringhiera nella parte più nascosta del terrazzo, mentre da dentro casa arrivano il suono della musica e gli schiamazzi degli altri. Tra cui, appunto, la sua fidanzata. "Ah, sì!", "ti piace?", "tantissimo". Un vero e proprio quickie, dopo il quale se ne torna subito dentro per non destare sospetti, mentre io rimango un po' infreddolita a dirmi "uaooo" e a compiacermi di quella performance ipersilenziosa e ipersegreta. A complimentarmi con me stessa di quanto sono stata troia e a ripetermelo, visto che lui non me l'ha detto neanche quando gli ho fatto sapere che poteva venirmi dentro: “Mi si è fatta, mi si è fatta qui, mi ha sborrato la fica e gliel’ho chiesto io…”.
Eh sì, peccato che sia un po' troppo educato il ragazzo, peccato. Anche se, anche se... beh, ho adorato il modo in cui ha osato, a costo di farsi scoprire. Chissà che casino sarebbe successo se ci avessero beccati, se la sua fidanzata... Sono quasi euforica per averlo fatto talmente sbroccare da indurlo a rischiare in quel modo. A conti fatti mi sa che la parte più eccitante è questa. Chi ha vissuto momenti del genere sa di cosa parlo: è una condizione mentale e fisica allo stesso tempo, ti dà piacere anche se lui godrà e tu molto probabilmente no, ma in un certo senso non te ne frega nemmeno tanto. Tutto finirà quando lui si sarà soddisfatto e semmai ci penserai da sola dopo, a casa. Cosa che però ha un suo perché, soprattutto se lui non ha usato il preservativo e quando ti lecchi le dita senti ancora tracce del suo sapore. Accetti persino che quando il suo cazzo neanche tanto morbido si sfila lui ti molli praticamente subito, dopo averti dato un bacetto sui capelli e mormorato qualcosa, chissà cosa. Rimani con te stessa a ridacchiare di ciò che è appena successo, con la testa un po' confusa e sensazioni fisiche curiose. E io è così che rimango, ad apprezzare ancora un po’ il brivido del rischio e della novità, forse ancora più di quanto abbia apprezzato il suo uccello.
La novità sarebbe anche un'altra, ma quella la capirò più tardi, quando avrò meno endorfine in circolo: niente pomiciate o pompini, mi sono proprio fatta sbattere a una festa. Una "prima volta" in piena regola. E in più ho anche "tradito" Felix, il mio scopamico. Dio quanto mi piace essere troia.
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