D & M - 4 aprile 2002

di
genere
voyeur

“Non farlo.”
Più la mente si opponeva a quell’azione, più le mie mani sembravano rispondere a un altro Dio, un altro macchinista. Per spiegare meglio cosa intendo, occorre che faccia un passo indietro.
Era un sabato particolare: la festa di compleanno di Monica, moglie di Daniele.
Daniele era come un fratello per me. Cresciuti insieme, giocato a pallone nello stesso oratorio, frequentato le stesse comitive di amici. I nostri coetanei, ma anche i nostri genitori, dicevano sempre che Daniele era quello sportivo, io quello più mite. Mi sono sempre chiesto: cosa significa paragonare la sportività alla mitezza di carattere? Non è che se uno è mite di carattere allora deve per forza essere scarso negli sport.
Lui era bravo a calcio, era bravo a tennis, era bravo a nuoto, era bravo in atletica (lancio del martello). Era bravo persino negli scacchi, cristo santo. Al contrario mio che invece non splendevo in nulla di sportivo, tranne forse i campionati di Magic.
Ah sì, io ero un po’ più bravo a scuola. Sarà questo, forse? La mitezza che si accompagna al rendimento scolastico.
Beh, anche Daniele era intelligente. Anzi, spesso pensavo fosse molto più intelligente di me. Una lucidità mentale che si adattava perfettamente a qualsiasi situazione. Aveva fama di grande organizzatore di feste. Tirava in ballo anche me e un altro paio di conoscenti, per cui finivamo per essere considerati anche noi dei bravi organizzatori. Lui ci coinvolgeva sempre in gite, decideva quasi sempre i luoghi di ritrovo, era il nostro aggregatore sociale.
A me piaceva stare con lui. Era mio amico fin dalla tenera età, poiché i nostri genitori si frequentavano da tanto tempo. Credo che tra me e lui ci fosse una intesa diversa rispetto che tutti gli altri. Ero il suo alter-ego, il suo confidente. Lo ascoltavo parlare delle sue prime storielle d’amore, lo aiutavo in matematica, ero sempre a disposizione quando combinava qualche cazzata per coprirlo o per supportarlo. Mi piaceva essere speciale per quell’uomo che sembrava avesse già tutto e nonostante questo ricambiava una specie di gratitudine che quasi non sapevo se meritare. In fondo, lo ammiravo. Già. Lo ammiravo sul serio.
Ci sarà stato forse un momento in cui ho anche dubitato della mia sessualità, ma passò presto. Passò nell’istante in cui conobbi Paola, ma questa è un’altra storia.

“Non farlo.”
Ormai era tardi. Premetti il tasto “play” e feci partire la video-cassetta. Si trattava di una VHS che avevo trovato per caso, mentre stavo recuperando una cassa di birra dalla cantina. Fu Daniele, il proprietario di casa, a inviarmi giù poiché in frigo ne erano rimaste poche.

Quella sera, come dicevo, era il compleanno della moglie di Daniele. Farei bene a introdurre meglio anche lei.
Monica era una mia collega di università. Frequentavamo insieme la facoltà di ingegneria. Lei studiava ingegneria informatica mentre io ero iscritto a ingegneria chimica. Fui io a farli conoscere. Ero una specie di cupido!
Si, beh. In realtà non ebbi alcun ruolo nella loro conoscenza. In una delle poche feste in cui ero stato io a coinvolgere il mio amico, organizzata da alcune associazioni studentesche dentro le aule della facoltà, Daniele e Monica si conobbero in autonomia, mentre erano in fila per prendere da bere, senza che io fossi presente al momento dell’incontro. Tempo dopo, quando seppi che si stavano frequentando, ero felice per loro.
Monica era una ragazza piuttosto cinica, nonostante mi desse la sensazione di avere dei mostri interiori indecifrabili al suo interno. Spesso entrava in crisi, specie nel periodo di esami. La sua famiglia era uno sfacelo totale e le litigate con Daniele erano all’ordine del giorno. Ciò che mi colpiva era il suo sarcasmo pungente e il velo di black humour che quasi mettevano in imbarazzo in certi momenti perfino Daniele, che però sembrava amarla alla follia.
Non riuscii mai a capire come una relazione del genere, tra uomo e donna così diversi, potesse funzionare. Però me la facevo andare bene e quando si sposarono fu una grande gioia per tutti.
La cassetta di birra si trovava sopra un tavolo mezzo impolverato, dietro al quale ci stava uno scaffale con una quantità notevole di vecchie videocassette. Mi fermai quindi a dare uno sguardo ai titoli dei film. C’erano alcuni classici che adoravo: Caccia a Ottobre Rosso, i Goonies, Top Gun, alcune commedie erotiche all’italiana, il più recente Indipendence Day e altre perle. Tra queste, una VHS attirò la mia attenzione. Si trattava del solito involucro anonimo che per riconoscere dovevi aprire e leggere l’etichetta interna. Così feci, pensando fosse una registrazione di qualche festival di Sanremo. L’etichetta, tuttavia, era insolita.

“D & M – 4 aprile 2002”

Rimasi imbambolato nel decifrare la scritta, che sembrava piuttosto inequivocabile. Due iniziali, una data. Poteva trattarsi di un viaggio, di qualche festa di famiglia, di una replica della loro serie tv preferita. Tuttavia, la mia fantasia era già all’opera, così come la mia nefandezza. Mi guardai intorno, per timore che giungesse qualcuno. Si fece strada un pensiero intrusivo, incontrollabile, che d’un tratto prevalse in tutta la sua potenza.
“Non farlo.” Ripetevo a me stesso. Tuttavia, la cassetta era già nelle mie mani. Mi fu facile risalire con la cassa di birra, infilare furtivamente la VHS nella tasca interna del giubbotto ancora appeso all’ingresso e raggiungere il resto degli amici in giardino.

Al termine della festa ci congedammo, io fui uno dei primi a divincolarmi. Abbracciai Monica e Daniele e ringraziai per la bella serata. Mi diressi verso l’auto. Sul petto premeva la scatoletta rettangolare e a ogni passo il mio cuore sembrava accelerare.
Giunto a casa, recuperai il lettore VHS dall’armadio, lo sostituii al lettore DVD e accesi il monitor.

“Non farlo.” Continuavo a ripetere.
Il video, nel frattempo, era partito.
Era una partita di coppa. Per la precisione, Dortmund-Milan, semi-finale di Champions League, disputata appunto il 4 aprile 2002. Rimasi lì a guardare come un deficiente quella partita sgranata per circa dieci minuti.
Mi sentii uno stupido. Cos’altro poteva significare “D&M” per un drogato di calcio come Daniele? L’unico uomo capace di registrare partite come quella, in cui oltretutto il Milan aveva stra-perso. Spensi il videoregistratore e andai a letto, deluso. Erano ormai quasi le tre di notte.

Non riuscivo a dormire. Avvertivo una sensazione strana, implacabile. Qualcosa non mi tornava. Ero combattuto dai sensi di colpa; eppure, sentivo di non poter pensare ad altro.
Una vita intera, condotta secondo sani principi, nel rispetto reciproco, cercando di bilanciare lavoro e hobby. Al diavolo le ore passate sul tapiroulant! Che si fottano la chitarra classica o la tastiera!
A fanculo i timidi abbozzi di un romanzo mai compiuto!
Ero sempre stato il buon amico che tutti desideravano avere. Sarebbe stata l’ultima cosa che ci si poteva aspettare da me.
Rimuginavo su tutto questo e altre cazzate, mentre in cuore mio covavo soltanto un desiderio di ribellione, una voglia di distruggere la mia stessa reputazione.
Mi alzai e ritornai in salotto. Avviai nuovamente il registratore e attesi.
Giunsi alla conclusione che quella partita di calcio doveva essere una anticamera, un dissuasore. Nessuno scrive le etichette delle partite in quel modo. Nessuno, nemmeno Daniele, avrebbe conservato una registrazione come quella, a meno che non ci fosse altro! Decisi che non avrei chiuso occhio finché non avessi raggiunto la fine del nastro.

Improvvisamente, qualcosa apparve. Le immagini della partita furono sostituite da uno sfondo nero. Alcuni crepitii nell’audio. Poi, lentamente, una luce si schiarì, rivelando una stanza da letto. Sembrava la stanza di un albergo. L’inquadratura mostrava il volto di Monica, sorridente.
Un volto di qualche anno fa, verosimilmente l’anno del loro matrimonio, cioè il 2002.
«Dai, sul serio?» chiese lei, sorridendo.
«Beh, perché no? Sarà divertente.» rispose una voce fuori campo, inconfondibile.
«Mi vergogno.» continuava Monica, fingendo imbarazzo.
«Immagina quando la riguarderemo anno dopo anno, tutti gli anni, ripensando a questo momento.» rispose Daniele.
«Sei un porco!» lo rimproverò Monica, che nel frattempo balzava sul letto, in lingerie.
Ebbi un sussulto, alla vista di quel corpo semi-nudo, un po’ sgranato. Osservavo Monica mentre si rigirava sul letto, a favor di telecamera, giocando con l’elastico del tanga e il reggiseno, lasciando che i glutei vibrassero.

«Vuoi che ti faccia uno spogliarello cosicché da potertici segare nei giorni in cui non ci sono?»
«Tutto quello che vuoi, amore mio.»
Monica quindi si sfibbiò il reggiseno e lo tirò in avanti, verso l’obbiettivo, oscurando la scena. Poi, l’indumento cadde rivelando un primo piano della donna, maliziosa, sdraiata a letto a seno scoperto, mentre si mordeva la punta dell’indice. Il cameraman proseguiva la sua carrellata verso il basso, offrendo un dettaglio dell’intimo nero.
«Sei splendida. Perché non togliamo anche quest’altro?» disse Daniele, mentre con la mano libera accarezzava le cosce della moglie.
«Tu non togli nulla?»
«Hai ragione.»
Così Daniele slacciò i pantaloncini corti e rimase anch’egli nudo. Una fugace ripresa verso il basso mostrò un uccello penzolante non ancora del tutto eretto.
Mi resi conto che quella era la prima volta che vedevo il pene di Daniele, dopo tanti anni. Avevo un vago ricordo di adolescenza, negli spogliatoi dell’oratorio, ma quello era decisamente di diversa fattezza.
«Mmmh. Cosa abbiamo qui...»
Monica si avvicinò e lo afferrò per il cazzo, ripresa dall’alto, rivolgendo uno sguardo alla telecamera. Aprì la bocca, tirò fuori la lingua come se fosse pronta a leccare un cono gelato e vi poggiò sopra il glande che teneva in mano.
Si sentivano i mugolii di Daniele. Nel frattempo, la mia mano mi impose di rovistare sotto le mutande.
“Non farlo.” Provai inutilmente a ripetere, ma era tutto inutile. Era quello che volevo. Non esisteva altro, in quel momento, oltre me e quel video.

La ragazza iniziò a succhiare con vigore quella verga, ormai in piena erezione. Il cameraman ansimava sempre di più. La vidi sputarci sopra per lubrificare, giocarci con entrambe le mani e titillarne la punta con la lingua.
«Indovina chi sono…» disse Monica.
«Chi…Chi sei?» replicò Daniele, con difficoltà.
«Ma come… non hai presente?» ribadì Monica, mentre poggiava l’asta su un lato della bocca.
«Non ho idea.»
«Che Guevara!» esclamò lei, imitando il gesto di fumare un sigaro.
«Non ricordo che il Che succhiasse cazzi.» osservò lui.
«E te che ne sai? Nelle notti di fuoco a l’Havana, con Castro... Hasta la victoria…»

Certo. I due si trovavano a Cuba per il viaggio di nozze. La scena proseguì per altri due minuti, ricordo bene quegli occhi scintillanti e provocanti, nell’atto di provocare piacere all’uomo che avevano di fronte. Fremevo dalla voglia di skippare per guardare il resto, ma sapevo che Daniele mi avrebbe presto accontentato con qualche repentino cambio di prospettiva.
«Mettiti così, ecco. Brava.» disse lui, mentre la accompagnava sul letto, distesa di pancia.
«Ce la fai con una mano sola, o devo aiutarti?»
«Tranquilla, ce la faccio.»
Così il cameraman abbassò il tanga della donna, rivelando il contenuto della fessura fino a quel momento rimasta celata. Allargò un poco le due natiche, permettendo alla videocamera di immortalare il sublime bottone tenuto nascosto. Monica si divertiva a stringerlo e rilasciarlo a comando, facendo ancora di più eccitare il suo uomo e – qualche anno più tardi – il suo migliore amico.
«Sai cosa sarebbe ideale in questo momento?» chiese Daniele, mentre non distoglieva un solo istante lo sguardo da quel morbido anfratto di carne.
«Dimmi, “marito”…» rispose lei, consapevole di essere oggetto degli sguardi famelici della videocamera e della persona che la comandava.
«Qualcuno che ci riprenda mentre lo facciamo.»
«Ah capisco, così anche tu vieni incluso nelle riprese! Queste si chiamano manie di protagonismo…» osservò sarcasticamente Monica.
«Beh, che c’è di male?»
«Per voi uomini basta che si veda il cazzo, il resto non conta. Siamo noi le protagoniste, no? Le donne!» osservò lei.
«Ah-ah-ah, che bastarda che sei.»
«Ah, io? Semmai tu! Tu che ci vuoi fare spiare da qualcuno…»
Nel frattempo, Daniele umettava la punta del cazzo con un po’ di saliva e si apprestava a strusciarlo sulle grandi labbra della nuova consorte.
«Beh, dico solo che pagando qualcuno per effettuare le riprese, verrebbe un lavoro più professionale.»
«Hai già pensato a qualcuno?» chiese Monica, interrotta da un fremito di piacere non appena avvertì che il pene del marito si stesse insinuando tra le sue cosce.
«Beh, non saprei.» rispose Daniele, con un filo di voce mentre sentiva le pareti della vagina avvolgere il suo membro.
«Io, forse…..uuh! ce l’avrei qualcuno…» disse Monica, che pian piano veniva travolta dall’impeto.
«Ah si? E chi sarebbe? Dimmelo, stronza!»
«Mmh..» Monica cercò di soffocare il piacere, chiudendo gli occhi e mordendosi il labbro.
«Chi avevi in mente?» ripetè Daniele, mentre aumentava la pompata.
«Potremmo…. chiedere… Ad Alberto…»
Daniele bestemmiò tre santi diversi, aumentando la potenza della penetrazione. Lo vidi sculacciare Monica, senza diminuire d’intensità. Io nel frattempo, avevo aumentato la frequenza dei miei su e giù, fin quasi a ustionarmi la pelle.

«Quel bastardo. Lo sai che ti scoperebbe volentieri?»
«Dici? Secondo me scoperebbe più volentieri te.»
«Lo vedo spesso come ti guarda, quasi ti divora con gli occhi!»
«Si, è vero. Un po’ lo noto anche io. E invece, che peccato! Guarda un po’ chi mi sta fottendo il culo adesso… ciao Alberto! Siamo io e il tuo amichetto quì, vuoi unirti?»
«Ah-ah! Dai su, non esagerare.» disse Daniele, mentre nel frattempo tirava fuori l’uccello, se lo bagnava con altra saliva e lo infilava nuovamente in fica.
«Sto solo immaginando cosa dire se fosse lui a riprenderci…Oh si, cazzo!» disse Monica, interrotta dal nuovo round appena partito.
«Ma così lo umili.»
«A lui piacerebbe, secondo me. Ce lo vedo un po’ sottone, un po’ sottomesso, non trovi?» disse Monica, lapidaria.
«Ehi! Stai parlando sempre del mio testimone di nozze.» cercò di difenderlo Daniele.
«Suvvia, so benissimo che anche te lo prendi per il culo, confessa! Ti piace quando ti parlo dei tuoi amici mentre mi fotti?»
«Ssssh… basta. Ora stai zitta e godi.»

Mentre i due sposini si davano soddisfazione a vicenda, durante la luna di miele, io rimanevo seduto nel mio salotto, al buio, con una lacrima appena accennata e interrotta sullo zigomo. Il cazzo ancora in mano, sporco di sperma, poiché ero venuto da un paio di minuti in preda alla foga, senza avere la minima forza per premere pausa…

“Non farlo.”
Mi ripetevo in mente, mentre tenevo quella VHS in mano con scritto “D&M – 4 aprile 2002”. Ero ancora lì, in quella cantina, a fantasticare su cosa ci fosse dentro quella cassetta, su quali segreti inconfessabili avrebbero potuto rovinare per sempre l’immagine che gli altri hanno di me e l’immagine che io ho degli altri.
Forse, alcune cose era meglio lasciarle dov’erano. Era meglio tenere la fantasia, quello strano modo che ha il mio inconscio di prendersi gioco di me, il più lontano possibile. Quindi, riposi la VHS sullo scaffale e sospirai, alleggerito.
Afferrai la cassa di birra e ripercorsi le scale che portavano su. Dopodiché, spensi la luce e richiusi la porta, per raggiungere il resto degli invitati alla festa.

djhop3128@hnbjm.dpn
scritto il
2024-07-15
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