Pornografia del quotidiano - Vol. 2

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Sei nervoso. La giornata è stata intensa. Credi che avresti potuto fare di più, a lavoro. Forse, hai esagerato nella ricerca di quel documento. Possibilmente, la tua collega non meritava quella imbroccata soltanto perché ti ha accusato di essere stato troppo leggero nel cedere il numero del suo ufficio a utenti esterni. Se c’è una cosa che non tolleri è alzare la voce. Eppure, spesso lo fai, specie quando qualcuno prova ad alzarla contro di te. La pausa pranzo ti va di traverso, senti che tutto è insapore. I tuoi muscoli sono tesi e indolenziti. Da quanto tempo non ti fai due vasche? Forse una settimana. Son tanti, sette giorni. Magari è questo il motivo per cui oggi fai fatica. Occorre scaricarsi un po’. Vorresti andare dalla collega per parlarle e chiedere scusa, ma sei ancora un po’ orgoglioso, specie dopo l’ultima batosta subita. Inoltre, lei è già andata via.
Quindi hai deciso di andare in piscina, nonostante fuori piova. La vasca al chiuso misura soltanto venticinque metri. Pazienza, il tuo smartwatch si dovrà adattare. Devi anche scegliere la playlist per il workout. Opti per qualcosa di violento, diretto, deciso. Per cui, alterni Rammstein, Gojira e Mastodon.
Entri nello spogliatoio, cerchi una cabina per cambiarti ma le trovi tutte occupate o rotte o bagnate. Vaffanculo. Decidi di appoggiarti a una panca esterna. Chissenefrega se si trova proprio in corrispondenza della porta di ingresso. Hai ormai superato l’imbarazzo di mostrarti nudo davanti a sconosciuti. Se qualche donna delle pulizie dovesse sbirciare ci godi pure, poiché ultimamente ti senti bene col tuo fisico e hai rasato le palle da poco.
Slacci le scarpe, sfili i pantaloni e tiri la polo dal colletto, rimanendo a petto nudo e in boxer. Dai uno sguardo a destra e uno a sinistra, rendendoti conto che nessuno vedrà il tuo culo squadrato, a meno che qualcuno non sia nascosto dietro qualche armadietto defilato. Abbassi dunque le mutande e avverti il batacchio ondeggiare brevemente. Proprio in quel momento, un signore sulla cinquantina si affaccia per dirigersi verso le docce. L’avrà fatto apposta? Macché. Smettila di collegare puntini come se fossero costellazioni.

Indossi il costume e allarghi l’elastico degli occhialini per reggerli al collo. Rovisti nella borsa fino ad arpionare la cuffia. Dove sono gli auricolari? Eccoli, Senti il loro telaio tra i polpastrelli e già pregusti il breakdown di “The Czar” mentre ti spingi sul bordo.
Inforchi le ciabatte e procedi spedito verso la vasca. L’odore di cloro pervade le tue narici, pungente ma piacevole. Ti sciacqui con l’acqua calda di una doccia adiacente alle uscite, come prevede il regolamento. Uno dei bagnini ti guarda con sospetto per capire se si ricorda di te. Tu ti ricordi bene di lui, poiché è colui che ti ha redarguito la prima volta che hai dimenticato di fare la doccia all’ingresso. Stronzo, ma avresti fatto lo stesso a parti invertite.

Sali sul muretto della vasca e ti siedi. I tuoi piedi toccano l’acqua trovandola tiepida. Avverti un brivido lungo la schiena. La corsia che hai scelto è già occupata da due persone, forse una di queste potresti sfruttarla come scia. Ti immergi, trasalendo per qualche frazione di secondo, in attesa che il tuo corpo si abitui alla nuova temperatura.
Come parti? Sciolto? Lento? Scattante? Lo deciderà la prima canzone sulla lista.
Parte rapida “Magma”. Minchia. Comincia bene. Fai partire la registrazione sull’orologio.

Ti proietti in orizzontale, piedi sulle piastrelle, leggera spinta e via a solcare l’acqua. Il tuo braccio destro guida il resto della compagnia. Sforbici con le gambe, per scioglierle. Prima bracciata, maestosa, larga, a ramo di quercia. Ti riscaldi, prendi il tuo tempo. Nel frattempo, la plettrata alternata dei francesi ti scuote fin dentro l’amigdala. Raggiungi il lato opposto e fai la capriola. Hop! Sei adesso con il volto verso l’alto, a pochi centimetri dalla superficie, tutto intorno a te è schermato. Sei solo con te stesso. Trovi duro e spingi. Spingi forte. L’acqua ti entra dal naso e brucia. Devi farlo meglio la prossima volta e ricordarti di espirare dal naso mentre viri. Ti avviti su te stesso e ritrovi l’asse corretto. Altre bracciate. Respiri a ritmo. Decidi di fare le prime otto vasche di fila, per sgranchirti. Da sott’acqua intravedi muscoli in estensione, glutei a propulsione, costumi succinti, pacchi gonfi, monopezzo invitanti, galleggianti multicolore, tavolette di supporto. Sei nel tuo mondo. Inizi a rilassarti, procedendo di vasca in vasca. Un’altra virata. Avvitamento, via con le bracciate.
Il petto inizia a gonfiarsi. I battiti montano e raggiungono un plateau. Sei stanco, per questo sei motivato. Acquisisci velocità. Agguanti ogni metro come se cingessi i fianchi di una donna che finge di sfuggirti in un gioco di ruoli e di sensi. La tiri verso di te, sotto di te. La senti scorrere sul tuo petto, tra le tue cosce. L’acqua è così: volubile, umida, sapida di cloro e di sudore. Sciacqua via i pensieri. Scalcia il rimuginio al ritmo di gambe alternate. Nel frattempo, parte “Ich will” attraverso gli auricolari a conduzione ossea waterproof.
“Könnt ihr mich sehen? Könnt ihr mich fühlen? Ich versteh euch nicht” – recita il testo della canzone, prima di spedirti all’inferno, costringendoti ad alzare il ritmo (1’12”/100m mica male). Sei carico. Sei arrabbiato. Sei metodico. Infila un braccio, poi un altro. Le spalle si fanno sentire, l’attrito del liquido ti sovrasta ma tu lo abbatti, con la coda dell’occhio vedi il fluido eseguire una sinusoide appena sotto le tue labbra, per cui inspiri in corrispondenza dei vuoti d’onda e butti giù, verso il fondo. Le bollicine ti fanno da scudo, il costume friziona sulle natiche, ti solletica e ti galvanizza. Ricordi quella schiena quasi perfetta nella corsia accanto? Adesso ti sta alle costole. Si volta ogni due bracciate per ammirare il tuo pacco compresso. Non è vero. Smettila di divagare. Avrà quindici anni più di te (non li dimostra) e probabilmente è anche madre di famiglia.
Altra virata, stavolta è venuta bene. Cazzo quanto godi nel sentirti in armonia con le geometrie di quel movimento. C’è del magico, in quel che fai. Una bracciata, poi un’altra. I tuoi bicipiti accarezzano le tue guance, le tue dita si aprono a ventaglio massimizzando l’azione. Sei un proiettile umano e batti colpo su colpo fino a spruzzare dalla bocca una potente soffiata, a fine vasca, in attesa del recupero. Che botta. Tu e la tipa siete arrivati insieme. Sguardo d’intesa. Ha due splendide clavicole. Le potresti usare come tabacchiere, se soltanto non avessi smesso di fumare.
Rifallo. Riparti. Così, ancora e ancora.

djhop3128@hnbjm.dpn
scritto il
2024-09-08
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