Incidente... fortunato!

di
genere
etero

Giovanni trasalì quando il medico gli strinse il braccio. Sebbene i poliziotti gli avessero detto che era stato fortunato a uscire da un incidente così orrendo, lui non si sentiva affatto fortunato. La sua Mazda RX-7 era distrutta, il polso era rotto, il petto pulsava e faceva male e la testa gli doleva più di quella volta che si era svegliato dopo una sbronza colossale all'addio al celibato di uno dei suoi amici, qualche anno prima.
Un idiota era passato col rosso e aveva urtato il lato passeggero della sua auto sportiva. Non aveva ancora capito bene cosa fosse successo, finché l'odore acre dell'airbag esploso non gli aveva invaso le narici e la gola. Guardandosi intorno attraverso il fumo nebbioso che emanava dal volante, vide tutti i finestrini in frantumi e capì che la sua auto era rivolta nella direzione opposta a quella in cui stava viaggiando. Quando cercò di sbloccare la cintura di sicurezza, si rese conto che il suo braccio destro sembrava aver trascorso tutta la notte sotto il culo di una spogliarellista sovrappeso. Quando arrivò l'ambulanza, il dolore sordo al petto si era fatto sentire e l'intorpidimento del braccio era stato sostituito da un dolore lancinante che partiva dal dito medio e saliva fino al gomito come una pista di bob affrontata nella direzione sbagliata. A quanto pare, l'airbag gli aveva salvato la testa da un danno irreparabile, ma aveva spinto il braccio destro contro il petto, rompendogli il polso e provocandogli una contusione allo sterno.

La dottoressa tirò di nuovo, e insieme a un'infermiera iniziò ad avvolgere strisce di gesso intorno all'avambraccio.
"Poteva andare molto peggio!", gli spiegò la dottoressa, dagli occhi di smeraldo e dai capelli di rame. "Le radiografie mostrano che il polso è rotto solo in un punto. Il gesso sarà tolto in breve tempo", commentò con un sorriso gentile.
Nonostante il dolore al braccio, al petto e alla testa, l'uomo non poté fare a meno di notare quanto fossero attraenti entrambe le donne. L'infermiera era una biondina minuta, dagli occhi castani e dai capelli lunghi, con la pelle color gelato al caffè e un sorriso che avrebbe potuto illuminare tutto il quartiere. Indossava un'uniforme da infermiera che sembrava uscita dalle sue fantasie: un abito bianco corto, che si abbottonava sul davanti, con i primi tre o quattro bottoni slacciati che mostravano un accenno di scollatura; aveva anche calze di nylon bianche e scarpe bianche con la suola di gomma. I capelli erano legati all'indietro in una coda di cavallo, che esponeva i lobi delle orecchie nudi e metteva in risalto i suoi zigomi. Il suo cartellino la identificava come Cinzia Garelli, infermiera professionale.
Giovanni cercò di non fissare l'infermiera, ma ogni volta che si voltava, finiva per guardare l'altrettanto splendida dottoressa. Anche se indossava un camice bianco, la sua bellezza non poteva essere contenuta in quel materiale poco invitante. I suoi occhi verdi scintillavano e le sue labbra dal permanente broncio si aprivano in un sorriso ogni volta che guardava Giovanni negli occhi. La testa piena di capelli rosso rame le scendeva oltre le spalle, e rifletteva la luce in modo tale da farle indossare un'aureola luminosa. La sua pelle chiara e color crema metteva in risalto le lentiggini che le danzavano sulle guance rosee, e ogni volta che le sue dita delicate lo toccavano gli sprizzavano elettricità sotto la pelle. La fototessera era appesa alla tasca del camice, e la identificava come la dottoressa Valentina Lamacchia.
Giovanni dovette ammettere che, se c'era un lato positivo in tutta la faccenda, era quello di essere assistito da quella giovane e splendida équipe medica. Doveva però mantenere i suoi pensieri puliti, dato che indossava solo uno di quei ridicoli camici di carta. Quando fu spogliato per la prima volta, ebbe paura di essere sottoposto a una visita medica completa da parte dell'attraente dottoressa e di ritrovarsi con un'imbarazzante erezione o, peggio, con un membro nervoso e rattrappito. Fortunatamente, dopo le radiografie, avevano iniziato a riparare il braccio, e sembrava che l'occasionale veduta del suo sedere attraverso l'accappatoio di carta sarebbe stato il limite della sua umiliazione.

Tuttavia, quando finirono di ingessare il braccio, la dottoressa Lamacchia ordinò a Cinzia di sottoporlo a un elettrocardiogramma e a diversi altri esami che fecero sprofondare Giovanni nello stomaco. La dottoressa spiegò la situazione al suo paziente dall'aria preoccupata.
"La collegheremo a questa macchina e le faremo alcuni esami. Non si preoccupi, sono sicura che si tratta solo di un livido allo sterno dovuto al colpo che le ha dato l'airbag, ma è meglio essere sicuri che non sia un problema al cuore…". Dopo aver detto all'infermiera di avvertirla una volta che l'elettrocardiogramma avesse eseguito il suo ciclo di test, la donna strinse la spalla di Giovanni, gli sciolse il cuore con un altro sorriso smagliante e gli disse che sarebbe tornata a breve.

Seguendo le istruzioni di Cinzia, Giovanni si alzò a sedere e tirò giù la sua fragile copertura fino alla vita, mostrando all'infermiera il suo petto cesellato e la sua vita ben tonica, frutto di continui allenamenti in palestra. L'infermiera cominciò a mettergli dei quadratini bianchi appiccicosi, con dei piccoli bottoni, su tutto il petto e i fianchi. Non poteva esserne sicuro, ma gli sembrò che lei avesse lasciato le sue dita sfiorargli il petto e l'addome più di quanto strettamente necessario. Le vene di Giovanni iniziarono a pompare per l'eccitazione. Le dita morbide di lei posarono un altro quadrato appiccicoso sul petto e strofinarono il capezzolo destro e l'addome superiore. Mentre l'infermiera continuava il suo lavoro, agganciando i fili a tutti i bottoni, continuò anche le sue tenere carezze sul corpo di lui, che agevoarono un rimescolamento sotto l'accappatoio di carta. Giovanni si chiese se l'apparecchiatura a cui era stato appena collegato fosse in grado di misurare l'eccitazione, oltre alla frequenza cardiaca e alla pressione sanguigna.
"Okay, ora è tutto collegato. Si sdrai…", chiese l'infermiera vivace, "…così possiamo iniziare i test…".
"Va bene lo stesso se rimango seduto?" chiese Giovanni nervosamente.
Cinzia gli lanciò un'occhiata perplessa e rispose.
"Beh, dovrebbe essere il più rilassato possibile, quindi dovrebbe sdraiarsi. Perché?".
Giovanni cercò di esprimere la sua preoccupazione, ma gli uscì solo un pesante sospiro di rassegnazione e cercò di rilassarsi mentre la sua schiena toccava il lettino da visita imbottito. Abbassò lo sguardo e si rese conto della sua paura. Anche se non era completamente eretto, il suo pene stava creando una tensione evidente nel camice di carta. I suoi occhi si diressero verso l'infermiera per vedere se se ne fosse accorta. Il viso di lei era arrossito, il suo sorriso era una risata soffocata e stava fissando proprio la fonte del disagio di Giovanni. Quando i suoi occhi incontrarono quelli el suo paziente, fece del suo meglio per sembrare professionale, ma senza riuscire a nascondere il rossore sulle sue guance.
"Non si stressi per questo, si attenuerà da solo…" disse. Poi si allontanò e si occupò dell'apparecchiatura che aveva collegato a lui.

Quando Cinzia finì di sistemare l'apparecchiatura e di inserire i dati, si girò e guardò prima l'inguine ancora gonfio di Giovanni, poi i suoi occhi. Lui aveva degli occhi azzurri chiari e luminosi. Sapeva di aver esagerato accarezzandogli il petto e le creste del suo addome scolpito, ma non pensava che fosse abbastanza da provocargli eccitazione. Tuttavia, non poteva fare a meno di eccitarsi lei stessa. Il suo paziente era un uomo piuttosto attraente e, naturalmente, dato che era ferito, l'istinto materno aveva preso il sopravvento, così come sarebbe successo con uno qualsiasi dei suoi due figli. Il suo sguardo continuava a rimbalzare tra la protuberanza nel camice e gli occhi di lui, che era in chiaro imbarazzo. Si capiva che lui la desiderava, sapere che qualcuno la trovava sexy la eccitava da impazzire… in altre circostanze gli avrebbe disperatamente strappato il camice e montato come un cavallo al galoppo, ma sapeva che non avrebbe potuto farlo senza essere scoperta e quindi licenziata. Doveva fare qualcosa.
"Giovanni, ti ho detto di rilassarti…", lo rimproverò fintamente dopo avergli lanciato un'altra occhiata bramosa all'inguine in tensione.
"Ci sto provando… è che queste cose non sono così facilmente controllabili…" Giovanni commentò con una smorfia imbarazzata.
"Beh, forse ti è successo qualcosa là sotto. Forse dovrei esaminarlo…", disse lei con un'espressione seducente, incapace di credere di aver appena oltrepassato il limite, mentre intanto le sue dita avanzavano sulla pelle di lui, sotto lo strato di carta.
Prima che Giovanni potesse dire qualcosa, le dita delicate di Cinzia, scivolate lungo la sua coscia, entrarono in contatto con le sue palle in tensione. Dopo averle fatte scorrere per qualche secondo tra i peli del pube, afferrò la sua asta e la sentì crescere ancora di più nella sua presa. La strinse delicatamente, e notò una piccola macchia umida formarsi sul camice di carta. "Beh, sembra funzionare correttamente, ma mi chiedo se non sia il caso di fare un'ultima prova…". Guardò Giovanni negli occhi e, sebbene potesse vedere un'evidente apprensione, gli tirò su il camice, esponendo all'aria fresca la sua virilità ormai completamente eretta. Nella sua mente sapeva che lui avrebbe potuto chiederle di fermarsi, se davvero lo avesse voluto… ma anche che, se qualcuno avesse tirato via la tenda che separava quella sala esami da quella accanto, sarebbe stata pubblicamente sputtanata e poi licenziata. Lo sapeva… ma sapeva anche che doveva avere quel cazzo in bocca, così si chinò e leccò il liquido trasparente che emergeva dalla punta dell'uccello.
"Nessuna anomalia nel sapore…" affermò, mentre lui emetteva un gemito sommesso, che era tutto l'incoraggiamento di cui Cinzia aveva bisogno.

Giovanni pensò di stare sognando quando sentì i polpastrelli morbidi e freschi dell'infermiera massaggiargli le palle. Poi, quando lei iniziò ad accarezzargli l'uccello, credette di avere una visione, perché quel genere di cose accadeva solo nei racconti e nei video porno. Tuttavia, quando sentì la lingua vellutata di lei ripulirgli la punta dell'uccello, e poi la sua bocca calda e umida inghiottirlo, capì che quelle sensazioni erano troppo intense per essere frutto di un'allucinazione. Emise dei gemiti sommessi, mentre la lingua di lei leccava su e giù la sua asta come fosse un ghiacciolo. E quando lei, col suo cazzo in bocca, solleticò la punta con la lingua e massaggiò le palle con le dita, lui non poté fare a meno di emettere un forte gemito.
"Ooooddddddììììoooo…!".
Cinzia si fermò quasi, per dire a Giovanni di fare silenzio, ma la sensazione della sua virilità ardente nella sua bocca bagnata era troppo. Doveva sentire il suo sperma in fondo alla gola, e pensò che non ci sarebbe voluto molto per arrivarci, visto che lui si contorceva sul lettino ed emetteva gemiti sommessi.

Quando Giovanni finalmente si tese, e lei capì che la sensazione del suo sperma appiccicoso che le scivolava in gola era imminente, sentì il rumore della tenda scorrevole. La testa di Cinzia volò immediatamente via dal grembo di Giovanni, e i suoi occhi si spalancarono terrorizzati quando vide la schiena della dottoressa Lamacchia che chiudeva la tenda.
Tutto sembrò andare al rallentatore negli occhi della dottoressa quando si girò e vide la sua infermiera mezza sdraiata sul lettino da visita, con il pene ingrossato del paziente in una mano, una goccia del suo sperma che le colava dalla bocca e il resto di esso che decollava in aria. Notò anche gli sguardi quasi comici di Giovanni, diretti prima verso di lei, poi verso l'infermiera, poi di nuovo verso di lei, e così via, come se stesse seguendo con gli occhi una partita a tennis.
Dopo un'eternità di silenzio e il ritorno ad una certa normalità, lo sguardo della dottoressa Lamacchia si soffermò sul pavimento e sul lettino da visita imbrattati di sperma, poi sull'erezione sempre più debole del paziente, ancora nella mano della bionda infermiera, e infine sul viso di Cinzia, che apparentemente era stato schizzato dalla maggior parte dello sperma eruttato verso l'alto.
La dottoressa finalmente parlò, fissando gli occhi nervosi di Cinzia.
"Sto aspettando una qualche spiegazione per tutto questo, infermiera…" disse, mentre le sue braccia si allargavano indicando l'intera scena.
Giovanni la guardò mentre lei, mortificata, non aveva idea di cosa dire.
"Mi dispiace, dottore…" alla fine Cinzia disse, "…non ho spiegazioni da dare. Quello che ho fatto va totalmente contro tutto ciò che mi è stato insegnato alla scuola per infermieri. Non so dirle perché ho fatto questa pazzia. Se mi permette di pulire, raccolgo le mie cose e me ne vado via…".
Giovanni e la dottoressa Lamacchia fissarono entrambi il volto dell'infermiera e, anche attraverso gli schizzi del seme di Giovanni, poterono vedere le sue guance paonazze, gli occhi umidi e il labbro sporgente, segni rivelatori del fatto che stava per piangere.

La dottoressa Valentina Lamacchia non era sicura di cosa stesse provando. Questo la preoccupava, dato che aveva sempre il controllo delle sue emozioni, così iniziò una sorta di rapida diagnosi mentale. Sapeva di essere gelosa, perché lei stessa, in precedenza, aveva adocchiato Giovanni… di bell'aspetto, ovviamente virile, e che aveva dimostrato un grande senso dell'umorismo considerando quello che aveva appena passato. Nonostante fosse sposata, aveva preso in considerazione l'idea di lasciargli il suo numero prima che lui se ne tornasse a casa. Inoltre, era delusa dalla scarsa capacità di giudizio di Cinzia… per la quale provò anche un po' di pietà, perché immaginava che l'infermiera doveva sentirsi come se il mondo le stesse franando sotto i piedi in quel momento. Naturalmente era scioccata. Nessuno sano di mente si sarebbe aspettato di vedere una cosa del genere entrando in una sala visite. Ed era anche confusa: se fosse stata un'altra infermiera, si sarebbe assicurata che l'ospedale la licenziasse, ma Cinzia… beh, lei era sempre stata un'eccellente infermiera di quel reparto, e non ci stava a perderla per un singolo errore di giudizio. Tuttavia, c'era anche altro; non le era chiaro cosa fosse, finché non guardò il petto nudo di Giovanni e il suo cazzo ormai ammosciato. Sentì un formicolìo nel basso ventre, e si rese conto di essere colpevole quanto Cinzia per aver desiderato quell'uomo. Anche se non aveva lasciato che la lussuria prendesse il sopravvento, come Cinzia, non poteva essere sicura di cosa sarebbe successo se fosse rimasta da sola con lui.

Mentre Cinzia si ripuliva al vicino lavabo, la dottoressa guardò Giovanni negli occhi.
"Come si sente, Giovanni?", chiese, offrendogli un debole sorriso.
"Sto bene. Non è tutta colpa sua, dottore…!". Il dottore sembrò costernato, ma indicò a Giovanni di continuare. "Beh… è solo che… beh, siete entrambe così belle che, mentre mi curavate il braccio, ero molto nervoso all'idea di guardarvi troppo a lungo, per paura che mi entrassero in testa certi pensieri che mi avrebbero… ehm… lei sa. Continuavo a pensare a quanto sarebbe stato imbarazzante avere un'erezione mentre voi eravate qui dentro a cercare di aiutarmi. Quando lei se n'è andata, e l'infermiera ha iniziato a mettermi queste cose bianche e appiccicose, le sue dita continuavano a toccarmi la pelle e… ecco… io non riuscivo a smettere di pensare a… beh… a quello a cui cercavo di non pensare, se capisce cosa intendo. Subito dopo mi sono ritrovato sdraiato sul lettino con un chiaro problema che mi faceva alzare il camice. L'infermiera stava solo cercando di aiutarmi, e le cose forse sono un po' sfuggite di mano…".
Per tutta la durata del racconto, Valentina osservò gli occhi intimiditi di Giovanni. Sapeva che stava dicendo la verità, ma non aveva molta importanza. Cinzia si era comunque approfittata di un paziente.
Prima che Valentina guardasse Cinzia in attesa, il suo sguardo incrociò il pene ancora esposto di Giovanni. A quanto pare, la storia aveva risvegliato l'eccitazione di Giovanni. Non era ancora completamente eretto, ma l'alzabandiera era in corso. Quando i suoi occhi incontrarono quelli di Cinzia, si rese conto che anche lei aveva notato lo stato attuale di Giovanni.
"Beh, l'infermiera Cinzia sa bene che non ci si può approfittare di un paziente…", disse a Giovanni, poi, rivolta a Cinzia, continuò: "…non è vero?". Dopo l'assenso silenzioso di Cinzia, il medico continuò. "Non so cosa fare con te. Non voglio farti licenziare, perché francamente sei la migliore infermiera che abbia mai avuto qui al Pronto Soccorso. Ma non posso nemmeno far finta che questo non sia successo. La cosa peggiore è che, se non la denuncio, e in qualche modo si viene a sapere, verremmo licenziate entrambe, ed io potrei perdere la licenza".
"Io non aprirò bocca…", rispose Giovanni, desideroso di tenere quell'affascinante coppia di donne fuori dai guai.
Valentina lanciò un'occhiata a Giovanni, poi di nuovo a Cinzia, poi le venne un'idea.

"Ho una soluzione, che, se siete entrambi disposti ad accettare, mi farà sentire come se avessi almeno fatto giustizia in qualche modo, e non richiederà il licenziamento della mia migliore infermiera…!". Prima che Cinzia e Giovanni potessero esprimere il loro consenso, la dottoressa continuò: "Credo che la lezione da imparare per te, Cinzia, sia quella di non approfittare di un paziente. Quindi, se Giovanni è disposto a scambiarsi di ruolo con te, ti farò capire quanto puoi essere vulnerabile su quel lettino. Se sei disposta a lasciarmi mostrare a Giovanni come si esamina un paziente, allora ti metterò nel profilo solo una nota di scarso giudizio, e non ne parleremo più…".
Cinzia rimase sbalordita dalla richiesta del medico, ma il pensiero di non perdere il lavoro e quello ancora più piacevole di Giovanni come suo «infermiere» la portarono ad accettare immediatamente.

Le due sanitarie aiutarono Giovanni a scendere dal lettino e a riallacciare il suo camice, che mostrava ancora una volta una tendina inguinale. Valentina disse loro di aspettare un minuto, mentre si assicurava che non venissero disturbati. Scomparve per alcuni minuti, poi tornò, chiudendo la tenda dietro di sé.
"Okay, Cinzia… spogliati e indossa uno di quei camici…".
Cinzia si spogliò nervosamente davanti a Giovanni e alla dottoressa Lamacchia, ma alla fine si tolse tutto e prese la vestaglia di carta che il dottore le porse. Lo sguardo di Giovanni si soffermò sui suoi seni sodi, grandi e carnosi, sulla sua vita sottile, sulle sue labbra lisce e sul cespuglietto biondo scuro ben curato, appoggiato appena sopra la fessura.
"Sali sul lettino e metti i piedi nelle staffe", le ordinò la dottoressa.
Cinzia si adeguò, e la dottoressa Lamacchia portò due sgabelli all'estremità della staffa del lettino da visita. Si sedette su uno di essi e fece sedere Giovanni accanto a lei sull'altro. Si godette la vicinanza del corpo di Giovanni e, mentre Valentina lo guidava su come fare il pap test e su tutto ciò che le veniva in mente per mettere in imbarazzo l'infermiera birichina, godette di tutti i contatti che si creavano sfiorandosi l'un l'altra in un ambiente così ravvicinato.
Dopo aver eseguito tutti i compiti umilianti che le venivano in mente a quell'estremità, decise di passare all'altra.
"Penso che sia il momento di farle un esame del seno; non credi, Giovanni?".
"D'accordo, dottoressa…" Giovanni affermò con un certo imbarazzo.
"Per favore Giovanni, chiamami Valentina… e diamoci del tu. Sei un infermiere ora…".
Giovanni assentì. I due si scambiarono un sorriso, mentre Valentina lasciava il suo sgabello e si avvicinava a lui, per mostrargli come eseguire una corretta visita al seno.

All'inizio Cinzia pensò che sarebbe stato divertente farsi «esaminare» da Giovanni. Non aveva però capito cosa avesse in mente la dottoressa. Era evidente che stava facendo di tutto per degradarla e umiliarla. E stava funzionando. Non era più eccitata in alcun modo e, anzi, si sentiva sempre più vulnerabile man mano che l'esame andava avanti. Con uno sguardo apprensivo sul viso squisitamente delineato, lei seguì gli ordini del medico e si tirò giù il fragile camice di carta fino alla vita. Il medico spiegò a Giovanni cosa fare; ma lui evidentemente era ansioso non di fare un esame, ma semplicemente di sentire i suoi seni sotto le mani. In men che non si dica le massaggiava le tette e le pizzicava i piccoli capezzoli scuri. Per Cinzia il contatto era piacevole, ma l'ambiente era del tutto fuori luogo; chiuse gli occhi e immaginò Giovanni chinarsi a baciare e leccare ogni capezzolo e a massaggiarle i seni nel suo letto di casa, e questo la fece sentire un po' meglio. Prima che potesse immergersi del tutto nella sua fantasia, però, la dottoressa Lamacchia allontanò Giovanni da lei.
"Giovanni, c'è un'altra parte di questo esame, se sei disposto a eseguirla", disse con un sorriso diabolico. "Vieni qui…".

Giovanni si spostò accanto alla dottoressa Lamacchia e attese mentre lei ordinava a Cinzia di spostarsi più in basso possibile sul lettino. Giovanni guardava con desiderio le labbra lisce della figa di Cinzia, ed era così affascinato che non si accorse della mano della dottoressa che lo raggiungeva. Quando Valentina afferrò l'uccello rigido di Giovanni, lui ne fu sorpreso; la guardò nei suoi profondi occhi ipnotici, lei si leccò le labbra e fece un cenno verso la figa di Cinzia. Lui non ci pensò due volte.
Cinzia non riusciva a vedere oltre le sue gambe sollevate, così sobbalzò quando la lingua umida di Giovanni le accarezzò inaspettatamente le labbra della vagina. Dopo la reazione iniziale, però, si aggrappò semplicemente a entrambi i lati del lettino e si preparò a godersi il viaggio. Sentiva la lingua di Giovanni scorrere su e giù lungo la sua fessura inumidita. Poi sentì che lui inseriva un dito nel suo tunnel voglioso, mentre la sua lingua continuava i suoi movimenti su e giù sulle labbra lisce come la seta. Infine, sentì l'altra mano di lui che le allargava le labbra, cosa resa un po' più difficile dal gesso appena messo, e le esponeva il clitoride. Quando sentì la lingua di lui lambire i suoi fluidi intorno al clitoride sensibile, il suo bacino schizzò in alto e un gemito rauco di eccitazione le sfuggì dai denti stretti. Mentre la lingua di Giovanni lavorava in cerchi intorno al suo clitoride, e il suo dito entrava e usciva dalla sua figa fradicia, Cinzia sentì dei tremori attraversarle tutto il corpo.

Nel frattempo Valentina pompava il cazzo meravigliosamente ingrossato di Giovanni con la mano sinistra e intanto si strofinava il monte di Venere attraverso il camice con la destra, mentre lo guardava nascondere la faccia tra le gambe di Cinzia. Non riusciva a credere a quanto fosse eccitata, guardando quella scena da filmino porno… non che non ne avesse mai visti, lei e suo marito erano soliti eccitarsi coi videoclip sul web, ma mai in modo così ravvicinato e personale. Valentina osservò con ancora più interesse la pelle d'oca che si diffondeva sul corpo di Cinzia come una «ola» di spettatori in uno stadio di calcio. L'infermiera cominciò a venire, soffocando le sue grida il più possibile, facendo così uscire Valentina dal suo stato ipnotico. Giovanni intanto continuava a spingere ora due dita dentro e fuori la figa di Cinzia, mentre le leccava e mordicchiava il clitoride, e Cinzia ansimava per respirare.

Quando finalmente Cinzia ebbe goduto sulle dita e sulla lingua di Giovanni, Valentina era ormai nuda, e stava praticamente spingendo l'infermiera giù dal lettino. Giovanni si prese solo un momento per guardare con apprezzamento la giovane dottoressa: il suo fisico era più snello di quello della sua infermiera, quindi il seno era più piccolo, seppure non di molto, di quello di Cinzia, ed era sormontato da un'areola rossastra del diametro di una moneta da due euro. I suoi capezzoli erano duri come la roccia, e la sua pelle era arrossata un po' ovunque per l'eccitazione. Il suo cespuglio ramato era tagliato in una bella forma triangolare sopra le labbra lisce, gonfie di desiderio.
Giovanni si tuffò immediatamente sulla figa della dottoressa, lappandola con la lingua. Valentina si contorceva sul lettino mentre lui si dedicava a lei con selvaggio abbandono. Le infilò due dita a pomparla dentro e fuori dalla sua figa, con il suo clitoride gonfio tra le labbra, esattamente come aveva fatto con Cinzia.
L'appetito sessuale di Valentina sembrava più urgente. In qualche modo Giovanni capì che aveva bisogno di raggiungere rapidamente il climax. E lo fece. Le sue mani afferrarono la nuca di lui e il suo bacino si sollevò involontariamente contro il suo viso, mentre la sua fame di piacere veniva saziata.
Quando finalmente si calmò, Giovanni si guardò intorno.

Era il turno di Cinzia ora di stare seduta su una sedia a guardare, mentre con una mano si stuzzicava il clitoride e con l'altra si massaggiava le grosse tette. Valentina era sdraiata sul lettino, con il respiro ancora pesante e le gambe ancora aperte. Giovanni sentì la carta del suo camice tendersi sul davanti… il suo povero cazzo gli stava praticamente urlando di essere liberato. Spinse Valentina più in alto sul lettino e vi salì sopra.
Valentina era completamente esausta. Vide Cinzia nell'angolo che giocava con sé stessa, e capì che non era l'unica a cui piaceva guardare. Poi guardò il volto di Giovanni e vide un uomo pienamente soddisfatto dall'aver divorato il sesso di quelle due donne, ma anche con una profonda fame nei suoi occhi scintillanti. Abbassò lo sguardo sul suo cazzo sovraeccitato mentre lui la spingeva lunga sul lettino e le saliva sopra. Stava per protestare, per dirgli che era troppo stanca e troppo sensibile, ma quando diede un'altra lunga occhiata al suo splendido arnese, capì che lo desiderava troppo dentro di sé per tirarsi indietro.
Lui si inginocchiò e spinse il suo cazzo nella vagina fradicia della dottoressa Lamacchia, con una spinta lenta e costante. Poi le mise le mani ai lati della testa e si tirò fuori da lei altrettanto lentamente. Subito dopo, lei si rese conto che lui stava prendendo il ritmo.
Dopo l'ingresso iniziale e qualche altro colpo, Valentina cominciò ad assecondare ogni spinta di Giovanni. Non riusciva a credere alle sensazioni che provava quando il suo cazzo spingeva dentro e fuori di lei mentre era ancora così sensibile. All'inizio le faceva quasi male, ma una volta abituatasi, cominciarono a scoccare le scintille nel suo ventre. Guardò Cinzia e la osservò mentre li guardava. Poteva vedere invidia negli occhi dell'infermiera mentre guardava con desiderio il pene di Giovanni che pistonava dentro e fuori dalla figa grondante di Valentina.

Giovanni non riusciva a sostenersi abbastanza bene, con il polso danneggiato come ce l'aveva, e non passò molto prima che cominciasse a fargli di nuovo male. Chiese alla giovane dottoressa se le dispiaceva scambiare la posizione con lui. Lei guardò la sua mano, e quasi gridò per il senso di colpa.
"Oh mio dio! Non ci stavo pensando, mi dispiace. Certo…".

Giovanni si tirò fuori da lei mentre Valentina strisciava fuori da sotto di lui, lo lasciò sdraiarsi sul lettino e gli montò sopra. Si mise a cavalcioni del suo paziente e guidò la sua lunga asta dura nelle sue calde pieghe. Poi si chinò in avanti il più possibile, poggiando le mani ai lati della testa di lui, come aveva fatto Giovanni in precedenza. Le sue tette penzolavano a pochi centimetri dalle sue labbra, e lui spinse avidamente il capo verso l'alto, afferrandone una tra le labbra e succhiandola. Valentina ebbe i brividi lungo la schiena, e nel frattempo aumentò i movimenti avanti e indietro sul pube di lui, spingendo il suo cazzo il più a fondo possibile nel suo canale stretto e fremente. Dopo qualche minuto, lei si sollevò spingendosi all'indietro e raddrizzandosi sopra di lui, poggiando le mani contro il petto dolorante di Giovanni, provocandogli una scossa di lieve dolore in tutto il corpo. Lui però la ignorò, concentrato com'era sulla sensazione del suo cazzo intrappolato nei confini caldi e umidi della sensuale dottoressa.
Allungò la mano buona e si mise a massaggiare col pollice il clitoride di Valentina, mentre lei continuava a mungere la sua virilità con la sua figa stretta. Presto lei fu al limite, e fece del suo meglio per non emettere alcun rumore rivelatore, ma non fu facile, e alla fine lui sentì Valentina sopra di lui gemere per il piacere. I suoni provenienti dalla sua bocca e la sua figa sempre più stretta spinsero Giovanni al limite… il suo cazzo pulsava, smanioso di scaricare l'enorme eccitazione che aveva accumulato, e la dottoressa era obbligata, ma anche vogliosa di aiutarlo in ogni modo possibile.
Alla fine Giovanni ebbe l'orgasmo di cui aveva bisogno. Schizzò il suo seme in profondità nel caldo ventre della dottoressa con diverse contrazioni, che provocarono a Valentina un'altra serie di gemiti di piacere, per cui lei si sdraiò sopra Giovanni, e cercò di calmare le sue grida di godimento mordendo delicatamente la spalla di lui.

Quando finirono, anche Cinzia aveva raggiunto un altro orgasmo massaggiandosi la fica e le tette mentre osservava quello spettacolo erotico, che alla fine aveva lasciato i tre piuttosto spossati. Dopo qualche istante di riposo, Valentina si sollevò con cautela da Giovanni e disse a Cinzia che era meglio darsi una ripulita. Le due sanitarie, nude, condivisero il lavabo mentre si ripulivano dallo sperma e ridacchiavano di come Giovanni stesse probabilmente soffrendo più ora di quando era arrivato.
Dopo che le due signore si furono rivestite, la dottoressa terminò di occuparsi del suo paziente mentre l'infermiera ripuliva il disordine che avevano fatto sul pavimento, sul lettino e sugli sgabelli. Dopo aver aiutato Giovanni a rivestirsi, gli disse che l'indomani in serata sarebbe passata da casa sua per vedere come stava.
"Fa visite a domicilio?" Giovanni le chiese incredulo.
"No, non ne faccio", rispose lei ammiccando, con un altro sorriso seducente.
"Posso venire anch'io?", chiese Cinzia con un sorriso speranzoso.
"Vedremo…", fu la risposta della dottoressa, che aprì la tenda e uscì per il suo giro.

Quando Giovanni uscì finalmente dal Pronto Soccorso e salì sul lato passeggero del SUV in attesa, sua moglie gli chiese come si sentisse.
"Fortunato. Mi sento davvero fortunato!", fu la sua semplice risposta.
scritto il
2024-07-26
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