Tormenti sadici

di
genere
dominazione

I toys acquistati al sexy shop sono abbastanza banali e costosi. Tranne poche eccezioni non c'è quasi niente che non ci sia già in casa o che non si trovi nei normali negozi o che non possa venire artigianalmente adattato alla bisogna fra gli oggetti di uso comune. Lo splendore scintillante di una cinta di cuoio nera è la migliore delle fruste, un ricaccio di nocciolo preso nel bosco, incollato di vinavil e rinforzato da giri di nastro di pelle da passamaneria, diventa una canna. Una paletta di legno c'è sempre in cucina a portata di mano. Corde, cordini, guanti, guantoni, nastri adesivi, catene e lucchetti si prendono al Brico e anche gli occhiali da saldatore da oscurare con uno spruzzo di smalto nero spray, da indossare ben fermi con un elastico. I collari e i guinzagli all'Isola dei Tesori. Poi ci sono le vecchie e care mollette da bucato, alcune più ferme altre più lievi. A fare da pesi ci sono le bottiglie dell'acqua minerale. Come ceri vanno benissimo quelli da cimitero, bianchi e di pura paraffina, che non fanno allergie e che non ustionano. Destinati alle preci vengono dirottati verso le imprecazioni. Tutto è pronto. Lo schiavo viene trascinato al centro del dungeon e appeso per le braccia come un animale agli anelli del soffitto. Il padrone lo decora con perizia e con calma piatta in una spirale di corda che salda di nodi. Gli benda gli occhi. Con il lampostil nero stampa sulla sua fronte la scritta “SLUT” e sul muscolo degli arti “zampa ant DX e SX” e “zampa post DX e SX”. Dietro scrive “FROCIO”. Pinza alcune mollette sui capezzoli e a cordone ai lati del ventre. Appende due bottiglie alle palle. Comincia la festa. I ceri sono accesi e una musica ritmica di percussioni si spande nell'aria insieme agli odori acri delle spezie che vengono sparse in giro. Il dom palpa le carni della vittima e le pizzica. Gli morde una natica per marchiarlo. Il segno resterà per giorni e giorni. A colpi secchi di canna ne riga le membra. Lo sputa. Impugna la cinta e si scatena sul suo culo. Lo schiavo si dimena lamentoso, piange. Il suo culo si arrossa come quello di una scimmia e brucia, zebrato a righe anche lungo le cosce. Non ne può più. Il padrone lo slega. Si accascia sul pavimento, si contorce. Il padrone lo annaffia con una secchiata di acqua gelata e lo cosparge di sale per udire, ultima finezza, tutte le modulazioni soffocate della sua ultima sofferenza, insieme ai suoi “grazie sir”. Lo schiavo implora fra i singhiozzi pietà e il padrone di rimando: “Sei stato davvero bravo”.
scritto il
2024-09-15
1 . 8 K
visite
8
voti
valutazione
2.4
il tuo voto

Continua a leggere racconti dello stesso autore

racconto precedente

La stanza da bagno

racconto sucessivo

Dai piedi in su
Segnala abuso in questo racconto erotico

Commenti dei lettori al racconto erotico

cookies policy Per una migliore navigazione questo sito fa uso di cookie propri e di terze parti. Proseguendo la navigazione ne accetti l'utilizzo.