Puttanelle al mare 12

di
genere
dominazione

Finalmente si parte. Ho deciso che saremmo partiti sabato sera e avremmo viaggiato di notte solo a patto che Jacques avesse dormito nel pomeriggio. Sembra che lo abbia fatto, così dice, io gli raccomando e gli ri-raccomando di seguirmi senza perdermi di vista e al primo cenno di sonno di avvisarmi che ci fermiamo all'autogrill.
'E occhi incollati alla strada!''
'Certo capo.'
Mi prendono in giro, mi chiamano capo. Il problema è che Giada ha deciso di viaggiare con Jacques e Mia, ma alla prima sosta ha promesso di smazzare le auto. Non sono tranquillo, ma non mi va di fare il vecchio. L'età media di questo gruppo è di circa venticinque anni, sono io ad alzare la media. Eppure con loro mi risento giovane, sono tornato alle mie mitiche vacanze in zaino.
In auto ho Elena che s'è già messa da mare, calzoncini attillatissimi e reggipetto del costume. È seduta dietro, davanti ho Luca, il suo boy. Hanno ben poco in comune, si vede lontano un miglio che Elena non è innamorata, ma Luca è davvero belloccio, è il suo trofeo da esibire alle amiche. È un giovanotto a posto, è al terzo anno di ingegneria e quando gli ho detto del mio lavoro, che tengo anche corsi in remoto per l'utilizzo dei nostri macchinari a controllo numerico, non ha più smesso di parlare e chiedere. Non mi piace, mi sento vecchio. Invece vorrei chiedergli come si tromba la stronzetta dietro col naso sul cellulare.
Dopo un'ora chiama Giada. Rispondo.
'Ciao, sei in vivavoce.'
'Perché me lo dici?'
'Bisogna sempre avvisare, è la base dell'educazione.'
'Okay, grazie. Ti ricordi di Tommaso, papà?'
Certo che mi ricordo e Giada non s'immagina nemmeno cosa so su Tommaso. È il suo fidanzatino della Sardegna, quello che dormiva con lei, so che l'ha sverginata dietro. È il cretino che s'è fatto fotografare cazzo in mano coi suoi amici, è quello che ha fotografato Giada con due cazzi in bocca, quello che è fluido. Felicissimo che sia morto è sepolto.
'Sì, certo, il tuo amico della Sardegna.'
'Beh, gli ho detto dove siamo. Viene anche lui, ma può stare solo due settimane.'
'Cosa? E cosa aspettavi a dirmelo?'
'Avevo paura che non volevi.'
'Giada. noi due dobbiamo parlare! E com'è che viene? Io non passo certo da Roma.'
'No, viene in treno. Arriva domani pomeriggio. Dobbiamo solo andarlo a prendere in stazione.'
'Ma se la stazione è almeno ad un'ora. E io devo andarlo a prendere dopo una notte di viaggio? Non so nemmeno a che ora arriviamo e se troviamo traffico...'
'Sono già d'accordo con Jacques. Vado a prenderlo con lui.'
Li sento ridere. Riattacco.
Richiamo.
'Ma io non faccio la badante di nessuno! Deve anche lui pulire, riordinare, lavare e cucinare come tutti!'
'Agli ordini capo!'
Stiamo in silenzio dieci minuti. Credono che sia incazzato, invece sono felice per Giada, anche se so che nemmeno lei è veramente innamorata del suo fidanzatino. Mi sento leggero, mi pare di essere tornato ai miei vent'anni. Li sento parlare di Jacques, l'amico di Mia. Ad un certo punto intervengo anch'io e chiedo dove è nato.
'È nato in Italia. Cosa credi? Uno non può nascere in Italia se ha le pelle nera?'
Sono tentato di frenare e buttar giù quella stronzetta. Faccio finta di non aver sentito.
'Mia è fortunata, è un ragazzo in gamba'.
'Già, ma a settembre parte.'
'Dove va?'
'Ha vinto una borsa di studio ad Anversa.'
Qui nessuna coppia è una vera coppia.

Il viaggio è divertente, le cretinette cantano in vivavoce. Ma non ne posso più, solo canzoni da seppellire! Accenno io Emozioni e magicamente la cantano tutte insieme e poi anche Il mio canto libero. Non ci credo che conoscano Battisti. E pure Dalla e De André, ma anche L'Uomo Ragno e Ladri di biciclette. Luca mi mostra il trucco, lo smartphone con i testi da karaoke. Canto a squarciagola.
Nella pausa autogrill le perdo, venti minuti per radunare tutti. Mia è bellissima con Jacques, li osservo mentre prendono il caffè al bancone. Mia si avvicina.
'Tutto in ordine capo?'
'Non prendermi in giro.'
'È più forte di me, zio, mi diverti troppo, sei fantastico. Ti adorano tutti.'
'Non credo proprio. Tua sorellina mi odia.'
'Elena? Ma se ha una cotta per te!'
'Questa non la bevo.'
Finge di mettermi a posto il colletto della polo.
'Sono io quella la beve, zio.'
Arriva Giada.
'Devo accompagnare Elena in bagno e poi si parte.'
'Dimmelo tu, com'è Jacques, è sveglio? Ha bisogno di riposare?'
Mi risponde Mia.
'Tranquillo capo, è sveglio, glielo teniamo duro noi!'
Giada ride da scema.

Arriviamo alle nove. Sarà una vacanza dura. La casa è perfetta, è in una strada chiusa da cancello e custodita,vquella che doveva essere la vecchia litoranea, è isolata dalle altre, la casa più vicina è a duecento metri, ma il mare è ha due chilometri di discesa, ci si può arrivare anche a piedi ma il ritorno sarebbe in salita sotto quaranta gradi. Ha giusto l'elettricità e un frigorifero piuttosto grosso, niente aria condizionata. Per il gas si usano le bombole e l'acqua serve solo per lavarsi, non è potabile. Sono tutti eccitati, questa vacanza sarà un'avventura si mettono a cantare.
Siamo troppo stanchi per organizzarci, scarichiamo le auto e scendiamo al mare. Una lunga spiaggia libera, ci buttiamo subito in acqua, mi faccio una nuotata lunghissima, sparisce la stanchezza del viaggio. Li lascio soli sotto i due ombrelloni sbilenchi e cerco l'ombra sotto un arbusto secco e li osservo. Sono giovani e belli, hanno i corpi abbandonati sulla sabbia, ma il fisico più bello è quello di Jacques, un perfetto atleta di colore. Ho visto come Giada lo fissa.
Dormiamo qualche ora e poi andiamo in cerca da mangiare. La spiaggia è lunghissima, andiamo dove vediamo più gente e troviamo un bar. Chi un'insalata, chi un panino, io e Mia spaghetti alle vongole. È bello qui. Nel baretto ci entusiasmiamo con le Olimpiadi, la strepitosa finale di volley femminile.
Pago io e non voglio sentire ragioni.
'Non fate storie, solo la prima volta, poi ci si organizza. Giada terrà lei i conti, gestirà una cassa comune per le spese. C'è un supermercato a quindici chilometri e so che in paese ci sono sempre bancarelle del mercato. Useremo la cassa anche per la benzina di Jacques, qui si dovrà usare molto l'auto.'
Protestano.
'No, io ci sarei venuto comunque con Giada, non voglio niente per l'affitto o per l'auto. Sia chiaro però che la camera rivolta verso il mare è la mia. Voi vi arrangiate come volete.'
Discutono, ridono, sparano cazzate. Giada che sta già raccogliendo i soldi sul suo conto tranquillizza tutti.
'Non litighiamo, poi smazziamo le camere.'

Tornando alle auto ho accanto gli altri due uomini del gruppo con ombrelloni e borsa frigo in spalla. Le due puttanelle ci camminano davanti a braccetto di Giada. Jacques fa un commento sui loro culetti e si morde subito la lingua, sono il padre della puttanella in mezzo.
'Scusa.'
'Sentite, non rompetemi le palle! Giada è libera, tutti qui siamo liberi. Non fatemelo dire un'altra volta, a me non frega un cazzo, non sono un bacchettone come sua madre.'
'Lo so, Mia me l'ha detto, non sei uno che stressa. È per questo che sono venuto.'
Ci scambiamo una sguardo che dice tutto. Jacques sa che mi scopo Mia. Bene, è tutto più semplice.
'Tu piuttosto, Luca, non mi sembra che ci sia questo grande amore tra te e Elena.'
'Siamo amici, poi si vedrà.'
'Intanto te la scopi! Ahah.' Ride Jacques.
'Non essere stronzo, Jacques.'
'Non lo prendo certo per il culo! È la sorella di Mia, se è troia anche solo la metà Luca fa benissimo a scoparsela.'
'Non sopporto i discorsi da coglioni.'
Jacques non impallidisce solo perché è nero.
'E tu, Luca, sta' attento ad Elena. Il cazzo negro piace.'
Jacques scuote la testa. Sta ridendo.

Mi tocca andare al supermercato con Luca. Jacques deve andare a prendere Tommaso in stazione, il fidanzatino di mia figlia. Va solo, Giada ha deciso che non può andare con lui, loro devono assolutamente rimanere per riordinare casa. Ha orrore di polvere e disordine come sua madre. Mia la chiama vice-capo.
Jacques torna dopo due ore. Ha la macchina stracarica. Scende Tommaso che mi guarda occhi bassi, Leo che è uno degli amici della Sardegna, era il cazzo al centro della foto, e una coppietta mai vista prima, lei trasuda puttanaggine da ogni poro. Non esagero, una puttanella da onlyfans, ipertatuata, una da scopare imbavagliata.
'Ma sono in quattro! E dove li mettiamo?'
Giada non vede problemi.
'Si fermano solo dieci giorni e hanno materassini e sacchi a pelo.'
'Ma Giada, non puoi fare sempre così, devi dirmelo prima!'
'Guarda che non lo sapevo nemmeno io che venivano anche quei tre. Comunque lo sanno, mettono anche loro i soldi in cassa.'
E va a sbaciucchiare Tommaso e l'amico.
La puttanella romana ci saluta tutti con tre bacetti urtandoci con le bocce gonfiate a silicone. Si chiama Deborah e non sa come farà a ricordare tutti i nostri nomi. Ha sempre di fianco Ciro, il coatto romano che se la scopa, è fiero di mostrarci la sua figa tatuata. Ha ragione, me le scoperei volentieri con Jacques.
Dobbiamo farci tutti una doccia. Io la faccio dietro casa, c'è una doccia volante sotto il balcone. Arriva Jacques e si leva il costume mentre aspetta che finisca. Ha un tarello impressionante, ma il mio non sfigura al suo confronto. Ormai viaggio con la fantasia, vorrei vedere che lo ficca nel culetto di Mia, magari mentre l'annego di sborra.

Cuciniamo portando fuori fornello e bombola. Una bella serata. Si beve allegri, ma è un vino traditore. Tutti parlano e ridono. Ma io sono stanco morto e mi sento un po' fuori posto. Saluto e vado a dormire alle undici. Nella camera c'è lettone e lettino, scelgo il lettino e crollo esausto.
A metà notte mi risvegliano, stanno scopando sul lettone.
Non apro gli occhi. M'immagino che sia Jacques che si sta trombando Mia ma capisco presto che non sono loro due. Guardo, è buio pesto ma dalla finestra aperta entra la luce della luna. È Deborah, la troietta romana a cavalcioni su Ciro. Il profilo delle bocce siliconate davanti alla finestra è inconfondibile.
scritto il
2024-10-06
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