Il principe de Siviglia 2

di
genere
tradimenti

Il principe di Siviglia (2a parte di 3)

1 anno e mezzo prima

Ebbene si, mi sembrava di essere in tossico in astinenza. Quel biglietto da visita mi bruciava nei jeans.. Cosa dovevo fare, o meglio cosa volevo fare?
Veronica ci aveva pagato l’aperitivo, io comunque gli avevo restituito il suo portafoglio che aveva scordato sul tavolino del bar, eravamo pari. Forse potevo ringraziarla per i Negroni offerti, mi sembrava un gesto cortese. Un gesto innocente ovviamente Giulia
doveva restarne fuori, non doveva saperne niente.
In quei giorni sarei riuscito a scrivere bugie anche sul mio diario tipo “ieri sono stato sulla Luna, giovedì ho vinto il super enalotto e non so’ cosa farmene dei soldi” insomma cazzate del genere.
Tutto l’amore per Giulia, tutto quello che avevamo sognato di fare insieme: le vacanze in Costarica, una casetta sul mare, un cane… due bambini Alice e Leonardo. Tutto bello, ma io quella donna la volevo anche per una sola volta.

Avevo avuto una proposta di lavoro per l’estate per un piccolo editore come correttore di bozze, Giulia era contenta io ci stavo pensando anche se forse pensavo più alle cosce e a quelle esplosive tette di Veronica ad essere onesto.
Avevo fin fatto un screening mentale su quelle mammelle, erano naturali? Rifatte? Non mi piacevano le tette rifatte, avrei scommesso che il mio occhio clinico non poteva sbagliare era naturali, sode e con i capezzoli rosa non troppo grandi.

Una serata di fine giugno, in un bar, sostenuto dall’amico ‘Gin Tonic’ ho preso il cellulare ed ho scritto a quella bellissima avvocatessa “sono quello ‘del portafoglio’.. grazie per l’aperitivo…“. Dopo un minuto la risposta “grazie a te ‘appunto’ per il portafoglio, ciao”. Non pensavo mi avrebbe risposto e non così velocemente, tra l’altro.

Giulia sempre attenta a movimenti strani ha detto - chi era? - io - nessuno era per il lavoro - lei - alle nove e mezza di sera?.
La mattina seguente ho trovato un sms “ci vediamo per un aperitivo?”. Cosa voleva da me, con chi pensava di avere a che fare, con un escort, con un toy boy. Assolutamente no, no.. e no. Mentendo, la prima scusa che mi era venuta in mente ho scritto “non riesco ho un colloquio di lavoro, grazie lo stesso”
lei “ma non ti ho detto ne quando ne dove, leggi il futuro”.
Non sono un veggente sono un coglione, avrei potuto rispondere così a dieci anni. Ho lasciato macerare la mia stupidità.

In quel periodo estivo i vestitini delle donne calavano in centimetri: cosce al vento, leggins, capezzolini sotto canotte bianche che portavano spesso il mio sguardo a posarsi così ‘semi-distrattamente’ su quelle meraviglie della natura.

Un volta avevo detto ad un amico - Le opere di Michelangelo, Canova, Picasso, Monet e tutti gli altri; un tramonto ai tropici, uno squarcio di una montagna innevata; mettici pure un cucciolo di Labrador o tutti i cuccioli del mondo: cani, gatti, anche scimpanzé ma, e dico ma, guardare le gambe aperte che ti scoprono un bella e calda fica, vuoi mettere, quello è l’Eden -.

Giulia era sempre più gelosa, mi controllava anche gli sguardi se mi avesse controllato i pensieri mi avrebbe bruciato al rogo.
Quando si ingelosiva, contraccambiava facendo ‘la gattina morta’ con qualche nostro amico oppure dava corda a pr o baristi dei locali che frequentavamo e questo mi rodeva dentro anche se non lo avrei mai ammesso. Vuoi la guerra?, sono pronto.
No io l’amavo, lei mi amava, erano solo piccole e stupide ‘baruffette’.

Una sera, però, avevamo conosciuto un gruppo di ragazzi di Torino, maschi e femmine in vacanze tra Trieste e la Croazia.
Ci avevano chiesto dove poter mangiare bene, cosa poter fare dopo cena: un pub o una discoteca. Avevamo sbevucchiato un po’ ed un ragazzo, quello che pareva molto interessato a Giulia ci ha chiesto - voi due state insieme? - ed io stupidamente ho risposto
- Perché tutti pensano che stiamo insieme, vi sembro così infelice? -. Quando mi ero reso conto di cosa era uscito dalla mia bocca avrei voluto buttarmi dal molo Audace, ma oramai era tardi, tutti avevano riso tranne Giulia che con un viso indignato mi guardava con occhi pieni di odio. Perché avevo detto così? Sicuramente mi dava fastidio l’attenzione data a Claudio (così si chiamava il torinese) da Giulia, ma magari era solo gentile e stavo esagerando.
Forse era per Veronica? Insomma a quel punto ho salutato tutti e sono andato a casa, Giulia, per ripicca, aveva deciso di andare a cena con loro.. con Claudio. Prima di eclissarmi ho provato un colpo di coda - Giulia vieni a casa con me? - lei - no vado a cena, tanto ti rendo solo infelice, non hai detto così, prima..? - io - era una battuta - ma lei non mi sentiva più si era girata. ‘Cosa fatta capo ha’ avevo pensato.

Alle nove, quella sera, rodendomi dentro, soffrendo come un cane abbandonato in autostrada ho scritto sul cellulare “è ancora valido l’invito per l’aperitivo? nella vita potrei avere bisogno di un avvocato penalista.. no?”. Mi sembrava in messaggio magistrale, poi la risposta “piazza Oberdan domani alle sette ( 19.00 intendo).. spero che un giorno guadagnerai bene da permetterti la mia parcella.. ma potrei chiudere un occhio..a domani, ok?”. Quella stronza era con Carlo e gli altri e chissà cosa staranno facendo?
Rispondo a Veronica “ok”.

A mezzanotte Giulia è rincasata, un po’ brilla, lasciava una scia di un profumo che io conoscevo bene ma che non usavo più era Fahrenheit di Chiristian Dior 1379 £/l. Non ho chiesto nulla e sono andato a dormire. - dormo sul divano -.ho detto.

ore 19.00 piazza Oberdan il sole, ancora alto, osservava tutti i movimenti: le macchine, i tram, gli autobus, i passanti. Ma non i miei accelerati battiti cardiaci, la mia rarefatta respirazione, le mie mani sudaticce. Cosa mi stava succedendo?
Poi la vedo attraversare la strada sulle strisce pedonali: lewis 501chiari, camicetta bianca aperta che lasciava travedere una canottierina nera, scarpetta d’orata col tacco 12 in ‘pan-danne’ con la borsetta. Una visione celestiale. Mi è venuta vicino, gli occhi azzurri, gli zigomi alti, un nasino perfetto, il viso incorniciato da capelli neri, lisci lungo la schiena lucidi.
Un dipinto, una pittura.. ero sconvolto. La prima cosa che mi ha suscitato è una lieve erezione, ho cercato di pensare ad altro e ci siamo salutati. Lei – io non so’ neppure come ti chiami - io - Luca , piacere - Avevo detto ‘piacere’ come se fossi mio nonno, dovevo riprendermi. Lei - visto che pago io, decido io dove portarti, ok? -.
Sarei partito per il Nepal anche subito con lei. Poi il panico, Benedetta, una delle migliori amiche di Giulia. Della mia, solo mia Giulia, o non solo mia? Ho cercato di schivarla in tutti i modi ma mi ha visto - ciao Luca, come sta’ Giulia? - io - bene - e sono sgattaiolato via.
Abbiamo iniziato a parlare, dopo i primi spritz l’aria fra noi si è fatta più rilassata, io ero tornato ed essere quasi me stesso e lei, oltre che incredibilmente bella, era simpatica, divertente.
- andiamo a mangiare qualcosa? Una cosa veloce se la tua ragazza ti aspetta. - Si, no.. no.. no - ok - ho detto io. Ed è entrata a pagare. Giulia mi aveva chiamato cinque volte e mi aveva mandato due messaggi “guarda che non è successo niente, ma proprio nulla ieri sera. Li ho portati a mangiare da Toni, e poi al Machiavelli. Posti dove conosciamo tutti. Tutto alla luce del sole te lo giuro, dove sei, torna a casa - io - c’era una profumeria aperta stanotte dove hai comprato Fahrenheit? Non voglio sapere niente, ci vediamo dopo ma faccio tardi - dopo un minuto , lei - ci siamo messi a giocare spruzzandoci il profumo era solo un gioco - io - chi ti ha portato a casa? - lei - Gli altri volevano restare lì, mi ha dato uno strappo Claudio - io – chissà che stappo.ok, non mi dire altro.-
Giulia ha chiuso con un sonoro – sei proprio un stronzo -
Il display scriveva “GIULIA rispondi” ho rifiutato la chiamata e spento il telefono.

Dopo aver pagato Veronica era andata in bagno, poi siamo usciti dal locale. io - Tu hai scelto il posto ed hai pagato l’aperitivo, tocca a me scegliere il posto e pagarti la cena, ok? - lei - ok -.
Avevo in mente un piccola osteria dove si mangiava bene e non conoscevo nessuno. Camminando ho visto Veronica quasi cadere per terra, aveva perso l’equilibrio: gli si era rotto un tacco.
- devo cambiarmi le scarpe, così non riesco a camminare, passiamo un attimo a casa mia? abito qui dietro - io - ma sei sola? - lei - si mio marito è a Dubai torna tra dieci giorni, dai andiamo -
Mezzi brilli e sorridenti siamo arrivati sotto il suo portone. Tutto era di marmo, tutto perfettamente lucido. - dai sali -.

Siamo entrati in ascensore e mi ha accostato le sue labbra alle mie e mi ha sussurrato - oramai rassegnati sei in sequestro, sei troppo bello - paralizzato nei pensieri ed anche nelle parole avevo accennato - ma t...uo mar..ito, Giu…lia - lei continuava a baciarmi e sentivo tutto il suo seno sul mio petto - stasera ti voglio tutto per me..- e così mi aveva chiuso la bocca.

Giulia, Carlo, Torino, Dubai: tutte cose troppo lontane.. sfumature.
Io, Veronica, i suoi occhi azzurri che sprigionavano sesso, il suo corpo. Ti sei divertita ieri, cara Giulia oggi mi diverto io.. ma con una donna così mi sarei davvero divertito?

Appena chiusa la porta blindata alle nostre spalle eravamo già quasi nudi con le nostre mani che sondavano i nostri corpi. Mi ha portato in camera ed io guardavo il suo culo perfetto coperto solo dal perizoma, la sua schiena abbronzata. Il mio cazzo sembrava voler da solo strappare i boxer, era durissimo.
Arrivati in camera ha iniziato a sussurrarmi - sei troppo bello e voglio essere tua, fammi quello che vuoi -,
Dicendo così ha iniziato a baciarmi il collo, poi il torace, poi giù la pancia poi se l’è messo in bocca. Prima a leccato il frenulo e la cappella con maestria e delicatezza poi l’ha accolto tutto in bocca ed ha iniziato a succhiarmelo. Neppure mezzo pensiero avevo nella testa, sentivo i miei 22 cm tra le sue labbra, lei mi guardava negli occhi con sguardi di passione unica, totalizzante.
Completamente nudi siamo arrivati al letto, l’ho fatta distendere a pancia in su gli ho divaricato le gambe ed ho iniziato uno dei miei giochi preferiti. L’ho leccata tutta, i piedi, il retro affusolato dei polpacci, l’interno delle ginocchia, le cosce , prima l’inguine destro poi quello sinistro soffiando solo aria fredda sulla sua fica per farla eccitare di più ma era già lubrificata dei suoi umori. Lei - Tu vuoi farmi morire, leccami ancora, leccamela ti prego - io - tu non sei reale, non puoi essere reale..- . A quel punto mi sono perso a guardare quel bocciolo: il triangolo di peli corti e scuri era più grande di quello di Giulia, le piccole labbra uscivano all’esterno mostrandomi il suo perfetto taglio rosa. Quell’opera d’arte mi stava chiamando ed io mi sono rispettosamente chinato su di lei ed ho iniziato a leccarla piano. I gemiti di Veronica mi facevano esplodere in tutta l’erezione possibile, il mio pene mia faceva fin male. Mi sono dedicato al clitoride, che ormai non più timido faceva duro capolino tra le sue gambe. Lei - io godo, non puoi fare così gooodooo - le gambe hanno avuto un fremito e la mia bocca si è riempita di lei.
Mi sono tirato su, ho messo una mano di piatto sulla sua fica, l’ho guardata in faccia e mi sono gustato i suoi caldi liquidi. Lei - sei un vero sporcaccione anzi un vero porco -. ho fissato l’azzurro delle sue iridi e sono entrato dentro di lei con tutto me stesso. Prima piano, poi sempre ritmicamente più forte. Lei passava dal sospirare al gridare di non fermarmi. Sarei potuto morire lì sopra ma non mi sarei mai fermato. Pensa che bella morte ho pensato.
Era venuta di nuovo, oramai aveva raggiunto quello stadio che gli orgasmi si susseguivano. Mi sono staccato e lei si è girata - ti voglio dietro, ma fai piano non l’ho mai fatto. Ti prego non farmi male -
Ho sempre pensato che la penetrazione anale sia una cosa molto più intima, una cosa che vada a suggellare la completezza di un rapporto, di un rapporto d’amore intendo.
Molti miei amici invece la vedevano come il senso del possesso, quasi un picchetto messo nella cima della montagna. Per me se una me l’aveva succhiato, messo in bocca gustandone il sapore e l’odore di che altro possesso si poteva parlare.

Ma quella notte non c’erano ne se ne ma, lei si era messa a pecorina, il suo culo in quella posizione mi faceva impazzire. Con un movimento circolare delle dita cercavo di dilatare il buchetto, intanto il mio cazzo pompava davanti. Ho estratto il cazzo grondante dal suo nido bagnato, con le mani gli ho spalancato le natiche e mi sono fatto strada dietro di lei. Non è mai stata un’impresa facile far entrare i miei 22 cm in un culo vergine ma l’ho inserito spingendo, lei gemeva, ma di dolore.
Le lacrime sgorgavano lente nelle sue guance ora era tutto dentro di lei. Sentivo le pareti calde schiacciarmi, stritolarmi il cazzo. Ho cominciato ad andare avanti e indietro, la sua espressione è cambiata il dolore si fatto piacere, le lacrime trasformate in godimento. - ti sento dentro fino allo stomaco, è bellissimo, fai piano ma non fermarti. - Dieci minuti dopo - è la quarta volta mai ioo stooo godenndooo di nuuooovoo, vieni anche tu, vienimi nel culo -. A quel punto come un fuoco artificiale sono esploso scaricando tutto il mio sperma dentro, la testa ovattata, i brividi mi percorrevano tutto il corpo, la vista annebbiata. Lei mi ha fatto uscire e me lo ha preso in bocca che ancora, come un pesce fuor d’acqua dava gli ultimi spasmodici colpi. Siamo quasi svenuti, ansanti ci siamo abbracciati senza una parola.

- hai fame? Ho del salmone in frigo e una ribolla bianca, dai andiamo in cucina - mi ha detto, alzandosi dal letto.
Si è infilata il perizoma e ci siamo avviati. A preso la bottiglia l’ha stappata ha versato due calici. Abbiamo mangiato parlando come se ci conoscessimo da sempre, io ero ancora nudo, il mio cazzo penzolava lungo le mie cosce tranquillo dopo l’estasi ma, sotto la luce chiara del neon, vedere il suo corpo nudo, le sue superlative tette muoversi sode ed il suo culetto nascosto solo dalla piccola striscia del perizoma è tornato in tiro. Lei l’ha ripreso in bocca fino a farmi venire tutto nella sua gola, mi ha guardato ed ha ingoiato il bianco miele del mio corpo.
Era le due e mentre camminavo verso casa pensavo a mille cose tutte insieme ero euforico e distrutto allo stesso tempo. Ora Giulia. Cosa dire? Cosa fare? A queste due domande mi è venuta in mente una canzone di Piero Pelù dei Litfiba che dice: “cosa dire, cose fare devi solo farti capire, toro loco hai quel fuoco”. Il problema stava tutto lì: Capire, ma capire cosa? Altro che toro avevo sonno?
Se qualcuno mi avesse chiesto se c’erano mobili in quell’attico non avrei saputo rispondere me se mi avessero chiesto com’era la sua fica sarei riuscito a fare un perfetto identikit… che neanche i disegnatori della polizia. Con quel marasma di pensieri in testa ho inserito la chiave del nostro appartamento, la luce era accesa, Giulia era sveglia.. guai grossi in vista…

(continua nella 3a e ultima parte)
scritto il
2024-10-19
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