Il prezzo della sottomissione (parte 6)
di
Kugher
genere
sadomaso
A volte la teneva a dormire con sé, altre la mandava a casa.
In mezzo a questi usi sempre più frequenti, la portava a qualche ricevimento dove incontrava e conosceva persone che facevano parlare di sé sui giornali.
La presentava ed esaltava. Lei provava piacere nel ricevere il rispetto delle persone che si rivolgevano a lui con deferenza, e la gentilezza dei suoi pari che, però, le davano sempre quel leggero senso di distacco, pur facendola sentire importante.
Il Padrone iniziò ad usarla anche come cameriera, per sé, chiamandola all’ora di cena. A volte doveva servirlo stando nuda, altre indossando un vestito sexy da serva.
Un pomeriggio accadde un episodio che inizialmente la divertì ed eccitò ma che, mesi dopo, capì essere stato la sua introduzione in quel mondo dal quale ne sarebbe uscita male.
Era un sabato di inizio luglio e andarono in un esclusivissimo golf club, dove tutti loro avevano la tessera pur senza giocare.
Prima di entrare il Padrone le disse di essere gentile in quanto avrebbe dovuto divertirlo.
Da brava schiava non osò chiedere. Qualche minuto dopo capì che quel pomeriggio non avrebbe dovuto divertire solo il Padrone, ma anche i suoi potenti amici, a conoscenza della situazione. L’unica ignara del loro accordo era lei.
Ad attenderli trovarono Luigi (che lei spesso aveva visto in compagnia del Ministro) e sua moglie Monica. Subito dopo arrivarono anche Ernesto (la prima volta lo aveva visto accanto al Presidente di Confindustria) e Luisa.
Ormai si frequentavano da mesi e aveva avuto l'autorizzazione a dar loro del “tu”.
L’avevano sempre accolta ma con quell’indefinito atteggiamento di superiorità. D’altro canto lei sapeva benissimo che li poteva frequentare in quanto accompagnata a Niccolò, quindi non aveva fatto mai granché caso al loro atteggiamento.
Tutti oltre i 50 anni, poco meno del doppio della sua età.
Nonostante l’informalità del luogo, erano tutti vestiti con abiti firmati. Le donne indossavano anche gioielli e ori splendidi, trasudando ricchezza e potere.
Lei era solamente vestita bene, elegante e bella. Si sentiva a disagio ed in soggezione, nonostante ormai li conoscesse da tempo. Aveva però la sensazione che quel pomeriggio si fossero messi d’accordo per accentuare le differenze e metterla a disagio.
Erano seduti in giardino da poco.
“Tesoro, prendi tu l’ordinazione di noi tutti e vai al bar”.
Lei pensò che quello fosse il “gioco” tra loro due che lui voleva fare per divertirsi. Inizialmente la mise un po’ a disagio davanti a quelle persone importanti e a tutti gli altri ospiti del club, che l’avevano sempre vista da lontano, bella ed inarrivabile.
Tuttavia stette al gioco e provò anche una sorta di emozione.
Tornò sorridente dopo avere portato la commessa.
“Arriva subito il ragazzo”.
“Tesoro caro, ma no, portaci tu il vassoio”.
Si sentì mancare, ma lo sguardo fermo del Padrone le fece pronunciare quanto si sentì dire:
“Sì, come desideri”.
Abituata a servire a casa il Padrone, appoggiò il vassoio abbassandosi sulle ginocchia pur senza posarle a terra, e poi si sedette.
Luigi si lamentò del caffè freddo.
Il Padrone la mandò a prenderne un altro invitandola, questa volta, a tornare subito, prima che si freddasse.
Fu poi il turno di Monica, dopo che fu tornata, a dirle che non voleva il ghiaccio nell’acqua tonica.
Simona non aspettò nemmeno. Si alzò per andare al bar a togliere il ghiaccio.
Imbarazzata tornò al tavolino, conscia che tutti, non solo i suoi amici, la stavano guardando.
Monica sorseggiò e ripose il bicchiere, parlandole con un tono seccato.
“Senza ghiaccio non vuol dire che puoi togliere il ghiaccio e riportarmi la stessa bevanda, perchè adesso è fredda ed io non la voglio fredda”.
Ancor più imbarazzata, zitta, fece per alzarsi. La fermò il Padrone, gelandola più del ghiaccio, causa della discordia.
“Non ti scusi con la signora?”
L’aveva chiamata signora, non Monica, evidenziando così maggiormente il divario sociale tra le due.
Si sentì morire dentro. Come in futuro avrebbe potuto guardarla negli occhi alla (quasi) pari, dopo averle fatto da cameriera?
Eppure era sua la voce che sentì:
“Scusa”.
Non osava alzarsi per andare a fare il cambio. Non era finita. Il suo Padrone le diede un altro ordine per umiliarla.
Monica era arrogantemente seduta con una gamba accavallata mentre la guardava con quasi disprezzo.
“Mentre le chiedi scusa accarezzale la scarpa”.
Le si gelò il sangue. Il “gioco”, come lui l’aveva definito, si stava spingendo oltre.
“Ma Niccolò…”.
“Questa indecisione ti costerà una punizione quando saremo a casa”.
Si sentì girare la testa dalla pressione che aveva dentro, dal colpo allo stomaco ricevuto. Adesso tutti sapevano che lei veniva punita.
Cedette. Restando seduta si abbassò e accarezzò la scarpa della donna che la guardava dall’alto al basso. Tutti, tranne lei, erano evidentemente eccitati.
“Scusami, Monica, non accadrà più”.
“Ora vai a cambiare la bevanda”.
Per tutto il resto del pomeriggio se ne stette in disparte, in imbarazzo, azzittita più che zitta, mentre gli altri la ignoravano e parlavano tra loro come se non ci fosse.
Tempo dopo scoprì che quell’episodio era stata una prova per lei, che da tempo era destinata ad essere la schiava di tutti loro. Simona, ovviamente, era l’unica a non conoscere quel progetto.
In mezzo a questi usi sempre più frequenti, la portava a qualche ricevimento dove incontrava e conosceva persone che facevano parlare di sé sui giornali.
La presentava ed esaltava. Lei provava piacere nel ricevere il rispetto delle persone che si rivolgevano a lui con deferenza, e la gentilezza dei suoi pari che, però, le davano sempre quel leggero senso di distacco, pur facendola sentire importante.
Il Padrone iniziò ad usarla anche come cameriera, per sé, chiamandola all’ora di cena. A volte doveva servirlo stando nuda, altre indossando un vestito sexy da serva.
Un pomeriggio accadde un episodio che inizialmente la divertì ed eccitò ma che, mesi dopo, capì essere stato la sua introduzione in quel mondo dal quale ne sarebbe uscita male.
Era un sabato di inizio luglio e andarono in un esclusivissimo golf club, dove tutti loro avevano la tessera pur senza giocare.
Prima di entrare il Padrone le disse di essere gentile in quanto avrebbe dovuto divertirlo.
Da brava schiava non osò chiedere. Qualche minuto dopo capì che quel pomeriggio non avrebbe dovuto divertire solo il Padrone, ma anche i suoi potenti amici, a conoscenza della situazione. L’unica ignara del loro accordo era lei.
Ad attenderli trovarono Luigi (che lei spesso aveva visto in compagnia del Ministro) e sua moglie Monica. Subito dopo arrivarono anche Ernesto (la prima volta lo aveva visto accanto al Presidente di Confindustria) e Luisa.
Ormai si frequentavano da mesi e aveva avuto l'autorizzazione a dar loro del “tu”.
L’avevano sempre accolta ma con quell’indefinito atteggiamento di superiorità. D’altro canto lei sapeva benissimo che li poteva frequentare in quanto accompagnata a Niccolò, quindi non aveva fatto mai granché caso al loro atteggiamento.
Tutti oltre i 50 anni, poco meno del doppio della sua età.
Nonostante l’informalità del luogo, erano tutti vestiti con abiti firmati. Le donne indossavano anche gioielli e ori splendidi, trasudando ricchezza e potere.
Lei era solamente vestita bene, elegante e bella. Si sentiva a disagio ed in soggezione, nonostante ormai li conoscesse da tempo. Aveva però la sensazione che quel pomeriggio si fossero messi d’accordo per accentuare le differenze e metterla a disagio.
Erano seduti in giardino da poco.
“Tesoro, prendi tu l’ordinazione di noi tutti e vai al bar”.
Lei pensò che quello fosse il “gioco” tra loro due che lui voleva fare per divertirsi. Inizialmente la mise un po’ a disagio davanti a quelle persone importanti e a tutti gli altri ospiti del club, che l’avevano sempre vista da lontano, bella ed inarrivabile.
Tuttavia stette al gioco e provò anche una sorta di emozione.
Tornò sorridente dopo avere portato la commessa.
“Arriva subito il ragazzo”.
“Tesoro caro, ma no, portaci tu il vassoio”.
Si sentì mancare, ma lo sguardo fermo del Padrone le fece pronunciare quanto si sentì dire:
“Sì, come desideri”.
Abituata a servire a casa il Padrone, appoggiò il vassoio abbassandosi sulle ginocchia pur senza posarle a terra, e poi si sedette.
Luigi si lamentò del caffè freddo.
Il Padrone la mandò a prenderne un altro invitandola, questa volta, a tornare subito, prima che si freddasse.
Fu poi il turno di Monica, dopo che fu tornata, a dirle che non voleva il ghiaccio nell’acqua tonica.
Simona non aspettò nemmeno. Si alzò per andare al bar a togliere il ghiaccio.
Imbarazzata tornò al tavolino, conscia che tutti, non solo i suoi amici, la stavano guardando.
Monica sorseggiò e ripose il bicchiere, parlandole con un tono seccato.
“Senza ghiaccio non vuol dire che puoi togliere il ghiaccio e riportarmi la stessa bevanda, perchè adesso è fredda ed io non la voglio fredda”.
Ancor più imbarazzata, zitta, fece per alzarsi. La fermò il Padrone, gelandola più del ghiaccio, causa della discordia.
“Non ti scusi con la signora?”
L’aveva chiamata signora, non Monica, evidenziando così maggiormente il divario sociale tra le due.
Si sentì morire dentro. Come in futuro avrebbe potuto guardarla negli occhi alla (quasi) pari, dopo averle fatto da cameriera?
Eppure era sua la voce che sentì:
“Scusa”.
Non osava alzarsi per andare a fare il cambio. Non era finita. Il suo Padrone le diede un altro ordine per umiliarla.
Monica era arrogantemente seduta con una gamba accavallata mentre la guardava con quasi disprezzo.
“Mentre le chiedi scusa accarezzale la scarpa”.
Le si gelò il sangue. Il “gioco”, come lui l’aveva definito, si stava spingendo oltre.
“Ma Niccolò…”.
“Questa indecisione ti costerà una punizione quando saremo a casa”.
Si sentì girare la testa dalla pressione che aveva dentro, dal colpo allo stomaco ricevuto. Adesso tutti sapevano che lei veniva punita.
Cedette. Restando seduta si abbassò e accarezzò la scarpa della donna che la guardava dall’alto al basso. Tutti, tranne lei, erano evidentemente eccitati.
“Scusami, Monica, non accadrà più”.
“Ora vai a cambiare la bevanda”.
Per tutto il resto del pomeriggio se ne stette in disparte, in imbarazzo, azzittita più che zitta, mentre gli altri la ignoravano e parlavano tra loro come se non ci fosse.
Tempo dopo scoprì che quell’episodio era stata una prova per lei, che da tempo era destinata ad essere la schiava di tutti loro. Simona, ovviamente, era l’unica a non conoscere quel progetto.
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