Lady D. II parte.
di
Sir Wilfred
genere
etero
Gli anni erano trascorsi, inesorabili.
Il 1984 era finalmente giunto, per la gioia degli ammiratori di Eric Arthur Blair, noto in arte come George Orwell; personalmente, stavo vivendo uno dei periodi più atroci della mia vita.
Il tredici febbraio, si era definitivamente dissolta l' illusione di una storia d'amore con un vero e proprio rettile di donna ed io, come analgesico, non avevo trovato di meglio che di buttarmi, a capo fittissimo, sui libri.
Ma, ad ogni esame superato seguiva, nel pomeriggio di quello stesso giorno, l'apertura, nel mio cuore, di un abisso di tetro odio: verso le donne, verso tutte le donne.
Anche mia madre, benché fierissima dei miei successi, in quel periodo mi riusciva meno "digeribile" del solito.
Così, ero solito uscire di casa per stordirmi con lunghe passeggiate.
Mia meta prediletta, erano i bassifondi dell'Esquilino. Qualche volta, bussavo alla porta di qualche "casa allegra" ma, il più delle volte, ne uscivo senza aver "consumato".
Anche Lady D si era accorta del mio stato d'animo ed era stata sororalmente prodiga di consigli: in particolare, mi aveva invitato a continuare a parlare con "quella donna", ma io le avevo risposto che ciò avrebbe ancor più infierito sul mio animo esulcerato.
La primavera, finalmente, arrivò.
Intendiamoci: è una stagione che detesto cordialmente ma, le aumentate ore di luce, parvero giovare al mio animo.
Fu proprio durante la settimana precedente l'inizio delle vacanze di Pasqua, che accadde quanto appresso narrato.
Era una fresca e luminosa mattina quando vidi entrare, nell'aula di Diritto Processuale Civile, Lady D.
Nulla di più banale dal momento che seguiva le lezioni con assiduità e diligenza...
Ma era la sua "mise" che costituiva un'incredibile sorpresa: indossava una sorta di tuta, simile a quella dei meccanici, ma di un rosa pallido, stretta in vita da una larga cintura elastica grigia. Al collo, un foulard, potrei scrivere "all'esistenzialista" ed, incredibile ma vero, ai piedi un paio di "Lumberjack" dal tacco bassissimo.
Nell'insieme, appariva come una ragazzina de " Il Tempo delle Mele" vestita "en touriste".
Rimasi sorpreso, e con me rimase sorpresa la totalità degli studenti di sesso maschile presenti in aula.
Inizio' la lezione; nell'intervallo mi recai alla toilette e la vidi.
Si era tolto il foulard ed aveva abbassato, di molto, la lampo della tuta mostrando così, generosamente, l'inizio del decolleté.
Non appena mi vide, tirò fuori, dalla borsetta, il rossetto che si passò sulle labbra con movenze altamente "esplicite".
Il locale era deserto: mi posizionai dietro di lei ed iniziai a carezzarle le braccia attraverso la stoffa della tuta.
- Hai indossato un ottimo profumo...
- Ti piace?
- Veramente...mi piaci te...
E le baciai l'orecchio destro per poi scendere con le labbra lungo il collo, sino all'attaccatura delle spalle. Fu qui che mi produssi in un succhiotto d'alta classe... ispirato dall'arte della Signora Dina.
- Lo sai che ti voglio?...
- Se non è che per questo...
E si diresse verso una porta; l'aprì, ed entrammo in un gabinetto un poco più grande di quello del precedente "incontro ravvicinato", ove, tuttavia, al posto del tradizionale lavandino c'era un pilozzo.
Lady D chiuse la porta con il catenaccio interno, per poi appoggiarsi col fondo della schiena al pilozzo. Guardandomi fisso negli occhi, si slacciò la cintura, si abbassò la lampo e si sfilò la tuta, rimanendo, soltanto, con un mini slip nero.
Pur essendo molto meno alta della Signora Dina e di Donna Rebecca, era, comunque, di una bellezza sconvolgente. I suoi capelli di fuoco, i suoi occhi di smeraldo, la facevano apparire come una regina, una regina che si stesse per concedere, ad un generale, quale premio per le sue vittorie.
Subito l'abbracciai e la baciai: le sue labbra sembravano trasmettermi, a tutto il corpo, il fuoco di una passione inestinguibile.
Mi denudai anch'io, dalla cintola in giù, e la presi, animalescamente, con una violenza che, assolutamente, non voleva esprimere, in sé, il disprezzo per la donna, ma voleva manifestare tutta la mia forza virile, tesa ad omaggiare la sua selvaggia femminilità, finalmente, ed interamente, portata allo scoperto.
Lady D, intanto, aveva assunto la posizione "del lucchetto" e, con entrambe le sue mani, mi carezzava le spalle e le reni.
Fu quando lei sentì che l'"istante supremo" stava arrivando che mi disse con la voce rotta:
- Esci, esci...ti voglio bere...
Ed uscii da lei. Ella, rapida, si inginocchiò e prese a leccarmi con la lingua il meato fino a quando non venni.
Fu come un'esplosione, un fuoco di artificio che, lanciato dal mio pene, mi andasse ad esplodere nel cervello, senza sembrare di voler mai finire.
Invece finì, e quando finì crollai, esausto, sulla tazza.
Guardai in volto Lady D: pur scomposta, irradiava una bellezza di una luminosità quasi irreale; un lieve rivoletto di sperma faceva capolino dal lato sinistro del suo labbro.
Ci ricomponemmo, le mie articolazioni mi dolevano come non mai, mentre il suo corpo, benché nuovamente vestito, emanava, ad un tempo, forza e regalità.
Feci per prenderle la destra ma lei si ritrasse, pudicissimamente.
- È giusto - le dissi - perché contaminare con un sentimento spurio i bellissimi momenti trascorsi?
Del resto, tra di noi vi sono troppe differenze: di carattere, di stile di vita e di tutto il resto, perché possa sopravvivere qualcosa di diverso da una sincera amicizia e da uno schietto cameratismo studentesco.
Inaspettatamente, Lady D, abbassò la testa e, con un mormorio quasi di preghiera mi disse:
- Si, è meglio così...
Il 1984 era finalmente giunto, per la gioia degli ammiratori di Eric Arthur Blair, noto in arte come George Orwell; personalmente, stavo vivendo uno dei periodi più atroci della mia vita.
Il tredici febbraio, si era definitivamente dissolta l' illusione di una storia d'amore con un vero e proprio rettile di donna ed io, come analgesico, non avevo trovato di meglio che di buttarmi, a capo fittissimo, sui libri.
Ma, ad ogni esame superato seguiva, nel pomeriggio di quello stesso giorno, l'apertura, nel mio cuore, di un abisso di tetro odio: verso le donne, verso tutte le donne.
Anche mia madre, benché fierissima dei miei successi, in quel periodo mi riusciva meno "digeribile" del solito.
Così, ero solito uscire di casa per stordirmi con lunghe passeggiate.
Mia meta prediletta, erano i bassifondi dell'Esquilino. Qualche volta, bussavo alla porta di qualche "casa allegra" ma, il più delle volte, ne uscivo senza aver "consumato".
Anche Lady D si era accorta del mio stato d'animo ed era stata sororalmente prodiga di consigli: in particolare, mi aveva invitato a continuare a parlare con "quella donna", ma io le avevo risposto che ciò avrebbe ancor più infierito sul mio animo esulcerato.
La primavera, finalmente, arrivò.
Intendiamoci: è una stagione che detesto cordialmente ma, le aumentate ore di luce, parvero giovare al mio animo.
Fu proprio durante la settimana precedente l'inizio delle vacanze di Pasqua, che accadde quanto appresso narrato.
Era una fresca e luminosa mattina quando vidi entrare, nell'aula di Diritto Processuale Civile, Lady D.
Nulla di più banale dal momento che seguiva le lezioni con assiduità e diligenza...
Ma era la sua "mise" che costituiva un'incredibile sorpresa: indossava una sorta di tuta, simile a quella dei meccanici, ma di un rosa pallido, stretta in vita da una larga cintura elastica grigia. Al collo, un foulard, potrei scrivere "all'esistenzialista" ed, incredibile ma vero, ai piedi un paio di "Lumberjack" dal tacco bassissimo.
Nell'insieme, appariva come una ragazzina de " Il Tempo delle Mele" vestita "en touriste".
Rimasi sorpreso, e con me rimase sorpresa la totalità degli studenti di sesso maschile presenti in aula.
Inizio' la lezione; nell'intervallo mi recai alla toilette e la vidi.
Si era tolto il foulard ed aveva abbassato, di molto, la lampo della tuta mostrando così, generosamente, l'inizio del decolleté.
Non appena mi vide, tirò fuori, dalla borsetta, il rossetto che si passò sulle labbra con movenze altamente "esplicite".
Il locale era deserto: mi posizionai dietro di lei ed iniziai a carezzarle le braccia attraverso la stoffa della tuta.
- Hai indossato un ottimo profumo...
- Ti piace?
- Veramente...mi piaci te...
E le baciai l'orecchio destro per poi scendere con le labbra lungo il collo, sino all'attaccatura delle spalle. Fu qui che mi produssi in un succhiotto d'alta classe... ispirato dall'arte della Signora Dina.
- Lo sai che ti voglio?...
- Se non è che per questo...
E si diresse verso una porta; l'aprì, ed entrammo in un gabinetto un poco più grande di quello del precedente "incontro ravvicinato", ove, tuttavia, al posto del tradizionale lavandino c'era un pilozzo.
Lady D chiuse la porta con il catenaccio interno, per poi appoggiarsi col fondo della schiena al pilozzo. Guardandomi fisso negli occhi, si slacciò la cintura, si abbassò la lampo e si sfilò la tuta, rimanendo, soltanto, con un mini slip nero.
Pur essendo molto meno alta della Signora Dina e di Donna Rebecca, era, comunque, di una bellezza sconvolgente. I suoi capelli di fuoco, i suoi occhi di smeraldo, la facevano apparire come una regina, una regina che si stesse per concedere, ad un generale, quale premio per le sue vittorie.
Subito l'abbracciai e la baciai: le sue labbra sembravano trasmettermi, a tutto il corpo, il fuoco di una passione inestinguibile.
Mi denudai anch'io, dalla cintola in giù, e la presi, animalescamente, con una violenza che, assolutamente, non voleva esprimere, in sé, il disprezzo per la donna, ma voleva manifestare tutta la mia forza virile, tesa ad omaggiare la sua selvaggia femminilità, finalmente, ed interamente, portata allo scoperto.
Lady D, intanto, aveva assunto la posizione "del lucchetto" e, con entrambe le sue mani, mi carezzava le spalle e le reni.
Fu quando lei sentì che l'"istante supremo" stava arrivando che mi disse con la voce rotta:
- Esci, esci...ti voglio bere...
Ed uscii da lei. Ella, rapida, si inginocchiò e prese a leccarmi con la lingua il meato fino a quando non venni.
Fu come un'esplosione, un fuoco di artificio che, lanciato dal mio pene, mi andasse ad esplodere nel cervello, senza sembrare di voler mai finire.
Invece finì, e quando finì crollai, esausto, sulla tazza.
Guardai in volto Lady D: pur scomposta, irradiava una bellezza di una luminosità quasi irreale; un lieve rivoletto di sperma faceva capolino dal lato sinistro del suo labbro.
Ci ricomponemmo, le mie articolazioni mi dolevano come non mai, mentre il suo corpo, benché nuovamente vestito, emanava, ad un tempo, forza e regalità.
Feci per prenderle la destra ma lei si ritrasse, pudicissimamente.
- È giusto - le dissi - perché contaminare con un sentimento spurio i bellissimi momenti trascorsi?
Del resto, tra di noi vi sono troppe differenze: di carattere, di stile di vita e di tutto il resto, perché possa sopravvivere qualcosa di diverso da una sincera amicizia e da uno schietto cameratismo studentesco.
Inaspettatamente, Lady D, abbassò la testa e, con un mormorio quasi di preghiera mi disse:
- Si, è meglio così...
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