La "Wandissima".

di
genere
etero


Il "Ventesimo Secolo", il famigerato "Secolo Breve", si avviava, placidamente, a conclusione ed io solcavo, con esperienza ogni volta maggiore, gli agitati flutti della professione forense.
In quella luminosa mattina di novembre, mi ero recato presso gli Uffici Giudiziari al fine di portare a termine alcuni adempimenti burocratici: il "cote'" più noioso della professione!
Mi ero, a tal uopo, messo in fila di fronte ad un ascensore che mi avrebbe portato "a destinazione", quando mi sentii chiamare a gran voce:
- Avvocato!...
Mi voltai, e vidi la famosa "Wandissima" gesticolare al mio indirizzo.
Costei era un'impiegata del Tribunale, decisamente appariscente, sul cui conto si bisbigliava, e si bisbigliava non poco.
Preciso come, donde fosse derivato tale soprannome, mi fosse stato, e continua ad essermi, del tutto ignoto.
Mi raggiunse trotterellando sui tacchi a spillo, gratificandomi di un sorriso a trentadue denti.
- Avvocato, - mi disse - ho un bel mucchio di notifiche per lei, potrebbe venire a ritirarle?
- Volentieri - risposi, dove si trova ora il suo ufficio? Ho saputo che è stata spostata di stanza...
- Già...si trova all'ultimo piano...
- Bene, andiamo!
Ed entrammo nell'ascensore, accompagnati da una piccola folla.
Onde evitare di intralciare la discesa e la salita degli utenti, destinati ai piani inferiori, ci accomodammo nel fondo della cabina.
Partimmo e, nella calca, casualmente - lo giuro - mi capitò di sfiorare lo splendido "lato B" della donna.
Nessuna reazione; decisi di premere leggermente sull'acceleratore: una, due volte. Alla terza, sentii, inequivocabilmente, la mano della "Wandissima" sfiorarmi, delicatamente, il davanti dei pantaloni.
Il mio scettro si eresse, immediatamente; quando giungemmo a destinazione eravamo assolutamente soli.
La "Wandissima", inviatomi a seguirla, uscì per prima e si diresse, ancheggiando vistosamente, verso una porticina che dava su di un angusto pianerottolo dal quale si dipartiva una disagevole scala.
- Faccio strada - disse la donna, e prese a salire.
Istintivamente, guardai in alto e vidi, da sotto al suo mini tubino rosso granata, far capolino le giarrettiere di un reggicalze, nero.
La scala terminava in un altro piccolo pianerottolo, ove si apriva una seconda porticina. L'aprì e sbucammo su di un ampio terrazzo, inondato di luce, da cui si innalzava un corpo di fabbrica di non eccessiva metratura quadrata.
La donna ne aprì la porta di ingresso, chiusa a chiave, ed entrammo in una stanza di circa tre metri per due, dal soffitto non troppo alto: il suo ufficio.
Subito, richiuse la porta e mi si posizionò di fronte, la mano destra sul fianco, guardandomi con aria di sfida.
- Sono anni che leggo negli occhi la tua voglia di fare sesso con me, ed oggi, per così dire, "hai mosso"...
- Già... non credo di essere il solo: comunque, sono anni che ho capito che femmina sei...
Ed allungata destra dietro le sue spalle, le presi la lampo e l'abbassai. La donna si sfilò, tranquillamente, il vestito e mi apparve in tutto il suo splendore: mutandine e reggiseno neri, trasparenti, reggicalze in tinta e calze velate nere.
Per un lunghissimo secondo ci guardammo negli occhi, poi ci baciammo: un bacio lungo, forte e profondo al limite del violento, durante il quale le nostre due lingue lottarono, come due piccoli serpenti desiderosi di sopraffarsi l'un l'altro.
Mi staccai e mi collocai alle sue spalle; con i entrambi i medi iniziai a sfiorarle le braccia, mentre la mia lingua dardeggiava nel suo orecchio destro.
- Ooooh, che bello...dai non ti fermare...ancora...ancora
La cosa durò diversi minuti, fino a quando le mie labbra, transitate sul suo collo si cigno, non ebbero a fermarsi sulla sua spalla destra.
Lì giunto, iniziai un vampiresco succhiotto che ebbe, come diretta conseguenza, l'esponenziale aumento dei mugolii da parte della femmina e la totale erezione dei suoi capezzoli.
Sempre restando alle sue spalle, le sganciai il reggiseno e la feci girare.
Il suo corpo non poteva non definirsi "giunonico", sia grazie alla sua altezza, un metro e settanta circa, calcolata senza tacchi, sia per il fatto che, l'etichetta interna del suo reggiseno, indicava essere della terza misura.
Mi slacciai i pantaloni, e "la Wandissima", con la più assoluta naturalezza, dimostrando, ampiamente, di essere tutt' altro che nuova a situazioni del genere, sedette sui talloni.
Senza esitazione alcuna, iniziò a dedicarsi al mio scettro "maxima cum diligentia".
Debbo, a questo punto, sottolineare come, in quasi mezzo secolo di "onorata carriera" di maschio, abbia potuto notare come esistano, sostanzialmente, due modi di esercitare la c. d. "ars felsinea".
Il primo, introducendo, interamente, lo scettro del paziente nella bocca dell'agente, la quale, con le labbra più o meno strette, le fa scorrere, dall'alto in basso, e viceversa, lungo il corpo dell'organo.
Il secondo, facendo serpeggiare, in modo tanto leggero quanto veloce, la lingua dell'agente lungo l'intero corpo dell'organo, a cominciare dal meato, anzi, indugiandovi a lungo, per poi passare al glande e giù, sino all'attaccatura e viceversa, stringendo il sesso tra le labbra solo al momento dell'eiaculazione.
Bene: la "Wandissima" coniugava, alla perfezione, entrambi i modi, facendomi, letteralmente, impazzire.
Se, in quel momento, qualcuno mi avesse chiesto le generalità o, peggio ancora, se nella stanza fosse entrata la mia adorata Lady Rowena, non avrei saputo, nel modo più assoluto, profferir verbo, tanto la mia mente era annullata dal godimento.
Ovviamente, esplosi; la donna bevve, sino all'ultima goccia, il mio liquore, per poi alzarsi, immediatamente, all'impiedi, sorridendo: con le labbra e con gli occhi.
Quando vide il perdurare della mia erezione, si lasciò andare ad un prolungato oooooh, per poi sdraiarsi sulla scrivania,
dopo aver scalciato via gli slip.
Levò entrambe le splendide gambe al cielo e, nel contempo, con una delicatezza che definirei materna, prese in mano il mio scettro per introdurlo nella sua "grotta d'amore".
La trovai lubrificatissima e, dopo essermi fermato un paio di secondi, iniziai il coito.
Mi mossi, dapprima lentamente, per poi accelerare in modo costante; quando raggiunsi la "massima velocità", la mantenni per diversi minuti, indi iniziai a decelerare, sino a ritrovarmi alla velocità iniziale e ricominciare ad accelerare.
Questo "sesso a sinusoide", durò un quarto d'ora circa, durante il quale le mie mani passavano dall'abbrancare i fianchi della "Wandissima" all'accarezzare i suoi seni, sodi ed eretti nonostante due gravidanze.
Quando, contemporaneamente, ci accorgemmo dell'approssimarsi dell'eiaculazione, la donna mi disse:
- Mi piacerebbe che godessi sul mio corpo, ma qui non posso lavarmi...
- Non ti preoccupare...
Avevo, infatti, adocchiato il cestino rifiuti nel quale facevano bella mostra di sé diversi asciugatoi di carta usati.
Al momento dell'esplosione, strinsi il mio pene alla base, uscii dal corpo della "Wandissima" dirigendomi verso il cestino.
Non so ancora come ci riuscii, ma afferrai dal cestino un asciugatoio di carta, e mi svuotai, oceanicamente, in esso.
Finita l'operazione, mi ricomposi e sedetti su di una poltroncina.
La donna, quando mi vide che stavo per buttare l'asciugatoio nel cestino mi disse:
- Dammelo, lo butterò nel gabinetto.
E presolo si diresse verso una porta, posta sul fondo della stanza, di rimpetto all'entrata.
Mentre apriva la porta di quella che avevo intuito essere una "toilette", la donna porto l'asciugatoio al naso ed ispirò profondamente.
- Non solo hai un ottimo sapore, ma hai anche l'odore di un vero uomo.
Si assise, poi, sul water - bidet, per dedicarsi all'igiene intima.
Entrai anch'io nello stanzino, per bere un bicchier d'acqua.
Fu allora che la mia attenzione fu attratta da un oggetto, o meglio da due oggetti, posti sulla mensola fissata sopra al lavandino.
Riconobbi subito un paio di "palline di gheisha".
- Ehilà - esclamai - non c'è pane che ti sazi...anche le palline di gheisha...
- Tu non sai quanto il loro uso mi rilassi...
- Già...ma come hai saputo...
- Semplice: me ne parlò una collega con la quale frequentammo, anni or sono, un corso di alfabetizzazione informatica tenuto dal Ministero...
- Rebecca***...
- Siiii!!! Proprio lei...tu non sai quanti rapporti saffici abbiamo avuto al suo albergo...
- E non dirmi che siete andate insieme anche a trovare Wendy...
- Ovviamente! Ci siamo divertite da pazze...pensa che, alle volte, torno a far visita proprio a Wendy...
- Perdona l'indiscrezione: come cliente o come "collaboratrice"?
- Tutt'e due le fattispecie: pensa che una volta sono andata a trovarla proprio mentre un cliente, negro, stava entrando da lei. Non puoi immaginare che pomeriggio di fuoco...
- Ma...perdonami, sai: non sei sposata?
- Certo, ma riguardo al sesso il mio motto è: "Vietato vietare".
Del resto, anche mio marito coltiva le sue non poche "glossae extravagantes".
Nel frattempo, la "Wandissima" aveva portato a termine la sua igiene intima e mi stava accompagnando alla porta quando si fermò e mi disse:
- Senti, sinceramente, erano mesi che non godevo come oggi ma, lo vedi tu stesso, l'ambiente è, decisamente, poco adatto.
- Ed allora?
- Ed allora ti propongo di vederci all' "Albergo ***" dove era alloggiata Rebecca. Con la tenutaria siamo diventate amiche, e mi ospita gratis quando voglio "rilassarmi in compagnia".
- Per me va benone: sentiamoci venerdì per combinare per la prossima settimana...
E scambiati, insieme ai numeri di cellulare, un ultimo bacio, guadagnai l'uscita, per dirigermi a casa.

scritto il
2022-10-10
1 . 5 K
visite
0
voti
valutazione
0
il tuo voto
Segnala abuso in questo racconto erotico

commenti dei lettori al racconto erotico

cookies policy Per una migliore navigazione questo sito fa uso di cookie propri e di terze parti. Proseguendo la navigazione ne accetti l'utilizzo.