Ridotta in schiavitù, venduta (parte 5)
di
Kugher
genere
sadomaso
La prima volta che venne portata ad inginocchiarsi davanti ad un Padrone seduto su una sedia umana a 4 zampe, eseguì al meglio il pompino che le venne ordinato.
Le ammanettarono le mani dietro alla schiena. L’esecuzione fu più difficoltosa col peso leggermente sbilanciato e senza la possibilità di appoggiarle a terra o, meglio, di usare le mani per aumentare il piacere.
Si dovette concentrare su due fronti: il mantenimento della postura elegante e aggraziata e il piacere donato all’uomo.
Il Padrone al quale stava rendendo il suo servizio, le disse che se la schiava sedia avesse ceduto sotto il suo peso prima che lei lo avesse fatto godere, entrambe sarebbero state frustate fino a quando non fossero crollate.
Aveva assistito, lei come tutte le altre, ad una punizione simile e la cosa la spaventava moltissimo. Erano impietosi nell’uso della frusta quando quella sanzione veniva eseguita.
Punizioni simili non erano mai improvvise ma anticipate in caso di mala esecuzione dell’ordine.
In tal modo la schiava o lo schiavo si impegnava ancor di più.
La schiava sedile era robusta, evidentemente in forma ed in forza. Avrebbe resistito qualche tempo ma, in ogni caso, non un tempo infinito.
Le sorti delle due schiave erano legate o, almeno, lei si sentiva legata alla sedia umana. La forza dell’una era a doppio filo unita alla sua capacità di fare godere con la bocca.
Si impegnò al massimo, concentrandosi anche sulla postura, in modo da tenerla elegante in quanto elemento eccitante e piacevole per i Dominanti.
Senza l’uso delle mani era costretta a concentrarsi meglio sull’attività della bocca e della lingua, giocando anche con l’esposizione dei seni e, per quanto possibile, con l’ancheggiamento.
Inizialmente cercava di controllare con lo sguardo il grado di resistenza della sedia umana. Si accorse, però, che questo la distraeva. Così si concentrò unicamente sul piacere del Padrone, attenta a registrare le reazioni al suo operato, insistendo se capiva che dava eccitazione, cambiando tattica se, invece, comprendeva che quella modalità non incontrava i favori di colui dal quale, in quel momento, dipendeva il suo dolore e quello dell’altra schiava.
Solo dopo, quando ebbe finito, si rese conto che per tutta la durata del pompino non aveva pensato ad altro se non all’orgasmo dell’addestratore. Non seppe dire quanto era durata la sua opera prima di sentire irrigidire il cazzo dell’uomo che scaricò nella sua bocca tutto il suo orgasmo, liberandola da quella spada di damocle della dolorosissima punizione.
Ebbe un senso di forte sollievo per essere riuscita a farlo godere prima che la sedia umana perdesse tutte le forze, quella schiava che per il tempo dell’ordine era stata legata a lei dalla stessa sorte, quasi fossero state una squadra nella quale, però, ciascuna giocava da sola, vedendo nell’altra la “nemica”, la possibile colpevole per la punizione.
Dopo avere ingoiato tutto e tolta la bocca solo dopo essersi accertata che non usciva più seme, abbassò la fronte a terra, atto determinato sia dalla volontà di dimostrare sottomissione, sia dal rilassamento che le era sopraggiunto.
A quel punto non si preoccupò più della riserva di energia della sedia umana. Non era più una cosa che le potesse interessare. La “squadra”, fatta di due isole, si era sciolta. Che cedesse pure, adesso, non erano più problemi suoi.
Dopo un uso simile per un certo numero di volte, suo e delle altre schiave in addestramento, capì che era migliorata di molto la sua capacità di fare godere, di capire cosa piaceva e cosa no, cosa stimolare e cosa no.
Realizzò che l’orgasmo del Padrone o della Padrona (essendo anche stata costretta a leccare le fighe delle addestratrici) era tra le cose più importanti della sua vita da schiava.
Le avevano detto più e più volte che una schiava che non sa fare godere è una schiava inutile, della quale i Padroni si sarebbero sbarazzati in fretta, con la conseguenza di diventare una schiava di “seconda mano” con pessime referenze.
Pertanto, quando venivano chiamate a procurare l’orgasmo, si impegnavano al massimo, dimenticando tutto il resto e avendo quale unico orizzonte il getto del piacere da ingoiare, come se in quel momento il “mondo” fosse composto solo dall’orgasmo.
Aveva apprezzato l’abilità della sua schiava Maria nel fare godere lei ed i suoi genitori. Non aveva mai pensato all’addestramento, pensando, erroneamente, che fosse un'abilità naturale delle schiave in genere.
Cominciò quindi a comprendere il motivo per il quale le schiave francesi e italiane erano ricercatissime e ambitissime e, conseguentemente, il loro valore era maggiore rispetto alle altre.
Non dipendeva solo dalla bellezza tipica delle donne, ma anche dalle scuole di addestramento che producevano schiave e schiavi da sesso.
Gli stati avevano visto giusto, quando era stata introdotta la schiavitù, nel concentrarsi sin da subito sull’addestramento. Le schiave di quelle due nazionalità divennero subito famose e, ora, ad anni di distanza, quella nomea doveva solo essere mantenuta, migliorando e perfezionando sempre più le scuole di addestramento.
Ad Angélique andò sempre bene quando le ordinavano il pompino o il cunnilingus a Padroni e Padrone seduti sulle sedie umane.
Aveva sviluppato una notevole abilità nell’uso della sua bocca ed era riuscita ad ottenere l’orgasmo sempre prima che la sedia cedesse.
Non così bene era andata ad altre schiave, alle cui punizioni erano tutte state costrette ad assistere.
Le malcapitate venivano legate ai polsi ed alzate con una carrucola verso l’alto, in modo da avere i piedi appena poggiati a terra. Doveva essere terribile quella posizione perché se fossero state completamente sollevate si sarebbero concentrate “solo” sul dolore ai polsi. Quel leggero contatto con il pavimento le portava a concentrarsi sui polsi ma anche sui piedi.
Veniva usato lo scudiscio, che, con la maestria dei Padroni, poteva colpire più volte rispetto al frustino rigido, procurando, però, molto dolore.
Portavano le schiave punite fino allo stremo e, quando erano vicinissime il limite, venivano slegate in modo che tutte le altre le vedessero crollare a terra, ai piedi dei Padroni ai quali, nonostante lo sfinimento, strisciavano per far passare sopra alle calzature la loro lingua.
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krugher.1863@gmail.com
Le ammanettarono le mani dietro alla schiena. L’esecuzione fu più difficoltosa col peso leggermente sbilanciato e senza la possibilità di appoggiarle a terra o, meglio, di usare le mani per aumentare il piacere.
Si dovette concentrare su due fronti: il mantenimento della postura elegante e aggraziata e il piacere donato all’uomo.
Il Padrone al quale stava rendendo il suo servizio, le disse che se la schiava sedia avesse ceduto sotto il suo peso prima che lei lo avesse fatto godere, entrambe sarebbero state frustate fino a quando non fossero crollate.
Aveva assistito, lei come tutte le altre, ad una punizione simile e la cosa la spaventava moltissimo. Erano impietosi nell’uso della frusta quando quella sanzione veniva eseguita.
Punizioni simili non erano mai improvvise ma anticipate in caso di mala esecuzione dell’ordine.
In tal modo la schiava o lo schiavo si impegnava ancor di più.
La schiava sedile era robusta, evidentemente in forma ed in forza. Avrebbe resistito qualche tempo ma, in ogni caso, non un tempo infinito.
Le sorti delle due schiave erano legate o, almeno, lei si sentiva legata alla sedia umana. La forza dell’una era a doppio filo unita alla sua capacità di fare godere con la bocca.
Si impegnò al massimo, concentrandosi anche sulla postura, in modo da tenerla elegante in quanto elemento eccitante e piacevole per i Dominanti.
Senza l’uso delle mani era costretta a concentrarsi meglio sull’attività della bocca e della lingua, giocando anche con l’esposizione dei seni e, per quanto possibile, con l’ancheggiamento.
Inizialmente cercava di controllare con lo sguardo il grado di resistenza della sedia umana. Si accorse, però, che questo la distraeva. Così si concentrò unicamente sul piacere del Padrone, attenta a registrare le reazioni al suo operato, insistendo se capiva che dava eccitazione, cambiando tattica se, invece, comprendeva che quella modalità non incontrava i favori di colui dal quale, in quel momento, dipendeva il suo dolore e quello dell’altra schiava.
Solo dopo, quando ebbe finito, si rese conto che per tutta la durata del pompino non aveva pensato ad altro se non all’orgasmo dell’addestratore. Non seppe dire quanto era durata la sua opera prima di sentire irrigidire il cazzo dell’uomo che scaricò nella sua bocca tutto il suo orgasmo, liberandola da quella spada di damocle della dolorosissima punizione.
Ebbe un senso di forte sollievo per essere riuscita a farlo godere prima che la sedia umana perdesse tutte le forze, quella schiava che per il tempo dell’ordine era stata legata a lei dalla stessa sorte, quasi fossero state una squadra nella quale, però, ciascuna giocava da sola, vedendo nell’altra la “nemica”, la possibile colpevole per la punizione.
Dopo avere ingoiato tutto e tolta la bocca solo dopo essersi accertata che non usciva più seme, abbassò la fronte a terra, atto determinato sia dalla volontà di dimostrare sottomissione, sia dal rilassamento che le era sopraggiunto.
A quel punto non si preoccupò più della riserva di energia della sedia umana. Non era più una cosa che le potesse interessare. La “squadra”, fatta di due isole, si era sciolta. Che cedesse pure, adesso, non erano più problemi suoi.
Dopo un uso simile per un certo numero di volte, suo e delle altre schiave in addestramento, capì che era migliorata di molto la sua capacità di fare godere, di capire cosa piaceva e cosa no, cosa stimolare e cosa no.
Realizzò che l’orgasmo del Padrone o della Padrona (essendo anche stata costretta a leccare le fighe delle addestratrici) era tra le cose più importanti della sua vita da schiava.
Le avevano detto più e più volte che una schiava che non sa fare godere è una schiava inutile, della quale i Padroni si sarebbero sbarazzati in fretta, con la conseguenza di diventare una schiava di “seconda mano” con pessime referenze.
Pertanto, quando venivano chiamate a procurare l’orgasmo, si impegnavano al massimo, dimenticando tutto il resto e avendo quale unico orizzonte il getto del piacere da ingoiare, come se in quel momento il “mondo” fosse composto solo dall’orgasmo.
Aveva apprezzato l’abilità della sua schiava Maria nel fare godere lei ed i suoi genitori. Non aveva mai pensato all’addestramento, pensando, erroneamente, che fosse un'abilità naturale delle schiave in genere.
Cominciò quindi a comprendere il motivo per il quale le schiave francesi e italiane erano ricercatissime e ambitissime e, conseguentemente, il loro valore era maggiore rispetto alle altre.
Non dipendeva solo dalla bellezza tipica delle donne, ma anche dalle scuole di addestramento che producevano schiave e schiavi da sesso.
Gli stati avevano visto giusto, quando era stata introdotta la schiavitù, nel concentrarsi sin da subito sull’addestramento. Le schiave di quelle due nazionalità divennero subito famose e, ora, ad anni di distanza, quella nomea doveva solo essere mantenuta, migliorando e perfezionando sempre più le scuole di addestramento.
Ad Angélique andò sempre bene quando le ordinavano il pompino o il cunnilingus a Padroni e Padrone seduti sulle sedie umane.
Aveva sviluppato una notevole abilità nell’uso della sua bocca ed era riuscita ad ottenere l’orgasmo sempre prima che la sedia cedesse.
Non così bene era andata ad altre schiave, alle cui punizioni erano tutte state costrette ad assistere.
Le malcapitate venivano legate ai polsi ed alzate con una carrucola verso l’alto, in modo da avere i piedi appena poggiati a terra. Doveva essere terribile quella posizione perché se fossero state completamente sollevate si sarebbero concentrate “solo” sul dolore ai polsi. Quel leggero contatto con il pavimento le portava a concentrarsi sui polsi ma anche sui piedi.
Veniva usato lo scudiscio, che, con la maestria dei Padroni, poteva colpire più volte rispetto al frustino rigido, procurando, però, molto dolore.
Portavano le schiave punite fino allo stremo e, quando erano vicinissime il limite, venivano slegate in modo che tutte le altre le vedessero crollare a terra, ai piedi dei Padroni ai quali, nonostante lo sfinimento, strisciavano per far passare sopra alle calzature la loro lingua.
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