Schiava dell'amica e dei suoi genitori (parte 8)
di
Kugher
genere
sadomaso
“Tesorina, è troppo tempo che non metti piede fuori da casa. Devi uscire, vedere il mondo”.
“Per il mondo io ormai sono schiava, non esisto più”.
“E allora che fai? Passi la vita qui dentro? Vieni con me, ti porto al supermercato”.
A Noemi non interessava minimamente portarla fuori. Ormai, per lei, che Erica uscisse o stesse in casa non era assolutamente importante.
Voleva invece vivere quell’esperienza che aveva sempre odiato, quella della Padrona a spasso con la schiava.
Aveva sempre disprezzato quel comportamento ma, ora, il desiderio di dominio, di possesso, di essere ubbidita, si era prepotentemente fatto strada e volle sperimentarlo sempre più.
Da quando c’era Erica, l’eccitazione si era sempre più impadronita di loro. Erano aumentate le volte in cui, per scaricarsi, aveva fatto sesso con Giulio. Anche Isabella era più calda e sempre più spesso provocava il suo fidanzato per scopare, avendo necessità di dare sfogo all’eccitazione che sempre più in casa maturava.
Le piaceva dare ordini, essere servita, conservando sempre sorrisi e gesti affettuosi, carezze e abbracci, benché, questi ultimi, mentre lei era seduta ed Erica inginocchiata davanti.
Il richiamo della vita esterna fu troppo forte per Erica e, da quando Noemi glielo propose, non riuscì più a staccare il pensiero, anche se questo avrebbe voluto dire uscire come schiava.
Noemi ne fu felicissima rappresentando la gioia per la ragazza anche se lei sapeva che era per sé stessa.
Quando Erica le disse che sarebbe andata con lei, le stava ripetutamente baciando i piedi mentre era seduta in poltrona.
C’era anche Isabella che, felice per sé e non per l’amica, la chiamò a sé e, raggiunta a 4 zampe, la abbracciò manifestando gioia annunciando che sarebbe andata anche lei. In realtà non voleva perdersi l’uscita con l’amica schiava.
Per quei brevi tratti Erica si muoveva a 4 zampe perché le poltrone erano troppo ravvicinate per alzarsi in piedi e riaccucciarsi.
Fatto sta che tutti e tre si divertivano a chiamarla da loro ripetutamente per vederla muoversi, seppure per brevissimo spazio, in quel modo.
Madre e figlia erano eccitatissime per quella nuova esperienza.
Sarebbe stata una cosa forte, lo immaginavano ma non potevano sapere quanto.
Non sapevano o, forse, lo speravano, che poi le cose sarebbero cambiate con la loro ospite. Al momento erano concentrate sull’esperienza immaginandola eccitante, anche senza sapere quanto lo sarebbe stata.
D’altro canto, quando una cosa accade e dà certe emozioni, poi è difficile comportarsi o agire come se quelle sensazioni non fossero mai esistite mentre, invece, vengono continuamente ricercate, divenendo una esigenza sempre più forte.
Erica sapeva come viaggiavano le schiave e anche come venivano tenute al supermercato posto che anche lei, prima di essere venduta, le aveva viste.
Quindi non le dissero né spiegarono nulla.
“Tesorina, muoviti che dobbiamo andare”.
La ragazza si presentò con un abitino dimesso.
“No tesorina, spogliati, in giro le schiave vanno nude”.
Isabella lo aveva detto per rimarcare apposta la sua nuova condizione.
In realtà alcune uscivano con abiti dimessi e poveri. Tuttavia lei e sua madre volevano il massimo. Si erano vestite bene e truccate in una maniera che era oltre alla semplice uscita al supermercato. Erano bellissime, entrambe, con vestiti che fasciavano i loro corpi e scarpe che le slanciavano in altezza ed eleganza.
Non volevano solo gli sguardi di ammirazione. Senza che se lo fossero reciprocamente confessate, volevano che fosse maggiormente evidente la differenza tra loro e la schiava, non solo per coloro che le avrebbero guardate, ma anche, e soprattutto, nei confronti di Erica.
Da tempo avevano tranquillamente ammesso a loro stesse che traevano piacere dal suo stato di inferiorità, non solo per la comodità dei servizi. La volevano inferiore a loro, farle sentire la differenza e, di questo, trarne piacere ed eccitazione.
Sempre più iniziarono a pensarla come schiava, pur continuando a volerle bene e ad avere affetto, ma la desideravano sottomessa ai loro piedi sempre più disinteressandosi delle sue emozioni e sensazioni per concentrarsi esclusivamente sulle proprie.
Non bastava più averla come serva.
Tutti e tre avevano anche iniziato a pensare all’uso sessuale di quella bella ragazza che la legge riconosceva come loro proprietà.
Non si preoccuparono di ciò che stesse provando la ragazza all’ordine di spogliarsi.
“Resta qui, tesorina, spogliati davanti a noi, viviamo tutti assieme ormai”.
In realtà Noemi voleva umiliarla nel costringerla a denudarsi.
Isabella si fece vedere manifestamente contrariata quando l’amica omise di togliersi l’intimo.
“No tesorina, dai. Tutta nuda, come le schiave. Non preoccuparti che nessuno ci farà caso alla tua nudità, sai che è cosa normale per voi animali”.
L’umido si fece strada tra le sue cosce, maggiormente quando notò il disappunto della sua amica che si tolse le mutandine dopo essersi levata il reggiseno, essendo ormai troppo tardi per rinunciare all’uscita.
Solo dopo si rese conto che per la prima volta l’aveva chiamata schiava, non solo in famiglia, ma anche con lei.
“Dai tesorina entra”.
Isabella sperava di essere riuscita a nascondere l’eccitazione quando aprì il bagagliaio dell’auto e mostrò alla sua amica d’infanzia la gabbia nella quale avrebbe dovuto viaggiare.
“Abbi pazienza tesorina, sai che le regole sono queste e all’arrivo al supermercato dobbiamo salvare le apparenze.”.
Pareva si fosse dimenticata del viaggio dalla casa d’aste fino alla loro residenza, quando l’avevano fatta uscire dal bagagliaio per tenerla davanti, abbracciata e coccolata.
Provò piacere quando chiuse la porta della gabbia e, subito dopo, il lucchetto, mettendo in tasca la chiave, a dimostrazione del fatto che la libertà di Erica era in mano sua.
“Per il mondo io ormai sono schiava, non esisto più”.
“E allora che fai? Passi la vita qui dentro? Vieni con me, ti porto al supermercato”.
A Noemi non interessava minimamente portarla fuori. Ormai, per lei, che Erica uscisse o stesse in casa non era assolutamente importante.
Voleva invece vivere quell’esperienza che aveva sempre odiato, quella della Padrona a spasso con la schiava.
Aveva sempre disprezzato quel comportamento ma, ora, il desiderio di dominio, di possesso, di essere ubbidita, si era prepotentemente fatto strada e volle sperimentarlo sempre più.
Da quando c’era Erica, l’eccitazione si era sempre più impadronita di loro. Erano aumentate le volte in cui, per scaricarsi, aveva fatto sesso con Giulio. Anche Isabella era più calda e sempre più spesso provocava il suo fidanzato per scopare, avendo necessità di dare sfogo all’eccitazione che sempre più in casa maturava.
Le piaceva dare ordini, essere servita, conservando sempre sorrisi e gesti affettuosi, carezze e abbracci, benché, questi ultimi, mentre lei era seduta ed Erica inginocchiata davanti.
Il richiamo della vita esterna fu troppo forte per Erica e, da quando Noemi glielo propose, non riuscì più a staccare il pensiero, anche se questo avrebbe voluto dire uscire come schiava.
Noemi ne fu felicissima rappresentando la gioia per la ragazza anche se lei sapeva che era per sé stessa.
Quando Erica le disse che sarebbe andata con lei, le stava ripetutamente baciando i piedi mentre era seduta in poltrona.
C’era anche Isabella che, felice per sé e non per l’amica, la chiamò a sé e, raggiunta a 4 zampe, la abbracciò manifestando gioia annunciando che sarebbe andata anche lei. In realtà non voleva perdersi l’uscita con l’amica schiava.
Per quei brevi tratti Erica si muoveva a 4 zampe perché le poltrone erano troppo ravvicinate per alzarsi in piedi e riaccucciarsi.
Fatto sta che tutti e tre si divertivano a chiamarla da loro ripetutamente per vederla muoversi, seppure per brevissimo spazio, in quel modo.
Madre e figlia erano eccitatissime per quella nuova esperienza.
Sarebbe stata una cosa forte, lo immaginavano ma non potevano sapere quanto.
Non sapevano o, forse, lo speravano, che poi le cose sarebbero cambiate con la loro ospite. Al momento erano concentrate sull’esperienza immaginandola eccitante, anche senza sapere quanto lo sarebbe stata.
D’altro canto, quando una cosa accade e dà certe emozioni, poi è difficile comportarsi o agire come se quelle sensazioni non fossero mai esistite mentre, invece, vengono continuamente ricercate, divenendo una esigenza sempre più forte.
Erica sapeva come viaggiavano le schiave e anche come venivano tenute al supermercato posto che anche lei, prima di essere venduta, le aveva viste.
Quindi non le dissero né spiegarono nulla.
“Tesorina, muoviti che dobbiamo andare”.
La ragazza si presentò con un abitino dimesso.
“No tesorina, spogliati, in giro le schiave vanno nude”.
Isabella lo aveva detto per rimarcare apposta la sua nuova condizione.
In realtà alcune uscivano con abiti dimessi e poveri. Tuttavia lei e sua madre volevano il massimo. Si erano vestite bene e truccate in una maniera che era oltre alla semplice uscita al supermercato. Erano bellissime, entrambe, con vestiti che fasciavano i loro corpi e scarpe che le slanciavano in altezza ed eleganza.
Non volevano solo gli sguardi di ammirazione. Senza che se lo fossero reciprocamente confessate, volevano che fosse maggiormente evidente la differenza tra loro e la schiava, non solo per coloro che le avrebbero guardate, ma anche, e soprattutto, nei confronti di Erica.
Da tempo avevano tranquillamente ammesso a loro stesse che traevano piacere dal suo stato di inferiorità, non solo per la comodità dei servizi. La volevano inferiore a loro, farle sentire la differenza e, di questo, trarne piacere ed eccitazione.
Sempre più iniziarono a pensarla come schiava, pur continuando a volerle bene e ad avere affetto, ma la desideravano sottomessa ai loro piedi sempre più disinteressandosi delle sue emozioni e sensazioni per concentrarsi esclusivamente sulle proprie.
Non bastava più averla come serva.
Tutti e tre avevano anche iniziato a pensare all’uso sessuale di quella bella ragazza che la legge riconosceva come loro proprietà.
Non si preoccuparono di ciò che stesse provando la ragazza all’ordine di spogliarsi.
“Resta qui, tesorina, spogliati davanti a noi, viviamo tutti assieme ormai”.
In realtà Noemi voleva umiliarla nel costringerla a denudarsi.
Isabella si fece vedere manifestamente contrariata quando l’amica omise di togliersi l’intimo.
“No tesorina, dai. Tutta nuda, come le schiave. Non preoccuparti che nessuno ci farà caso alla tua nudità, sai che è cosa normale per voi animali”.
L’umido si fece strada tra le sue cosce, maggiormente quando notò il disappunto della sua amica che si tolse le mutandine dopo essersi levata il reggiseno, essendo ormai troppo tardi per rinunciare all’uscita.
Solo dopo si rese conto che per la prima volta l’aveva chiamata schiava, non solo in famiglia, ma anche con lei.
“Dai tesorina entra”.
Isabella sperava di essere riuscita a nascondere l’eccitazione quando aprì il bagagliaio dell’auto e mostrò alla sua amica d’infanzia la gabbia nella quale avrebbe dovuto viaggiare.
“Abbi pazienza tesorina, sai che le regole sono queste e all’arrivo al supermercato dobbiamo salvare le apparenze.”.
Pareva si fosse dimenticata del viaggio dalla casa d’aste fino alla loro residenza, quando l’avevano fatta uscire dal bagagliaio per tenerla davanti, abbracciata e coccolata.
Provò piacere quando chiuse la porta della gabbia e, subito dopo, il lucchetto, mettendo in tasca la chiave, a dimostrazione del fatto che la libertà di Erica era in mano sua.
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