Schiava in carcere (parte 5)

di
genere
sadomaso

Ci sono fatti che bloccano il procedere degli eventi, ma anche fatti che quel procedere degli eventi lo sbloccano.
Quanto accaduto e la qualità della sottomissione dimostrata offrendosi quale divano, ebbe questo secondo effetto.
I ruoli furono sempre più chiari: una proteggeva e l’altra, in cambio, si sottometteva con le modalità gradite alla prima.
Spettava quindi a Michelle omaggiare la Padrona, offrirsi per i servizi e la sua comodità, allietarla con la sua lingua sui piedi o sul sesso.
Un giorno, nel timore di scadere nella monotonia e sempre presa dalla premura di soddisfare le esigenze della Padrona, Michelle, come ormai era da tutte chiamata, si offrì anche di leccarle il culo.
Era una cosa che non aveva fatto mai, nemmeno quando prestava le sue grazie ad un uomo al fine di ottenere vantaggi o agevolazioni.
Qualcuno glielo aveva chiesto ma si era sempre rifiutata.
A qualche uomo, invece, tra quelli che sceglieva lei per il suo solo divertimento ed ai quali piaceva imporre il suo volere dominandoli, l’aveva ordinato. L’aveva eccitata molto, sapendo quanto potesse essere poco piacevole. La eccitava il potere che aveva sugli uomini che, pur di avere la sua bellezza, si prestavano a quanto lei esigeva.
Erano lontani quei tempi ai quali non pensava nemmeno più se non in rari momenti di nostalgia e sconforto. Quando quei ricordi riaffioravano, però, lo sconforto aveva una accelerazione e si impossessava maggiormente della sua anima, poichè forte era il contrasto con la sua vita attuale, costretta da sé stessa ad essere schiava non per gioco.
Vedendo le nuove detenute arrivate, osservando il modo in cui si comportavano per integrarsi piano piano, cominciò a capire che non era stata la Padrona ad averla resa schiava, ma era stata lei ad aver rinunciato ad imporsi e ad avere scelto la strada più breve e apparentemente più semplice, cioè quella di farsi forza con la forza altrui.
Tuttavia si rese conto che il suo comportamento e la sua scelta avevano solo ottenuto il risultato di spostare in avanti il problema e, anzi, di renderlo irrisolvibile.
Non trovò, paradossalmente, molto diverso il suo comportamento in carcere da quello tenuto fuori, quando era lei a cedersi a uomini o a donne potenti per avere agevolazioni che, tutto sommato, potevano essere paragonate alla protezione che ora aveva ricercato.
Fu quel suo comportamento ad averla portata in carcere. Aveva intessuto una rete tale da essere arrivata al punto da non poterla più gestire e ne era stata schiacciata.
Solo adesso, a mente fredda, col tempo a disposizione, si rese conto che in carcere aveva fatto lo stesso errore.
Irrimediabile il primo ed irrimediabile il secondo.
Cercava soluzioni ma non ne trovava. Non aveva avuto la forza prima e, ora che si trovava nel punto più basso della considerazione e nel rispetto delle detenute, non avrebbe potuto risalire se non ricorrendo ad una forza che sapeva di non avere.
Lo stesso era accaduto nella sua vita precedente nella quale non si era resa conto di essere sola, come adesso.
In quella situazione di particolare sconforto, del quale a nessuna interessava, temendo di non essere abbastanza servile, fece un ulteriore passo verso quel basso che pensava di avere già raggiunto e che, invece, si rese conto essere solo una tappa per un ulteriore viaggio in giù.
A volte la Padrona, usandola come divano, si sedeva sul ventre, a volte sul petto. In questo secondo caso traeva piacere nella sua difficoltà nella respirazione.
D’altro canto, tali erano i reati commessi ed il male fatto ad altre persone, che l’ultima sua preoccupazione avrebbe potuto essere il dolore e la difficoltà nel respiro di quel corpo umano che teneva sotto il suo culo.
Dopo un po’, passato il divertimento, non si preoccupava più del disagio della schiava sotto di sé traendo piacere dalla comodità e dal lievissimo movimento del petto che cercava di inalare aria e che trovava quasi rilassante.
A volte, invece, nei momenti di particolare sadismo, si sedeva sul viso della donna che le apparteneva, provando piacere nel sentirla gemere dal dolore. La posizione era comoda anche per torturarle i capezzoli o dare schiaffi alla figa che pretendeva fosse esposta.
Era quella una posizione che adottava quando era particolarmente desiderosa di piacere fisico e solitamente terminava con una leccata alla figa sino a raggiungere l’orgasmo.
Fu nel corso di questi suoi piaceri sessuali che, alzatasi appena dal viso per cambiare posizione, Michelle, approfittando del fatto che in quei casi la Padrona non usava mai le mutandine, girò la faccia e, allargate le natiche con un gesto delicato delle mani, iniziò a leccarle il culo.
Vincenza gradì particolarmente, sia la lingua nell’ano sia la degradazione che quell’atto comportava.
Iniziò anche a pretenderla mentre si metteva stesa sul ventre godendo della faccia della schiava tra le sue natiche. Lo trovava piacevole come un massaggio rilassante, che le procurava un misto di rilassamento e di eccitazione, una situazione indefinibile alla quale faceva fatica a rinunciare.
Michelle, che altrettanto aveva preteso dagli uomini a lei sottomessi, sapeva come muovere la lingua e dare quella sensazione ricercata dalla sua Padrona.
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2023-01-12
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