Moglie ceduta - roulette russa (parte 11)

di
genere
sadomaso

Quella donna brutta, grassa e vecchia, le stava accarezzando la coscia con lussuria mista ad evidente invidia.
Se avesse potuto alzare gli occhi, avrebbe visto il disprezzo tipico di chi, in un corpo non più desiderabile, osserva una bella donna, ancora piacevole. Avrebbe visto anche il piacere che quella vecchia ricavava dal potere che aveva su di lei.
Monica indossava ancora il vestito da sera, rimasto intonso dalle carezze degli ospiti.
Per i suoi Padroni avrà pure perso smalto, ma quella sera era proprio bella, preparata a dovere e, per quelle persone, era merce nuova, un esemplare di bestia ancora da conoscere, diversa dalle solite cui ormai erano abituati.
Gli animali come lei, soprattutto se ridotti a meri oggetti, alla fine sono tutti uguali. Cambiano le tette, il culo ed il ventre più o meno piatto. Qualche differenza c’è nell’uso della lingua per allietare i Padroni.
Per tutti i presenti, quindi, lei era un giocattolino nuovo, eccitante, offerto. Dopo qualche settimana in mano alle stesse persone avrebbe comunque perso di interesse, ma quella sera era lei al centro dell’attenzione.
Non fosse stata per la paura, per quegli occhi che la bramavano oppure, all’opposto, la ignoravano, dedicandole una fugace carezza sul seno mentre guardavano la schiena di suo marito carica di promesse di divertimento prossimo.
Non poteva provare le emozioni degli antichi fasti, quando lei sceglieva l’ignoto Padrone e si sentiva al centro dell’attenzione, bella, desiderata, voluta, presa ma, alla fine, lasciata andare via.
Tuttavia, per un attimo fugace, si sentì bella.
Quella sensazione sparì subito quando quella vecchia grassa le prese in mano il capezzolo e iniziò a torcere, provando evidente piacere nell’affermare ed esercitare il potere su quella bella bestia esposta.
Monica era concentrata a tenere lo sguardo basso e a non incrociare gli occhi di quella megera.
Questa era una delle prime cose imparate: mai guardare negli occhi, sempre far capire di avere chiara la differenza tra chi ha il potere e chi lo subisce senza poter fare nulla.
“Guardami negli occhi, cagna”.
Contrariamente ai suoi Padroni, a quella vecchia piaceva ed eccitava osservare la paura ed il dolore negli occhi della indifesa vittima. Voleva vedere lo sguardo implorante o, se fiero, perdere dignità davanti a lei.
Monica d’improvviso sentì un fortissimo dolore alla natica destra che la costrinse ad inarcare il corpo e, così facendo, a procurarsi maggior dolore al capezzolo ancora stretto tra le dita di quella donna che, evidentemente accortasi di quanto sarebbe successo, lo teneva ancor più stretto.
Un uomo di mezza età, che lei non aveva notato mentre si avvicinava alle sue spalle, dalla schiena del tavolino umano, quale suo marito era stato destinato, aveva preso il frustino e, con quello, assestato un colpo fortissimo alla natica.
I due Padroni emisero una eccitata risatina per lo “scherzo” che le avevano appena fatto.
Poi, richiamati dall’arrivo di un loro amico, la lasciarono, dimenticandosi di lei.
Una giovane donna, evidentemente divertita dalla conversazione con una sua amica, mentre passava davanti alla merce esposta, decise di fermarsi.
Si concentrò principalmente sullo schiavo e, attratta dal plug anale, le venne un sorriso divertito che seguì tutta l’operazione da quando lo prese e lo infilò in bocca a Monica affinchè lo bagnasse bene con la sua saliva.
Non era tanto interessata ad alleviare il dolore dello schiavo nell’inserire un plug lubrificato. Ciò che la eccitava era il fatto che la moglie fosse complice forzato della tortura al marito.
Fu evidente sin da subito che l’oggetto di maggior interesse era la schiava. Solo qualche Padrona si divertì a frustare Franco, complice anche il piacere nel vederlo contorcersi nella gogna.
Una Padrona attaccò ai capezzoli dello schiavo posto a 90 gradi due pinzette unite da una catenella. Il divertimento consisteva nell’infilare il piede nella catenella e spingere verso il basso finché uno dei morsetti non si staccava.
Entrambi gli schiavi ebbero la conferma della definitiva separazione, anche emotiva, tra loro.
A nessuno dei due interessava ciò che accadeva al coniuge e, anzi, la speranza era che i Padroni si concentrassero sull’altro.
La stessa Monica ebbe a pensare che se anche fosse stata acquistata da sola non le sarebbe importato nulla. L’importante, per lei, era andarsene da lì.
L’idea della sua vendita tornò spesso in lei e, più tardi, si accorse che non aveva fondamento alcuno. Era una speranza sorta da sola sulla base di un nulla, posto che mai ne sentì parlare dai Padroni.
Infatti, nessuno mostrò interesse di quel genere verso di lei.
Il vero divertimento iniziò dopo qualche bicchiere di aperitivo alcolico, quando gli ospiti si radunarono, bicchiere alla mano, intorno a lei, tutti ignorando il marito dalla cui schiena qualcuno aveva prelevato frusta e scudiscio.
A turno frustarono la bestia fino a distruggere il vestito e godere della visione del bel corpo tutto segnato.
L’operazione fu lenta e i lamenti eccitarono i presenti invogliandoli a prendere altri aperitivi e tartine.
Alla schiava non interessava più nulla di nessuno. Non pensava più alla vendita e aveva smesso, forse alla quarta frustata, di cercare di essere sensuale nei contorcimenti, sperando vanamente di interessare ed eccitare qualcuno interessato ad acquistarla.
Alla fine piangeva. Piangeva anche quando le Padrone, principalmente, iniziarono a divertirsi nel far colare la cera dalle candele proprio sui segni delle frustate.
Piangeva e pregava, supplicava senza rendersi conto che questo eccitava maggiormente i presenti.
Si ritrovò, non seppe quando, appesa solo alle braccia, ignorando il dolore ai polsi, non avendo più la forza di reggersi sulle gambe.
Non si accorse di nulla e non vide il Padrone che le sciolse le braccia.
Si sentì solamente cadere a terra, come una marionetta alla quale, d’improvviso, vengono tagliati i fili.
Ad un certo punto vide solo scarpe davanti a lei, in ogni dove, scarpe davanti alla bocca, sulla testa, sulla schiena.
Tacchi che le premevano proprio sui punti già colpiti dalla frusta.
Piangeva, piangeva e sentiva risate eccitate.
“Striscia, bestia”.
Bestia, animale, verme, schiava. Queste le parole che accompagnavano quasi sempre ogni ordine ricevuto.
Passò il resto della serata così, a divertire gli ospiti esponendo il suo bel corpo tutto segnato mentre strisciava il ventre sul pavimento, passando tra i piedi degli ospiti.
Più volte qualcuno la calpestò, mettendo un piede su di lei e camminandole sopra.
Si lamentò solo la prima volta, solo perché non se lo aspettava.
Poi, rassegnata, percorse più volte sul ventre il pavimento della sala, fermandosi a mangiare cui che le veniva gettato a terra o per il tempo necessario a qualche Padrone o Padrona di camminarle sopra.
Il mattino dopo si risvegliò nella sua cella, nuda, segnata, dolorante.
Non ricordò più come ci era arrivata.
Sentì la Padrona che la svegliava con un piede per mandarla a pulire casa dopo la festa della sera precedente.
Non pensò nemmeno al marito né si chiese cosa gli fosse successo e se lo avrebbe trovato a pulire.
di
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2023-08-02
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