La leccapiedi (parte 1)

di
genere
dominazione

Matteo detestava quella città. Non era mai riuscito ad abituarsi al caos, al traffico, alla gente che ti cammina intorno e non ti vede, al punto da sentirti solo in mezzo alla gente.
Catapultato in quella metropoli pochi anni dopo la laurea, quando, rassegnato, non ha potuto fare a meno di riconoscere le possibilità di lavoro, a differenza della provincia.
Aveva così trovato un compromesso: coi soldi utili per acquistare poco più di un bilocale in quasi centro, aveva preso e sistemato una casa spaziosa fuori città, in un posto tranquillo ma vicino alla stazione che, in poco, lo avrebbe collegato al centro.
Era entrato in quel bar per caso, in un giorno di caldo quasi insopportabile che anticipava una torrida estate. Nonostante il clima, non avrebbe potuto rinunciare al caffè.
Appena entrato, fu subito conquistato da quella giovane ragazza che sprizzava energia da tutti i pori e che potrebbe essere definita “solare” (chiedendosi anche cosa significasse, poi, quel termine tanto inflazionato).
Iniziando a parlare, si accorse che dietro a quegli occhi verdi si celava qualcosa di indefinito che, appena distratta da altro cliente, spariva, come se per un attimo lei avesse abbassato una tendina.
Ritornò in quel locale anche qualche giorno dopo e provò piacere nel notare che quella giovane ragazza si fosse ricordata di lui.
Tornò, saltuariamente, e sempre vi era un sorriso e qualche parola, seppur di circostanza.
Col tempo, con le ferie (degli altri) la città iniziò a svuotarsi e tutti avevano più tempo da dedicare a sé stessi.
Matteo ed Anna, complice la città quasi vuota, si ritrovarono sempre più spesso a chiacchierare al bancone, ignorando la rilevante differenza di età, che, anzi, rendeva disinteressato ogni loro dialogo.
La ragazza iniziò a confidarsi sempre di più.
Alcune cose accadono inspiegabilmente anche se, a ben pensarci, sono già nell’aria con segnali che a volte vengono fraintesi o non capiti, apposta perché inconsci.
Una sera, al momento di chiusura, lei fece ciò che da tempo aveva iniziato a fare, cioè a confidarsi e a raccogliere le riflessioni di quell’uomo maturo che era sempre in grado di darle un diverso punto di vista o uno stimolo per avere altri pensieri.
Mentre piangeva, lei prese la mano che lui le aveva offerta e gliela baciò, riconoscente, anche se non avrebbe potuto dire di cosa, forse dell’ascolto, forse del sorriso, forse per non averla fatta sentire sola in quella città dove anche lei era ospite.
Le cose prendono una piega nuova dal niente e Matteo la fece inginocchiare davanti a lui. Il gesto fu istintivo, senza pensarci. Trovò naturale che lei avesse abbassato le ginocchia a terra. Solo quando le osservò il capo sulla sua gamba si rese conto della follia del gesto che, però, aveva già sortito i suoi effetti.
Le carezze al capo, d’intento consolatorio, durarono pochissimo e sopraggiunse altro intento. Le diresse la testa verso il suo cazzo che lei prese senza resistenza alcuna in bocca.
Divenne subito durissimo e, altrettanto subito, la fece mettere col ventre sul tavolino senza curarsi del rumore del posacenere caduto assieme alla scatoletta che contiene i fazzolettini.
Strappò le mutandine provocandole dolore che a lui diede una scarica di piacere.
La scopò fino a goderle dentro, restando in lei, piegato sulla sua schiena, ancora qualche minuto per riprendersi.
Si sorrisero e non ci fu alcun imbarazzo per quanto accaduto improvvisamente.
“Se tu avessi le mutandine potresti evitare che il mio sperma ti coli sulle gambe mentre vai in metropolitana”.
Entrambi risero e lei gli diede un pugno scherzoso sul petto.
“Sei uno stronzo! saranno costate almeno 500 euro quelle mutandine”.
“Meno male che non indossavi le autoreggenti, altrimenti se ti avessi strappato anche quelle mi sarei giocato minimo 2 stipendi”.
“Per vendetta ti sporcherò il sedile dell’auto perché adesso ti condanno a riportarmi a casa”.
Lei non seppe come quelle parole le uscirono.
“Vorrà dire che mi dovrai offrire caffè per almeno 1 mese per compensare il costo della pulizia”.
Quella sera Matteo non salì a casa di Anna, ma lo fece la settimana successiva.
Scoparono ancora.
Lui, da tempo senza rapporti, ritrovò il piacere del sesso che da tanto aveva sopito, vuoi per il lavoro, vuoi perchè l’ultima relazione era stata impegnativa ed era finita troppo male. Non aveva voglia di iniziare altre storie.
La differenza di età aveva abbassato le difese che entrambi si erano costruite.
La relazione seria tra i due era improponibile e, senza mai rivelarselo, deciero che quel rapporto fatto di tanti scambi di pensieri e di indagini nel profondo dell’anima, condito con sesso molto piccante, andava bene ad entrambi.
L’indole domiante di Matteo spinse Anna ad avere, nel sesso, un atteggiamento sottomesso, pronta ad ubbidire alle esigenze di lui, senza peraltro mostrare dispiacere facendosi sempre trovare bagnata ed eccitata.
La ragazza, pur restando lontana dai sentimenti, scoprì che si affidava sempre di più a Matteo e, sessualmente, provava sempre più piacere ad essere sottomessa.
Nei momenti di eccitazione divenne cosa normale per lei essere definita la sua schiava sessuale.
“Minimo minimo devi chiedere scusa in ginocchio”.
Anna aveva fatto cadere accidentalmente una tartina sul divano di Matteo.
“Che sarà mai un po’ di pomodoro su un divano dell’Ikea”.
“Signorina bella, tu dimostri disprezzo per i miei sentimenti visto che calpesti le emozioni che mi legano a questo divano, testimone di tante battaglie e di miei momenti di sconforto”.
“Uuuuuhhhh, non sia mai che tu debba finire in psicoterapia per questa cosa e che ti possa trovare un giorno, pieno di psicofarmaci. Non vorrei questo sulla mia coscienza”.
Ridendo, si era inginocchiata con le mani giunte.
“Scusi, Padrone”.
Risero entrambi.
“Brava ragazzina, vedo che l’educazione ti è stata insegnata. Chissà quante cinghiate ti hanno dato per ottenerla”.
“I miei genitori mi hanno sempre insegnato ad avere rispetto per gli anziani”.
“Brutta impertinente”.
“Non è vero che sono brutta”.
Il tono era cambiato e la posizione inginocchiata aveva fatto il resto.
Matteo le prese la testa e se la diresse verso il cazzo già duro, tanta era l’eccitazione che quella ragazza gli trasmetteva.
Appena iniziato l’atto sessuale, Anna diventava subito docile e questa cosa lo faceva impazzire di piacere.
Le guidò la testa nel pompino fino a goderle in bocca, ignorando le esigenze sessuali di lei.
Stando inginocchiata, tenne in bocca il membro finché non raggiunse la sua dimensione a riposo. La lingua lo accarezzava con la scusa di pulirlo dalle gocce di sperma finché queste smisero di uscire.
L’atto, da pompino divenne una carezza in quella parte intima.
Lo fece uscire dalla bocca solo per sedersi a terra ai piedi di Matteo tenendo le gambe sotto il sedere mezzo appoggiato sul tappeto. La testa era sul suo interno cosce ed entrambi, dalla rispettiva posizione, si godevano le carezze che Matteo delicatamente dava sul capo di Anna.
Ci sono sempre dei momenti in cui il tempo di ferma o, meglio, si vorrebbe che quel tempo non finisse.
La ragazza alzò la testa per guardare Matteo.
Le piaceva osservarlo dal basso così come a lui stare in alto rispetto a lei.
“Quali ricordi sono legati a questo divano?”.
Il momento intimo l’aveva spinta a cercare un’informazione sulla vita di quell’uomo che l’attraeva.
“Una intera stagione prima di riuscire a vincere il campionato”.
Riuscì miracolosamente a restare serio fino alla fine della frase, ma non resistette a lungo quando osservò lo sguardo di odio negli occhi della ragazza ai suoi piedi e scoppiò a ridere senza riuscire a fermare le proteste di lei che, alzatasi, gli piombò addosso in una finta lotta dalla quale lui fece finta di difendersi.
di
scritto il
2023-09-03
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