La leccapiedi (parte 2)

di
genere
dominazione

Matteo andava spesso nel bar dove Anna lavorava.
Non avevano una relazione, ma un “qualcosa” che li attraeva, come due calamite che naturalmente si chiamano. Forse era chimica, forse il sorriso che li accomunava scherzando, forse le intese sui pensieri che scavano nelle reciproche anime senza eccedere nell’invadenza ma che lascia, comunque, la sensazione di una interiorità più conosciuta.
“Come minimo minimo minimo mi dovresti chiedere scusa in ginocchio”.
Il sorriso era leggero ma lo sguardo piccante.
Matteo non si faceva pensiero a trasmetterle il proprio piacere nel dominio, avendo notato che, tutto sommato, la cosa la intrigava e, con ogni probabilità, non le era del tutto nuova.
“eeeeehhhhhh … niente niente dovrei pure baciare il terreno che hai calpestato”.
Non avevano reciprocamente indagato sui propri desideri erotici, preferendo che le cose andassero nella loro naturale discesa, come la classica acqua di montagna, fresca ed invitante, che scorre verso il basso, lasciando che segua il suo percorso infilandosi negli avvallamenti, correndo quando il terreno è più in discesa, procedendo lenta e calma nei momenti di piatta ma spinta dalla forza che la precede.
“Naaa, perchè sprecare tanta bella lingua … che potrebbe essere concentrata sulle mie scarpe o, meglio ancora, dedicate al rilassamento dei miei piedi”.
Il locale era praticamente vuoto in quelle serate di calma in una città quasi svuotata, nella quale gli ultimi esercizi commerciali restavano aperti più per tenersi la poca clientela rimasta evitando che migrasse in altri locali, che nella speranza di avere i medesimi guadagni dei mesi attivi.
“Sei pretenzioso, mio bel uomo maturo”.
Non pensavano nemmeno più alla facezia per la quale avrebbe dovuto scusarsi.
“Dai bella biondina, su, fai il tuo dovere e posa le tue giovani ginocchia a terra”.
A 22 anni aveva deciso di iscriversi all’università e si manteneva agli studi lavorando in qualche bar. Questo le impediva di dedicarsi appieno allo studio ma, diversamente, non avrebbe potuto fare in quella città lontana dalla sua terra natale, una città che non le piaceva e nella quale non si era inserita, tutta dedita al lavoro ed allo studio e dove tutto costava troppo.
Matteo adorava avere una donna ai propri piedi. Il fatto che in quel momento a terra ci fosse una giovane quasi sconosciuta, gli solleticava il formicolio alla bocca dello stomaco per il desiderio di spingere sempre oltre il dominio.
I suoi quasi 60 anni non gli facevano sentire più pressanti questi piaceri della vita, vedendo che era troppo il tempo già trascorso.
Osservava con lussuria quella bella giovane inginocchiata che non si decideva ad abbassare la testa e che invece lo guardava con aria di finta sfida, quell’atteggiamento di chi vuol far desiderare l’atto successivo ma che lo desidera e, anzi, aspettando l’atto di dominio che spinga vengo la sottomissione, perché questa è più eccitante quando viene ottenuta.
“Ci stai impiegando troppo tempo a prostrarti. Potrei pensare all’uso della cinghia e far venir meno il perdono”.
Il suo cazzo era già duro e si chiedeva lo stato della figa di quella donna.
“Non sia mai che io debba vivere con questo peso”.
Si abbassò lentamente, per farsi desiderare da quell’uomo, oltre che per assaporare il piacere nella sottomissione che la conquistava e attraeva sempre più, trovandolo un gioco piccante e di ruolo che la eccitava.
“Mi piace che tu tenga il mio piede tra le tue mani”.
Il tono si fece meno scherzoso e più proiettato verso il desiderio erotico.
“Per essere un quasi vecchio li hai ancora belli”.
Anna gli aveva tolto una scarpa e posato il piede tra le sue mani.
Il suo tono, divenuto più serio, annullò la battuta fatta quale ultimo tentativo di tenere le distanze, comunicando invece il desiderio che venissero infrante definitivamente.
L’istinto, il desiderio, l’attrazione hanno segnali propri che vengono colti ancor prima che il cervello li possa elaborare.
“Baciami il piede”
“Ma …”
Fu come se Anna si fosse ricordata di essere nel locale dove lavorava ed il posto in cui si trovavano non era perfettamente nascosto rispetto alla porta di ingresso.
Questo particolare (di non poco conto) ebbe però l’effetto di mettere maggior pepe sulla pietanza dell’eccitazione.
Anche la lotta tra desiderio e timore ha un suo linguaggio che viene percepito, lasciando all’interlocutore la capacità di capire quale dei due potrebbe prevalere.
“Muoviti, baciami i piedi”.
Il tono volto al ruolo del dominio più che allo scherzo, viene percepito ed inconsciamente elaborato da chi, specularmente, prova eccitazione nella sottomissione derivante dall’attrazione di quella persona e della sua personalità, posta a confronto con i propri desideri.
Matteo aveva un sorriso sereno e tranquillizzante, come se le avesse detto di fare la cosa più naturale al mondo.
Anna, seppure con incertezza, alzò la gamba dell’uomo per portare il piede alle labbra.
“No tesoro, ti abbassi a terra”.
“Ma potrebbero entrare altri clienti”.
Troppa incertezza in quella voce.
Il sorriso dell’uomo era tranquillo e la faceva sentire a suo agio in quella situazione mai vissuta.
“Giù!”.
Fece segno col dito indice, col modo tipico dell’invito e non del gesto imperioso.
Con qualche titubanza Anna si abbassò e baciò ripetutamente entrambi i piedi, rapita da quel gesto che, ora che lo stava compiendo, le sembrava naturale oltre che piacevole.
La ragazza aveva ceduto al richiamo più di sé stessa che all’invito e si era chinata a baciare i piedi dell’uomo, comodamente seduto mentre consumava l'ordinazione che, fino a quel momento, era rimasta integra sul tavolo.
Matteo si era appoggiato allo schienale della poltroncina e si gustava la giovane a terra.
Anna si riscosse quando sentì entrare una coppia di clienti che, essendosi diretti al bancone, non avevano dato segno di averli notati.
Matteo li aveva visti arrivare ma, divertito dalla situazione, non aveva interrotto l’adorazione della ragazza.
Il Dominante era tranquillissimo quando, ponendo il piede sulla schiena della ragazza, ne aveva impedito l’immediato allontanamento, sempre più divertito ed eccitato dal pericolo.
Lieve fu la resistenza della ragazza, lasciata poco dopo libera dal peso che la schiacciava a terra.
L’uomo era evidentemente divertito ed eccitato dal suo imbarazzo.
“Sei uno stronzo”.
Il sorriso della ragazza tradiva la serietà della parola, anch’essa eccitata dalla situazione anormale.
“Ti voglio bene anche io”.
Anna, allontanandosi, ancheggiò in maniera provocante dedicando solo a lui lo spettacolo del culo che sapeva essere apprezzato.
“Tu invece mi stai sul cazzo”.
“Sbrigati a servire, hai lasciato il lavoro da leccapiedi a metà”.
La schiena della ragazza coprì ai clienti il dito medio che stava mostrando a Matteo.
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scritto il
2023-09-04
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