La leccapiedi (parte 5)

di
genere
dominazione

"Ciao nonnino, posso venire a trovarti questa sera?".
La telefonata arrivò molto gradita. Matteo aveva pensato di chiamarla trascorso qualche giorno, per non sembrare troppo pressante.
Era stato bene con lei e sperava che la cosa fosse reciproca.
La voglia di vederla era tanta quanto era il timore che lei fraintendesse la sua volontà di un legame sentimentale.
La differenza di età era troppa e, in ogni caso, non aveva di certo intenzione di avere una relazione.
“Sei una giovane impertinente e scostumata. I tuoi genitori dovrebbero averti insegnato l’educazione verso le persone diversamente giovani. Meriteresti la cinghia”.
“Scommetto che nemmeno ti spiacerebbe poi molto”.
“Solo a fini educativi, ovviamente”.
Si sentì una risata di allegra complicità scoppiare dall’altra parte.
“Sì sì, naturalmente”.
Durante la giornata Matteo si scoprì ad aspettarla. Lo intrigava l’instaurazione di un rapporto frequente di sottomissione.
Non era nuova a certi giochi di ruolo. Nessuno dei due aveva indagato sulle reciproche precedenti esperienze sessuali. Pur avendo sondato la propria anima ed i pensieri, erano rimasti sempre lontani dalla vita eccessivamente privata.
Decise di mandarle un messaggio a metà pomeriggio.
"Manda un messaggio quando parti, così penso a qualcosa per cena. Naturalmente, si mangia puntuali. Chi c’è, c’è".
“Tranquillo, mangia pure ai tuoi orari da casa di riposo”. Seguì la emoji della strizzata d’occhio.
Lui le mandò l’immagine di una cinghia arrotolata nella mano senza alcuna didascalia.
Anna viveva da sola in città da molto tempo, lontana dai genitori. Si sapeva arrangiare in tutto, ormai, ma scoprì che sentirsi avvolta ed aspettata da una persona rassicurante senza promesse di vincoli, le dava piacere.
Voleva ancora quel tono dolce che la accarezzava e quella mano ferma che la teneva giù, schiacciata, sottomessa.
Indossava ancora la divisa quando arrivò. Benchè Matteo indossasse un abbigliamento casalingo, conservava una certa eleganza.
“weilà, che abbigliamento da fine 800”.
“La fellatio, con te, serve principalmente per non farti parlare”.
La attirò a sé e le infilò la lingua in bocca, accarezzandole il culo.
“Dovresti chiedere scusa se non vuoi essere punita”.
Il sorriso era sensuale e, pronunciata la frase, con la lingua le accarezzò le labbra guardandola negli occhi.
“Sia mai che ti possa slogare una spalla usando la cinghia”.
Le piaceva provocarlo e tirare la corda, vedere fin dove si poteva spingere, fino a quando lui non l’avesse rimessa a posto nel loro gioco di ruolo.
Lo provocava per stimolarne le reazioni ma anche per sentire la sua mano sul collo che riprendeva il potere e le redini del gioco.
Le diede solo una leggerissima tirata ai capelli verso il basso.
Anna, strisciando il proprio corpo sul suo, senza staccare gli occhi da quelli desiderosi dell’uomo, si inginocchiò per baciare le calzature e le caviglie.
La ragazza sentì che le “cose” si stavano mettendo a posto, che ciascuno stava assumendo il proprio ruolo e sentì il formicolio al basso ventre quando, terminato il saluto, Matteo le pose la calzatura sulla testa per schiacciarla a terra.
L’uomo la guardò e sorrise a sé stesso e a lei, un sorriso eccitato. La lasciò giù un po’ più del dovuto per accertarsi che fosse iniziata la consegna del potere, quel momento eccitante nel quale sulla scacchiera i pezzi prendono il loro posto in attesa dell’inzio del gioco e, dalla prima mossa, già si capisce chi sarà il conduttore e chi il condotto, nella cosciente finzione di un rapporto posto al di fuori del mondo, nel quale gli attori ne vivono uno proprio con regole mai dette seppur conosciute perché scaturenti dal reciproco ascolto.
"Alza il capo".
Il tono, al solito, era morbido, come se le avesse chiesto di dargli il giubbotto.
La eccitava quel tono quasi neutro, nel quale la anormalità diviene, in quella parentesi temporale, la loro normalità.
Non le aveva detto di alzarsi, ma solo di sollevare il capo.
Si ritrovò così inginocchiata, seduta sui talloni, che guardava dal basso il suo sorriso che l’aveva conquistata. Se non fosse stata per la posizione, avrebbe detto che era il tipico sorriso di due persone che si vogliono bene senza che il sentimento possa sconfinare oltre, trasmettendo serenità.
Le accarezzò delicatamente il viso.
"Ben arrivata, mi fa piacere tu sia qui. Ti ho preparato l’acqua calda nella vasca, così potrai rilassarti e cambiarti".
Le piacque moltissimo quell’attenzione verso di lei, in forte contrasto con l’atto di sottomissione e la postura tipica di due persone appartenenti a livelli diversi.
"Ho deciso all’ultimo momento di chiederti se potessi venire qui. Non ho il cambio".
Lei voleva giustificarsi per il fatto che avrebbe dovuto tenere indosso la divisa del lavoro o, forse, voleva solo provocarlo.
Lui colse il secondo aspetto, pronunciando la frase sempre in tono neutro, come fosse cosa del tutto normale e priva di aspetti erotici che, invece, trasparivano dagli occhi, ritornando a dare a quella posizione il significato che aveva.
"Resterai nuda".
Riusciva comunque a trasmettere naturalezza alla proposta di trascorrere nella nudità la serata, a differenza del padrone di casa … del Padrone, appunto.
Dopo avere baciato il piede quale temporaneo commiato, si era diretta verso il bagno, dove trovò candele accese e aromi nell’acqua. Durante il rilassamento pensò che la vera nudità l’aveva provata nel calore che le aveva dimostrato quell’uomo, scoperto per caso tra un caffè ed un aperitivo servitogli al tavolino del bar, tale da farle abbassare la difesa e mettersi a leccargli i piedi.
Era strano il rapporto che si stava creando. Le sembrava che la stesse trascinando in una corsa a piedi nudi nel prato, avvolgendola tra le braccia senza però mai superare quel confine invisibile che entrambi, silenziosamente, avevano tracciato tra loro.
Si presentò nuda in sala, dove la attendeva per cenare. Aveva qualche chilo di troppo ma, nuovamente, Matteo le diede fiducia, cosa della quale aveva sempre bisogno.
"Sei bellissima".
Si era alzato e la fece destinataria di una carezza e di un bacio sulla guancia.
La fecero sentire come se fosse una situazione naturale, nessun imbarazzo o sguardi particolari, men che meno battute che non si addicessero alla sua signorilità, facendole avvertire la naturalezza della sua nudità davanti a lui.
di
scritto il
2023-09-07
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