Pigmei - schiava della tribu' (parte 6)
di
Kugher
genere
sadomaso
La fuga era programmata per la notte successiva.
Sarebbe stato un momento particolare in quanto era il giorno del mese in cui avrebbero celebrato qualcosa che ancora le schiave non avevano capito.
Sapevano solo che in quelle occasioni si lasciavano andare ai festeggiamenti e allentavano i controlli, richiedendo anche meno il servizio delle schiave posto che, dopo la cena, non avevano molta voglia di usare le donne per il sesso.
Proprio il giorno prima della fuga programmata, però, era arrivato quel carico di schiave ed il Padrone avrebbe potuto sceglierne una nuova, o addirittura decidere di cambiarle tutte e tre.
Sarebbe stato un disastro per il loro progetto.
Come un tacito accordo, tutte si impegnarono più del solito per far godere il Padrone.
La stessa Chanel cercò di resistere maggiormente sotto i colpi del frustino, sia per dare un orgasmo più potente, sia per essere ancora tra le preferite, almeno per un giorno ancora.
La mattina successiva il Padrone volle andare a vedere le nuove arrivate.
Chanel ebbe modo di vedere lo sbigottimento delle nuove schiave quando, dal basso della fosse dove erano imprigionate, videro arrivare il capo villaggio a cavallo di una schiava bianca e seguito da altra schiava, tenuta al guinzaglio.
Ebbero perplessità a salire sullo scalino umano di una tedesca che si era messa a 4 zampe per consentire loro di uscire dalla prigione.
Erano sbigottite, si guardavano in giro e continuamente, come una calamita, lo sguardo tornava a quel piccolo uomo a cavallo di una donna che, rassegnata, lo reggeva, come fosse la cosa più normale del mondo, cosa che, in effetti, era ormai diventata per le schiave del campo.
Nella loro anima di donna appena affacciate alla vita, ancora vi era il senso di libertà al quale erano abituate e vivevano quella realtà come un incubo dal quale erano sicure che si sarebbero svegliate.
Lo si vedeva nei loro occhi increduli nei quali cominciava a farsi spazio la paura e la presa di coscienza di qualcosa che aveva cambiato loro la vita.
Chanel non provava nemmeno pena per quelle ragazze che, circa, avevano più o meno la sua stessa età. Rispetto a loro si sentiva vecchia, non in termini di tempo ma di esperienza di vita. Ormai la sua mente era tesa alla fuga ed era sicura che quel mondo se lo sarebbe lasciato alle spalle.
Ancora un giorno, un solo maledettissimo giorno che rischiava di essere rovinato da quelle stronze che si erano fatte catturare proprio adesso.
Le odiava e provò gioia quando un pigmeo le frustò per farle inginocchiare davanti al capo, ancora a cavallo di Camille.
Gridarono per il colpo ricevuto. Una, che doveva essere tedesca, istintivamente ebbe un moto di ribellione e si girò con gli occhi infuocati verso il piccolo uomo che l’aveva colpita.
Era evidentemente una ragazza abituata a farsi servire. Lo si capiva dal modo in cui guardava quegli uomini neri.
Il pigmeo, abituato alle reazioni degli animali appena catturati, la frustò senza pietà e smise solo quando la ragazza si accasciò a terra cercando di coprirsi il capo con le braccia, rannicchiata in posizione fetale.
Piangeva e sussultava. Non si poteva capire se per il dolore della frusta o dell’ansia per ciò che rappresentava quella sua prostrazione.
Il piccolo uomo le mise un piede sul collo e rimase soddisfatto quando accertò la sua rassegnazione, rimanendo ferma sotto quell’atto di dominio.
Un’altra ragazza iniziò a supplicare e a piangere. Era italiana e parlò in quella lingua che Chanel aveva iniziato a comprendere.
Anche lei ricevette altri due colpi di frustino e, imitando la sua compagna di sventura, si prostrò a terra.
Lo stesso pigmeo le pose un piede sulla schiena e lo mantenne fino a quando si fu accertato della sua resa.
Non ci fu bisogno di fare nulla per la terza ragazza la quale disse qualcosa di incomprensibile ma abbastanza da fare capire che anche lei era italiana. Era rimasta sempre molto vicina all'altra. Chanel ebbe la sensazione che si conoscessero e fossero amiche.
Spontaneamente anche l'ultima si prostrò a terra mentre, intimorita, continuò a guardare il pigmeo col frustino in mano, quasi a volerlo rassicurare, col suo sguardo impaurito, della sua resa. Non ci fu nemmeno bisogno che il pigmeo le poggiasse sopra il piede in quanto la sua sottomissione era evidente.
L’attenzione del capo villaggio si concentrò su quest’ultima schiava.
Non le aveva staccato gli occhi di dosso sin da quando erano uscite dalla fossa.
Quella schiava era giovane con i suoi probabili 25 anni.
Si vedeva che aveva una certa muscolatura, abituata alla fatica o allo sport. La prima era nota ai pigmei. Lo sport era per loro sconosciuto ma sapevano apprezzare un corpo tonico.
Si chiamava Elena. Era bella con i suoi capelli neri e lunghi.
Chanel se li immaginò legati in una coda. Sarebbe stata una bellissima cavalla.
Era infatti questo il suo timore. Quella ragazza era una cavalla ideale, sia come corpo, sia come aspetto, alta, fiera, un animale di razza.
Rise, amaramente, di sé stessa nel notare che ormai cominciava a guardare le donne della sua razza con i loro requisiti da schiave.
Un segno del Padrone portò Chanel a mettersi a 4 zampe e fungere da scalino per farlo scendere.
L’uomo si avvicinò alle nuove schiave prostrate, girò loro intorno. A ciascuna diede un colpo di frustino per saggiarne la resistenza. Chanel osservò il compiacimento quando il frustino colpì la schiena di colei che sembrava ideale come cavalla.
L’animale ebbe una reazione meno scomposta delle altre, perché più forte e resistente al dolore.
Ad un suo segno, l’altro pigmeo prese ciascuna per i capelli per far loro alzare la testa pur restando inginocchiate. Il capo voleva vedere bene la nuova merce.
Disse qualcosa ed il pigmeo si allontanò per tornare poco dopo con una sella da cavalle umane.
Chanel ebbe un mancamento e guardò gli occhi di Camille dai quali traspariva identico timore.
Le due donne temettero che il Padrone volesse sostituire la cavalla personale e, così, allontanare Camille, proprio quel giorno in cui era prevista la fuga.
Invece la nuova cavalla, Elena, venne montata dall’altro pigmeo.
Il capo villaggio salì nuovamente sulla schiena di Chanel per prendere posto sulla sua cavalla.
I due uomini dissero qualcosa che Chanel e Camille capirono: volevano fare una gara per mettere a confronto i due animali.
Il capo villaggio iniziò a frustare fortemente Camille che prese a correre con la forza della disperazione, spinta dal timore di essere sostituita.
Elena fu presa alla sprovvista, non era abituata a quell’attività. Il pigmeo, prima della gara, le fece fare qualche metro per prendere confidenza con il nuovo baricentro.
Anche lei, spaventata, temendo le conseguenze di una sconfitta, mise energie e disperazione nelle proprie gambe.
Camille iniziò a perdere bava per la fatica ma non mollava.
Elena era forte. Forse poco più alta di Camille e correva, correva bene e forte. Anche lei arrivò a perdere bava e a reagire con impegno ad ogni colpo di frustino che sembrava non volesse smettere mai di dare adrenalina all’animale.
Vinse Camille, con gran sollievo anche di Chanel.
Tutti sapevano che aveva vinto solo perché Elena non era ancora in grado di gestire bene il peso sulle spalle, ma sarebbe stata destinata ad essere la nuova cavalla del capo.
Il pericolo era scongiurato.
Per quel giorno ancora non sarebbero state separate, sempre che il Padrone non avesse deciso di testare anche le altre due schiave.
Sarebbe stato un momento particolare in quanto era il giorno del mese in cui avrebbero celebrato qualcosa che ancora le schiave non avevano capito.
Sapevano solo che in quelle occasioni si lasciavano andare ai festeggiamenti e allentavano i controlli, richiedendo anche meno il servizio delle schiave posto che, dopo la cena, non avevano molta voglia di usare le donne per il sesso.
Proprio il giorno prima della fuga programmata, però, era arrivato quel carico di schiave ed il Padrone avrebbe potuto sceglierne una nuova, o addirittura decidere di cambiarle tutte e tre.
Sarebbe stato un disastro per il loro progetto.
Come un tacito accordo, tutte si impegnarono più del solito per far godere il Padrone.
La stessa Chanel cercò di resistere maggiormente sotto i colpi del frustino, sia per dare un orgasmo più potente, sia per essere ancora tra le preferite, almeno per un giorno ancora.
La mattina successiva il Padrone volle andare a vedere le nuove arrivate.
Chanel ebbe modo di vedere lo sbigottimento delle nuove schiave quando, dal basso della fosse dove erano imprigionate, videro arrivare il capo villaggio a cavallo di una schiava bianca e seguito da altra schiava, tenuta al guinzaglio.
Ebbero perplessità a salire sullo scalino umano di una tedesca che si era messa a 4 zampe per consentire loro di uscire dalla prigione.
Erano sbigottite, si guardavano in giro e continuamente, come una calamita, lo sguardo tornava a quel piccolo uomo a cavallo di una donna che, rassegnata, lo reggeva, come fosse la cosa più normale del mondo, cosa che, in effetti, era ormai diventata per le schiave del campo.
Nella loro anima di donna appena affacciate alla vita, ancora vi era il senso di libertà al quale erano abituate e vivevano quella realtà come un incubo dal quale erano sicure che si sarebbero svegliate.
Lo si vedeva nei loro occhi increduli nei quali cominciava a farsi spazio la paura e la presa di coscienza di qualcosa che aveva cambiato loro la vita.
Chanel non provava nemmeno pena per quelle ragazze che, circa, avevano più o meno la sua stessa età. Rispetto a loro si sentiva vecchia, non in termini di tempo ma di esperienza di vita. Ormai la sua mente era tesa alla fuga ed era sicura che quel mondo se lo sarebbe lasciato alle spalle.
Ancora un giorno, un solo maledettissimo giorno che rischiava di essere rovinato da quelle stronze che si erano fatte catturare proprio adesso.
Le odiava e provò gioia quando un pigmeo le frustò per farle inginocchiare davanti al capo, ancora a cavallo di Camille.
Gridarono per il colpo ricevuto. Una, che doveva essere tedesca, istintivamente ebbe un moto di ribellione e si girò con gli occhi infuocati verso il piccolo uomo che l’aveva colpita.
Era evidentemente una ragazza abituata a farsi servire. Lo si capiva dal modo in cui guardava quegli uomini neri.
Il pigmeo, abituato alle reazioni degli animali appena catturati, la frustò senza pietà e smise solo quando la ragazza si accasciò a terra cercando di coprirsi il capo con le braccia, rannicchiata in posizione fetale.
Piangeva e sussultava. Non si poteva capire se per il dolore della frusta o dell’ansia per ciò che rappresentava quella sua prostrazione.
Il piccolo uomo le mise un piede sul collo e rimase soddisfatto quando accertò la sua rassegnazione, rimanendo ferma sotto quell’atto di dominio.
Un’altra ragazza iniziò a supplicare e a piangere. Era italiana e parlò in quella lingua che Chanel aveva iniziato a comprendere.
Anche lei ricevette altri due colpi di frustino e, imitando la sua compagna di sventura, si prostrò a terra.
Lo stesso pigmeo le pose un piede sulla schiena e lo mantenne fino a quando si fu accertato della sua resa.
Non ci fu bisogno di fare nulla per la terza ragazza la quale disse qualcosa di incomprensibile ma abbastanza da fare capire che anche lei era italiana. Era rimasta sempre molto vicina all'altra. Chanel ebbe la sensazione che si conoscessero e fossero amiche.
Spontaneamente anche l'ultima si prostrò a terra mentre, intimorita, continuò a guardare il pigmeo col frustino in mano, quasi a volerlo rassicurare, col suo sguardo impaurito, della sua resa. Non ci fu nemmeno bisogno che il pigmeo le poggiasse sopra il piede in quanto la sua sottomissione era evidente.
L’attenzione del capo villaggio si concentrò su quest’ultima schiava.
Non le aveva staccato gli occhi di dosso sin da quando erano uscite dalla fossa.
Quella schiava era giovane con i suoi probabili 25 anni.
Si vedeva che aveva una certa muscolatura, abituata alla fatica o allo sport. La prima era nota ai pigmei. Lo sport era per loro sconosciuto ma sapevano apprezzare un corpo tonico.
Si chiamava Elena. Era bella con i suoi capelli neri e lunghi.
Chanel se li immaginò legati in una coda. Sarebbe stata una bellissima cavalla.
Era infatti questo il suo timore. Quella ragazza era una cavalla ideale, sia come corpo, sia come aspetto, alta, fiera, un animale di razza.
Rise, amaramente, di sé stessa nel notare che ormai cominciava a guardare le donne della sua razza con i loro requisiti da schiave.
Un segno del Padrone portò Chanel a mettersi a 4 zampe e fungere da scalino per farlo scendere.
L’uomo si avvicinò alle nuove schiave prostrate, girò loro intorno. A ciascuna diede un colpo di frustino per saggiarne la resistenza. Chanel osservò il compiacimento quando il frustino colpì la schiena di colei che sembrava ideale come cavalla.
L’animale ebbe una reazione meno scomposta delle altre, perché più forte e resistente al dolore.
Ad un suo segno, l’altro pigmeo prese ciascuna per i capelli per far loro alzare la testa pur restando inginocchiate. Il capo voleva vedere bene la nuova merce.
Disse qualcosa ed il pigmeo si allontanò per tornare poco dopo con una sella da cavalle umane.
Chanel ebbe un mancamento e guardò gli occhi di Camille dai quali traspariva identico timore.
Le due donne temettero che il Padrone volesse sostituire la cavalla personale e, così, allontanare Camille, proprio quel giorno in cui era prevista la fuga.
Invece la nuova cavalla, Elena, venne montata dall’altro pigmeo.
Il capo villaggio salì nuovamente sulla schiena di Chanel per prendere posto sulla sua cavalla.
I due uomini dissero qualcosa che Chanel e Camille capirono: volevano fare una gara per mettere a confronto i due animali.
Il capo villaggio iniziò a frustare fortemente Camille che prese a correre con la forza della disperazione, spinta dal timore di essere sostituita.
Elena fu presa alla sprovvista, non era abituata a quell’attività. Il pigmeo, prima della gara, le fece fare qualche metro per prendere confidenza con il nuovo baricentro.
Anche lei, spaventata, temendo le conseguenze di una sconfitta, mise energie e disperazione nelle proprie gambe.
Camille iniziò a perdere bava per la fatica ma non mollava.
Elena era forte. Forse poco più alta di Camille e correva, correva bene e forte. Anche lei arrivò a perdere bava e a reagire con impegno ad ogni colpo di frustino che sembrava non volesse smettere mai di dare adrenalina all’animale.
Vinse Camille, con gran sollievo anche di Chanel.
Tutti sapevano che aveva vinto solo perché Elena non era ancora in grado di gestire bene il peso sulle spalle, ma sarebbe stata destinata ad essere la nuova cavalla del capo.
Il pericolo era scongiurato.
Per quel giorno ancora non sarebbero state separate, sempre che il Padrone non avesse deciso di testare anche le altre due schiave.
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