La gladiatrice Episodio 15
di
Davide Sebastiani
genere
dominazione
Per oltre dieci giorni non accadde nulla di rilevante nella villa di Sonja. Mi
ci vollero oltre quarantotto ore per ristabilirmi completamente, anche se a
volte avevo ancora la sgradevole sensazione di avere ancora qualche corpo
estraneo al mio interno. Appena ristabilitomi, tornai ad occuparmi delle
faccende che mi competevano. Per la durata di un turno mi occupai anche delle
telecamere di sicurezza e potei rendermi conto di come fosse praticamente
impossibile la fuga. Sonja aveva scelto quella villa in mezzo al verde e,
almeno nelle vicinanze, non si vedeva anima viva. In teoria, c'era una
piccolissima possibilità, come avevo già avuto modo di notare, ed era nel
momento dei pasti, quando uno dei due uomini adibiti appunto al controllo
delle telecamere andava a mangiare e uno dei prigionieri rimaneva da solo. Era una questione di pochi minuti ed era molto complicato. Avrei dovuto preparare tutto nei minimi particolari ed avere il tempo di scavalcare la recinzione elettrificata ma era comunque possibile.
Per un paio di sere rimanemmo da soli nella villa ma anche l'assenza di Sonja
non portava alcun miglioramento nei miei piani di fuga in quanto la donna
veniva sostituita da un piccolo gruppo di soldati del colonnello con le armi
spianate e pronte all'uso. Ma quello che mi lasciava perplesso e sconsigliava
ogni mio tentativo di fuga stava nel fatto che nessuno degli altri schiavi era
disposto a chiudere un occhio e chiunque avrebbe immediatamente dato l'allarme
per non incorrere nelle ire della nostra padrona e fare tutto da solo era
veramente complicato. L'assenza di Sonja era comunque dovuta a un nuovo
incontro nell'arena della morte, una lotta che però non la vedeva
protagonista ma solo spettatrice. Per il resto, tutto sembrava immutato in
quella villa. La sveglia alla mattina presto, il lavoro all'interno della
villa stessa, gli orari di pausa per i pasti e la visione di quella splendida
cinquantenne alle prese coi suoi allenamenti. E poi la sera c'era la scelta
degli uomini che dovevano farla godere.
Per tutti quei giorni io non fui mai scelto e non riuscivo a decifrare le mie
sensazioni a riguardo. Da una parte tiravo un ovvio sospiro di sollievo nel
sapere che non avrei avuto un'altra serata come quella che mi aveva visto
protagonista, ma dall'altra avrei voluto di nuovo fare l'amore con lei,
sentire la sua pelle morbida in contrasto con la sua muscolatura d'acciaio,
baciarla mentre facevo sesso, anche a rischio di essere violentato di nuovo.
Mi dicevo che se mi fossi comportato bene e non l'avessi fatta arrabbiare,
avrei anche potuto evitare quel maledetto strap-on. Ma dopo dieci giorni,
appunto, notai uno strano fermento durante il pomeriggio e fu Alejandro a
mettermi al corrente di cosa stesse accadendo. Io avevo fatto il turno di
notte alle telecamere di sorveglianza e cio' mi aveva permesso di dormire la
mattina fino a mezzogiorno, in tempo per assistere agli strabilianti
allenamenti di Sonja. E' vero, la sua forza era qualcosa di non umano, ma
forse non aveva nemmeno bisogno di tutta quella forza fisica dovuta agli
esperimenti effettuati su di lei e sul suo gruppo. La sua agilità era infatti
straordinaria, così come lo era la sua velocità e la perfezione nell'
esecuzione dei movimenti. Mi aveva detto che avrebbe potuto sconfiggerci tutti
senza abusare della sua forza e, assistendo ai suoi allenamenti, mi convinsi
che aveva perfettamente ragione.
Ad ogni modo, Alejandro ci avvertì che quella sera Sonja avrebbe combattuto e
tutti noi eravamo invitati ad assistere. Invitati? Diciamo pure obbligati.
Cenammo infatti un'ora prima del solito mentre Sonja mangiò, a differenza di
come faceva abitualmente la sera, nella sua stanza. Verso le 20 eravamo tutti
pronti. Un camioncino e alcuni uomini armati al soldo di Cartright ci
prelevarono e tutti noi fummo costretti a indossare un cappuccio del tipo di
quello che gli scagnozzi del colonnello mi avevano fatto mettere la sera del
mio combattimento con Sonja. Rimasi deluso. Poteva essere una buona occasione
per rendermi conto di dove ci trovavamo ma evidentemente, l'organizzazione di
Sonja e del colonnello funzionava come un orologio svizzero e non lasciava
nulla al caso. Semmai avessi avuto ancora dei dubbi, l'evasione era piuttosto
complicata se non impossibile da attuare. Certo, eravamo nove uomini in buona
forma e avremmo potuto attaccare i soldati di Cartright, ma farlo da solo
sarebbe stato un suicidio, essendo armati fino ai denti e apparentemente anche
molto addestrati e organizzare qualcosa con i miei compagni di sventura era
impossibile. Confidarsi con chiunque di loro era infatti un altro tentativo di
suicidio. Vigeva infatti un regime di delazione all'interno della villa. Sonja
aveva instaurato il terrore in ognuno di noi ed anch'io mi resi conto che non
sarei stato disposto a facilitare la fuga di uno dei miei compagni se poi
avessi dovuto fare i conti con lei.
Per commenti, scrivete a
davidmuscolo@tiscali.it
ci vollero oltre quarantotto ore per ristabilirmi completamente, anche se a
volte avevo ancora la sgradevole sensazione di avere ancora qualche corpo
estraneo al mio interno. Appena ristabilitomi, tornai ad occuparmi delle
faccende che mi competevano. Per la durata di un turno mi occupai anche delle
telecamere di sicurezza e potei rendermi conto di come fosse praticamente
impossibile la fuga. Sonja aveva scelto quella villa in mezzo al verde e,
almeno nelle vicinanze, non si vedeva anima viva. In teoria, c'era una
piccolissima possibilità, come avevo già avuto modo di notare, ed era nel
momento dei pasti, quando uno dei due uomini adibiti appunto al controllo
delle telecamere andava a mangiare e uno dei prigionieri rimaneva da solo. Era una questione di pochi minuti ed era molto complicato. Avrei dovuto preparare tutto nei minimi particolari ed avere il tempo di scavalcare la recinzione elettrificata ma era comunque possibile.
Per un paio di sere rimanemmo da soli nella villa ma anche l'assenza di Sonja
non portava alcun miglioramento nei miei piani di fuga in quanto la donna
veniva sostituita da un piccolo gruppo di soldati del colonnello con le armi
spianate e pronte all'uso. Ma quello che mi lasciava perplesso e sconsigliava
ogni mio tentativo di fuga stava nel fatto che nessuno degli altri schiavi era
disposto a chiudere un occhio e chiunque avrebbe immediatamente dato l'allarme
per non incorrere nelle ire della nostra padrona e fare tutto da solo era
veramente complicato. L'assenza di Sonja era comunque dovuta a un nuovo
incontro nell'arena della morte, una lotta che però non la vedeva
protagonista ma solo spettatrice. Per il resto, tutto sembrava immutato in
quella villa. La sveglia alla mattina presto, il lavoro all'interno della
villa stessa, gli orari di pausa per i pasti e la visione di quella splendida
cinquantenne alle prese coi suoi allenamenti. E poi la sera c'era la scelta
degli uomini che dovevano farla godere.
Per tutti quei giorni io non fui mai scelto e non riuscivo a decifrare le mie
sensazioni a riguardo. Da una parte tiravo un ovvio sospiro di sollievo nel
sapere che non avrei avuto un'altra serata come quella che mi aveva visto
protagonista, ma dall'altra avrei voluto di nuovo fare l'amore con lei,
sentire la sua pelle morbida in contrasto con la sua muscolatura d'acciaio,
baciarla mentre facevo sesso, anche a rischio di essere violentato di nuovo.
Mi dicevo che se mi fossi comportato bene e non l'avessi fatta arrabbiare,
avrei anche potuto evitare quel maledetto strap-on. Ma dopo dieci giorni,
appunto, notai uno strano fermento durante il pomeriggio e fu Alejandro a
mettermi al corrente di cosa stesse accadendo. Io avevo fatto il turno di
notte alle telecamere di sorveglianza e cio' mi aveva permesso di dormire la
mattina fino a mezzogiorno, in tempo per assistere agli strabilianti
allenamenti di Sonja. E' vero, la sua forza era qualcosa di non umano, ma
forse non aveva nemmeno bisogno di tutta quella forza fisica dovuta agli
esperimenti effettuati su di lei e sul suo gruppo. La sua agilità era infatti
straordinaria, così come lo era la sua velocità e la perfezione nell'
esecuzione dei movimenti. Mi aveva detto che avrebbe potuto sconfiggerci tutti
senza abusare della sua forza e, assistendo ai suoi allenamenti, mi convinsi
che aveva perfettamente ragione.
Ad ogni modo, Alejandro ci avvertì che quella sera Sonja avrebbe combattuto e
tutti noi eravamo invitati ad assistere. Invitati? Diciamo pure obbligati.
Cenammo infatti un'ora prima del solito mentre Sonja mangiò, a differenza di
come faceva abitualmente la sera, nella sua stanza. Verso le 20 eravamo tutti
pronti. Un camioncino e alcuni uomini armati al soldo di Cartright ci
prelevarono e tutti noi fummo costretti a indossare un cappuccio del tipo di
quello che gli scagnozzi del colonnello mi avevano fatto mettere la sera del
mio combattimento con Sonja. Rimasi deluso. Poteva essere una buona occasione
per rendermi conto di dove ci trovavamo ma evidentemente, l'organizzazione di
Sonja e del colonnello funzionava come un orologio svizzero e non lasciava
nulla al caso. Semmai avessi avuto ancora dei dubbi, l'evasione era piuttosto
complicata se non impossibile da attuare. Certo, eravamo nove uomini in buona
forma e avremmo potuto attaccare i soldati di Cartright, ma farlo da solo
sarebbe stato un suicidio, essendo armati fino ai denti e apparentemente anche
molto addestrati e organizzare qualcosa con i miei compagni di sventura era
impossibile. Confidarsi con chiunque di loro era infatti un altro tentativo di
suicidio. Vigeva infatti un regime di delazione all'interno della villa. Sonja
aveva instaurato il terrore in ognuno di noi ed anch'io mi resi conto che non
sarei stato disposto a facilitare la fuga di uno dei miei compagni se poi
avessi dovuto fare i conti con lei.
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