Pigmei - commercio di schiave (parte 13)
di
Kugher
genere
sadomaso
Chanel, per recarsi all’accampamento dei pigmei, si era truccata in modo da sembrare un uomo o, almeno, meno femminile.
Innanzitutto non voleva essere riconosciuta come ex schiava della tribù. In ogni caso non sapeva come avrebbero considerato una trattativa con una donna.
Probabilmente avrebbero capito che non si trattava di un uomo ma, almeno, non l’avrebbero riconosciuta.
Chanel e Antonio camminavano con finta sicurezza nell'accampamento.
La donna era incerta sul comportamento da tenere. Da una parte non poteva far capire di essere lì per caso. D'altra parte non voleva far capire che conosceva perfettamente il villaggio.
Cercò di far capire, con la sicurezza dei suoi movimenti, che si muoveva nell’accampamento sapendo riconoscere l’ambiente e, soprattutto, la differenza di capanna che carraterizzava quella del capo tribù, dove lei e Monique, assieme a Camille, la cavalla umana del capo, erano state tenute a lungo a servizio dell’uomo.
Cercava di tenere il comportamento tipico di chi non conosce la città in cui si trova, ma sa capire la direzione seguendo il campanile o individuando l’edificio con caratteristiche nobili.
Antonio, per quanto preparato, non riusciva a staccare gli occhi dalla realtà che lo circondava.
Le sue sensazioni era dibattute, tra stupore ed eccitazione.
“Smettila di sembrare un bambino il giorno di Natale, cretino!”.
Nella voce, tenuta forzatamente bassa, come se i pigmei potessero capire cosa stesse dicendo, si avvertiva tutta la tensione della donna.
Antonio aveva appena visto le buche dove venivano tenute le schiave. Erano appena passati vicino ad una grata sotto la quale si potevano vedere le schiave bianche, nude, tenute prigioniere.
Vide arrivare un pigmeo che li osservava con circospezione.
A questo punto l’intero villaggio li guardava, pur cercando di fingere che fosse una normale giornata.
Il pigmeo alzò la grata. Antonio vide che una schiava si era posta a 4 zampe in modo da fungere quale scalino umano. Osservò, come ipnotizzato, il pigmeo che indicava un paio di schiave che, posto il piede sulla schiena della schiava scalino, uscirono dalla buca e si prostrarono ai piedi dell’uomo. Questi infilò una imbracatura a quella più robusta e, fattala accosciare, le salì a cavallo.
Un colpo con le gambe che avvolgevano i fianchi della cavalla e questa si alzò ritta in piedi, apparentemente senza dimostrare difficoltà per il peso del cavaliere.
L’uomo legò al collo dell’altra schiava una corda e si avviò facendosi seguire da quella tenuta al guinzaglio la quale, con molta docilità, lo seguì col capo chino.
Antonio era affascinato da ciò che ebbe modo di vedere all’accampamento.
Trovava impressionante l’ubbidienza delle schiave, la loro arrendevolezza e prontezza nell’eseguire gli ordini.
Ebbe la sensazione che, anche se non fossero state tenute al guinzaglio, avrebbero comunque seguito il Padrone a cavallo, come fosse cosa naturale.
Continuava a guardarsi attorno soffermandosi troppo a lungo su tutte quelle scene di schiavitù che avevano ad oggetto giovani e belle schiave bianche.
Seguiva passivamente Chanel senza accorgersi di quanto facesse finta di procedere cercando quanto in effetti già sapeva dove si trovava, cioè la capanna del capo tribù.
Ammirava il suo incedere naturale in mezzo a ciò che lo affascinava e turbava, come fosse padrona di quello stile di vita, come se si fosse dimenticato che in quell’accampamento lei era stata una schiava al pari di tutte quelle che adesso stava osservando.
“Distogli lo sguardo, ti ho detto! Cammina dritto e guarda davanti a te, come se queste fossero scene ordinarie”.
Chanel si era raccomandata, sul punto, anche prima di entrare nel campo e il suo compagno l’aveva rassicurata, quasi offeso per tutte le raccomandazioni ricevute.
Tuttavia, osservando quella schiavitù vissuta nella quotidianità, non riusciva a mostrare indifferenza.
In quel momento capì quando Chanel e Monique gli descrivevano quale fosse la vera schiavitù e perchè l’ammaestramento delle donne vendute non le soddisfacessero per nulla.
Ci mise poco tempo a capire le implicazioni e quanto avrebbero potuto ricavare dalle vendite di quelle schiave bianche, divenute vere schiave e non semplicemente catturate e rivendute.
La schiava che si erano portati era atterrita da ciò che stava osservando. Dava segni di impazienza e cercò di tirare il guinzaglio come se volesse andarsene.
“Stai ferma o, una volta fuori di qui, ti spello viva a frustate e ti abbandono legata a terra”.
Innanzitutto non voleva essere riconosciuta come ex schiava della tribù. In ogni caso non sapeva come avrebbero considerato una trattativa con una donna.
Probabilmente avrebbero capito che non si trattava di un uomo ma, almeno, non l’avrebbero riconosciuta.
Chanel e Antonio camminavano con finta sicurezza nell'accampamento.
La donna era incerta sul comportamento da tenere. Da una parte non poteva far capire di essere lì per caso. D'altra parte non voleva far capire che conosceva perfettamente il villaggio.
Cercò di far capire, con la sicurezza dei suoi movimenti, che si muoveva nell’accampamento sapendo riconoscere l’ambiente e, soprattutto, la differenza di capanna che carraterizzava quella del capo tribù, dove lei e Monique, assieme a Camille, la cavalla umana del capo, erano state tenute a lungo a servizio dell’uomo.
Cercava di tenere il comportamento tipico di chi non conosce la città in cui si trova, ma sa capire la direzione seguendo il campanile o individuando l’edificio con caratteristiche nobili.
Antonio, per quanto preparato, non riusciva a staccare gli occhi dalla realtà che lo circondava.
Le sue sensazioni era dibattute, tra stupore ed eccitazione.
“Smettila di sembrare un bambino il giorno di Natale, cretino!”.
Nella voce, tenuta forzatamente bassa, come se i pigmei potessero capire cosa stesse dicendo, si avvertiva tutta la tensione della donna.
Antonio aveva appena visto le buche dove venivano tenute le schiave. Erano appena passati vicino ad una grata sotto la quale si potevano vedere le schiave bianche, nude, tenute prigioniere.
Vide arrivare un pigmeo che li osservava con circospezione.
A questo punto l’intero villaggio li guardava, pur cercando di fingere che fosse una normale giornata.
Il pigmeo alzò la grata. Antonio vide che una schiava si era posta a 4 zampe in modo da fungere quale scalino umano. Osservò, come ipnotizzato, il pigmeo che indicava un paio di schiave che, posto il piede sulla schiena della schiava scalino, uscirono dalla buca e si prostrarono ai piedi dell’uomo. Questi infilò una imbracatura a quella più robusta e, fattala accosciare, le salì a cavallo.
Un colpo con le gambe che avvolgevano i fianchi della cavalla e questa si alzò ritta in piedi, apparentemente senza dimostrare difficoltà per il peso del cavaliere.
L’uomo legò al collo dell’altra schiava una corda e si avviò facendosi seguire da quella tenuta al guinzaglio la quale, con molta docilità, lo seguì col capo chino.
Antonio era affascinato da ciò che ebbe modo di vedere all’accampamento.
Trovava impressionante l’ubbidienza delle schiave, la loro arrendevolezza e prontezza nell’eseguire gli ordini.
Ebbe la sensazione che, anche se non fossero state tenute al guinzaglio, avrebbero comunque seguito il Padrone a cavallo, come fosse cosa naturale.
Continuava a guardarsi attorno soffermandosi troppo a lungo su tutte quelle scene di schiavitù che avevano ad oggetto giovani e belle schiave bianche.
Seguiva passivamente Chanel senza accorgersi di quanto facesse finta di procedere cercando quanto in effetti già sapeva dove si trovava, cioè la capanna del capo tribù.
Ammirava il suo incedere naturale in mezzo a ciò che lo affascinava e turbava, come fosse padrona di quello stile di vita, come se si fosse dimenticato che in quell’accampamento lei era stata una schiava al pari di tutte quelle che adesso stava osservando.
“Distogli lo sguardo, ti ho detto! Cammina dritto e guarda davanti a te, come se queste fossero scene ordinarie”.
Chanel si era raccomandata, sul punto, anche prima di entrare nel campo e il suo compagno l’aveva rassicurata, quasi offeso per tutte le raccomandazioni ricevute.
Tuttavia, osservando quella schiavitù vissuta nella quotidianità, non riusciva a mostrare indifferenza.
In quel momento capì quando Chanel e Monique gli descrivevano quale fosse la vera schiavitù e perchè l’ammaestramento delle donne vendute non le soddisfacessero per nulla.
Ci mise poco tempo a capire le implicazioni e quanto avrebbero potuto ricavare dalle vendite di quelle schiave bianche, divenute vere schiave e non semplicemente catturate e rivendute.
La schiava che si erano portati era atterrita da ciò che stava osservando. Dava segni di impazienza e cercò di tirare il guinzaglio come se volesse andarsene.
“Stai ferma o, una volta fuori di qui, ti spello viva a frustate e ti abbandono legata a terra”.
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