Schiava dei suoceri (parte 5)

di
genere
sadomaso

Franco entrò in sala.
La moglie Luisa era seduta in poltrona intenta a gustarsi l’aperitivo, suo rito pressoché quotidiano al quale teneva molto, sin dai tempi dell’università, quando finalmente, a fine giornata, alzava la testa dai libri sui quali trascorreva tantissime ore. Quel momento era come se staccasse la spina e le tensioni svanissero, per restituirle quella calma necessaria per riprendere le energie.
Si erano conosciuti proprio nel periodo della loro vita dedicato agli studi. Vivevano nel medesimo palazzo nel quale vi erano molti studenti fuori sede.
Anche Franco aveva preso l’abitudine di abbandonare gli studi all’ora dell’aperitivo per recarsi a consumare il rito quotidiano con quella ragazza che tanto gli piaceva.
Il tempo passato da quei momenti era tanto, troppo e le esperienze di vita, le tensioni, la routine, li avevano allontanati pur restando sposati.
Da qualche anno erano solo conviventi e ciascuno aveva la propria vita.
Entrambi non avevano voglia di abbandonare la sicurezza di una esistenza assestata tra diversi equilibri.
Nessuno dei due aveva mai potuto sopportare la nuora. La ritenevano responsabile dell’allentamento dei rapporti col figlio. La morte di quest’ultimo aveva definitivamente impedito il verificarsi di un riavvicinamento e il sentimento verso Irene si era trasformato in rancore e rabbia.
L’eccitazione che la situazione generava era comunque notevole e in Franco aveva fatto tornare il piacere di tornare a casa, che, col tempo, era scemato sempre più, con lenta costanza, fino a portarlo a prolungare le ore di lavoro o a cercare diversi divertimenti ed eccitazioni con donne più giovani.
Da quando avevano la schiava, almeno, non aveva più dovuto sprecare tempo ed energie per instaurare rapporti clandestini, sempre comunque impegnativi per gli aspetti umani inevitabili che con una donna di proprietà non c’erano.
Non era comunque migliorata l'intimità e la complicità con Luisa.
Le apparenze e la finzione di un rapporto consolidatosi e assestatosi negli anni aveva conservato quei gesti quotidiani di una coppia stanca che cerca nei piccoli gesti di conservare qualcosa che non c’è o di non prendere atto di ciò che, invece, c’è.
Franco si avvicinò a Luisa e la baciò sulle labbra rese alcoliche dalla bevanda, ignorando la nuora, nuda, inginocchiata tra le gambe della moglie intenta a leccarle la figa.
La testa della schiava era sotto l’ampia gonna che la Padrona nemmeno aveva alzato completamente, condannando così la schiava a svolgere il suo lavoro in un ambiente con poca aria.
Le difficoltà di quell’oggetto di proprietà aveva comunque l’effetto di amplificare l’eccitazione dovuta dal gesto sessuale.
Franco sapeva che l’avrebbe trovata in quella posizione in quanto il gesto sessuale era entrato a fare parte del rito quotidiano, sin dai primi giorni in cui la nuora era entrata a far parte della loro vita con il diverso ruolo.
I polsi ammanettati dietro la schiena lasciavano comunque vedere tre strisce rosse lasciate dal frustino che avevano acquistato in un Decathlon, nella sezione dedicata all’equitazione.
Luisa era solita frustare la nuora quando non era soddisfatta di come avesse (o non avesse) pulito casa o svolto al meglio uno dei mille incombenti domestici cui era chiamata sovente.
Quella sera le frustate dovevano esserle state date per mero divertimento.
Avevano deciso a pranzo di convocare la schiava a tarda ora del pomeriggio, con la speranza di rovinarle la serata.
Non aveva quindi potuto fare in tempo ad essere destinata a lavori domestici.
Non le chiese il motivo dei segni, non era importante. Spesso, anche senza nessun motivo, la frustavano.
La moglie ricambiò il saluto.
“Come è andata la giornata?”
Anche quella domanda faceva parte della loro routine ed entrambi sapevano benissimo che uno non era interessato alla domanda e l’altra non era interessata alla risposta.
“Bene, grazie. Sono solo un po’ stanco”.
Luisa non si aspettava che analoga domanda le venisse rivolta, quindi tornò a concentrarsi sul suo aperitivo e sull’eccitazione generata dalla lingua della schiava mentre il marito andava a farsi la doccia.
La Padrona posò il bicchiere sul tavolino accanto a lei appena sotto la lampada che, con la sua luce calda, contribuiva a creare un piacevole ambiente nella sala arredata prevalentemente col legno.
Chiuse gli occhi e si lasciò trasportare dall’eccitazione che piano piano le salì sino a diventare non più contenibile per lasciarla sfogare in un piacevolissimo orgasmo, quello che il marito non le dava da tempo e che aveva cominciato a prendersi con altri cazzi, di ragazzi giovani e muscolosi.
La lingua della nuora tuttavia era un ottimo sostituto di un membro maschile e le regalava sempre un intenso piacere.
Avevano contribuito moltissimo al raggiungimento di quel risultato le innumerevole frustate che lei ed il marito le avevano dato fino a che non aveva imparato bene ad usare lingua e bocca assecondando i loro desiderata.
di
scritto il
2024-06-21
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