Luci rosse
di
Vixen
genere
comici
…E insomma, è stato ormai parecchi anni fa… era successo che i miei erano andati in montagna. Ma a me non andava, ormai avevo 18 anni e reclamavo la mia fetta di libertà… e così fui parcheggiata dagli zii. Che però quel pomeriggio non c'erano neanche loro, sicché, alla fine, me ne stavo a casa loro con mio cugino di 19 anni, il quale, da bravo padrone (in tutti i sensi) di casa, si era affrettato a spedire me e suo fratello in cortile.
Mi stavo mediamente scocciando (d'altra parte, una ragazza diciottenne ha poco a che spartire con un moccioso di tredici), quando il mio cuginetto, incontrato un suo amichetto biondiccio e pustoloso, decise, come ogni tanto fanno i maschi di ogni età, di mollarmi da sola per starsene un po' fra uomini (!).
Purtroppo il giardinetto di una villa a schiera non è che offrisse tutte quelle grosse attrattive; così, dopo aver gironzolato qua e là e fraternizzato con gatti di dubbia pulizia, mi decisi a rientrare.
Passando davanti alla portafinestra della sala mi accorsi che le tende, male accostate, permettevano una striscia di visione dell'interno, da cui proveniva un baluginìo incerto e intermittente. Approfittando di questo, sbirciai all'interno: il mio cuginone stava guardando la tele. Acci acci… e un film porno, per la precisione! O perlomeno così doveva essere, anche se, per dirla tutta, fino ad allora non ne avevo mai visto uno. Grossi dubbi, però, non ne avevo, perché sullo schermo una bionda tettuta si agitava scuotendo le chiome, inginocchiata col sedere per aria sulle lenzuola, mentre un tizio un po' pelato e con la pancetta la stantuffava volenterosamente da dietro, stando aggrappato ai suoi fianchi robustotti. Tutti e due avevano la bocca aperta, tipo pesci nell'acquario, e a guardarli non facevano quel gran bell'effetto.
Il vero spettacolo, però, era mio cugino. Paonazzo, calzoni alle caviglie, si manovrava l'arnese con la destra, mentre con la sinistra brandiva un fazzoletto di carta, manco c'avesse l'uccello raffreddato e temesse un inopportuno starnuto. In poco tempo era tutto finito: mentre la bionda e l'amichetto calvo continuavano a fare il trenino, lui aveva avuto un breve tremito, s'era imbozzolato l'attrezzo nel kleenex e ora pareva meditare sui massimi sistemi.
Mi era sembrato un buon momento per correre alla porta e attaccarmi al campanello, e dopo poco lo vidi comparire, con la faccia ancora di un bel rosso fiamma, i calzoni abbottonati strabici e la camicia che gli svolazzava fuori dalla patta.
"Ma te non dovevi restar fuori con l'altro stronzetto?" mi aveva apostrofato con il solito affetto. Lo ignorai, entrai in casa, e la cosa finì lì.
Ma la curiosità per il porno e dintorni m'era rimasta, non so perché. E sì che ero tanto una brava ragazza, per altri versi. Non dico una donnina casa e chiesa, ma beneducata e rispettosa, questo sì. Niente ombelichi allo spiedo, per dire.
E fidanzata, pure. Certo che lui, il mio Piero, non è che ancora oggi la prende bene questa mia fissa, anche se per vaghi accenni lo capiva che che l'argomento mi interessava. Non è, per dire, che lui stesse lì a vedermi la notte che guardavo avidamente su Retesette quei filmetti lì che poi li interrompevano sempre sul più bello per fare le réclame dei mobilifici, e quando la storia ricominciava i due a letto avevano già bello che finito, e tanti saluti. Era perplesso, diciamo, ma non più di tanto, siccome anche lui era un bravo figlio e mi amava tanto… almeno così come può amarti uno di diciotto anni che va a scuola dai preti ed è una scarpa col romanticismo. Mi trovava un po' bizzarra, va'. In questa come in altre cose, ma questa poi è un'altra storia.
Comunque, quando gli tirai fuori quella mia ideona, lui la prese decisamente male.
"A parte che con tutti i DVD e i siti porno che ci sono in giro non ho capito che bisogno hai di andare in un cinema a luci rosse, ma me lo dici cosa ci vorresti fare? Lo sai che posti son quelli, o no? Belle robe, tutti pensionati bavosi e finocchi e chissà che malattie che circolano… e poi se ti ci vede qualcuno, se MI ci vede qualcuno, come glielo spieghiamo? Basta, Ele, non insistere che tanto io lì non ti ci porto neanche morto! Discorso chiuso!".
…
Devo dire che effettivamente non fu facile trovarlo, 'sto cinema.
Più in periferia di così c'erano solo gli orti dei marocchini con le galline. E invece, tiè… e persino «Orfeo» l'avevano chiamato, 'sto cine, cazzarola. Che quell'Orfeo lì mi pare che fosse uno che bazzicava per l'aldilà, se mi ricordo giusto. Beh, la cassiera pareva proprio che ci abitasse, al cimitero. Pallida e smunta, che parlava col naso e ci guardava storto. Tanto Piero era già rosso come un'anguria di suo, e da quando aveva parcheggiato il motorino non aveva smesso di borbottare che lui non ci voleva venire.
"Udo?" chiese Morticia, squadrandomi dal basso in alto.
"No, due!", le squillai trionfante in un orecchio, mentre le tette a fisarmonica le sobbalzano per la sorpresa.
"Sodo cidque euro".
Piero pagò, ormai cremisi per la vergogna, e tira avanti a testa bassa fra le tende di velluto rosicchiate dalle tarme.
Ci piazzammo in fondo, ma che più in fondo non si può. Era buio pesto, e si intravedevano qua e là vaghe forme umane che non riuscivo a definire. Sullo schermo c'era un tizio che andava in macchina, una cosa che succede sovente, nei film porno, peste se so perché, ma è così. Piero c'aveva l'occhio fisso al film, e stava tutto sghembo sul sedile, girato dalla mia parte, ignorando il mondo circostante.
Da una fila più avanti si alzò uno, e andò a piazzarsi dietro le tende di un'uscita di sicurezza. Bah.
Sarà stato timido…
Dopo pochissimo se ne alzò un altro, e lo raggiunse: dei due si vedevano solo i piedi che spuntavano da sotto la tenda, tipo assassino dei gialli di Agatha Christie. I piedi pesticciavano, i due si scambiavano un po' posizione, poi una mano scostò la tenda e la teneva semiaperta, mentre i piedi se ne stanno affiancati e quasi fermi. Notai una certa agitazione al piano cerniere lampo. Aaaah, adesso sì che ho capito cosa stavano facendo. Sarò stata un po' tarda, ma alla fine ci sono arrivata!
Intanto quello che guidava era arrivato in un posto tipo villa con piscina californiana. Suonò alla porta e gli aprì una tizia con su una vestaglia genere prêt-à-tromber, tutta sfinestrata sul davanti, che senza dirgli né ciao e né crepa gli aveva già bell'e infilato un mano nella patta… e andiaaamoooo…!
Un altro che si alzava dal suo posto. Ma che avevano, dentro 'sto cinema, il ballo di San Vito? Restava in fondo, il tizio, sguardicchiando dallo schermo alle poltrone fino a ché se ne alzò un altro. Altissimo, secco e con l'impermeabile. «Dài, vuoi vedere che è qui che vengono ad allenarsi gli esibizionisti?», mi chiesi. Non lo avrei mai saputo, perché i due se ne andarono via assieme.
Intanto sullo schermo stava succedendo una cosa che io, ora che sono più preparata, so anche come si chiama: «l'orologio», o anche «il moto perpetuo». Funziona così: di base c'è una donna e quattro uomini. Di fisso lei ha un cazzo in figa ed uno in bocca, mentre gli altri due tizi fanno quello che possono, in combinazioni più o meno hard. Qui però stavamo sul quasi soft e a parte qualche occasionale smanacciata da parte della signorina, erano loro ad occuparsi di lei sbaciucchiandola e carezzandola qua e là dove riuscivano. La gabola è che dopo un po' i tipi si scambiarono i posti, non so se proprio in rigoroso senso orario, ma insomma il principio è quello lì.
Una fatica bestia, a dirla tutta, per quella poveraccia. Ma se la cavava bene, direi, a giudicare da Piero che mi aveva tutti gli occhi fuori dalle orbite e il fiato corto. Mi sa che quell'orologio lì non rientrava fra i programmi dei frati salesiani per quell'anno, ma lui dimostrava di avere tutta l'intenzione di mettersi in pari.
Gli toccai un braccio. Sussultò e si guardò intorno manco lo cercasse la Polizia. Sorrisi, materna e incoraggiante. Su, su, guarda lo schermo e prendi appunti, ciccio. Che chissà, alle volte, dovesse servire.
Embè, e questo cosa sarebbe? Un ragnetto bianchiccio e gelido mi zampettava timidamente su per il braccio destro. Maddài, ci mancava pure il vecchietto provolone che faceva le avances. Trattavasi effettivamente di vecchietto che ci provava, seduto a un sedile di distanza sulla destra, bello imbozzolato nella sciarpetta finto cachemire dell'Oviesse. Guardava ostentatamente lo schermo mentre cercava di darsi un tono, mancava solo che fischiettasse, ma le zampette proseguivano la camminata verso il gomito. Te lo do io il ragnetto, Matusalemme. Agguantai la mano, gli torsi il polso… oddio, quella sensazione… mi pareva di stringere un mazzetto di stecchi umidicci. Non so se mi faceva più schifo o più pietà, ma il nonno capì al volo, e come lo mollai parcheggiò l'aracnide nei recessi del giaccone.
Il mio Piero era ormai decisamente basito, e te lo credo. Nel film era arrivata un'altra signorina, per un totale di due femmine e quattro maschi: praticamente una folla. Mi sa che al mio fidanzato non gli tornava più la contabilità delle lingue e delle mani; i cazzi no, che quelli son sempre quattro, anche se tendevano a spostarsi in continuazione da un buco all'altro.
Eh ben, a quest'ora qui su Retesette avevano già venduto come minimo quattro cucine e un soggiorno.
Sullo schermo si ansimava, si godeva e si succhiava. Piero si stava agitando, e ancora di più quando gli passeggiai una mano sul ginocchio, e poi sulla coscia. Il vecchietto cachemirato sbirciava, incerto. Nel film, intanto, una delle due signorine (una rossa, che son sempre le più zoccole) ha deciso di appropriarsi di tre cazzi su quattro; un comportamento palesemente antisindacale, ma nessuno se ne lamentò… anzi, lei un po' sì, e vorrei pure vedere.
La cerniera dei jeans del mio fidanzato mi pareva stranamente in rilievo, sotto le dita. Ci appoggiai il palmo aperto; lui sospirò, ma senza togliere gli occhi dallo schermo. E anche io, malgrado il freddo cane di 'sto posto e nonno Felice che ogni tanto buttava un'occhiata, cominciavo a sentire una certa agitazione. Pilotai la mano destra di Piero sotto la mia maglia: aveva le dita gelide e un po' perplesse, così la feci andare un po' a ramengo per il mio torso… e come per magia me la ritrovai abbrancata alla tetta sinistra, già decisamente all'erta.
Nel frattempo nel film la villa con piscina era sparita, e con una mancanza di logica stile «Beautiful» la rossa di prima ora stava in un vicolo buio in cerca di guai, vestita come la controfigura di Mata Hari: impermeabile, tacco vertiginoso e stacco di coscia leopardato. Dieci a uno che si ficca nei guai, adesso. E guai piuttosto grossi, se tanto mi dà tanto…
Piero mi massaggiava dolcemente il capezzolo sinistro, rigirandoselo fra le dita. Mi sentivo languida e accaldata, premetti piano la mano sulla cerniera dei calzoni, scivolai su e giù, mi fermai. Lui si agitò, ma riuscì a sganciarmi il reggiseno; sentivo le tette premere contro i bottoni della camicia, la slacciai un po', così lui riusciva ad accarezzarmi quasi dappertutto, un po' stringendo un po' stuzzicando… e la cosa mi piacque molto. Anche a lui, sembra, a giudicare dal gonfiore che pulsava sotto le mie dita.
Sbirciai lo schermo, dove la rossa aveva incocciato due tipacci modello leather, che la guardavano in cagnesco. Uno dei due la inchioda contro il muro e le domanda qualcosa; lei, tonta com'è, sbaglia la risposta, figurati. Così le tocca, come dire, «pagare pegno», ed eccotela lì, inginocchiata lì dov'era, sotto al lampione, che si impegnava col manubrio di uno dei motociclisti, mentre l'altro se ne stava lì ingrugnito a fare il palo.
Piero nel frattempo era bello che scivolato fuori dalla mia camicia, e mi strusciava la cintura con due dita: trattenni il respiro e tirai in dentro la pancia: si accomodi, prego…
In un nanosecondo mi slacciò cintura e cerniera, e infilò un ditino nello slip. Mi spostai un po', gli lasciai spazio e lui iniziò a vagabondare lentamente sotto la stoffa, poi si chinò verso di me e mi baciò il collo… aveva le labbra umide e freddine, così girai la testa e lo baciai dritto sulla bocca.
Senti come sono calda io, invece…
In sottofondo, sospiri liquidi e qualche muggito facevano dedurre che la rossa fosse ancora occupata; ma da quando avevo la mano di Piero fra le cosce, del film non me ne importava più granché, chissà come mai. Non so se fosse ispirato oggi, o se queste cose già le sapesse, ma decisamente ci stava mettendo impegno, secondo il mio modesto parere. Mi aveva agguantato la bocca e non la mollava più, le dita a zampettarmi dolcemente là sotto, mentre le mie tette pigliavano aria fresca fuori dalla camicetta, sotto le sbirciate di straforo dell'anziano guardone.
Con la coda dell'occhio, intravidi una spiaggia, gambe abbronzate che fremevano a mezz'aria e un vecchietto con gli occhi strabuzzati. Ma come facevo a concentrarmi, se Piero non la smetteva di accarezzarmi e di baciarmi insieme lingue e labbra in un gran casino caldo e entusiasmante? E scomodo come la Madonna, per giunta…?
Tutto sommato, mi sa che aveva ragione lui: posto peggiore per guardarsi un porno è in un cinema porno. E da allora presi la decisione: i prossimi porno ce li saremmo guardati dal letto di camera mia.
Mi stavo mediamente scocciando (d'altra parte, una ragazza diciottenne ha poco a che spartire con un moccioso di tredici), quando il mio cuginetto, incontrato un suo amichetto biondiccio e pustoloso, decise, come ogni tanto fanno i maschi di ogni età, di mollarmi da sola per starsene un po' fra uomini (!).
Purtroppo il giardinetto di una villa a schiera non è che offrisse tutte quelle grosse attrattive; così, dopo aver gironzolato qua e là e fraternizzato con gatti di dubbia pulizia, mi decisi a rientrare.
Passando davanti alla portafinestra della sala mi accorsi che le tende, male accostate, permettevano una striscia di visione dell'interno, da cui proveniva un baluginìo incerto e intermittente. Approfittando di questo, sbirciai all'interno: il mio cuginone stava guardando la tele. Acci acci… e un film porno, per la precisione! O perlomeno così doveva essere, anche se, per dirla tutta, fino ad allora non ne avevo mai visto uno. Grossi dubbi, però, non ne avevo, perché sullo schermo una bionda tettuta si agitava scuotendo le chiome, inginocchiata col sedere per aria sulle lenzuola, mentre un tizio un po' pelato e con la pancetta la stantuffava volenterosamente da dietro, stando aggrappato ai suoi fianchi robustotti. Tutti e due avevano la bocca aperta, tipo pesci nell'acquario, e a guardarli non facevano quel gran bell'effetto.
Il vero spettacolo, però, era mio cugino. Paonazzo, calzoni alle caviglie, si manovrava l'arnese con la destra, mentre con la sinistra brandiva un fazzoletto di carta, manco c'avesse l'uccello raffreddato e temesse un inopportuno starnuto. In poco tempo era tutto finito: mentre la bionda e l'amichetto calvo continuavano a fare il trenino, lui aveva avuto un breve tremito, s'era imbozzolato l'attrezzo nel kleenex e ora pareva meditare sui massimi sistemi.
Mi era sembrato un buon momento per correre alla porta e attaccarmi al campanello, e dopo poco lo vidi comparire, con la faccia ancora di un bel rosso fiamma, i calzoni abbottonati strabici e la camicia che gli svolazzava fuori dalla patta.
"Ma te non dovevi restar fuori con l'altro stronzetto?" mi aveva apostrofato con il solito affetto. Lo ignorai, entrai in casa, e la cosa finì lì.
Ma la curiosità per il porno e dintorni m'era rimasta, non so perché. E sì che ero tanto una brava ragazza, per altri versi. Non dico una donnina casa e chiesa, ma beneducata e rispettosa, questo sì. Niente ombelichi allo spiedo, per dire.
E fidanzata, pure. Certo che lui, il mio Piero, non è che ancora oggi la prende bene questa mia fissa, anche se per vaghi accenni lo capiva che che l'argomento mi interessava. Non è, per dire, che lui stesse lì a vedermi la notte che guardavo avidamente su Retesette quei filmetti lì che poi li interrompevano sempre sul più bello per fare le réclame dei mobilifici, e quando la storia ricominciava i due a letto avevano già bello che finito, e tanti saluti. Era perplesso, diciamo, ma non più di tanto, siccome anche lui era un bravo figlio e mi amava tanto… almeno così come può amarti uno di diciotto anni che va a scuola dai preti ed è una scarpa col romanticismo. Mi trovava un po' bizzarra, va'. In questa come in altre cose, ma questa poi è un'altra storia.
Comunque, quando gli tirai fuori quella mia ideona, lui la prese decisamente male.
"A parte che con tutti i DVD e i siti porno che ci sono in giro non ho capito che bisogno hai di andare in un cinema a luci rosse, ma me lo dici cosa ci vorresti fare? Lo sai che posti son quelli, o no? Belle robe, tutti pensionati bavosi e finocchi e chissà che malattie che circolano… e poi se ti ci vede qualcuno, se MI ci vede qualcuno, come glielo spieghiamo? Basta, Ele, non insistere che tanto io lì non ti ci porto neanche morto! Discorso chiuso!".
…
Devo dire che effettivamente non fu facile trovarlo, 'sto cinema.
Più in periferia di così c'erano solo gli orti dei marocchini con le galline. E invece, tiè… e persino «Orfeo» l'avevano chiamato, 'sto cine, cazzarola. Che quell'Orfeo lì mi pare che fosse uno che bazzicava per l'aldilà, se mi ricordo giusto. Beh, la cassiera pareva proprio che ci abitasse, al cimitero. Pallida e smunta, che parlava col naso e ci guardava storto. Tanto Piero era già rosso come un'anguria di suo, e da quando aveva parcheggiato il motorino non aveva smesso di borbottare che lui non ci voleva venire.
"Udo?" chiese Morticia, squadrandomi dal basso in alto.
"No, due!", le squillai trionfante in un orecchio, mentre le tette a fisarmonica le sobbalzano per la sorpresa.
"Sodo cidque euro".
Piero pagò, ormai cremisi per la vergogna, e tira avanti a testa bassa fra le tende di velluto rosicchiate dalle tarme.
Ci piazzammo in fondo, ma che più in fondo non si può. Era buio pesto, e si intravedevano qua e là vaghe forme umane che non riuscivo a definire. Sullo schermo c'era un tizio che andava in macchina, una cosa che succede sovente, nei film porno, peste se so perché, ma è così. Piero c'aveva l'occhio fisso al film, e stava tutto sghembo sul sedile, girato dalla mia parte, ignorando il mondo circostante.
Da una fila più avanti si alzò uno, e andò a piazzarsi dietro le tende di un'uscita di sicurezza. Bah.
Sarà stato timido…
Dopo pochissimo se ne alzò un altro, e lo raggiunse: dei due si vedevano solo i piedi che spuntavano da sotto la tenda, tipo assassino dei gialli di Agatha Christie. I piedi pesticciavano, i due si scambiavano un po' posizione, poi una mano scostò la tenda e la teneva semiaperta, mentre i piedi se ne stanno affiancati e quasi fermi. Notai una certa agitazione al piano cerniere lampo. Aaaah, adesso sì che ho capito cosa stavano facendo. Sarò stata un po' tarda, ma alla fine ci sono arrivata!
Intanto quello che guidava era arrivato in un posto tipo villa con piscina californiana. Suonò alla porta e gli aprì una tizia con su una vestaglia genere prêt-à-tromber, tutta sfinestrata sul davanti, che senza dirgli né ciao e né crepa gli aveva già bell'e infilato un mano nella patta… e andiaaamoooo…!
Un altro che si alzava dal suo posto. Ma che avevano, dentro 'sto cinema, il ballo di San Vito? Restava in fondo, il tizio, sguardicchiando dallo schermo alle poltrone fino a ché se ne alzò un altro. Altissimo, secco e con l'impermeabile. «Dài, vuoi vedere che è qui che vengono ad allenarsi gli esibizionisti?», mi chiesi. Non lo avrei mai saputo, perché i due se ne andarono via assieme.
Intanto sullo schermo stava succedendo una cosa che io, ora che sono più preparata, so anche come si chiama: «l'orologio», o anche «il moto perpetuo». Funziona così: di base c'è una donna e quattro uomini. Di fisso lei ha un cazzo in figa ed uno in bocca, mentre gli altri due tizi fanno quello che possono, in combinazioni più o meno hard. Qui però stavamo sul quasi soft e a parte qualche occasionale smanacciata da parte della signorina, erano loro ad occuparsi di lei sbaciucchiandola e carezzandola qua e là dove riuscivano. La gabola è che dopo un po' i tipi si scambiarono i posti, non so se proprio in rigoroso senso orario, ma insomma il principio è quello lì.
Una fatica bestia, a dirla tutta, per quella poveraccia. Ma se la cavava bene, direi, a giudicare da Piero che mi aveva tutti gli occhi fuori dalle orbite e il fiato corto. Mi sa che quell'orologio lì non rientrava fra i programmi dei frati salesiani per quell'anno, ma lui dimostrava di avere tutta l'intenzione di mettersi in pari.
Gli toccai un braccio. Sussultò e si guardò intorno manco lo cercasse la Polizia. Sorrisi, materna e incoraggiante. Su, su, guarda lo schermo e prendi appunti, ciccio. Che chissà, alle volte, dovesse servire.
Embè, e questo cosa sarebbe? Un ragnetto bianchiccio e gelido mi zampettava timidamente su per il braccio destro. Maddài, ci mancava pure il vecchietto provolone che faceva le avances. Trattavasi effettivamente di vecchietto che ci provava, seduto a un sedile di distanza sulla destra, bello imbozzolato nella sciarpetta finto cachemire dell'Oviesse. Guardava ostentatamente lo schermo mentre cercava di darsi un tono, mancava solo che fischiettasse, ma le zampette proseguivano la camminata verso il gomito. Te lo do io il ragnetto, Matusalemme. Agguantai la mano, gli torsi il polso… oddio, quella sensazione… mi pareva di stringere un mazzetto di stecchi umidicci. Non so se mi faceva più schifo o più pietà, ma il nonno capì al volo, e come lo mollai parcheggiò l'aracnide nei recessi del giaccone.
Il mio Piero era ormai decisamente basito, e te lo credo. Nel film era arrivata un'altra signorina, per un totale di due femmine e quattro maschi: praticamente una folla. Mi sa che al mio fidanzato non gli tornava più la contabilità delle lingue e delle mani; i cazzi no, che quelli son sempre quattro, anche se tendevano a spostarsi in continuazione da un buco all'altro.
Eh ben, a quest'ora qui su Retesette avevano già venduto come minimo quattro cucine e un soggiorno.
Sullo schermo si ansimava, si godeva e si succhiava. Piero si stava agitando, e ancora di più quando gli passeggiai una mano sul ginocchio, e poi sulla coscia. Il vecchietto cachemirato sbirciava, incerto. Nel film, intanto, una delle due signorine (una rossa, che son sempre le più zoccole) ha deciso di appropriarsi di tre cazzi su quattro; un comportamento palesemente antisindacale, ma nessuno se ne lamentò… anzi, lei un po' sì, e vorrei pure vedere.
La cerniera dei jeans del mio fidanzato mi pareva stranamente in rilievo, sotto le dita. Ci appoggiai il palmo aperto; lui sospirò, ma senza togliere gli occhi dallo schermo. E anche io, malgrado il freddo cane di 'sto posto e nonno Felice che ogni tanto buttava un'occhiata, cominciavo a sentire una certa agitazione. Pilotai la mano destra di Piero sotto la mia maglia: aveva le dita gelide e un po' perplesse, così la feci andare un po' a ramengo per il mio torso… e come per magia me la ritrovai abbrancata alla tetta sinistra, già decisamente all'erta.
Nel frattempo nel film la villa con piscina era sparita, e con una mancanza di logica stile «Beautiful» la rossa di prima ora stava in un vicolo buio in cerca di guai, vestita come la controfigura di Mata Hari: impermeabile, tacco vertiginoso e stacco di coscia leopardato. Dieci a uno che si ficca nei guai, adesso. E guai piuttosto grossi, se tanto mi dà tanto…
Piero mi massaggiava dolcemente il capezzolo sinistro, rigirandoselo fra le dita. Mi sentivo languida e accaldata, premetti piano la mano sulla cerniera dei calzoni, scivolai su e giù, mi fermai. Lui si agitò, ma riuscì a sganciarmi il reggiseno; sentivo le tette premere contro i bottoni della camicia, la slacciai un po', così lui riusciva ad accarezzarmi quasi dappertutto, un po' stringendo un po' stuzzicando… e la cosa mi piacque molto. Anche a lui, sembra, a giudicare dal gonfiore che pulsava sotto le mie dita.
Sbirciai lo schermo, dove la rossa aveva incocciato due tipacci modello leather, che la guardavano in cagnesco. Uno dei due la inchioda contro il muro e le domanda qualcosa; lei, tonta com'è, sbaglia la risposta, figurati. Così le tocca, come dire, «pagare pegno», ed eccotela lì, inginocchiata lì dov'era, sotto al lampione, che si impegnava col manubrio di uno dei motociclisti, mentre l'altro se ne stava lì ingrugnito a fare il palo.
Piero nel frattempo era bello che scivolato fuori dalla mia camicia, e mi strusciava la cintura con due dita: trattenni il respiro e tirai in dentro la pancia: si accomodi, prego…
In un nanosecondo mi slacciò cintura e cerniera, e infilò un ditino nello slip. Mi spostai un po', gli lasciai spazio e lui iniziò a vagabondare lentamente sotto la stoffa, poi si chinò verso di me e mi baciò il collo… aveva le labbra umide e freddine, così girai la testa e lo baciai dritto sulla bocca.
Senti come sono calda io, invece…
In sottofondo, sospiri liquidi e qualche muggito facevano dedurre che la rossa fosse ancora occupata; ma da quando avevo la mano di Piero fra le cosce, del film non me ne importava più granché, chissà come mai. Non so se fosse ispirato oggi, o se queste cose già le sapesse, ma decisamente ci stava mettendo impegno, secondo il mio modesto parere. Mi aveva agguantato la bocca e non la mollava più, le dita a zampettarmi dolcemente là sotto, mentre le mie tette pigliavano aria fresca fuori dalla camicetta, sotto le sbirciate di straforo dell'anziano guardone.
Con la coda dell'occhio, intravidi una spiaggia, gambe abbronzate che fremevano a mezz'aria e un vecchietto con gli occhi strabuzzati. Ma come facevo a concentrarmi, se Piero non la smetteva di accarezzarmi e di baciarmi insieme lingue e labbra in un gran casino caldo e entusiasmante? E scomodo come la Madonna, per giunta…?
Tutto sommato, mi sa che aveva ragione lui: posto peggiore per guardarsi un porno è in un cinema porno. E da allora presi la decisione: i prossimi porno ce li saremmo guardati dal letto di camera mia.
1
7
voti
voti
valutazione
5.6
5.6
Continua a leggere racconti dello stesso autore
racconto precedente
Un prezzo molto altoracconto sucessivo
Ballando con uno sconosciuto
Commenti dei lettori al racconto erotico