Be cool

di
genere
etero

Sono Angiolina. Bellissima giornata, ma oggi avrei preferito un cielo color piombo, meglio se senza un alito di vento. Oggi mi avrebbe fatto comodo. E magari, poi, pure un bel diluvio. Mi dovrò arrangiare, non sarà un sole ventoso a fermarmi.
Aspetto di mettermi in azione. Sono entrata nell'area della manifestazione prima del grande pubblico, prima degli atleti, prima della sicurezza. E ora devo ancora aspettare. Mi parlo da sola, è un'abitudine che ho, in certi casi mi piace dirmi le cose da fare. Essere emotivamente immobile. Okay, brava Angie, resta così, ferma. Sorrido a me stessa mentre mi ammaestro. Non pensare a nulla, lascia vagare lo sguardo. Mi obbedisco. Pensieri e parole come nodi per legare la mente, il cuore, il ventre. Disciplina, ci vuole disciplina.
Sono seduta nel prato, erba ben tagliata, fiori e, lungo i camminamenti e contro le pareti dei padiglioni, roseti e ammassi d'ortensie. Sono in un punto perfetto per vedere l'entrata del padiglione «A», che è a ore due e circa venti metri avanti a me. Lo fisso e sento un leggero aumento della tensione. Ferma, calma, guarda altrove.

Trenta metri sulla mia destra le scale della club house e, parcheggiati sul retro dell'edificio, vedo i mezzi blindati della Polizia. Come mi aspettavo ci sono un sacco di stranieri, alcuni sono giovani, alcuni poco più che ragazzi. Ma tutti vagano addentando panini, tracannando cola…
A una ventina di metri da me c'è un gruppo di quattro spagnoli. Età variabile, tutti maschi. Fanno un casino inverosimile. Bene, oggi la gente che fa casino mi serve. Uno del gruppo, il più muscoloso, parla e intanto lancia occhiate in giro alle femmine stanziali. Sono tra quelle. Si tira via la maglia blu con un movimento fluido. Lo vedo benissimo che è studiato, che si contrae e stira e poi gonfia i muscoli con una lentezza a dir poco inutile. Bravo, bella esibizione, per me fai pure, non mi da certo fastidio vedere che vuoi farti guardare. Anzi, mi strappi un sorriso che unisce due mezzi pensieri: che sei vanesio e che mi fai tenerezza. Poi abbandona la testa al suolo. Certo che funziona, sento l'abbandono. Ah, guardate come mi scaldo il ventre al sole. E già che ci sono, distratto e annoiato, lascio correre le dita dallo stomaco all'inguine, dallo stomaco all'inguine, dallo stomaco all'inguine.
Lo fa apposta, lo so… e anche se non dovrei, faccio fatica a non guardare la sua pelle scura. Colpa di un'altra pelle, vellutata e ambrata, libanese. Una pelle curata che faceva il bagno negli olii profumati. Doveva essere per una notte e ci siamo usati per mesi.
Lo spagnolo lascia cadere la testa nella mia direzione e i suoi gli occhi sembrano, ma non sono, chiusi. Non sono troia, è che il corpo ha lo speed e, come il gioco delle tre carte insegna, la mano inganna la mente. Infatti, sotto lo sguardo ispanico, il corpo mi si inarca indietro, pure annoiato al punto giusto… cioè, giusto quello che serve perché l'ombelico si scopra e seno e capezzoli segnino di più la maglietta. Prima che lo possa fermare.
Ennò, dai, oggi no, ho altro a cui pensare. Disciplina, sono una professionista!
Guarda, tutti hanno sacche, borse colorate e zaini. E tu Angie, tu? Tu sei l'unica con la valigetta grigia, scura e nuda. Stretta e lunga come deve essere.

Basta cazzate con lo spagnolo desnudo. Appoggio le mani alla plastica e faccio scattare di lato le serrature. La gommapiuma scura che riempie ogni spazio si dilata e la valigetta si apre di scatto, si apre in due. Trattengo il coperchio perché il contenuto resti visibile solo a me. Pistola, la mia pistola. Non la devo ricontrollare, l'ho fatto ieri. E' tutto pronto. Anche il panno per togliere le ditate dalla canna. Guardo tra i due padiglioni «A» e «B», nell'anfratto scuro, cercando le porte metalliche rosso lacca. Non è ancora il momento.
Aspettare è un'arte: fallo nel modo giusto e arrivi pronto; sbaglia e arrivi piegato sulle ginocchia all'appuntamento. A proposito, niente caffè oggi. Io che ne prendo a litri. A me il caffè non fa un cazzo, me ne faccio una caffettiera e poi dormo neanche fosse camomilla. Oggi no, se sei abituato a cercare un vero controllo impari a sentire tutto, anche la caffeina nel sangue: un leggero, leggerissimo vibrare. Oggi niente caffè; eppure, anche senza, dentro sento un tremito, sento tensione, una tensione residua di fondo che non riesco a eliminare. La tengo a bada ma non riesco a farla fuori. Sfoco la vista, mi immagino immobile come un lago di mercurio in un pianeta senza venti, senza vita. Sono pronta alla caccia per congelare anche l'ultima emozione.

Cazzo, un tipo a ore 5… mi si avvicina! Chiudo la valigetta. Solo io posso essere il suo bersaglio, lo tengo d'occhio con la vista periferica. Deve avermi visto fare la scema con lo spagnolo. Si ferma a 40 centimetri da me e si piega a 90, appoggiandosi con le mani sulle ginocchia.
- Hi…
Mogli e buoi dei paesi tuoi, diceva mio nonno, e questo non è un bue del mio paese. Un nordico di chissà dove. Altra struttura. E allora perché gli sorrido senza guardarlo? Mi piace… shit, ci voleva solo questa. Sorride soddisfatto al mio imbarazzo, mi si accuccia al fianco, un ginocchio a terra e uno alzato. Una bestia d'altra razza, mi fa correre il dorso del suo indice dal gomito fino al bordo della maglietta. Troppo diretto, troppo sicuro, troppo non-se-ne-parla-nemmeno. Non oggi! Ascoltami, idiota d'una donna, fallo smaterializzare subito: tu, oggi, hai-da-fa-re!
- Skal jeg holde deg med selskap?
…Che cazzo dice? Gli punto gli occhi in faccia. Cristo, questo è un uomo, non me lo gioco tanto facilmente. Ma cazzo, perché gli sorrido che poi non se ne va? Le cose si mettono male; sono costretta ad abbassare non solo gli occhi ma pure la testa, per schernire quello che mi si legge in faccia. Mi prenderei a schiaffi. Ecco a cosa servono i capelli lunghi, ecco perché credo che il vento sia mio amico. Mi conosco, calma, ora diventi fredda, tra pochi istanti hai già recuperato. E se lo avesse mandato qualcuno degli altri? E chi, scema? L'FBI, la CIA? Non diventare paranoica, è solo un caso. Sei l'unica donna sola stravaccata nel prato. Beh, proprio l'unica no, solo che le altre sono… sono diverse. E poi tu stavi troieggiando! Okay, è vero, stavo troieggiando… ma solo un poco, cazzo.
- Du er virkelig veldig vakker, jeg liker deg…
Ma perché diamine gli uomini hanno 'sta voce bassa che ti vibra dentro? Poi almeno capissi che cazzo dice, magari mi sarebbero girati i coglioni… invece, così, risuona e basta. No, no, no, no, non se ne parla… cerco di alzarmi, uso movimenti secchi e stizzosi; peccato, non mi va che pensi che sono stizzosa, solo che non ho scelta: ora devo seminarlo, andare al bar, prima che sia tardi. Forse una camomilla ci starebbe pure.

Mi lascia alzare e gli do la schiena. Errore mio, mi becco un attacco imparabile. Le sue mani sulle mie spalle. Le sue mani lasciano un'impronta. Tre secondi di pietrificazione, solo tre secondi, ma a lui bastano. Infila i due pollici tra le prime vertebre dorsali e mi si affonda nei muscoli. Mi cascano le braccia lungo i fianchi assieme al respiro e al cuore. Mi dispero. Intanto mi si avvicina, e sento il suo corpo aderire dietro il mio. Eccola lì, adesso sto a posto. Mi sovrasta in tutti i sensi. Tento un grottesco «…Oh, no, per favore!».
Mi gira. Non faccio resistenza, che avercelo incollato dietro era comunque peggio. Il problema, in queste manifestazioni, è che tutti 'sti atleti credono di vivere in una sorta di intimo cameratismo, una comunità che gira il mondo con regole e comportamenti tutti speciali.
E ora che fa? Comunica a gesti come gli indiani? Si mette un dito davanti alla bocca e fa «…sssshh…». Ah, bene, almeno questo è un verso internazionale.
Azzurri. Di solito non mi piacciono gli occhi azzurri. Guardo i geroglifici sulla maglia, direi uno dei senior della squadra norvegese. Okay, vediamo che cazzo vuole, tanto, peggio di così…! Forse se lo assecondo ho ancora tempo per recuperare. Faccio la faccia: mi arrendo e, con un mezzo sorriso, annuisco. Mi piglia la mano e mi infila le dita tra le sue. La sua mano non è della mia misura. Se me la stringe me la stritola. Ma la pelle è secca e calda, e tesa, e dura. Mi si alzano le pulsazioni come se mi avesse messo la lingua in bocca. Per fortuna di mani ne ho due, e con l'altra stringo la valigetta… no, le cose non stanno andando come dovrebbero.

Abbiamo abbandonato i giardini e stiamo attraversando il parcheggio… mi sta isolando dal branco. Lo so, lo faccio anche io quando vado a caccia. Oggi mi tocca fare la preda?
Fine delle macchine parcheggiate. Davanti a noi ci sono erbacce incolte e cespugli e, alto due metri e mezzo, un terrapieno di protezione coperto di rovi. Oltre, a una certa distanza, ruderi industriali, case fatiscenti e mezze abbandonate. Non è che ci vuole molta fantasia.
Mi punto… razionalmente non lo farei, ma l'istinto mi fa stare ferma come un mulo, e lo sguardo, questa volta, lo faccio duro, e che cazzo! E di moine nemmeno l'ombra, magari solo un bel sorrisino gelido di sfida. Come se poi me lo potessi permettere: questo ha il doppio del mio peso, tre volte la mia massa muscolare e dieci volte più forza di me. E nemmeno ci posso ragionare.

Lui molla il mio corpo da statua e mi affronta, con un sorriso tanto tranquillo e rilassato che mi fa sentire idiota. Parlotta in un norvegioscandinavoeschimese e scuote la testa. Ho capito, mi dice che non capisco un cazzo e sbaglio. Questo pensi, barbaro? E se la ride. Infame. Mi fa cenno con le mani di calmarmi, di respirare con calma. A me? Cazzo, io non temo nulla, ci mancherebbe. Calmarmi a me? Ma dico, è scemo? Mi tocca il polso per farmi capire che ho le pulsazioni accelerate, e ride… ma come ti permetti, stronzo? Scuote la testa, "…Ikke bekymre deg, ta det med ro"… analfabeta! Ma sarà una lingua questa? Con tutte 'ste k e h e consonanti messe lì a cazzo?
Mi dà le spalle e si fa largo tra i rovi oltre la barriera di terra. E io, stretta alla mia valigetta, non riesco a dire di no a una sfida e lo seguo.
Per una sfida… metto tutto a rischio per una sfida.

Dalla cima del dosso lo vedo, si sta sfilando la maglia. Uno spettacolo degno dei primordi, anche la fossa addominale del laterale trasverso. Per favore, che qualcuno mi chieda cosa voglio! Voglio solo stare qui a guardarlo, solo questo.
Ai suoi piedi c'è erba secca, vecchi sacchetti, avanzi di scatoloni. Alle sue spalle i ruderi di un alto muro di mattoni, che una volta segnavano un confine perpendicolare al terrapieno attorno al parcheggio. Un arbusto di prugnole selvatiche, come quelle della mia campagna. Ma guarda… ma che ci fa qui, mi sembra di stare a casa. Sono pure mature. Sono anni che non le mangio, che poi, in realtà, si succhiano che di polpa ce n'è poca, ma sono dolci e troppo profumate.
Il tipo mi dà una mano a fare l'ultimo tratto; non che ne avessi bisogno, ma mi va di sfiorargli le dita e lui ne approfitta per tirami a sé, voltandomi di spalle. Mi massaggia la schiena e mi fa subire la sua voce bassa e, se non ho le allucinazioni, mormora: "Be cool, okay? Be cool".
Sento che lui è calmo come una serpe. Be cool. Non è che questo matto mi porta qui per fare ginnastica o yoga, e io mi sto facendo tutte queste remore per nulla? Con questi atleti fissati non c'è da stupirsi, salutisti fino all'inverosimile.
Okay, forse mi ha vista mentre cercavo di controllare la respirazione, eliminare la tensione. Questo sta facendo, mi aiuta a fare questo. Cazzo, se ci riesce lui ci devo riuscire pure io. Niente onde elettriche, nessun potenziale… lui è un uomo e mi tocca, ma io non lo sento, non mi corre nei nervi, non si schianta negli organi, non me li anima. Respiro il minimo necessario e mi dispongo a uno stato freddo beffardo cinico imperturbabile. Ci sono. Sente che mi trasformo e mi fa capire che approva.

- Nå skal jeg kle av deg, are you ready?
- Sì, sono pronta! -in italiano, liscio liscio, che il sì lo capiscono in tutto il mondo.
Mi lascio manipolare senza più sospetto, mi sembra tutto piuttosto innocuo, poi… cazzo, mi sbottona i pantaloni. Cazzo. "Be cool…" Okay, barbaro, okay, va bene, tengo duro mentre fa scendere la cerniera. Il resto segue.
Non cercavo un modo per eliminare la tensione? Meglio di qualsiasi training, quest'uomo è un genio.
Io ho la maglia addosso e buttati per terra i pantaloni, lui dietro di me sento che si sta mettendo nudo. Esiste qualche cosa di più bello che nudo? Usa i vestiti per coprire il terreno.
Mi volta. Non provo nulla, tranne il piacere, o forse è gioia, per la sua presenza. E pure una bella soddisfazione per il suo sorriso compiaciuto mentre mi guarda i fianchi e la pelle del ventre nuda ma dipinta a due colori da un sole che non è riuscito a trapassare le maglie del costume. Tengo lo sguardo diritto dove cade, cioè sui suoi pettorali, ma nella mia testa il suo sesso pronto, liscio e leggermente incurvato è il mio padrone.
Si inginocchia con il sedere appoggiato sui talloni e le mani dove il torace incontra le cosce. Non esiste posto dove stenderci, solo mezze posizioni. Aspetta e non ha fretta, e intanto ripassa chissà quale lezione. Io resto in piedi di fronte a lui, e non mi decido. Lui mi alza la maglia sulla pancia, scoprendomi il seno, e me la gira oltre la testa, legandomi le braccia poco sotto le spalle. Non reagisco, va bene legata, abbasso solo la testa per non farmi vedere mentre accetto. Va bene, legata è più facile, senza responsabilità, essere oggetti è uno dei modi per non esistere e per sentirsi liberi.
Non dice un cazzo, ma sento che si è fermato, resta muto davanti al mio seno, che è troppo bello. Lo so che lo vuole e mi vorrebbe come Dio comanda. Non possiamo. Non c'è tempo a sufficienza.

Mi fa voltare in modo che io non lo possa vedere. Lega la mia maglia con un nodo largo e poi i polsi con il lungo straccio bianco e nero e crema che aveva arrotolato attorno al collo. Mi guida su di lui, sbilanciandomi per i fianchi. Devo essere fuori di testa, mettermi così nelle mani di uno sconosciuto.
Riesco a controllare la discesa, un ginocchio a terra e uno alzato per trovare l'apertura necessaria. Mi abbasso poco e provo piacere sentendo che mi appoggio, leggermente aperta, proprio sopra il suo glande. Lui viene in su, quasi in modo involontario, mentre io scendo e devo forzare per infilarmi sopra di lui. Cazzo, lui va in apnea e smette di respirare, e gli va in freeze la muscolatura. Faccio fatica a reprimere un istinto selvaggio.
Piano, scendendo e risalendo ogni volta, mentre mi apre dove prima ero intera. Perdo il senso del mondo a farlo così a freddo, così unicamente centrata sul suo cazzo che mi allarga. Non riesco ad arrivare fino in fondo e ad appoggiarmi alle sue gambe… non sono più in grado di muovermi, e faccio per sollevare il culo, oppure per accasciarmi in avanti oppure svenire all'indietro contro qualche punto del suo torace o non lo so, perché, alle mie spalle, inaspettato, mi blocca e mi spinge giù. Sento male e sono contenta di sentirlo, cerco di stringere le gambe e di sfilarmi un poco inarcando il fondoschiena… non serve a un cazzo. Mi manca l'aria, mi si azzera il cervello, sono bloccata a metà tra il piacere e lo stordimento. Quanto gli piace lo sento dentro da come gli pulsa e gli si allarga il cazzo, ho solo questo da sentire. Mi si muove dentro deciso ma piano, ma mi sembra anche troppo, perché non ho altro da sentire.
Solo sesso. Solo il suo pene e il mio contropene. Con il minimo sforzo, il minimo movimento, io lo assecondo rendendo utili le sue spinte, la sua direzione. Mi basta cambiare di poco angolazione, indirizzandolo, perché mi tocchi dentro quello strano cuore basso. Io ci sono, nemmeno mi accorgo che lui esiste, che il cazzo non è mio; ho alzato un picco e ora mi bastano poche spinte, poche contrazioni decise, senza respiro, senza pensiero, legata e senza controllo. Posso solo muovermi per parare, che è quello che mi serve, e vengo.
L'effetto è quello lungo di un'onda elettrica e pure magnetica, rompe gli argini, erutta da un centro e dilava per il mio universo a colpire ogni cosa, travolgendola.

Lui borbotta qualche cosa e nelle parole c'è il sorriso…! "Likte du den?". Certo certo, come no, e non mi dà tempo, aumenta la stretta dei legami e accentua il mio movimento. Vorrei sfuggirgli, che mi fa male e che non mi serve più. Solo che ora sono io che non esito. Non lo potrò fermare. Lo sento troppo deciso ed è passato troppo poco tempo dal mio venire di prima. Mi fa prigioniera, che lo voglia o no, e mi trascina con sé. Mi riporta su una scia magnetica non ancora scomparsa, cerco una qualche forma di resistenza alla sua forza, ma sto già per venire di nuovo, ho già radunato un picco, devo solo metterci quel minimo di decisione in più per lasciarlo urlare. Solo che non va così perché il tipo mi governa minacciando una leva sulle braccia bloccate e al solo cenno di tensione il mio corpo gli ubbidisce. Mi lascio sbilanciare in avanti, faccia a terra, contro la valigetta che ho lasciato al suolo. Senza darmi tregua, così che sono costretta a sottomettermi. Così lui viene e, senza che sia io a tuffarmi, mi porta via in un orgasmo passivo e subìto come se fosse suo. Sto da dio.

Io colgo le prugnole selvatiche e gliele faccio assaggiare. Lui, dal centro dei suoi pantaloni, recupera i boxer e me li porge per pulirmi; li uso a metà e l'altra resta pulita per lui. Ride, li appallottola e se li caccia in tasca, e mi fa capire che non gli frega se dovrà stare senza. Quest'uomo mi piace davvero molto. Mi riordina i capelli, poi si china e piglia la mia valigetta. Lo lascio fare. Calma piatta, non me ne importa nulla. Non guardo nemmeno l'ora.
Mi riacchiappa per la mano e mi aiuta a passare tra i rovi. Un grande privilegio. Un grande privilegio e un onore essere stata con quest'uomo; con questo, come gli altri. Mi guardo attorno, tutto quello che vedo è roba sua, frutto del suo ingegno e della sua passione. Tutto. Le case, le moto, gli aerei e i grattacieli e la scrittura. Non avrò mai abbastanza per poterli ripagare. Sono un essere, eddìllo, inferiore; sono inferiore per forza, capacità e ingegno. Altre doti, certo, ma non è mia abitudine raccontarmi palle. Io sono la metà necessaria, lui la metà che dà frutti. Io supporto, lui crea. Banalità, ma mi sembra un miracolo che possano amarci. E mentre cincischio con questi pensieri, dentro, mi inginocchio ed è un piacere farlo perché lui è grande. Si volta a guardami e io gli restituisco un qualche cosa di complice e sicuro. Non deve capire che quello che penso, vorrei che mi vedesse come un amico. Vorrei.

E' arrivato il momento di guardare l'ora, abbiamo fatto presto. Quanto adoro le sveltine. Anche lui sembra soddisfatto dei tempi. Mi accompagna fino ai cancelli laccati di rosso: siamo come dobbiamo essere, imperturbabili. Tra poco tocca a me. Mi dà un bacio sulla fronte assieme a dei suoni gutturali che ricordano un grazie e un qualcosa che, se fosse inglese, potrebbero essere: "…doping isn't good, sex is better". Rido. Lui entra nel padiglione «B», lo aspettano altri barbari.
Varco i cancelli dell'«A» con la mia valigetta, sono in semifinale ma non ne frega più nulla. Okay, sono una professionista, ma non sono certo all'altezza di quelle che ho contro e dei loro trucchi del mestiere. Qui, nelle gare internazionali, appena possono, passano dalle piccole dosi d'alcool, o dalle canne, a impasticcarsi di betabloccanti e sedativi per tenere sotto controllo l'ansia, regolare e rallentare la frequenza del battito cardiaco, ridurre il tremore delle mani.
In un certo senso mi sono dopata. Cazzo, e da un barbaro me lo dovevo fare insegnare?! A dire poco sono felice.
- Tu! Con me! -mi dice un giudice di gara leggendo il mio pass di riconoscimento.
Linea 5. Questo giudice, che mi è stato assegnato e che mi farà da custode per tutta la gara, mi accompagna alla linea tenendomi una mano sulla spalla… uomo. Sento il calore della mano, non so nemmeno che faccia ha e non mi giro, ma sono contenta che sia un uomo.

Sono sulla linea, lancio un'occhiata a destra e una a sinistra, alle mie avversarie. Durissime, la determinazione di chi spara la senti solo se sei fianco a fianco sulla linea di tiro. Io non ce l'ho la loro compattezza, che è cieca e assoluta, fanatica. Coreane e mongole sono feroci, vere macchine da guerra, gli squali sono più emotivi. La russa non mi piace. Io sparo, come fanno molti uomini, usando il vuoto. Solo che non ho la loro struttura fisica o la loro emotività, ma non me la cavo poi così male. Angie, ascolta: okay che sei rilassata, ma non basta, lo sai. Non devi avere passioni nè pensieri. Fai quello che devi.
Respiro e muoio.
Posizione… respiro e alzo… punteria… tieni gli occhi al bersaglio fino a ché non lo vedi arrivare… vuoto e scatto: 9,1.
Posizione respiroealzo punteria vuotoescatto: 10,6.
Posizione respiroealzo punteria vuotoescatto: 10,9.
Posizione respiroealzo punteria… ci sono adesso… scatto: 8,9 …calma non importa, respira, sei perfetta, non hai nessuna oscillazione, ti sei messa il corpo in uno stato di grazia, devi solo svuotare la mente…
Posizione respiroealzo punteria vuotoescatto: 9,8 …già meglio…!
Posizione respiroealzo punteria …chissà se lo rivedo? Merda, mi si contrae il ventre…
…scendi, scendi, lui non si sarebbe distratto…
…rifaccio…
posizione respiroealzo punteria… e se fosse qui che mi guarda?… scatto: 7,8.
Cazzo, no, no, NO! Ma sono scema?…
Mi fermo, respiro, io lo so fare. Sono sola. Io divento il vuoto, nessun pensiero, nessuno. Io non esisto. Testa di minchia, non esisti, non rompere il cazzo. Respirati, guarda nel vuoto. Così…
Posizione respiroealzo punteria vuotoescatto: 10,1.
Posizione respiroealzo punteria vuotoescatto: 10,3.
Posizione respiroealzo punteria vuotoescatto: 10,7.
Posizione respiroealzo punteria vuotoescatto: 9,3.

Sei serie di 10 colpi, tempo massimo 1h15'. Io chiudo in 56'.
Va bene così… passo in finale, magari poi non vinco, ma è meglio di quanto abbia mai fatto…!
di
scritto il
2024-08-04
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