Lustrascarpe

di
genere
dominazione

“Vai a prendere due birre”. Ci vado e gliele porgo. “Una è per te”. Ce le siamo bevute. Iniziava sempre così uno spazio di confidenza e di conversazione che il padrone a volte apriva. Sembravano chiacchiere fra amici ma l'argomento era uno solo: la dominazione e la sottomissione. Mi faceva anche compilare un diario dei nostri incontri e qualche volta mi dava altri compiti a casa che poi leggeva regolarmente sottolineandoli a matita rossa e blu e aggiungendo brevi commenti suoi. In un rapporto Bdsm lo schiavo ha sempre l'obbligo di dire la verità, di mettere a nudo non solo il corpo ma anche la mente, in osmosi con il padrone che poi lo giudica e lo corregge. Avevo capito bene che il mio diario e le nostre chiacchierate erano solo maniere per studiarmi a fondo e per conoscermi fino al midollo. Scorreva i miei scritti e ridacchiava spesso. “Sei bravo a ricordare quello che facciamo ma sei anche una fogna di schiavo”. Da quel giorno il mio diario sì è chiamato “Fogna”. E in quella fogna finivano le deiezioni più oscene non solo di testa mia, ma anche della sua. Lo sfoglio spesso e torno a tanti bei momenti passati con il padrone, con il quale le esperienze nuove non mancavano mai. Era un prestigiatore che tirava fuori cose sempre meravigliose dal suo cappello a cilindro. Mentre mi leggeva non stavo con le mani in mano ma dovevo faticare sui suoi stivali. Leggeva con calma e mi controllava compiaciuto mentre li sputavo e li strofinavo fino a renderli perfetti e impeccabili, con tanta lena usando a mo' di straccio le mie mutande e la canottiera e i calzini, che a fine serata mi avrebbero rivestito e impregnato a pelle di odori di fango e di cuoio. Chiudeva la “Fogna” e mi faceva baciare gli stivali prima di riporli nel guardaroba delle sue scarpe, che come avrete ormai capito era mio dovere tenere pulite e in ordine. Forse è per questo che a volte mi chiamava “lustrascarpe di merda”.
scritto il
2024-09-14
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