Il filosofo e la contessa 1

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Il filosofo e la contessa 1

Jo era un tipo strano, laureato in filosofia, master e mille dottorati aveva una visione della vita tutta sua.
Alto 1.80, moro capelli lunghi occhi nocciola, bel fisico insomma uno che le donne guardavano e desideravano.
Con i suoi 35 anni il suo modo perfetto nel vestire tutto in stile inglese ,ovviamente perfezionato dal suo gusto estetico, in lui stonava solo quel cespuglio di capelli sempre in completo disordine.
Lui se ne fotteva di tutto, di tutti con qualche piccolissima defezione tra le quali io.
Avevamo condiviso un appartamento, una sorta di abbaino ai tempi dell’università a Venezia e per quattro anni la nostra amicizia si era solidificata in un rapporto leale e sincero.
Lui figlio di una importante famiglia aristocratica, io figlio di un capotreno; lui che poteva spendere e spandere, io che cercavo di non spandere neppure un goccio di vino dal bicchiere per risparmiare.
Anch’io ero bello, e di ragazze nel nostro sottotetto umido ne erano passate davvero tante.
Lui era sposato da cinque anni, si era praticamente lasciato andare alla deriva in un matrimonio senza amore, un matrimonio quasi combinato; aveva assecondato le volontà di sua madre perché la famiglia di lei era tra le più ricche di tutto il Veneto e questo la consacrava tra l’elite veneziana.
A lui sembrava non interessarle. Forse gli pesava meno lavorare, pensare o scrivere piuttosto che stare con la moglie; Carla bellissima 30 anni mora capelli lisci occhi neri con un corpo talmente perfetto nelle sue rotondità da essere quasi imbarazzante.
La prima impressione avuta da Giulia, mia amata compagna, ad una prima cena insieme, mi aveva detto infatti, a fine serata, che per lei era bellissima si ma snob, cinica, quasi odiosa – non ha la puzza ma una discarica sotto il naso - aveva concluso.
Carla però amava alla follia Jo, quel suo intellettuale fascino, quel carisma tutto particolare, quella sensualità esoterica.
Venerava essere scopata da lui, a volte con forza, altre con la delicatezza di un fanciullo; godeva e godeva tantissimo sotto quelle mani, quella lingua quel cazzo lungo e armonioso. Facevano spesso sesso, e lei non lo avrebbe mai e poi mai condiviso con un’altra. Lei lo amava con tutta se stessa.
Ma lui no, il sesso con lei era quasi come andare in palestra, una ricerca di trovare la sua perfezione, una preparazione all’estasi suprema.
Jo era innamorato da 15 anni, di Gloria, una contessa moglie di suo cugino Filippo.
Una sera particolarmente etilica Jo mi aveva fatto leggere il primo loro incontro su un quadernone con copertina nera e rigida,,

“Oggi sono stato al matrimonio di mio cugino il ‘conte’ Filippo. Non volevo andarci, ieri sera ho bevuto troppo, ma quella stronza di mia madre mi ha costretto. Appena l’ho vista non ho capito più nulla. Una visione divina. Celestiale. 30 anni: occhi azzurri, capelli biondi corti il vestito di nozze le fasciava i fianchi lasciando solo immaginare il suo corpo che deve essere perfetto.
Stavo facendo pensieri più che impuri in una chiesa al matrimonio della mia nuova cugina acquisita.
Un sensazione calda mi ha invaso il corpo, una corrente elettrica è arrivata fino a farmi eccitare.
Quando la liturgia è finita passandomi davanti il suo sguardo si posato su di me, quell’azzurro negli occhi mi ha lasciato impietrito, poi mi ha sorriso. Ero in apnea..L’ho fissata anch’io pensando per un attimo a quanto fortunato era mio cugino.
Filippo ha 45 anni, 15 più di lei, lei 10 più di me.
Il pranzo è volato tra un bollicine e il pinot bianco abbinato al pesce, era tutto straordinariamente buono,
Iniziavo ad essere brillo.
Quando la luna lambiva l’orizzonte della laguna tutti aspettavano i fuochi d’artificio. Iniziavo ad essere insofferente e sono uscito a fumare un sigaretta.
Fuori c’era anche lei, si era cambiata indossava un vestitino corto azzurro perfetto con i suoi occhi, i tacchi alti in un sandalo. Lei è la perfezione ho pensato.
Non si era accorta di me, fumava una sigaretta di quelle fine, si è girata e mi ha chiesto – Dammi una sigaretta seria, queste fanno schifo – dicendolo ho notato che stava piangendo, le lacrime scendevano lente senza che lei le asciugasse.
Avevo un gin tonic in mano, con l’altra ho preso dalla tasca il pacchetto di marlboro morbide tutto schiacciato e l’ho dato a lei senza dire nulla. Dopo essersi accesa la cicca mi ha fissato, e mi ha detto – sai che sei bellissimo..- solo questo; io era una statua di marmo non riuscivo a parlare.
Il gin tonic ha vinto il mio trance, e sono riuscito a dire – tu sei meravigliosa -...poi il primo boato, l’inizio dei fuochi. Si è girata e mi ha appoggiato le sue calde labbra sulle mie ed è corsa via.
Ero pronto io ad essere sparato in cielo esplodendo nel buio in mille colori.
Nei minuti successivi tutto si svolse in fretta, Filippo aveva ricevuto una chiamata in una sua proprietà di Padova erano entrati i ladri così in fretta e furia decise di partire per controllare.
Gloria si era avvicinata e mi aveva lasciato un bigliettino “tra un’ora Campo de Fiori”...erano le 21.00.
22.00 Campo dei Fiori, io lei, altri due gin tonic, poi camminare veloci euforici e storditi, lei – ti voglio -, io balbettando
- anc...he io-.
Le scale la porta, i vestiti per terra, lei nuda, la luna la inondava, il suo odore di sandalo e cannella, la nostra voglia, la mia voglia.
Non è stato sesso, ma un atto verso la beatificazione, verso una combinazione di atomi, di molecole che si fondono, si scindono per poi trovare pace solo nel riunirsi.
Ho leccato ogni parte di lei, quel duro bottoncino sopra le sue labbra, appena sotto un ciuffettino di peli biondi odorosi e morbidi provando un senso di smarrimento e perdizione.
Ho leccato i suoi dolci umori fino a stravolgere il suo corpo sotto amplessi sempre più lunghi e duraturi.
Ho baciato la sua pancia, le sue cosce, le sue ascelle, il suo collo.
Ho combattuto con la sua lingua in intrecci profondi e vellutati, o mordicchiato le sue carnose labbra..ero perso non trovavo più la ragione. Avrei dovuto. No
Poi l’ho penetrata piano mi sono fatto spazio con il mio cazzo duro fino ad entrare tutto dentro di lei i suoi occhi si aprivano e si chiudevano in adoranti lampi di azzurro.
Lei – è la quarta volt… non puoi… non riesco… non fermarti… godooo-
E lì il terremoto, uno, due, tre sussulti, tre esplosioni.
L’estasi suprema, il totale rapimento dei sensi.
Sono venuto con una intensità destabilizzante dentro di lei, mi sono disteso in fianco senza respiro. Mi ha baciato le labbra con il sui piccolo paludoso nido che pulsava.
Umanamente è stata l’emozione più completa, più bella, più totalizzante della mia vita.
Rivestita, risistemato il trucco alle 3.00 del mattino mi ha guardato e a detto – sei la più bella cosa che ho mai avuto – credo sia un addio.”
scritto il
2024-10-18
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