Dal diario di Alice

di
genere
confessioni

Dal diario di Alice

E’ successo un mese fa, mi sembra ieri. Se chiudo gli occhi vedo le luci dei lampioni che si accendono e si spengono. Magari potessi io riuscire ad accendermi, o almeno a spegnermi per sempre.
Avrò sempre la colpa, il ribrezzo che mi porto e mi porterò dentro; mi sento lurida, così sporca che non riuscirò mai a ripulirmi.
Mangio perché devo, bevo perché devo, dormo perché devo, piango perché ne sono certa piangerò per l’eternità.
E non c’è spugna, panno, detergente neppure l’acido potrà grattare via l’unto che mi sento salire delle viscere.
Il mio non è più un corpo, non risponde più alle leggi fisiologiche, non risponde più a nulla.
Cerco di mantenere il timone di una barca che ha già perso la rotta, completamente alla deriva, in un oceano di pazzia che mi inghiotte e mi trascina verso il fondo.
Nessuno sa’ nulla di quella notte, io so’ tutto, e non posso dimenticare, cancellare.
Le notti accanto a mio marito, ignaro e felice della nostra brillante vita, stringo il cuscino tra le mani, schiaccio al buio il mio viso contro la federa cercando di non vedere più quelle luci intermittenti di quei lampioni in quella notte dove tutto in poco tempo è iniziato ed è finito come in un rogo.
Infatti mi santo bruciata, né l’acqua né la sabbia, nessun estintore placherà le fiamme e sono sopravvissuta piena di piaghe e pustole che porterò per sempre.
Che persona sono, che schifo mi faccio quando il mio sguardo rapidamente si fissa su uno specchio, non mi riconosco.
Quando sto’ con il mio bambino Andrea, di cinque anni, esternamente tutto sembra normale, io gioco con lui, rido con lui , lo abbraccio, ci baciamo. Bacio solo lui da un mese a questa parte, lui sì che è pulito, privo di colpa. Andrea è il sole il caldo io sono, no io ‘non sono’, forse sono solo il gelo, il ghiaccio.
No io da un mese ‘non sono’, latito nella mia mente perversa.
Ci vorrebbe uno psicologo, una psichiatra ci vorrebbe un’iniezione letale. Ma ho dei compiti, dei doveri: mio marito, mio figlio, mia madre.
Se mia madre sapesse morirebbe in poco tempo per cosa è riuscita a mettere al mondo.

Sono stata stuprata un mese fa, da un mio collega di lavoro Paolo, dopo un cena di lavoro. Brutalmente, con ferocia, senza possibilità di fuga.

Quella sera, mi stavo vestendo a casa, ero eccitata per quella cena, volevo essere sexy, giovanile e giocare un po’ le carte della seduzione. Sapevo che c’era anche lui, Paolo, un uomo che mi piaceva, mi divertiva.
Non avrei mai tradito mio marito o mio figlio Andrea ma cercavo una piccola evasione, un’innocente gioco di sguardi, qualche attenzione in più, sentirmi desiderata.
Poi sarei tornata la brava professionista, la brava mamma , la brava moglie, la brava figlia.
Spesso il lavoro di veterinaria è duro, il crescere un bambino riempie le giornate una donna di 35 anni si sente in gabbia.
Mi mi odio quando cerco delle scuse.
Voleva solo essere un’innocua voglia di ritrovare sensazioni perse ma latenti.
Io e mio marito ci amiamo tantissimo, andiamo d’accordo ma dopo dieci anni quel battito, quei tremori si stemperano nella quotidianità.
Preparandomi mi sentivo bella, affascinate e Liugi (mio marito) mi aveva fatto notare che forse ero un po’ troppo ‘osè’, per come lo disse lui.
Una gonna corta, una camicetta senza spalline, una scarpetta con il tacco ‘nulla di che’ mi ero detto allora, da ‘gran puttana’ mi dico adesso. Cosa pensavo di fare il ballo delle debuttanti?.
Ecco che mi torna quel senso di sporcizia addosso, non avevo forse commentato con le amiche che spesso sono proprio le ragazzine ad attirare le violenze sessuali per il modo in cui si vestono.
Non riesco a perdonare la mia ingenuità adolescenziale, cosa pensavo di fare? E cosa ho fatto?
La cena si è svolta come tantissime situazioni del genere, un bicchiere in più qualche battuta qualche commento poco simpatico sui colleghi assenti. Quando stavamo per salutarci Paolo mi ha chiesto se volevo andare a vedere il suo cucciolo di Labrador, ho detto di si, anche se ero brilla, sono salita in macchina con lui. Tutto tranquillo, quando a svoltato in una strada sterrata, ancora non capivo non c’erano case solo i lampioni, quei lampioni che illuminavano la campagna. Ha fatto il giro ha aperto il mio sportello, pensavo volesse fumare una sigaretta.. no ..mi ha preso per i capelli, mi trascinato fuori dall’auto dicendomi che ero una puttana, una grandissima troia che volevo rovinare la storia con sua moglie.
Mi ha fatto inginocchiare davanti a lui e mi ha detto di succhiarglielo, ero terrorizzata, non riuscivo a fare nulla, potevo scappare? Potevo urlare? Ho cercato di negarmi di dire di no, ma lui aveva il cazzo già duro davanti le mie labbra.
Il suo membro era grosso, lungo non mi stava in bocca. Lui con le mani dietro la mia testa mi spingeva verso le sue gambe, io con le mia mani menavo la base e con la bocca succhiavo e leccavo il suo cazzo, Se dovessi vedere quella scena mi ucciderei.
Poi mi ha fatto alzare mi ha piegato con il culetto in fuori gridandomi -ora mi dai il culo brutta vacca-, mi ha sollevato la gonna spostato il perizoma e mi ha infilato tutto il suo grosso cazzo in culo. Io mi ero messa le autoreggenti per sentirmi più, sensuale e mentre mi inculava pensavo a mio marito che avrebbe voluto un vestito un po’ meno ‘osè’.
Sono proprio un troia aveva ragione Paolo.
Prima si era lubrificato con una crema ed il palo è entrato tutto dentro di me. Il dolore era acuto me lo sentivo fino nello stomaco e lui mi pompava forte, fortissimo con colpi di reni me lo sfilava da dentro per ributtarmelo dentro. Io piangevo, mugulavo per farlo smettere, ma lui mi stava dominando.
Poi sono venuta, ho goduto tanto in maniera inaspettata ed esplosiva, mentre un coglione mi stava stuprando il culo, subito dopo ho sentito un’onda calda riempirmi con spasmi mi era venuto dentro. Mi sono fatta portare alla macchina, non abbiamo detto una parola il suo sperma usciva ancora dal mio culo quando sono uscita dalla macchina.
Tornata a casa sono corsa in bagno, mi sono lavata quando chiudevo gli occhi vedevo i lampioni accendersi e spegnersi, cosa avevo fatto? Cosa mi aveva fatto? Mi sentivo una lurida vacca, ho succhiato il cazzo di Paolo mi sono fatta stuprare il culo e mi piaceva succhiarlo, averlo in bocca e ho goduto tantissimo quando con violenza mi pompava da dietro.
Non merito di vivere, non merito di guardare in faccia Luigi, con dovrei avere la custodia di un bambino.
Quest’onta, passato l’effetto dell’alcol di quella sera, mi sta’ devastando, quando in ufficio vedo Paolo che come se niente fosse mi porta il caffè vorrei solo morire. Me la sono cercata, mi sono vestita da puttana, mi sono fatta scopare..nessuno toglierà questa infamia da dentro di me, non serva che qualcuno lo sappia basto io per capire quanto schifo mi faccio. Ed il fatto che ho goduto fortemente, senza farlo capire al mio stupratore mi rende ancora più un essere indecente avviato lentamente a perdere le sue capacità mentali ..non credo che riuscirò a sopravvivere ai sensi di colpa sono una lurida..
scritto il
2024-10-20
1 . 1 K
visite
6 3
voti
valutazione
7.5
il tuo voto

Continua a leggere racconti dello stesso autore

racconto precedente

Il principe de Siviglia 3

racconto sucessivo

Il business della dottoressa
Segnala abuso in questo racconto erotico

Commenti dei lettori al racconto erotico

cookies policy Per una migliore navigazione questo sito fa uso di cookie propri e di terze parti. Proseguendo la navigazione ne accetti l'utilizzo.