Accettare le condizioni - Capitolo 8

di
genere
dominazione

CAPITOLO 8


N.B.
Grazie a quelli che mi hanno scritto :)


Quando ripresi i sensi mi resi conto di essere sdraiata sul divano dello studio del dottore, una morbida coperta mi copriva e avevo la testa appoggiata sulle gambe di mio fratello. I nostri occhi si incontrarono, c'era apprensione nei suoi:

“stai bene Tania, hai fatto una cosa incredibile, sono orgoglioso di te”

Rimasi stupita del suo sguardo, mio fratello non mi aveva mai guardata così, c'era un misto di preoccupazione, stima e eccitazione che mi fecero sentire lusingata:

“finché non mi muovo sto bene ma spero che sia finita per oggi, non riuscirei più a sopportare neanche una carezza e credo che avrò bisogno di una mano per tornare a casa”

Mi distrassi un attimo e mi resi conto che sulla porta il dottore e Pamela si stavano salutando, guardai quella donna sparire e mi stupii a provare ansia, mi stupii nel rendermi conto di sperare di rivederla:

“non preoccuparti sorellina, ho già parlato con il dottore, avrai un periodo di riposo per riprenderti e io mi prenderò cura di te, ci ha chiesto di aspettare qualche minuto prima di tornare a casa, deve parlarci”

Chiusi gli occhi e mi lascia andare alle dolci carezze di mio fratello, ero sfinita. Dopo poco il dottore fu da noi, si sedette su una poltrona, piantò i suoi scuri occhi profondi nei miei sorridendo:

“cara Tania, sono contento del tuo comportamento di oggi, certo, sei ancora inesperta e devi imparare tante cose ma il tuo impegni mi fa credere di aver fatto un buon investimento con te, l'esperienza di oggi è stata molto dolorosa, ti dico subito che queste sono cose che possono succedere ma che il dolore sarà solo una parte marginale del tuo compito, come ti dicevo non amo infliggerlo ma in certe situazioni non è evitabile. Ti dico questo perché tra poco te ne andrai, ti concedo una settimana di riposo per riprenderti dalla sessione di oggi e ti anticipo il compito che ti verrà affidato fra sette giorni. Devi sapere che io possiedo una villa fuori città dove tengo una scuderia di cavalli di razza. Fra una settimana sarà necessario prelevare lo sperma dei maschi per degli accoppiamenti, di norma se ne occupa uno specialista ma trovo giusto, visto il nostro patto, che sia tu ad occupartene. Ti spiegherò poi meglio il tuo compito quando saremo sul posto. Un'auto ti passerà a prendere alle nove di mattina, fatti trovare pronta e puntuale. Detto questo ti puoi congedare, curati e riprenditi, mi servirai in forma”

Sapevo che questo momento sarebbe arrivato ma il fatto che mancassero solo sette giorni mi lasciò allibita. Il dottore uscì dallo studio, ci vennero portati i miei abiti e mio fratello si occupò di vestirmi con una cura e una delicatezza che non gli avevo mai visto. Giunta a casa mi rinchiusi in camera mia, volevo stare sola, non riuscivo ad accettare il mio destino. Passai le ore distesa immobile nel letto, a fatica mi ero denudata, non riuscivo a sopportare il bruciore che il pigiama mi dava sul corpo irritato dalle frustate e ogni movimento rischiava di darmi fitte allucinanti. Sul bianco soffitto della stanza si dipinsero le scene che si formavano nella mia mente, anche con la fantasia mi era difficile immaginare quello che mi attendeva, presto il mio corpo sarebbe stato concesso a dei cavalli, le lacrime scendevano piano sulle guance mentre, lentamente, le fatiche della giornata avevano la meglio su di me consegnandomi a Morfeo.
Ero distrutta, come in un sogno sentii mani morbide massaggiarmi il corpo, una sensazione di unto, fresco a lenire la dove la pelle era più infiammata, dita affusolate mi parvero percorrere i capezzoli in ampi cerchi mentre le punte si facevano turgide, gemetti mentre la sensazione si impadroniva del mio sesso, lo ricopriva, dischiudeva, penetrava. Nella penombra della stanza, nella penombra della mente mi sembrò di intravedere un sorriso ma il sonno ero troppo e le energie ormai esaurite. Al risveglio la sensazione di quello che avevo vissuto nella notte era ancora presente in me ma troppo offuscata per capire se si fosse trattato solo di un sogno. Mio fratello si prese cura di me, mi portava da mangiare, mi aiutava nel muovermi e mi curava la pelle offesa dal frustino. Quel giorno mi godetti le sue cure, rimasi sempre completamente nuda, i vestiti mi infiammavano la pelle troppo delicata, la cosa aveva un effetto evidente sul fratellone come dimostrava il grosso bozzo nei pantaloni. Mentre mi massaggiava una pomata lenitiva sul corpo le sue mani si fecero sempre più avide di minuto in minuto e incomincia a temere che presto si sarebbe preso quello che desiderava. L'idea mi terrorizzava, infiammata com'ero sarebbe stato terribile farlo sfogare ma devo ammettere che lo avrei fatto volentieri, volevo ripagarlo per le cure amorevoli e farlo facendogli usare il mio corpo iniziava a venirmi spontaneo. Il suo massaggio durò a lungo, io rimasi immobile, quasi tesa ma alla fine non successe nulla, mi diede un bacio sulla fronte e se ne andò a dormire in camera sua.
Quella prima giornata fu strana, mi stavo abituando alla mia situazione e ricevere attenzioni, cure, invece di essere semplicemente presa e usata era stato rinfrancante, nella mia vita c'era sempre stato qualcuno a prendersi cura di me, gentilmente, con amore, fino a poco tempo fa davo questa cosa per scontata, non la apprezzavo a pieno ma ora che ero diventata un oggetto al servizio di altri, avere attenzioni solo per me aveva il valore di un prezioso tesoro.
Questo è quello che mi ritrovai a pensare mentre il sesso rigido di mio fratello mi penetrava la gola, un solo giorno era durato il suo prendersi cura di me in modo altruistico, già dal secondo aveva iniziato a curare i miei lividi mentre fotteva la mia bocca a suo piacimento.
Era entrato mentre ancora dormivo, con delicatezza mi aveva spostata sul materasso, ero ancora stanca per l'avventura vissuta con Pamela e non mi destai, mi fece scivolare fino a far sporgere la testa dal materasso lasciandola cadere all'indietro, la bocca mi si aprì spontaneamente e lui introdusse il suo arnese in profondità mentre con le mani iniziava a massaggiarmi con gli unguenti lenitivi. La sua ingombrante presenza mi destò in fretta, l'insieme di sensazioni dato dalle mani che mi carezzavano nei posti più sensibili e dalla verga che mi scavava fino all'ugola mi lasciò frastornata, non riuscivo a capire dove fossi e cosa stesse succedendo poi la sua voce mi riportò alla realtà:

“Buongiorno sorellina, questa mattina vado un po' di fretta, fra una mezz'ora devo essere fuori casa, tu continua pure a riposare, penso io a te”

Il lento andirivieni del suo pene fra le mie labbra dava un senso preciso di cosa intendesse dicendo che avrebbe pensato lui a me ma le sue mani dolci erano piacevoli sul corpo e visto che la mia vita era ormai votata a soddisfare i miei padroni mi trovai a pensare che mio fratello fosse uno di quelli a cui mi dedicavo più volentieri. Richiusi gli occhi, serrai le labbra attorno alla sua asta, poggiai la lingua con forza in modo che strofinasse bene mentre lui scivolava in me e provai a rilassarmi ma venni subito ripresa.

“no, no, Tania, ti ho detto di continuare a rilassarti, non voglio che fai nulla con quella bocca affamata di cazzi, sei proprio viziosa, non si riesce ad accontentarti. Voglio che tu stia ferma con la bocca ben aperta, più spalancata che puoi e attenta ai denti”

Spiazzata allentai la presa delle labbra e divaricai la bocca al massimo lasciandogli spazio, lui continuò il suo lento massaggio in sincrono con l'entrare e l'uscire da me. Mi massaggiò accuratamente i seni mentre una buona metà del suo cazzo mi scivolava nella bocca aperta oscenamente. Con le dita ben unte si prese cura dei miei capezzoli, ci girò attorno, li fece inturgidire per poi pizzicarli delicatamente e tirarli verso l'alto, erano ancora molto sensibili per le frustate che avevano ricevuto e a lui ci volle poco per imprimere la giusta pressione per portarmi al limite fra piacere e dolore, li tirò verso l'alto con cautela lasciando che lo seguissi inarcando la schiena per evitare che la tensione divenisse dolorosa e smettendo solo ai primi gemiti emessi dalla mia bocca ingombra. Massaggiò le mammelle con scrupolo coprendo ogni parte in cui il frustino aveva lasciato i segni e poi iniziò a scendere verso il basso, verso il mio sesso che sentivo pulsare, mi sentivo fradicia, le sue mani, il suo uccello, avevo una gran voglia ma non osai dire una parola e restai li distesa, impalata in gola a sperare, anelare che le sue mani virili giungessero alla mia fica, che la aprissero, che la massaggiassero e penetrassero. Non me ne resi neanche conto ma mentre le mani scendevano avanzando in me anche l'uccello mi veniva spinto più in profondità avanzando nella mia bocca. Quando le mani raggiunsero il ventre, la cappella raggiunse il fondo della gola, si appoggiò tappandomi, l'aria smise di affluire ai polmoni mentre conati di vomito sopraggiunsero per l'ingombro inaspettato. Lui si fermò, smise di scendere sulle mie carni, le mani si allargarono fino a cingermi i fianchi, si ancorò bene e poi ritrasse un po' il bacino, l'aria tornò rumorosa in me, quello che stava succedendo mi spaventava ed eccitava allo stesso tempo, ero rigida come una corda, la mascella mi faceva male tanto la tenevo tesa ed aperta, le sue mani quasi non le sentivo un po' come la sua voce che mi parlava del più e del meno, della sua vita, del lavoro e degli amici. Come se non stesse accadendo nulla di particolare spinse con forza, un nuovo affondo trovò e tappò la parte profonda della mia gola, lui continuava a parlare di inezie come nulla fosse e continuava a spingere, avrei voluto vomitare ma non potevo, spingeva forte facendosi strada la dove strada non ve ne era più, rumori di tosse e strangoloni uscivano attutiti da me, le sue mani mi impedivano di fuggire mentre sobbalzavo per i conati, lentamente, molto lentamente, sentii il suo pene scendere, ancora un po', ancora più in fondo, facendosi spazio mentre l'ossigeno stava diventando una necessità impellente, troppo impellente, lacrime mi colavano sul viso, avevo la lingua fuori a cercare di fare spazio per lui dentro, scendeva millimetrico, mi dibattevo inutilmente in cerca di un respiro ma si era ancorato bene e spingeva, spingeva forte per allargarmi, nel soffocarmi, rantolavo, rumori strani uscivano dalla mia gola ostruita, guidati dal desiderio, dalla disperazione fino a che non sentii le sue mani scendere un po' più giù, fino a lambire i miei glutei morbidi e, finalmente, si ritrasse lasciandomi respirare. Tossivo, saliva mi usciva a fiotti dai lati della bocca colandomi sugli occhi, sui capelli, era indietreggiato ma non tanto da uscire dalle mie labbra che ero costretta a tenere spalancate, sempre spalancate ma almeno respiravo. Una pacca mi raggiunse su una coscia:

“dai sorellina, ti ho detto che ho fretta questa mattina, la tua bocca è un casino, non sei affatto ospitale, sto facendo una gran fatica a farmi spazio, non è carino da parte tua, forza, almeno qualche altro centimetro, devo arrivare alla tua fichetta per spalmare la crema lenitiva e non ci riesco se non mi fai entrare un po' di più, lavoreremo poi sull'infilartelo in gola fino all'ultimo centimetro, ci dovremo lavorare tutta la settimana, pensa se lo avesse voluto fare il nostro caro Dottore, che figuraccia, magari gli vomitavi pure addosso ma non preoccuparti, so che ti impegnerai, per quando arriverà il giorno dei cavalli sono sicuro che la tua gola sarà diventata bella accogliente”

I cavalli, mi ero scordata dei cavalli, fu come un cazzotto allo stomaco seguito dal suo uccello che ripiombava in me con ancora più forza di prima, diceva il vero, non aveva tempo, mi si piantò in profondità e cominciò a dare forti spinte per forzarmi, nemmeno un filo d'aria mi era concesso, mi agitavo involontariamente ma non avevo speranza di sfuggire alla sua forte presa, sembravo un pesce che si dibatte spasmodicamente cercando di riguadagnare l'oceano, disperata lo sentii avanzare in me millimetro dopo millimetro mentre attendevo di svenire per il soffocamento, sentivo la mia gola gonfiarsi come quella di un rospo al passaggio della sua cappella e poi le sue mani si spostarono, raggiunsero il mio sesso, lo afferrarono come appiglio per un ultimo, straziante, affondo. Mi sembrò di ingoiare la sua cappella, come se l'ultima spinta me la avesse fatta deglutire instradandola verso lo stomaco e poi si ritrasse, solo un attimo ma abbastanza da far passare un lungo, rumoroso, respiro di sollievo. Iniziò il suo massaggio lenitivo al mio sesso mentre, ritmicamente, affondava con forza qualche secondo e poi mi stappava, ogni volta era come se il suo sesso sfondasse l'ostacolo della mia gola, lo violasse e poi si ritraesse, la quantità di saliva che mi usciva dalla bocca aumentava, mi sentivo il viso come coperto da una maschera mentre lui:

“ma senti qui, sei fradicia, hai la fica tutta aperta, mi risucchia le dita, sei proprio una porcellina, se non sto attento mi entra tutta la mano, hai voglia ehhh? Mi spiace ma non posso scoparti, almeno qualche altro giorno, devi prima guarire bene e poi porta pazienza, vedrai che sarai ben ripagata, sono sicuro che gli stalloni del Dottore ti scoperanno fino allo sfinimento, non vedi l'ora di prendere quei cazzi enormi e maleodoranti vero?”

Continuava il suo massaggio mentre le parole mi frustavano la mente, mentre le mani mi infuocavano il sesso:

“ok, direi che ti ho massaggiata abbastanza, un minuto che mi scarico e poi fuggo, chiudi bene le labbra ora e appoggia la lingua Tania, dai, dai, ho fretta”

Vinta esegui, sentii la sua carne calda e pulsante scivolare a contatto con le mie labbra, con la lingua ruvida, non ne potevo più e succhiai come una disperata per far finire quella tortura e infatti, in breve, finì. Accompagnato dai suoi rantoli di piacere per l'essere piantato in profondità come non mai, mi schizzo il suo seme direttamente nello stomaco, lunghi schizzi mi colpivano le pareti della gola per poi scivolare lentie dentro di me, eiaculò a lungo prima di liberarmi, tanto a lungo che credetti di soffocare per la seconda volta fino a che non si staccò lasciando, finalmente, libera la mia bocca. Improvviso un conato di vomito mi costrinse a girarmi per riversare tutto a terra, lui, intanto, si ricomponeva in fratta fra i miei colpi di tosse poi si abbassò verso di me per baciarmi e fu come se mi vedesse per la prima volta.

“ma che hai combinato Tania? sei piena di saliva e vomito, fai schifo lo sai? Dai vatti a lavare che io devo scappare, questa sera lo rifacciamo ma cerca di comportarti meglio, non saranno tutti pazienti come me, lo sai”

Mi diede un bacio su una spalla nuda e scappò via lasciandomi distrutta.
In effetti le sue cure amorose ebbero il loro effetto, il mio corpo guarì completamente già dal giorno successivo, mio fratello aveva preso il compito di curarmi sul serio e ci si era impegnato molto almeno quanto si impegnava a spanarmi la gola con il cazzo, tutti i giorni mi scopava in bocca più volte, come minimo due, la mattina appena sveglia e la sera prima di addormentarmi, mi diceva che il suo sperma era un'ottima colazione per me e che mi avrebbe fatto dormire meglio la notte. Se poteva però, mi nutriva con la sua asta turgida anche fino a cinque volte al giorno e in ogni sessione non perdeva occasione per guadagnare centimetri di profondità nella mia gola, in questo, devo ammetterlo, era molto fantasioso. Il mio fratellino aveva la passione della lettura, innumerevoli i tomi che aveva sviscerato parola per parola, quando la vita glielo permetteva passava ore a leggere e io divenni la sua compagna in questo passatempo. Inizialmente si organizzò in modo tale da farmi accomodare sotto il tavolo dove era solito leggere, nella sua stanza, nuda, ovviamente, sul freddo pavimento. Si era procurato delle mollette di metallo con dei denti arrotondati e una vite che permetteva di serrarle con forza, me le aveva applicate ai capezzoli stringendo fino a farmi contorcere per il dolore. Alle mollette aveva attaccato due sottili corde che aveva poi fatto passare attraverso i braccioli della sua sedia per fissarle alle gambe del tavolo in modo che i capezzoli fossero ben tesi e che io non potessi indietreggiare neanche di un millimetro. A questo punto si era accomodato, nudo dalla cinta in giù e mi aveva fatto imboccare il suo sesso fino alla profondità massima a cui ero riuscita ad arrivare. Ad ogni sessione segnava con una penna il suo membro subito fuori dalle mie labbra in modo da poter controllare i miei progressi.
Alla fine della preparazione mi trovavo in ginocchio sotto il tavolo, la testa inclinata sopra il suo inguine, ben incastrata dalle corde che mi tiravano i capezzoli tanto che credevo mi si sarebbero strappati, il suo cazzo ben bloccato in bocca e incapace di indietreggiare. Lui si metteva a leggere tranquillo, ad alta voce, diceva di essere felice di poter leggere per me e di condividere quel suo hobby ma mentre leggeva appoggiava i piedi sopra le mie cosce e si spingeva indietro dondolando sulle gambe posteriori della sedia, quel movimento tirava le corde e di conseguenza i miei capezzoli costringendomi ad avvicinarmi a lui e al suo sesso perché non mi si strappassero dai seni ma il prezzo da pagare per allentare la tensione delle mollette era di far scivolare ancora un pezzo del suo cazzo nella gola. Quando iniziammo c'erano ancora almeno dieci centimetri del suo sesso fuori dalla mia bocca ed ero sicura che mai e poi mai sarei riuscita a farli entrare tutti ma mio fratello era di un'altra opinione. Accompagnata dalle sue morbide parole che leggevano frasi per me senza senso, ad ogni dondolio, con un dolore straziante ai seni, sentivo la sua grossa e calda cappella forzare il fondo della mia gola tanto da costringermi e spingere la lingua fuori dalla bocca, mi sentivo allargata come nel tentavo di ingoiare un boccone troppo grosso, veramente troppo grosso. Con suoni assurdi esprimevo il mio sentirmi tappata e poi stappata di continuo, come una bottiglia sotto pressione, ad ogni affondo, con perizia, qualche millimetro in più mi veniva fatto ingoiare a forza tra il soffocamento e i conati di vomito. Perché mi adattassi, il fratellino, si attardava in profondità in me togliendomi il diritto al respiro, anche questo parte dell'allenamento, a suo dire, non poteva pretendere che imparassi a non respirare per far meglio i bocchini ma era il minimo aspettarsi che imparassi a trattenere il respiro il più a lungo possibile per il piacere dei cazzi che avrei succhiato nella mia vita. Il suo lento leggere aveva come sottofondo il rumore del mio tossire, del mio deglutire inutilmente la sua cappella con parte del suo cazzo e il gocciolare della saliva che mi impiastrava la faccia. Questa pratica non durava mai meno di due ore tanto che la mascella arrivava a diventare insensibile ma solo dopo avermi fatto provare dolori allucinanti almeno quanto quelli che mi regalavano i seni stirati e deformati dalla tensione delle corde. Alla fine, quando era ormai stanco di leggere, scusandosi con me per dover interrompere gli allenamenti mi faceva uscire con delicatezza da sotto il tavolo ma solo dopo aver segnato la lunghezza massima che avevo ingoiato, mi faceva sedere ai piedi del letto in modo che la testa mi fosse bloccata dal materasso e mi penetrava di nuovo fino al mio limite massimo ma in modo veloce e prepotente. Sentivo il suo arnese entrare, raggiungere il fondo, rallentare non tanto per sua volontà ma per la resistenza prodotta dalla gola che comunque cedeva, si allargava lasciandolo entrare e sprofondare. L'unico vantaggio di questa pratica era che tra un affondo e l'altro ero divenuta brava nel prendere il respiro e quindi non rischiavo di soffocare. Per un buon quarto d'ora il mio “gh, gh, gh, gh, gh”' ad ogni suo affondo era l'unico rumore che si sentiva nel silenzio della stanza, almeno fino al comparire dei suoi rantoli e alla nuova dose di sperma somministratami. Da brava, poi, pulivo il suo sesso fino a lucidarlo ben bene, ringraziavo e me ne tornavo alla mia vita. La mia vita, si, in effetti era vero, a parte il continuo lavoro di bocca il resto era tornato normale e in casa c'era un clima sereno, avevo solo notato, non so, come una sensazione quando eravamo tutti assieme ma non ci diedi peso.
Mancavano solo due giorni all’appuntamento con i cavalli del dottore e mancavano ancora cinque centimetri del cazzo di mio fratello da farmi ingoiare così lui decise di cambiare metodo, un po' perché non voleva rovinare il mio seno e un po' perché aveva deciso che era troppo tempo che i miei orifizi non venivano usati. Il ragazzo non era mai mancato di inventiva e aveva studiato un metodo particolare per continuare il mio allenamento. Aveva approntato una specie di basamento su cui erano montati due utensili tipo trapano che finivano con dei grossi dildi in gomma, il diametro non era esagerato, non raggiungeva i cinque centimetri mentre la lunghezza era sproporzionata, a occhio li avrei misurati in mezzo metro. Fui fatta posizionare sotto il tavolo, a quattro zampe, con cura e con calma il fratellino mi penetrò la fica e l'ano con quegli strumenti, la dilatazione improvvisa non fu piacevole ma avevo provato di peggio, piano piano fece scivolare quei due arnesi fino a trovare il fondo dei miei orifizi e poi li calibrò. Alla fine di un lungo lavoro mi trovai, una volta accesi gli utensili, con il dildo nella vagina che mi stantuffava uscendo per trenta centimetri e poi rientrando fino a spingere sul mio utero alla velocità di una scopata virile mentre il fallo nel culo, sempre piantato al massimo delle sue possibilità, ruotava lento in senso rotatorio, proprio come un trapano, rimescolando i miei intestini. Una volta soddisfatto del lavoro si sedette presentando il suo cazzo alla mia bocca e sistemandosi in modo tale da farmelo ingoiare fino al mio massimo poi lo vidi, con la coda dell'occhio, appoggiare il piede su un pedale che azionò un meccanismo che spingeva gli utensili verso di me e di conseguenza che spingeva i due falli ancora più dentro costringendomi ad avanzare e ad ingoiare il suo sesso sempre più. La sua lettura riprese mentre, scopata come non lo ero mai stata, mi costringevo ad ingoiarlo sempre più per paura di essere sfondata da quel suo arnese malefico. Con il lento trascorrere dei minuti gli affondi nella mia fica si moltiplicavano, il trattamento, come al solito, mi stava facendo colare come una cagna ma avevo una paura folle che i violenti affondi della macchina mi sfondassero se non facevo attenzione ad ingoiare sempre più carne così, un millimetro alla volta, mentre le mie labbra si muovevano come un lento bruco nel tentativo di penetrarmi la gola, avanzai sempre più verso la meta del suo pube peloso. Il peggio era però il fallo che mi ruotava nel culo, in breve la lubrificazione iniziale che mi aveva fatto divenne insufficiente, sentivo il mio buchino aderire sempre di più al cazzo che ruotava in me inculandomi, la pelle si faceva sempre più calda fino alle profondità del mio intestino e bruciava sempre più. Era passata solo un'ora, lui leggeva tranquillo, io ingoiavo disperata ma non c'era spazio e non riuscivo a raggiungere la fine, gli arnesi mi torturavano gli orifizi e indifesa cominciai a mugolare per il dolore che diveniva ogni secondo più insopportabile, passarono altri cinque minuti in cui mi convinsi che o la gola o il mio ventre si sarebbero sfondati, mi contorcevo e frignavo sempre più poi mio fratello si tolse di botto e infastidito:

“Tania, io sono contento di condividere le mie letture con te ma non è proprio possibile farlo mentre frigni continuamente, volevo essere delicato con te mentre ti insegnavo ad ingoiare cazzi ma sembra che la delicatezza non ti si addica quindi credo che dovremo impiegare le maniere dure in modo che poi io possa avere un minimo di tempo libero per me, ti voglio bene ma non posso dedicarti ogni secondo della vita, dai, mettiti in posizione vicino al letto”

Sgomenta avanzai piano fino a stapparmi dalle due macchine che continuavano a scoparmi e incularmi imperterrite, solo una volta stappata lui le spense. I buchi mi bruciavano terribilmente ma raggiunsi la mia posizione e mi misi con la testa ben appoggiata come piaceva a lui, impossibilitata di indietreggiare, lui si avvicinò:

“tieni la bocca ben aperta, più che puoi, è ora di finirla, adesso te lo sbatto in gola fino in fondo così poi posso dedicarmi un po' a me”

Mi affondò dentro con vigore e iniziò a stantuffare con violenza, io tossivo disperata e sbavavo come una cagna mentre impassibile mi scavava, ci vollero almeno una cinquantina di affondi decisi ma alla fine, con un suo sospiro di soddisfazione, sentii il mio naso affondare nei peli del suo pube, mi teneva per la testa e sotto il mento mentre spingeva forte in modo che ogni millimetro mi fosse dentro, avevo provato ad allungare le labbra verso l'esterno per facilitarmi il compito ma la sua forza mi sovrastava e mi schiacciò la faccia contro il suo ventre, con rabbia, per un lungo minuto, non pensavo di riuscire trattenere il fiato così a lungo ma mi sbagliavo, resistetti e così mi potei sorbire la lunga scopata che inflisse alla mia gola uscendo fino a lasciar dentro solo la cappella e poi risprofondando fino all'ultimo centimetro, iniziò con un ritmo lento, salì piano, estenuante, non avevo più forze ma lui continuò imperterrito fino ad arrivare a sbattermi talmente forte che il naso mi faceva male quando incontrava il suo ventre e poi schizzo, mi riempì con il suo seme e solo allora mi resi conto che per quanto mi avesse fatto bere il suo sperma di continuo per tutta la settimana era sempre venuto così in profondità in me che non avevo la minima idea di che sapore avesse. Fui cacciata in malo modo e, finalmente, andai a riposare, sfinita, dolorante ma felice di aver raggiunto quell'obbiettivo. L'ultimo giorno mi fu concesso di riposare tutta la mattina ma dovetti passare il pomeriggio a spompinare mio fratello, lui leggeva tranquillo sdraiato sul letto mentre a me era stato ordinato di ingoiarlo fino alla fine per poi estrarlo fino alla cappella in modo da abituarmi e da non mandare sprecato il lavoro del giorno prima, mi posizionai sopra di lui, come volessi fare un sessantanove ma senza salirgli sopra e inizia il mio lungo lavoro. I primi affondi non furono facili ma non ci impiegai molto a raggiungere l'obbiettivo, quando mio fratello sentì le mie labbra alla base della sua asta si distolse un attimo dalla lettura, lo vidi sorridere e accarezzarmi il culo nudo con affetto, sorrisi anch'io e misi più energia nel mio compito. Per quattro ore non feci che ingoiare e stapparmi mentre lui leggeva, aveva l'abitudine di prendere appunti con penne a evidenziatori ma ogni volta che li appoggiava nel letto faceva poi fatica a ritrovarli così, avendo i miei buchi a portata di mano, iniziò ad usarli come porta penne. Io ingoiavo il suo sesso mentre lui mi rigirava distrattamente vari oggetti nella fica e nel culo, devo dire che la cosa mi faceva anche un certo effetto. Per quanto mi fosse stato ordinato di eseguire i miei ingoi lentamente ogni tanto schizzi di sperma mi venivano somministrati, ero stata avvisata che poteva succedere e in quel caso ero attenta nel bere tutto senza sporcare per poi continuare con il mio lavoro mentre il pene mi si ammorbidiva in bocca per poi tornare rigido a sfondarmi la gola fino all'eiaculazione successiva. Nelle quattro ore ricevetti tre dosi direttamente nello stomaco mentre i miei buchi venivano rimestati tanto che quando mi venne detto che potevo smettere provai a chiedergli se gli andava di scoparmi o incularmi fino a farmi venire perché era tutta la settimana che non raggiungevo l'orgasmo. Lui sorrise amorevole:

“Tania, che puttanella che sei, se fosse per me ti accontenterei ma devi capire che il tuo piacere non è importante, non conta nulla, tu sei un oggetto e non devi avere desideri, se raggiungi l'orgasmo è solo una conseguenza che con il tempo dovremo insegnarti a controllare e poi vedrai, domani, i cavalli del dottore, ti faranno venire a volontà, ne sono certo”

Con quest'ultima frase in testa mi addormentai, la mattina dopo sarebbe arrivata la macchina del dottore.
Puntuale, coperta solo da un soprabito e nuda sotto come richiesto uscii dalla porta di casa, la macchina mi stava attendendo ma rimasi sbalordita quando vidi mio padre parlare con l'autista poi si staccò dal finestrino e prese la via di casa venendo verso di me sorridente, mi arrivò davanti, io ero rimasta a bocca aperta e lui ne approfittò per baciarmi appassionatamente e per far scivolare la lingua dentro la mia bocca, stavo pomiciando con mio padre mentre sentivo due sue dita schivare il soprabito e trovare, esperte, il mio sesso che improvvisamente grondava. Dopo lunghi secondi si stacco da me e annusando le dita grondanti dei miei umori disse:

“vai Tania, tuo fratello Matteo ti aspetta in macchina, so che mi renderai orgoglioso di te”

…CONTINUA. IL RACCONTO TI E' PIACIUTO? LO HAI ODIATO O ALTRO? DARE UN'OPINIONE AIUTA A MIGLIORARSI glorfindel75@gmail.com
scritto il
2025-02-13
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