Accettare le condizioni - Capitolo 10
di
Glorfindel
genere
dominazione
CAPITOLO 10
Fu mio fratello a prendersi cura di me, mi fece alzare da terra e mi accompagnò nella mia stanza nella parte alta della villa, mi lavò accuratamente e io rimasi inerme, sfinita dall'esperienza appena fatta mentre lui si assicurava di togliere lo sperma animale da ogni angolo del mio corpo con particolare attenzione agli orifizi che passò e ripassò in profondità con le dita. Mi depose poi, nuda, sul letto, si accomodò fra le mie gambe e mi penetrò distrattamente mente non smetteva mai di tessermi le sue lodi per il lavoro stupendo che secondo lui avevo fatto, diceva di sentirsi molto orgoglioso mentre pompava il cazzo turgido nel mio sesso. Mi scopò con estrema calma, in modo accurato, mi lasciai andare inerme facendomi cullare dalla sua voce che melodiosa tesseva lodi sulle mie naturali attinenze da zoccola e facendomi pervadere dal suo cazzo che mi scavava sempre più a fondo. Continuò per una buona mezz'ora, non fu un'esperienza sgradevole, non ebbi orgasmi, quella situazione sembrava essere divenuta troppo soft per il mio corpo ma il lasciarmi usare, l'abbandonarmi a lui come fossi una bambola mi rilassò e non potei fare a meno di sorridere serenamente quando sentii il suo sperma invadermi l'utero. Appena finito di scaricarsi mi coprì con una coperta e mi salutò con un bacio sulla fronte, pochi secondi dopo dormivo beatamente.
Erano le dieci di sera quando fui svegliata da Matteo:
“svegliati Tania, hai riposato abbastanza, tutti ti aspettano al piano di sotto, il dottore ha detto di avere bisogni di te. Li, in fondo al letto, ti ho messo il vestito che ha ordinato di farti indossare, mi raccomando, non farmi fare brutta figura, preparati in fretta e non fare attendere i tuoi padroni”
Sparì dalla mia stanza mentre ancora dovevo riuscire a rendermi conto se fossi sveglia o meno.
Il vestito era un semplice tubino nero senza spalline e molto aderente, il tessuto era fantastico, fasciava in modo perfetto, la gonna mi arrivava tre dita sotto le natiche. Oltre al vestito c'era un perizoma in pizzo nero neanche troppo succinto, copriva a fasciava il mio sesso mettendo in risalto le curve delle grandi labbra e il filo posteriore era largo quasi due dita. Il tutto completato da un paio di scarpe laccate e chiuse in punta con un tacco vertiginoso. Niente per il mio seno che rimaneva libero di mostrare i capezzoli già rigidi attraverso la stoffa del vestito. Mi pettinai con attenzione, niente trucco, un sospiro profondo e mi incamminai verso il mio destino.
Nella grande sala vi erano radunate tutte le persone che avevano assistito al mio spettacolo con i cavalli da sotto il gazebo, erano tutti da un lato, vicino al camino, in mezzo a loro, su una lussuosa poltrona vi era il dottore mentre ai lati, sui vari divani, vi erano gli altri. All'altro capo della sala c'erano tutti quelli che lavoravano nella tenuta, al centro, cosa che non mi sarei mai aspettata, c'era Pamela, vestita esattamente come me, ferma, in piedi, immobile.
Certo, su di lei il vestito aveva un effetto diverso, soprattutto per il seno enorme che sembrava dover scoppiare. Era una donna più morbida di me, non certo grassa ma più abbondante nelle sue curve e aveva un’immagine più matura e navigata, un'eleganza innata che contrastava con la mia bellezza acerba. Su un lungo tavolo accostato ad un muro intravidi una miriade di oggetti, era un misto fra strumenti di tortura medievale e l'assortimento di un sexy shop. Ad un cenno del dottore mi andai a posizionare al fianco di Pamela, il brusio di voci di sottofondo sparì ed il dottore parlò ma non lo fece rivolgendosi a me ma ai presenti:
“cari amici, questa sera voglio realizzare il desiderio di una donna che io considero meravigliosa, Pamela, grazie a lei assisteremo ad una gara, una sfida fra Tania che ci ha già dimostrato alcune delle sue capacità e Pamela che conosce il mondo della dominazione e sa cos'è una schiava da molto più tempo. Le nostre concorrenti partono da situazioni diverse, Tania si trova qui ad allietarci per necessità, la sua è stata una scelta volontaria, non è costretta da nessuno ma non si troverebbe qui se la vita non l'avesse messa in una situazione difficile. Pamela frequenta il nostro club da molti anni, ha visto molte schiave ma non è mai stata lei stessa una di loro e vuole fare questa esperienza almeno una volta. Le regole della gara sono semplici, ci saranno varie fasi, io ve le spiegherò una per volta ma tutte avranno in comune una sola cosa, tutto sarà ammesso, nulla escluso ma all'inizio di ogni fase si dovrà specificare come quest'ultima avrà fine. Per capirci meglio, se una delle prove fosse la fustigazione bisognerà dichiarare esattamente quanti colpi saranno inferti, durante la battitura, alla vittima. Potrà essere fatta qualunque cosa ma se arrivati all'ultimo colpo, la vittima, non si sarà arresa la prova sarà superata. L'ultima prova di questa gara, qualora ci si dovesse arrivare, sarà ad oltranza perché alla fine ci dovrà essere una vincitrice. La gara avrà termine quando una delle due concorrenti dirà BASTA, non sono ammessi errori, se la parola BASTA venisse pronunciata per qualunque motivo si avrà perso. Essendo una gara trovo giusto vi sia un premio in palio anzi, per essere più precisi, ci sarà una punizione per la perdente.
Chi si arrenderà, il prossimo fine settimana, sarà messa a disposizione per tutta una notte dei clienti di una discoteca che mi appartiene e dovrà eseguire qualunque cosa le venga chiesto da chiunque sia nel locale. Detto questo credo che possiamo iniziare, la prima prova è semplice, le concorrenti dovranno auto infliggersi una punizione, essendo auto inflitta non è necessario stabilire quando si concluderà la prova, saranno loro stesse a decretarne la fine.
Chi si infliggerà, a mio insindacabile giudizio, la punizione peggiore, avrà vinto e potrà iniziare la vera gara sottoponendo lei stessa la perdente al primo test. Comincerà Pamela, visto che è stata lei a volere questa situazione credo sia giusto sia lei ad aprire le danze”
Quando nella stanza tornò il silenzio non ero certa di aver capito a cosa andavo in contro ma Pamela sembrava molto più sicura di me. Con passo sicuro si portò ad un angolo della grande stanza, fissando dritto negli occhi il dottore afferrò con le lunghe dita il bordo del vestito proprio davanti al seno, spinse appena verso il basso e la natura fece il resto. Le grosse tette balzarono fuori in tutta la loro magnificenza, non erano minimamente cadenti e rimasero li sotto gli occhi di tutti, sode, imponenti ed appetitose. Un sommesso brusio accompagnò la loro comparsa, gli occhi di tutti erano fissi sulla candida e morbida pelle esposta, sulle grosse areole scure che terminavano con punte turgide. Pamela lasciò ai presenti il tempo di godersi la vista del suo seno poi con fare altezzoso si girò con la faccia contro il muro, afferrò le mammelle da sotto e le spinse a forza contro la parete. La stanza era lunga almeno quindici metri ed era stata intonacata con del cemento grezzo, il risultato era che i muri erano di quel tipo molto ruvido, ricoperto di una miriade di asperità appuntite, di quelli che basta appoggiarci una mano con troppo peso e già ti pungi un po'. Pamela vi appoggiò i seni scoperti, li spinse con le mani ad aderire bene e vi ci aggiunse il peso del corpo poi, con lenti ma decisi passi, iniziò a spostarsi lungo la parete, tenendo indietro la testa, i lunghi capelli che cadevano liberi mentre il seno veniva trascinato, fatto strisciare, centimetro dopo centimetro. Impiegò diversi minuti a percorrere tutti i quindici metri e a metà strada non riuscì più ad evitare di mugugnare il suo dolore. Qui e la, lungo la strada, piccole chiazze rosse imperlavano la parete bianca ma la donna non alleggerì mai la presa, arrivò fino all'ultimo centimetro digrignando i denti e poi si staccò. Restò ferma qualche secondo, rivolta verso l'angolo, come a riprendere fiato e poi si girò orgogliosa, come avesse compiuto un'impresa eroica. I suoi bellissimi seni erano cosparsi di lunghi graffi che andavano ad intrecciarsi uno sull'altro come la tela di un ragno con il fulcro sui capezzoli. La pelle bianca ora era visibilmente arrossata e qui e là qualche piccola goccia di sangue usciva dai graffi più profondi. La donna, in fine, piazzo i suoi occhi nei miei, mi sia avvicinò con il solito passo deciso, la sfida che lanciava era chiara e di fronte alla sua sicurezza, guardando ancora lo splendido seno martoriato della donna che mi aveva fustigato con tanta ferocia, non potei fare a meno di sorridere.
Sono sempre stata una tipa competitiva e quella situazione smosse qualcosa in me, lasciai i suoi occhi e mi diressi verso il tavolo con gli oggetti, mi ci volle un poco ma alla fine trovai ciò che cercavo, lo presi e mi diressi verso il dottore, gli arrivai davanti, feci un respiro per prendere coraggio e:
“padrone, posso chiederle di usare le sue mani per infliggermi la mia punizione?”
Il dottore mi guardò fra lo stupito ed il divertito e poi mi porse le mani che con delicatezza misi una affianco all'altra con i palmi all'insù. Aprii la scatola che avevo preso sul tavolo e con estrema attenzione cominciai a disporre sulle sue mani delle puntine da disegno, ovviamente, con la punta rivolta verso me. Ci impiegai più di un quarto d'ora ma alla fine entrambe i suoi palmi erano coperti completamente da puntine. A quel punto, guardando solo nei suoi occhi pieni di curiosità, come ci fossimo solo noi due, scoprii il mio seno sodo, mi piegai verso il mio padrone e con attenzione feci aderire le sue mani a coppa alle mie mammelle. Sentii le decine di piccole punte incontrare la carne sensibile, perforarla appena, spinsi quel tanto che mi serviva per essere certa che le puntine non si muovessero più, volevo essere certa di non bucare per sbaglio una mano del dottore, il metallo entrò appena nei seni quel tanto che bastava. Tutte quelle piccole punture erano molto fastidiose, quelle sui capezzoli soprattutto, il caso aveva voluto che una puntina centrasse in pieno la punta di un capezzolo, quella era veramente dolorosa ma la mia prova era appena all'inizio.
Allungai le mani, slaccia la sua patta e la cintura ed estrassi il lungo e robusto pene già rigido, lo puntai verso le mie labbra ancora lontane e inizia a scendere con la testa. Non mi persi in inutili giochi di lingua, non era il momento, aprii la bocca e accolsi la sua cappella mentre le mani si abbassavano spinte dal mio corpo che scendeva ad ingoiare il cazzo con le puntine a fare da cuscinetti che penetravano sempre più in profondità. Quando mi trovai con metà del suo arnese in bocca le sue mani si poggiarono sulle cosce, ora non potevano più scendere. Continua ad ingoiare la lunga mazza centimetro dopo centimetro. Mentre me lo spingevo in gola aumentavo la pressione del mio seno contro le puntine, sentivo il metallo farsi strada nelle mammelle, sentivo i capezzoli trafitti da infiniti spilli, sentivo le puntine sempre più in profondità fino a che, mentre piccole lacrime di dolore mi solcavano le guance, ogni singolo spillo non fu inserito perfettamente nei miei seni fino alla base ma il cazzo del mio padrone non era ancora tutto nella bocca. Lui restava impassibile, mi lasciava fare e io volevo arrivare fino alla fine, spinsi ancora, i seni cominciarono a comprimersi contro le mani, a schiacciarsi mentre il metallo si faceva spazio in me, il dolore era forte, mi sentivo le tette andare a fuoco, non c'era un solo centimetro di pelle che non sentissi perforato ma continuavo a spingere, ad affondare nella carne, a farlo affondare nella mia gola ormai abituata alla penetrazione e lo presi tutto, appoggia le labbra sul suo pube, lo assaggia fino all'ultimo millimetro, lo tenni in me qualche istante, lo sentii pulsare involontariamente nella gola ostruita, resistetti fino a che il bisogno di aria non fu più rimandabile e mi rialzai, dritta in piedi, gli occhi nei suoi divertiti. Mi girai verso il pubblico, mi girai verso Pamela, sulle mie mammelle decine di tondini dai vari colori, come bizzarre coppe di un reggiseno, tutti gli aghi ben piantati in profondità e saldi ma non avevo ancora finito. Senza più lasciare gli occhi della mia sfidante raggiunsi i lati della gonna con le mani, comincia a farla scivolare verso l'altro fino a denudare completamente il mio sedere ben esposto davanti al viso del padrone, afferrai il filo del tanga con una mano e lo tirai da una parte per liberare i miei orifizi, cercai e trovai il cazzo del dottore con l'altra mano e davanti agli occhi di Pamela mi sedetti fra le sue gambe larghe facendo scivolare tutto il suo pene dentro il sesso grondante, mi accomodai impalandomi, gustando quel grosso pezzo di carne che mi si inseriva dentro fino alla radice. Una volta accomodata presi le mani del dottore, le appoggia ai miei seni, sentivo la sua pelle calda nello spazio fra una puntina e l'altra, lo invitai a massaggiarmi le tette martoriate, poggiai le mie mani sui braccioli della poltrona e comincia a scoparmi con calma mentre le tette mi venivano torturate dagli aghi mossi e spinti sempre più giù. Inizialmente mi limitavo a ruotare il bacino per far muovere il cazzo in me mentre lui mi massaggiava le tette senza troppa energia. Facevano male ma era sopportabile soprattutto perché la mia fica iniziava a prendere il controllo della mente ma poi il padrone cambiò ritmo, sentii le sue mani stringere con forza tanto che iniziai ad urlare per il dolore che decuplicò, sentii la sua bocca appoggiarsi al mio collo e iniziare a baciarlo mentre premeva il mio seno verso l'altro per farmi alzare il bacino e poi con forza verso il basso per impalarmi di nuovo. Non aveva certo attenzione per il mio dolore ed in breve, il mio esile corpo, divenne oggetto nelle sue mani, mi guidava attraverso il seno come se le puntine non ci fossero, mi sembrava di sentire il metallo arrivare tanto in profondità da toccare le ossa, mentre mi costringeva a scoparmi con foga le sue mani stringevano come morse. I miei gemiti erano un misto di piacere e dolore perfettamente mischiati, la solita disperazione si fondeva con una sensazione di pienezza che mi invadeva il cervello, avevo iniziato io quel gioco ma ora ero solo uno strumento fino a che non mi ricordai della gara. Spinsi la testa all'indietro inarcando la schiena in modo da appoggiare la nuca sulla sua spalla, il collo sulla sua bocca avida, aggiunsi le mie mani alle sue, lui stringeva tanto da farmi urlare ma al contempo io lo guidavo a fare anche un movimento rotatorio sui seni. Spinsi il culo su e giù più velocemente che riuscivo, scopandomi con foga, sempre più veloce mentre il suo respiro accelerava, mentre le sue mani mi facevano sempre più male, mentre il suo cazzo vibrava in me. Lo scopai, mi scopai, mi facevano male anche le cosce per la velocità a la forza con cui lo sbattevo nella fica, il mio culo tondo e sodo era come una pistone sul suo uccello e alla fine esplose, mi si riverso dentro aggrappandosi al seno tanto da farmi gridare come una pazza, rimase avvinghiato per oltre un minuto scaricandosi in me, io rigida e immobile a mordermi le labbra con violenza e poi mi lasciò, sudata, distrutta rimasi accasciata sul suo corpo per qualche secondo prima di riprendermi. Poco dopo mi alzai, lo sperma colò fuori dalla fica e si cosparse sul pene ancora turgido. Leccai e pulii tutto con attenzione e con mani tremanti lo rivestii e lo ricomposi da brava schiava, ora non riuscivo più a guardarlo negli occhi, fu difficile anche raggiungere il tavolo con gli oggetti e impiegai una vita ad estrarre ogni puntina dalle carni delle tette ma almeno ebbi il tempo di riprendere il controllo. Tornai al fianco di Pamela, ora avevo lo sguardo basso e attesi il giudizio del dottore:
“credo non vi siano dubbi, la vincitrice è Tania”
…CONTINUA. IL RACCONTO TI E' PIACIUTO? LO HAI ODIATO O ALTRO? DARE UN'OPINIONE AIUTA A MIGLIORARSI glorfindel75@gmail.com
Fu mio fratello a prendersi cura di me, mi fece alzare da terra e mi accompagnò nella mia stanza nella parte alta della villa, mi lavò accuratamente e io rimasi inerme, sfinita dall'esperienza appena fatta mentre lui si assicurava di togliere lo sperma animale da ogni angolo del mio corpo con particolare attenzione agli orifizi che passò e ripassò in profondità con le dita. Mi depose poi, nuda, sul letto, si accomodò fra le mie gambe e mi penetrò distrattamente mente non smetteva mai di tessermi le sue lodi per il lavoro stupendo che secondo lui avevo fatto, diceva di sentirsi molto orgoglioso mentre pompava il cazzo turgido nel mio sesso. Mi scopò con estrema calma, in modo accurato, mi lasciai andare inerme facendomi cullare dalla sua voce che melodiosa tesseva lodi sulle mie naturali attinenze da zoccola e facendomi pervadere dal suo cazzo che mi scavava sempre più a fondo. Continuò per una buona mezz'ora, non fu un'esperienza sgradevole, non ebbi orgasmi, quella situazione sembrava essere divenuta troppo soft per il mio corpo ma il lasciarmi usare, l'abbandonarmi a lui come fossi una bambola mi rilassò e non potei fare a meno di sorridere serenamente quando sentii il suo sperma invadermi l'utero. Appena finito di scaricarsi mi coprì con una coperta e mi salutò con un bacio sulla fronte, pochi secondi dopo dormivo beatamente.
Erano le dieci di sera quando fui svegliata da Matteo:
“svegliati Tania, hai riposato abbastanza, tutti ti aspettano al piano di sotto, il dottore ha detto di avere bisogni di te. Li, in fondo al letto, ti ho messo il vestito che ha ordinato di farti indossare, mi raccomando, non farmi fare brutta figura, preparati in fretta e non fare attendere i tuoi padroni”
Sparì dalla mia stanza mentre ancora dovevo riuscire a rendermi conto se fossi sveglia o meno.
Il vestito era un semplice tubino nero senza spalline e molto aderente, il tessuto era fantastico, fasciava in modo perfetto, la gonna mi arrivava tre dita sotto le natiche. Oltre al vestito c'era un perizoma in pizzo nero neanche troppo succinto, copriva a fasciava il mio sesso mettendo in risalto le curve delle grandi labbra e il filo posteriore era largo quasi due dita. Il tutto completato da un paio di scarpe laccate e chiuse in punta con un tacco vertiginoso. Niente per il mio seno che rimaneva libero di mostrare i capezzoli già rigidi attraverso la stoffa del vestito. Mi pettinai con attenzione, niente trucco, un sospiro profondo e mi incamminai verso il mio destino.
Nella grande sala vi erano radunate tutte le persone che avevano assistito al mio spettacolo con i cavalli da sotto il gazebo, erano tutti da un lato, vicino al camino, in mezzo a loro, su una lussuosa poltrona vi era il dottore mentre ai lati, sui vari divani, vi erano gli altri. All'altro capo della sala c'erano tutti quelli che lavoravano nella tenuta, al centro, cosa che non mi sarei mai aspettata, c'era Pamela, vestita esattamente come me, ferma, in piedi, immobile.
Certo, su di lei il vestito aveva un effetto diverso, soprattutto per il seno enorme che sembrava dover scoppiare. Era una donna più morbida di me, non certo grassa ma più abbondante nelle sue curve e aveva un’immagine più matura e navigata, un'eleganza innata che contrastava con la mia bellezza acerba. Su un lungo tavolo accostato ad un muro intravidi una miriade di oggetti, era un misto fra strumenti di tortura medievale e l'assortimento di un sexy shop. Ad un cenno del dottore mi andai a posizionare al fianco di Pamela, il brusio di voci di sottofondo sparì ed il dottore parlò ma non lo fece rivolgendosi a me ma ai presenti:
“cari amici, questa sera voglio realizzare il desiderio di una donna che io considero meravigliosa, Pamela, grazie a lei assisteremo ad una gara, una sfida fra Tania che ci ha già dimostrato alcune delle sue capacità e Pamela che conosce il mondo della dominazione e sa cos'è una schiava da molto più tempo. Le nostre concorrenti partono da situazioni diverse, Tania si trova qui ad allietarci per necessità, la sua è stata una scelta volontaria, non è costretta da nessuno ma non si troverebbe qui se la vita non l'avesse messa in una situazione difficile. Pamela frequenta il nostro club da molti anni, ha visto molte schiave ma non è mai stata lei stessa una di loro e vuole fare questa esperienza almeno una volta. Le regole della gara sono semplici, ci saranno varie fasi, io ve le spiegherò una per volta ma tutte avranno in comune una sola cosa, tutto sarà ammesso, nulla escluso ma all'inizio di ogni fase si dovrà specificare come quest'ultima avrà fine. Per capirci meglio, se una delle prove fosse la fustigazione bisognerà dichiarare esattamente quanti colpi saranno inferti, durante la battitura, alla vittima. Potrà essere fatta qualunque cosa ma se arrivati all'ultimo colpo, la vittima, non si sarà arresa la prova sarà superata. L'ultima prova di questa gara, qualora ci si dovesse arrivare, sarà ad oltranza perché alla fine ci dovrà essere una vincitrice. La gara avrà termine quando una delle due concorrenti dirà BASTA, non sono ammessi errori, se la parola BASTA venisse pronunciata per qualunque motivo si avrà perso. Essendo una gara trovo giusto vi sia un premio in palio anzi, per essere più precisi, ci sarà una punizione per la perdente.
Chi si arrenderà, il prossimo fine settimana, sarà messa a disposizione per tutta una notte dei clienti di una discoteca che mi appartiene e dovrà eseguire qualunque cosa le venga chiesto da chiunque sia nel locale. Detto questo credo che possiamo iniziare, la prima prova è semplice, le concorrenti dovranno auto infliggersi una punizione, essendo auto inflitta non è necessario stabilire quando si concluderà la prova, saranno loro stesse a decretarne la fine.
Chi si infliggerà, a mio insindacabile giudizio, la punizione peggiore, avrà vinto e potrà iniziare la vera gara sottoponendo lei stessa la perdente al primo test. Comincerà Pamela, visto che è stata lei a volere questa situazione credo sia giusto sia lei ad aprire le danze”
Quando nella stanza tornò il silenzio non ero certa di aver capito a cosa andavo in contro ma Pamela sembrava molto più sicura di me. Con passo sicuro si portò ad un angolo della grande stanza, fissando dritto negli occhi il dottore afferrò con le lunghe dita il bordo del vestito proprio davanti al seno, spinse appena verso il basso e la natura fece il resto. Le grosse tette balzarono fuori in tutta la loro magnificenza, non erano minimamente cadenti e rimasero li sotto gli occhi di tutti, sode, imponenti ed appetitose. Un sommesso brusio accompagnò la loro comparsa, gli occhi di tutti erano fissi sulla candida e morbida pelle esposta, sulle grosse areole scure che terminavano con punte turgide. Pamela lasciò ai presenti il tempo di godersi la vista del suo seno poi con fare altezzoso si girò con la faccia contro il muro, afferrò le mammelle da sotto e le spinse a forza contro la parete. La stanza era lunga almeno quindici metri ed era stata intonacata con del cemento grezzo, il risultato era che i muri erano di quel tipo molto ruvido, ricoperto di una miriade di asperità appuntite, di quelli che basta appoggiarci una mano con troppo peso e già ti pungi un po'. Pamela vi appoggiò i seni scoperti, li spinse con le mani ad aderire bene e vi ci aggiunse il peso del corpo poi, con lenti ma decisi passi, iniziò a spostarsi lungo la parete, tenendo indietro la testa, i lunghi capelli che cadevano liberi mentre il seno veniva trascinato, fatto strisciare, centimetro dopo centimetro. Impiegò diversi minuti a percorrere tutti i quindici metri e a metà strada non riuscì più ad evitare di mugugnare il suo dolore. Qui e la, lungo la strada, piccole chiazze rosse imperlavano la parete bianca ma la donna non alleggerì mai la presa, arrivò fino all'ultimo centimetro digrignando i denti e poi si staccò. Restò ferma qualche secondo, rivolta verso l'angolo, come a riprendere fiato e poi si girò orgogliosa, come avesse compiuto un'impresa eroica. I suoi bellissimi seni erano cosparsi di lunghi graffi che andavano ad intrecciarsi uno sull'altro come la tela di un ragno con il fulcro sui capezzoli. La pelle bianca ora era visibilmente arrossata e qui e là qualche piccola goccia di sangue usciva dai graffi più profondi. La donna, in fine, piazzo i suoi occhi nei miei, mi sia avvicinò con il solito passo deciso, la sfida che lanciava era chiara e di fronte alla sua sicurezza, guardando ancora lo splendido seno martoriato della donna che mi aveva fustigato con tanta ferocia, non potei fare a meno di sorridere.
Sono sempre stata una tipa competitiva e quella situazione smosse qualcosa in me, lasciai i suoi occhi e mi diressi verso il tavolo con gli oggetti, mi ci volle un poco ma alla fine trovai ciò che cercavo, lo presi e mi diressi verso il dottore, gli arrivai davanti, feci un respiro per prendere coraggio e:
“padrone, posso chiederle di usare le sue mani per infliggermi la mia punizione?”
Il dottore mi guardò fra lo stupito ed il divertito e poi mi porse le mani che con delicatezza misi una affianco all'altra con i palmi all'insù. Aprii la scatola che avevo preso sul tavolo e con estrema attenzione cominciai a disporre sulle sue mani delle puntine da disegno, ovviamente, con la punta rivolta verso me. Ci impiegai più di un quarto d'ora ma alla fine entrambe i suoi palmi erano coperti completamente da puntine. A quel punto, guardando solo nei suoi occhi pieni di curiosità, come ci fossimo solo noi due, scoprii il mio seno sodo, mi piegai verso il mio padrone e con attenzione feci aderire le sue mani a coppa alle mie mammelle. Sentii le decine di piccole punte incontrare la carne sensibile, perforarla appena, spinsi quel tanto che mi serviva per essere certa che le puntine non si muovessero più, volevo essere certa di non bucare per sbaglio una mano del dottore, il metallo entrò appena nei seni quel tanto che bastava. Tutte quelle piccole punture erano molto fastidiose, quelle sui capezzoli soprattutto, il caso aveva voluto che una puntina centrasse in pieno la punta di un capezzolo, quella era veramente dolorosa ma la mia prova era appena all'inizio.
Allungai le mani, slaccia la sua patta e la cintura ed estrassi il lungo e robusto pene già rigido, lo puntai verso le mie labbra ancora lontane e inizia a scendere con la testa. Non mi persi in inutili giochi di lingua, non era il momento, aprii la bocca e accolsi la sua cappella mentre le mani si abbassavano spinte dal mio corpo che scendeva ad ingoiare il cazzo con le puntine a fare da cuscinetti che penetravano sempre più in profondità. Quando mi trovai con metà del suo arnese in bocca le sue mani si poggiarono sulle cosce, ora non potevano più scendere. Continua ad ingoiare la lunga mazza centimetro dopo centimetro. Mentre me lo spingevo in gola aumentavo la pressione del mio seno contro le puntine, sentivo il metallo farsi strada nelle mammelle, sentivo i capezzoli trafitti da infiniti spilli, sentivo le puntine sempre più in profondità fino a che, mentre piccole lacrime di dolore mi solcavano le guance, ogni singolo spillo non fu inserito perfettamente nei miei seni fino alla base ma il cazzo del mio padrone non era ancora tutto nella bocca. Lui restava impassibile, mi lasciava fare e io volevo arrivare fino alla fine, spinsi ancora, i seni cominciarono a comprimersi contro le mani, a schiacciarsi mentre il metallo si faceva spazio in me, il dolore era forte, mi sentivo le tette andare a fuoco, non c'era un solo centimetro di pelle che non sentissi perforato ma continuavo a spingere, ad affondare nella carne, a farlo affondare nella mia gola ormai abituata alla penetrazione e lo presi tutto, appoggia le labbra sul suo pube, lo assaggia fino all'ultimo millimetro, lo tenni in me qualche istante, lo sentii pulsare involontariamente nella gola ostruita, resistetti fino a che il bisogno di aria non fu più rimandabile e mi rialzai, dritta in piedi, gli occhi nei suoi divertiti. Mi girai verso il pubblico, mi girai verso Pamela, sulle mie mammelle decine di tondini dai vari colori, come bizzarre coppe di un reggiseno, tutti gli aghi ben piantati in profondità e saldi ma non avevo ancora finito. Senza più lasciare gli occhi della mia sfidante raggiunsi i lati della gonna con le mani, comincia a farla scivolare verso l'altro fino a denudare completamente il mio sedere ben esposto davanti al viso del padrone, afferrai il filo del tanga con una mano e lo tirai da una parte per liberare i miei orifizi, cercai e trovai il cazzo del dottore con l'altra mano e davanti agli occhi di Pamela mi sedetti fra le sue gambe larghe facendo scivolare tutto il suo pene dentro il sesso grondante, mi accomodai impalandomi, gustando quel grosso pezzo di carne che mi si inseriva dentro fino alla radice. Una volta accomodata presi le mani del dottore, le appoggia ai miei seni, sentivo la sua pelle calda nello spazio fra una puntina e l'altra, lo invitai a massaggiarmi le tette martoriate, poggiai le mie mani sui braccioli della poltrona e comincia a scoparmi con calma mentre le tette mi venivano torturate dagli aghi mossi e spinti sempre più giù. Inizialmente mi limitavo a ruotare il bacino per far muovere il cazzo in me mentre lui mi massaggiava le tette senza troppa energia. Facevano male ma era sopportabile soprattutto perché la mia fica iniziava a prendere il controllo della mente ma poi il padrone cambiò ritmo, sentii le sue mani stringere con forza tanto che iniziai ad urlare per il dolore che decuplicò, sentii la sua bocca appoggiarsi al mio collo e iniziare a baciarlo mentre premeva il mio seno verso l'altro per farmi alzare il bacino e poi con forza verso il basso per impalarmi di nuovo. Non aveva certo attenzione per il mio dolore ed in breve, il mio esile corpo, divenne oggetto nelle sue mani, mi guidava attraverso il seno come se le puntine non ci fossero, mi sembrava di sentire il metallo arrivare tanto in profondità da toccare le ossa, mentre mi costringeva a scoparmi con foga le sue mani stringevano come morse. I miei gemiti erano un misto di piacere e dolore perfettamente mischiati, la solita disperazione si fondeva con una sensazione di pienezza che mi invadeva il cervello, avevo iniziato io quel gioco ma ora ero solo uno strumento fino a che non mi ricordai della gara. Spinsi la testa all'indietro inarcando la schiena in modo da appoggiare la nuca sulla sua spalla, il collo sulla sua bocca avida, aggiunsi le mie mani alle sue, lui stringeva tanto da farmi urlare ma al contempo io lo guidavo a fare anche un movimento rotatorio sui seni. Spinsi il culo su e giù più velocemente che riuscivo, scopandomi con foga, sempre più veloce mentre il suo respiro accelerava, mentre le sue mani mi facevano sempre più male, mentre il suo cazzo vibrava in me. Lo scopai, mi scopai, mi facevano male anche le cosce per la velocità a la forza con cui lo sbattevo nella fica, il mio culo tondo e sodo era come una pistone sul suo uccello e alla fine esplose, mi si riverso dentro aggrappandosi al seno tanto da farmi gridare come una pazza, rimase avvinghiato per oltre un minuto scaricandosi in me, io rigida e immobile a mordermi le labbra con violenza e poi mi lasciò, sudata, distrutta rimasi accasciata sul suo corpo per qualche secondo prima di riprendermi. Poco dopo mi alzai, lo sperma colò fuori dalla fica e si cosparse sul pene ancora turgido. Leccai e pulii tutto con attenzione e con mani tremanti lo rivestii e lo ricomposi da brava schiava, ora non riuscivo più a guardarlo negli occhi, fu difficile anche raggiungere il tavolo con gli oggetti e impiegai una vita ad estrarre ogni puntina dalle carni delle tette ma almeno ebbi il tempo di riprendere il controllo. Tornai al fianco di Pamela, ora avevo lo sguardo basso e attesi il giudizio del dottore:
“credo non vi siano dubbi, la vincitrice è Tania”
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