Moglie ceduta - roulette russa (parte 9)
di
Kugher
genere
sadomaso
Monica faceva fatica a tirare quel calesse. Franco era più forte e nella vita precedente aveva sempre fatto sport.
Questo sbilanciava anche la trazione e si dovevano adattare per non fare innervosire i Padroni ai quali piaceva moltissimo usarli come cavalli.
Durante i primi sei mesi di schiavitù erano stati sottoposti frequentamente ad allenamento, come bestie.
Erano entrambi in forma e anche lei aveva acquistato tonicità.
Era stanca, molto stanca. Non era abituata a così tanta attività fisica. Le poche ore in palestra, quelle minime per mantenersi in forma, era di tutt’altro impegno.
I Padroni, soprattutto la Padrona, erano impegnativi.
Ormai si erano abituati a dormire a terra, su un giaciglio e a far tesoro delle poche ore di sonno prima di affrontare un’altra giornata di lavoro, servizio, sottomissione…schiavitù.
Non seppe nemmeno a quanto erano stati venduti.
La frustata sulla schiena la distolse da quei rari momenti in cui aveva modo di estraniarsi e pensare. Aveva ridotto la velocità nel tirare il calesse ed il marito aveva cercato di sopperire alla sua carenza ma la Padrona si era accorta e, infastidita, l’aveva colpita.
Non aveva mai tempo per pensare a sé stessa, nemmeno Franco lo aveva.
Il lavoro era estenuante e non le davano mai modo di fermarsi. Li spremevano il più possibile, sempre a lavorare, pulire, servire.
La sera si addormentavano subito, anche se in celle diverse.
Avevano temuto anche che li vendessero separatamente.
Ricevette un’altra frustata dalla Padrona sempre più spazientita che la insultò, chiamandola per quello che era, una stupida bestia.
Una sera, mentre stava curando le unghie dei piedi della Padrona, inginocchiata davanti a lei, sentì i Padroni parlare.
Capii che non erano i primi schiavi.
Questo era apparso evidente sin dai primi momenti in quanto la casa era troppo organizzata per essere la prima esperienza.
Solo un breve riferimento alla schiava precedente fece loro capire che questa, stanca e sfinita dall’estenuante lavoro e dal pesante trattamento da animale, era stata venduta ad un bordello, posto che non erano nemmeno riusciti a cederla, seppur a poco prezzo, al loro giro di amici.
Questo l’aveva spaventata. Quella vita era dura e difficile, ma sapevano che nei bordelli di quel paese straniero sarebbe stato molto peggio.
Arrivati a destinazione i Padroni scesero dal calesse e si diressero all’ombra, sulle rive di un fiume che scorreva nella loro immensa proprietà per un momento di relax dopo una settimana di lavoro.
Gli schiavi non sapevano in quale giorno della settimana fossero. Ogni tanto i Padroni erano in casa entrambi, ma non ad intervalli fissi.
Almeno uno dei due era sempre a casa.
Solo una volta era capitato che fossero andati via entrambi.
Loro erano stati chiusi nelle celle nel sotterraneo della casa con una scorta di cibo e acqua che avevano razionato non avendo capito quanto sarebbero stati soli.
Come al solito erano stati messi in due celle diverse.
La solitudine pesava ma almeno avevano avuto modo di riposarsi e recuperare un po’ di forze.
Mentre i Padroni riposavano in riva al fiume, loro, i “cavalli”, erano stati lasciati attaccati al giogo.
Le stanghe impedivano loro di sedersi e, così, alternavano il peso da una gamba all’altra per cercare riposo.
Vennero utili quando i Padroni ebbero voglia di fare sesso.
Li slegarono e li fecero prima lavare nel fiume.
Monica con la bocca dovette eccitare il Padrone, mentre Franco dovette leccare la figa della Padrona per prepararli al sesso.
Le asperità del terreno non consentivano ai Padroni di stendersi comodamente, così Franco venne fatto stendere e usato come materasso, con la Padrona stesa sopra di lui ed il marito che la scopava alla missionaria.
Monica dovette pulire entrambi.
I Padroni, seduti su di loro, consumavano il cibo che si erano portati. Nel frattempo parlarono, con grande spavento degli schiavi, di marchiarli a fuoco.
Monica ebbe una reazione istintiva, punita con uno schiaffo dalla Padrona infastidita.
L'esperienza vissuta con l’ultima schiava li aveva fatti desistere in quanto il marchio, al momento della vendita, aveva precluso la realizzazione di molti affari e, alla fine, l’avevano venduta per poco al bordello della lontana capitale.
Erano diventati oggetti.
Il loro desiderio erotico era andato oltre ogni aspettativa.
Questo sbilanciava anche la trazione e si dovevano adattare per non fare innervosire i Padroni ai quali piaceva moltissimo usarli come cavalli.
Durante i primi sei mesi di schiavitù erano stati sottoposti frequentamente ad allenamento, come bestie.
Erano entrambi in forma e anche lei aveva acquistato tonicità.
Era stanca, molto stanca. Non era abituata a così tanta attività fisica. Le poche ore in palestra, quelle minime per mantenersi in forma, era di tutt’altro impegno.
I Padroni, soprattutto la Padrona, erano impegnativi.
Ormai si erano abituati a dormire a terra, su un giaciglio e a far tesoro delle poche ore di sonno prima di affrontare un’altra giornata di lavoro, servizio, sottomissione…schiavitù.
Non seppe nemmeno a quanto erano stati venduti.
La frustata sulla schiena la distolse da quei rari momenti in cui aveva modo di estraniarsi e pensare. Aveva ridotto la velocità nel tirare il calesse ed il marito aveva cercato di sopperire alla sua carenza ma la Padrona si era accorta e, infastidita, l’aveva colpita.
Non aveva mai tempo per pensare a sé stessa, nemmeno Franco lo aveva.
Il lavoro era estenuante e non le davano mai modo di fermarsi. Li spremevano il più possibile, sempre a lavorare, pulire, servire.
La sera si addormentavano subito, anche se in celle diverse.
Avevano temuto anche che li vendessero separatamente.
Ricevette un’altra frustata dalla Padrona sempre più spazientita che la insultò, chiamandola per quello che era, una stupida bestia.
Una sera, mentre stava curando le unghie dei piedi della Padrona, inginocchiata davanti a lei, sentì i Padroni parlare.
Capii che non erano i primi schiavi.
Questo era apparso evidente sin dai primi momenti in quanto la casa era troppo organizzata per essere la prima esperienza.
Solo un breve riferimento alla schiava precedente fece loro capire che questa, stanca e sfinita dall’estenuante lavoro e dal pesante trattamento da animale, era stata venduta ad un bordello, posto che non erano nemmeno riusciti a cederla, seppur a poco prezzo, al loro giro di amici.
Questo l’aveva spaventata. Quella vita era dura e difficile, ma sapevano che nei bordelli di quel paese straniero sarebbe stato molto peggio.
Arrivati a destinazione i Padroni scesero dal calesse e si diressero all’ombra, sulle rive di un fiume che scorreva nella loro immensa proprietà per un momento di relax dopo una settimana di lavoro.
Gli schiavi non sapevano in quale giorno della settimana fossero. Ogni tanto i Padroni erano in casa entrambi, ma non ad intervalli fissi.
Almeno uno dei due era sempre a casa.
Solo una volta era capitato che fossero andati via entrambi.
Loro erano stati chiusi nelle celle nel sotterraneo della casa con una scorta di cibo e acqua che avevano razionato non avendo capito quanto sarebbero stati soli.
Come al solito erano stati messi in due celle diverse.
La solitudine pesava ma almeno avevano avuto modo di riposarsi e recuperare un po’ di forze.
Mentre i Padroni riposavano in riva al fiume, loro, i “cavalli”, erano stati lasciati attaccati al giogo.
Le stanghe impedivano loro di sedersi e, così, alternavano il peso da una gamba all’altra per cercare riposo.
Vennero utili quando i Padroni ebbero voglia di fare sesso.
Li slegarono e li fecero prima lavare nel fiume.
Monica con la bocca dovette eccitare il Padrone, mentre Franco dovette leccare la figa della Padrona per prepararli al sesso.
Le asperità del terreno non consentivano ai Padroni di stendersi comodamente, così Franco venne fatto stendere e usato come materasso, con la Padrona stesa sopra di lui ed il marito che la scopava alla missionaria.
Monica dovette pulire entrambi.
I Padroni, seduti su di loro, consumavano il cibo che si erano portati. Nel frattempo parlarono, con grande spavento degli schiavi, di marchiarli a fuoco.
Monica ebbe una reazione istintiva, punita con uno schiaffo dalla Padrona infastidita.
L'esperienza vissuta con l’ultima schiava li aveva fatti desistere in quanto il marchio, al momento della vendita, aveva precluso la realizzazione di molti affari e, alla fine, l’avevano venduta per poco al bordello della lontana capitale.
Erano diventati oggetti.
Il loro desiderio erotico era andato oltre ogni aspettativa.
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