Il regalo di nozze (parte 3)

di
genere
sadomaso

Ciascuna situazione provvisoria è destinata ad aver fine e, mentre durante la sua esistenza si desidera la cessazione dell’incertezza, quando questa effettivamente arriva subentra il timore, preferendo quella poca sicurezza piuttosto dell’ignoto che sarà.
La provvisorietà si ruppe improvvisamente quanto la schiava venne a prenderla in un momento che a lei poteva sembrare il primo pomeriggio.
Era vestita o, meglio, svestita come al solito. Di diverso aveva lo sguardo, velato da una sorta di tensione, privo di quell’arroganza alla quale era abituata.
Le mise un guinzaglio di acciaio al collare della stessa materia. Non pensava che quella piccola e lunga catena potesse pesarle così tanto al collo, tanto da farla sentire ancor più prigioniera nonostante l’avvio verso la porta aperta.
Mille furono le domande che rivolse a sé stessa, tutte destinate a restare senza risposta quando la sua ex aguzzina la fece procedere camminando eretta mentre lei si era aspettata la più umiliante e sottomessa posizione a 4 zampe.
Le fece indossare anche dei calzari leggeri dopo averla fatta lavare ad un servizio appena fuori dalla cella, quello al quale veniva portata ad orari fissi per espletare i suoi bisogni, per i quali doveva considerare i tempi che le venivano dati per evitare di non potersi scaricare. Questo evento la convinse che la funzione di quella preparazione era di farla trovare preparata per essere portata al cospetto dei Padroni.
Non fu la vanità che l’aveva accompagnata per una vita, a farle dedicare eccessive attenzioni in quella attività. La sua nudità sarebbe stato l’unico vestito che le sarebbe stato permesso di indossare.
Sapendo che la vita dipendeva da chi avrebbe incontrato, occorreva che la sua soddisfazione fosse massima.
Forse anche per ritardare l’inevitabile, procrastinò l'ossessivo strofinio del sapone profumato fino a farle perdere la cognizione del tempo, in quello stato confusionale che, in crescendo, la avvolgeva da quando fu portata fuori dalla cella.
Cercava di evitare il riflesso nello specchio per evitare di vedere riflessa la sua nuova realtà, come se lo specchio sarebbe stato la finestra dalla quale Anna di un tempo avrebbe avuto la visione dell’Anna di oggi.
Il sesto senso e tutti gli altri all’erta le fecero intuire, quasi fosse una vocina fuori campo, udibile solo con un orecchio attento ed allenato, che anche la schiava accanto a lei aveva un senso di disagio o, forse, di timore.
Eppure non riusciva ad alzare lo sguardo su di lei, come se la tensione che percepiva potesse trasferirsi su di lei amplificando la propria.
Si stupì quando poté osservare i piedi della sua ex aguzzina, con le unghie curate e colorate, che non poté fare a meno di confrontare con le sua, sentendosi spoglia, più che nuda.
La palpabile preoccupazione della schiava al suo fianco, le diede coraggio, perché aveva altra allo stesso piano, ma anche timore, intuendo la sensazione che si potesse provare davanti ai proprietari di sé stessi.
Pensava che il cuore fosse già al massimo dei suoi battiti, ma, appena entrata nel salone, se lo sentì battere tanto forte da rimbombare in testa.
I tappeti ed i mobili di legno tutti lavorati, le porcellane ed i vasi di cristallo non attirarono la sua ammirazione per la bellezza che mostravano. Piuttosto le evidenziarono la differenza tra lei, che non aveva più nulla se non il proprio corpo utile per soddisfare, e loro, che avevano i tappeti e, adesso, anche lei.
Quella nudità che davanti a suo marito la faceva sentire sexy e desiderata, adesso la faceva sentire piccola, indifesa, una cosa davanti a quelle due persone che l’avevano comprata.
La luce era forte, tutta naturale alla quale non era più abituata se non a quella poca che entrava dalla piccola finestrella posta nella parte alta del soffitto della sua cella.
Lo sguardo fugace le diede modo di vedere due alberi dal tronco molto largo e prato la cui visione si fermava ad un filare di siepi alte, lontane da quella fonte di luce.
Lei amava il verde, l’aria aperta pur abituata al caos della grande città, nella quale era riuscita ad avere un appartamento in centro.
Il verbo “comprata” le risuonò nella testa, "comprata" come fosse una macchina, senza pensare che quando fu lei ad avere acquistato una schiava era presa solo dall’eccitazione e dal promesso divertimento.
Lo schiavo che tanto le aveva fatto paura, denunciava in quel momento tutta la sua debolezza ed inutilità, stando steso sul divano, nudo, mentre la coppia di Padroni stava seduta su di lui.
Non era più giovani ed il peso dell’età non era solo quello anagrafico.
Lo schiavo era esile e doveva soffrire moltissimo nel reggere sopra di sé i chili sommati di quelle due persone che, era evidente, avevano quale non pensiero ciò che avrebbe potuto soffrire l’inutile cosa sotto di loro.
Giunte davanti, quel sesto senso di poc’anzi, pur nella paura, le fece annusare analoga cosa nella schiava a fianco, anch’essa nuda, quando si inginocchiò davanti a loro portando la testa a terra, allungando le braccia in avanti e tenendo il culo in alto, cercando di trasmettere tutta la sua devozione e sottomissione.
Non ci fu bisogno di parole o gesti per portarla ad imitare la sua compagna posando le ginocchia sul tappeto colorato posto sotto i piedi dei Padroni
Imitò l’altra schiava anche quando questa passò la lingua sulle calzature dei Padroni.
“Succhiami il cazzo”.
Per essere sicuro che fosse chiara la bestia alla quale l'ordine era diretto, diede un colpo col piede sulla testa di Anna.
La schiava abbassò la cerniera e si dedicò a dare piacere come se quello fosse l’unico scopo della sua vita.
Mentre lavorava non vide più nulla, tutta concentrata nella sua attività, disinteressata anche dalla sua compagna che stava continuando a leccare le scarpe della Padrona, la quale era attratta unicamente dall’impegno di Anna.
In effetti, lei stessa sapeva che quello era davvero l’unico senso della sua vita. Sapeva quanto la soddisfazione sessuale fosse importante per coloro che avevano speso soldi, la cui quantità necessaria era informazione a lei sconosciuta.
Cercò di mettere a frutto tutto ciò che al centro di addestramento le era stato insegnato, soprattutto di concentrarsi unicamente sul cazzo, ascoltarlo, sensibile ad ogni variazione, ogni pulsazione, ogni più piccola reazione che avrebbe potuto indicarle come lavorare.
Al centro le avevano detto che difficilmente il Padrone da indicazioni. Tocca alla schiava capire cosa gli piace e come procedere e, se fallisce, la schiava rischia di diventare una spesa inutile.
Non aveva altro per la testa. Tutti i suoni circostanti erano spariti. Le sembrava quasi di sentire il cuore del Padrone che trasmetteva i battiti a quel cazzo che era, in quel momento, la sua unica realtà, fiera di sé stessa per sentirlo diventare duro in poco tempo e dare reazioni alle sue attenzioni.
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2023-09-21
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