La parete ..
di
Marco1973
genere
tradimenti
La mia vicina ha un amante. La sua camera da letto è adiacente alla mia e certi “rumorini” sono inequivocabili. La mia vicina è la moglie del fornaio e quando mi “sveglia”, suo marito è certamente già al lavoro. Quindi ha un amante.
Nutro una forte antipatia per la mia vicina. Reputo odiosi i suoi falsi sorrisi ed il suo innaturale atteggiamento da ochetta. La mia vicina è una scostumata ed i rumorini mattutini ne sono la conferma.
Stanotte ho dormito male ma non è colpa della vicina. Da qualche giorno ho cominciato e ricevere messaggi dal mio ex-fidanzato su Facebook. Non un mio Ex ma il mio Ex. Si, perché è stato l’unico altro uomo della mia vita oltre, ovviamente, a mio marito.
Quando ci siamo conosciuti avevo sedici anni e lui non ha accettato la mia decisione di arrivare vergine al matrimonio. Evidentemente le mie masturbazioni settimanali sul sedile posteriore della sua auto non sono bastate a trattenerlo; così, dopo tredici mesi, mi ha lasciato.
Mi ha scritto che si è separato dalla moglie. Vorrei ben vedere: la sua insistenza sessuale deve averla portata alla nevrosi. Mio marito fortunatamente molto più morigerato. Ha saputo attendere il matrimonio e dopo i primi mesi di passione, adesso mi disturba con giudizio. Mi reputo una donna pudica anche se molti potrebbero considerarmi bigotta. Tra questi, ci sarebbe sicuramente la mia vicina.
Dicevo del mio Ex: mi ha invitato a prendere un caffè assieme; per ricordare i vecchi tempi dice. Sinceramente mi farebbe piacere incontrarlo: è stato parte integrante della mia giovinezza. Un momento tutto sommato felice della mia vita: ero giovane, carina, piena di aspirazioni e di speranze mentre oggi sono solo poco più di una casalinga disperata. Non ho ancora risposto: quando rinnova l’invito, io sorvolo e scrivo d’altro. Però la cosa mi ha turbato.
Mio marito è uscito presto stamattina. Come al solito non ha fatto rumore. Sono in cucina a preparare il caffè per la colazione quando suona il citofono. Rispondo: è lui. Dice che passava per caso ed ha deciso di vedere se ero in casa per riportarmi qualcosa di mio che da tanto tempo tiene in casa. Panico: sono in pigiama! Gli apro e velocemente torno in camera da letto per infilarmi una tuta. Dopo pochi minuti, si presenta alla porta con un pacchetto di cornetti alla marmellata. Lo faccio entrare e riconosco il sacchetto del forno del vicino. Tra me sorrido pensando che anche la moglie fa i cornetti, ma solo al fornaio e senza marmellata!
Il caffè è già pronto e ce lo dividiamo in egual misura. È un bel po’ in sovrappeso ma è ancora il simpaticone che ricordavo. Non smette di gesticolare e raccontare eventi del nostro passato. Rido come una stupida. Tra un sorso di caffè ed un morso al cornetto, mi dice di avere preparato un CD-Rom con tutte le foto del nostro periodo assieme. Ha voluto farmi un regato ed è venuto a trovarmi per farmele vedere.
Ci spostiamo in salotto dove lui mette il CD-Rom nel lettore della TV e si siede sul divano accanto a me. Le foto cominciano a girare in maniera automatica. Alcune sono un vero tuffo al cuore e fanno riaffiorare emozioni da troppo tempo sopite. Sempre con il suo fare burlone, mi passa un braccio attorno al collo ed avvicina le mie spalle alle sue.
Lo lascio fare ed è in questo momento amarcord che mi bacia sulla guancia. Io mi irrigidisco e lo allontano con il gomito. Lui sorride e tira fuori dal giaccone una bomboletta di panna montata. Un’intera estate di tanti anni fa mi sbatte addosso e, con lei, i ricordi della notte in tenda passata a giocare assieme ad una coppia di amici con una bottiglietta di panna.
Mi spruzza un po’ di panna su una guancia e poi esclama con aria falsamente stupita: “Ti sei sporcata la guancia di panna: aspetta che ti pulisco!” prima di leccarla via con la lingua. Tocca a me. Dopo un attimo di esitazione, prendo la bomboletta, gliene spruzzo un po’ sul dorso della mano libera e gli dico: “Ti sei sporcato la mano di panna: aspetta che ti pulisco!”. La sua mossa seguente è più ardita: dovrei essermi sporcata l’ombelico. La sua mano si intrufola sotto la felpa e sotto la maglia della pelle che si sollevano quanto basta per permettere alla panna di sporcarmi ed alla sua lingua di pulirmi.
Devo essere diventata rossa come un peperone. Lui se ne accorge; mi prende la mano e mi accompagna in camera. Dall’altra tasca del giaccone esce una bottiglietta d’olio. Un altro tuffo in un mare di ricordi lontani che sembravano sbiaditi e che invece riaffiorano nitidi per colpirmi al cuore: lui, il suo corso di massaggiatore ed io la sua cavia da lavoro. Mi sfila felpa e mi fa sdraiare prona sul letto. Solleva la maglia, passa oltre al laccio del reggiseno e comincia a massaggiarmi le spalle, la schiena ed infine si dedica alla zona lombare. Le sue mani sono sempre morbide come ricordavo: sono in estasi e vorrei piangere.
Dall’altra parte della parete si sente un letto cigolare: prima dolcemente, poi sempre più forte. Mi volto per guardarlo e sorrido imbarazzata. Lui ricambia il sorriso ed è a questo punto che mi sfila i pantaloni, mi volta supina e si sdraia sopra di me. Tutto succede così velocemente che non ho il tempo di reagire: mi penetra senza troppe difficoltà. Vorrei dirgli di smettere, vorrei dirgli che non voglio, vorrei mettermi ad urlare ma ho paura. Ho paura che si arrabbi. Ho paura. Ecco: forse se lo lascio continuare è perché ho paura che smetta di desiderarmi.
Non mi piace quello che fa. La sua carne che si muove nella mia non appaga nessun desiderio. Però mi sento lusingata per il pensiero gentile dei cornetti e delle foto; mi sento lusingata perché, dopo tanto tempo, mi ha cercato e perché ancora mi desidera.
Guardo il soffitto e lo abbraccio mentre grugnisce sopra di me. Non c’è molto romanticismo in quello che fa. Lui è ancora tutto vestito mentre io sono rimasta in reggiseno e con la maglietta della pelle sollevata fino al collo. Il suo fiato si accorcia, i movimenti accelerano, il letto cigola ed alla fine sento il suo liquido caldo inondarmi il ventre. Lui si arresta di colpo. Rimane sopra di me, immobile, per qualche decina di secondi e faccio fatica a respirare.
Quando finalmente si solleva, vedo il suo sorriso beffardo di rivincita: dopo undici anni di attesa e tredici mesi di seghe, di colpo siamo diventati estranei. Si alza per andare bagno: quando ne esce, fa fatica a guardarmi negli occhi. Raccoglie le sue cose e scappa di casa come fosse un ladro. “Ci sentiamo”. “Si, va bene.”.
Una volta chiusa la porta di casa, mi butto sotto la doccia. Mi lavo ma il senso di sporco non mi abbandona. Gocce del suo sperma escono dalla mia vagina ed è a quel punto che mi sento stupida e mi metto a piangere. Quello stronzo non ha utilizzato nessuna precauzione. Sento già le prime nausee. Forse sono solo nella mia testa ma come giustificherei a mio marito di essere incinta? Sono mesi che non mi tocca. Già mi vedo inseminata, ingravidata e ripudiata.
È piangendo sotto la doccia che realizzo l’unica via d’uscita possibile: stasera devo fare sesso con mio marito.
Nutro una forte antipatia per la mia vicina. Reputo odiosi i suoi falsi sorrisi ed il suo innaturale atteggiamento da ochetta. La mia vicina è una scostumata ed i rumorini mattutini ne sono la conferma.
Stanotte ho dormito male ma non è colpa della vicina. Da qualche giorno ho cominciato e ricevere messaggi dal mio ex-fidanzato su Facebook. Non un mio Ex ma il mio Ex. Si, perché è stato l’unico altro uomo della mia vita oltre, ovviamente, a mio marito.
Quando ci siamo conosciuti avevo sedici anni e lui non ha accettato la mia decisione di arrivare vergine al matrimonio. Evidentemente le mie masturbazioni settimanali sul sedile posteriore della sua auto non sono bastate a trattenerlo; così, dopo tredici mesi, mi ha lasciato.
Mi ha scritto che si è separato dalla moglie. Vorrei ben vedere: la sua insistenza sessuale deve averla portata alla nevrosi. Mio marito fortunatamente molto più morigerato. Ha saputo attendere il matrimonio e dopo i primi mesi di passione, adesso mi disturba con giudizio. Mi reputo una donna pudica anche se molti potrebbero considerarmi bigotta. Tra questi, ci sarebbe sicuramente la mia vicina.
Dicevo del mio Ex: mi ha invitato a prendere un caffè assieme; per ricordare i vecchi tempi dice. Sinceramente mi farebbe piacere incontrarlo: è stato parte integrante della mia giovinezza. Un momento tutto sommato felice della mia vita: ero giovane, carina, piena di aspirazioni e di speranze mentre oggi sono solo poco più di una casalinga disperata. Non ho ancora risposto: quando rinnova l’invito, io sorvolo e scrivo d’altro. Però la cosa mi ha turbato.
Mio marito è uscito presto stamattina. Come al solito non ha fatto rumore. Sono in cucina a preparare il caffè per la colazione quando suona il citofono. Rispondo: è lui. Dice che passava per caso ed ha deciso di vedere se ero in casa per riportarmi qualcosa di mio che da tanto tempo tiene in casa. Panico: sono in pigiama! Gli apro e velocemente torno in camera da letto per infilarmi una tuta. Dopo pochi minuti, si presenta alla porta con un pacchetto di cornetti alla marmellata. Lo faccio entrare e riconosco il sacchetto del forno del vicino. Tra me sorrido pensando che anche la moglie fa i cornetti, ma solo al fornaio e senza marmellata!
Il caffè è già pronto e ce lo dividiamo in egual misura. È un bel po’ in sovrappeso ma è ancora il simpaticone che ricordavo. Non smette di gesticolare e raccontare eventi del nostro passato. Rido come una stupida. Tra un sorso di caffè ed un morso al cornetto, mi dice di avere preparato un CD-Rom con tutte le foto del nostro periodo assieme. Ha voluto farmi un regato ed è venuto a trovarmi per farmele vedere.
Ci spostiamo in salotto dove lui mette il CD-Rom nel lettore della TV e si siede sul divano accanto a me. Le foto cominciano a girare in maniera automatica. Alcune sono un vero tuffo al cuore e fanno riaffiorare emozioni da troppo tempo sopite. Sempre con il suo fare burlone, mi passa un braccio attorno al collo ed avvicina le mie spalle alle sue.
Lo lascio fare ed è in questo momento amarcord che mi bacia sulla guancia. Io mi irrigidisco e lo allontano con il gomito. Lui sorride e tira fuori dal giaccone una bomboletta di panna montata. Un’intera estate di tanti anni fa mi sbatte addosso e, con lei, i ricordi della notte in tenda passata a giocare assieme ad una coppia di amici con una bottiglietta di panna.
Mi spruzza un po’ di panna su una guancia e poi esclama con aria falsamente stupita: “Ti sei sporcata la guancia di panna: aspetta che ti pulisco!” prima di leccarla via con la lingua. Tocca a me. Dopo un attimo di esitazione, prendo la bomboletta, gliene spruzzo un po’ sul dorso della mano libera e gli dico: “Ti sei sporcato la mano di panna: aspetta che ti pulisco!”. La sua mossa seguente è più ardita: dovrei essermi sporcata l’ombelico. La sua mano si intrufola sotto la felpa e sotto la maglia della pelle che si sollevano quanto basta per permettere alla panna di sporcarmi ed alla sua lingua di pulirmi.
Devo essere diventata rossa come un peperone. Lui se ne accorge; mi prende la mano e mi accompagna in camera. Dall’altra tasca del giaccone esce una bottiglietta d’olio. Un altro tuffo in un mare di ricordi lontani che sembravano sbiaditi e che invece riaffiorano nitidi per colpirmi al cuore: lui, il suo corso di massaggiatore ed io la sua cavia da lavoro. Mi sfila felpa e mi fa sdraiare prona sul letto. Solleva la maglia, passa oltre al laccio del reggiseno e comincia a massaggiarmi le spalle, la schiena ed infine si dedica alla zona lombare. Le sue mani sono sempre morbide come ricordavo: sono in estasi e vorrei piangere.
Dall’altra parte della parete si sente un letto cigolare: prima dolcemente, poi sempre più forte. Mi volto per guardarlo e sorrido imbarazzata. Lui ricambia il sorriso ed è a questo punto che mi sfila i pantaloni, mi volta supina e si sdraia sopra di me. Tutto succede così velocemente che non ho il tempo di reagire: mi penetra senza troppe difficoltà. Vorrei dirgli di smettere, vorrei dirgli che non voglio, vorrei mettermi ad urlare ma ho paura. Ho paura che si arrabbi. Ho paura. Ecco: forse se lo lascio continuare è perché ho paura che smetta di desiderarmi.
Non mi piace quello che fa. La sua carne che si muove nella mia non appaga nessun desiderio. Però mi sento lusingata per il pensiero gentile dei cornetti e delle foto; mi sento lusingata perché, dopo tanto tempo, mi ha cercato e perché ancora mi desidera.
Guardo il soffitto e lo abbraccio mentre grugnisce sopra di me. Non c’è molto romanticismo in quello che fa. Lui è ancora tutto vestito mentre io sono rimasta in reggiseno e con la maglietta della pelle sollevata fino al collo. Il suo fiato si accorcia, i movimenti accelerano, il letto cigola ed alla fine sento il suo liquido caldo inondarmi il ventre. Lui si arresta di colpo. Rimane sopra di me, immobile, per qualche decina di secondi e faccio fatica a respirare.
Quando finalmente si solleva, vedo il suo sorriso beffardo di rivincita: dopo undici anni di attesa e tredici mesi di seghe, di colpo siamo diventati estranei. Si alza per andare bagno: quando ne esce, fa fatica a guardarmi negli occhi. Raccoglie le sue cose e scappa di casa come fosse un ladro. “Ci sentiamo”. “Si, va bene.”.
Una volta chiusa la porta di casa, mi butto sotto la doccia. Mi lavo ma il senso di sporco non mi abbandona. Gocce del suo sperma escono dalla mia vagina ed è a quel punto che mi sento stupida e mi metto a piangere. Quello stronzo non ha utilizzato nessuna precauzione. Sento già le prime nausee. Forse sono solo nella mia testa ma come giustificherei a mio marito di essere incinta? Sono mesi che non mi tocca. Già mi vedo inseminata, ingravidata e ripudiata.
È piangendo sotto la doccia che realizzo l’unica via d’uscita possibile: stasera devo fare sesso con mio marito.
3
5
voti
voti
valutazione
7.3
7.3
Continua a leggere racconti dello stesso autore
racconto precedente
La parete .racconto sucessivo
La parete
Commenti dei lettori al racconto erotico