Portraits - Una perversione | 4

di
genere
dominazione

---Naufraghi alla deriva---

Conoscevamo la nostra diuresi alla perfezione. Io andavo più frequentemente di mattina e dopo i pasti.
Lei invece più spesso la sera. Ogni volta la scena era sempre la stessa.
«Amore...» «Si tesoro..?» «Vieni.» cantilenava Lavinia, già pregustante il momento. Io dunque la seguivo, accompagnandola per mano. Lei abbassava i suoi pantaloni o alzava la gonna e si sedeva sul water a volte rapida, a volte rallentando i movimenti. Le piaceva tanto accompagnare la pisciata con i mugolii. Le piaceva soprattutto osservare le mie espressioni facciali mentre dalla sua fica sgorgava liquido a pressione. Era come se la forza con cui spruzzava fosse collegata alle smorfie del mio volto. Spesso, mi ritrovavo ad aspettare che tornasse Lavinia a casa per poter andare in bagno. Era diventata talmente una ossessione che passammo tutte le minzioni in compagnia. Non ricordavamo più cosa significasse pisciare da soli. Eravamo arrivati persino a svegliarci la notte per pisciare. Mi ricordo una occasione in cui mi scappò di far la pipì mentre dormivo, poiché ormai avevamo decuplicato la nostra quantità di bicchieri d’acqua o di succo giornaliera, quindi mi alzai dal letto repentinamente, svegliando involontariamente Lavinia. Una volta accortasi della situazione, con gli occhi ancora impastati per il sonno, scelse comunque di accompagnarmi. Assistette alla mia fontana zampillante, mi diede un bacio sulla guancia e poi tornammo entrambi a dormire.
Il sesso ne risentì molto positivamente. Eravamo di nuovo in perfetta sintonia. Io duravo molto di più e lei si sentiva appagata. Capitò una volta, mentre stavo facendo la solita pipì, di ritrovarmi con la sua mano stretta attorno alla verga. Mi fissava con i suoi stupendi occhi neri – di cui forse non ho mai parlato abbastanza - in modo quasi ipnotico. Mi confessò di adorare vedermi imbarazzato quando lei provava ad avvicinarsi. La faceva sentire speciale. Effettivamente, avvertivo un certo grado di disagio. Il concetto che qualcuno potesse toccarmi mentre espletavo un bisogno così personale come quello della pipì era per me insostenibile. Fino a quel momento non avevamo osato nemmeno sfiorarci con l’urina. Guardavamo e odoravamo soltanto. Ci avvicinavamo, spesso con scientifica precisione, fingevamo di farlo e poi ritiravamo la mano. Era un feticcio complesso e come tale aveva delle regole ben precise. Le perversioni esistono non soltanto perché si assaggia la libertà, ma anche perché si fa esperienza del rischio di perdere il controllo, aumentando enormemente il proprio bisogno di controllo. Credo che Lavinia fosse un grado più avanti rispetto a me. Era quasi sempre lei che decideva di fare un passetto ulteriore. Da un po’ di giorni osservava curiosa la mia pipì e sapevo che desiderasse avvicinarsi sempre di più. Io provavo ancora una leggera reticenza – sembra assurdo da pensare in quel contesto – eppure cercavo di mantenere una padronanza anche minima sul mio corpo o su ciò che fuoriusciva da esso. Quando ad un certo punto Lavinia decise di afferrare l’asta per direzionare il getto di pipì, sentivo che un ulteriore barriera era stata infranta. Io, d’altro canto, potevo beneficiare di candide fellatio con acquoso sottofondo musicale in dolby surround ma sapevo che era solo un misero tentativo per non pensare che quel confine personale si stava per dissolvere.
Il primo contatto fisico con l’urina avvenne ufficialmente per sbaglio. Mentre giocavamo con il fuoco (con l’acqua), inavvertitamente colpii col getto il gomito di Lavinia. «Oh...cavoli, scusa! Ti ho sporcato?» chiesi io, preoccupato di aver appena superato uno di quei limiti ormai soltanto mentali. «Non fa niente, tesoro.» disse lei...

Il resto della storia su richiesta
djhop3128@hnbjm.dpn
scritto il
2024-05-23
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