La Contessa schiava (parte 2)
di
Kugher
genere
sadomaso
François e Annette nei giorni successivi fecero fatica ad attendere alle ordinarie attività che una fattoria richiede.
Vivevano in una piccola postazione, isolata, dove c’erano solo loro e, per chilometri, nessun altro.
Forse anche per questo la Contessa aveva fatto cadere la sua scelta su di loro.
Erano impauriti, ovviamente. Pensarono inizialmente che fosse tutto uno scherzo ma, d’altro canto, se tale l’avessero colto e non fossero stati all’altezza delle aspettative della Contessa, mala sorte li avrebbe colti, forse peggiore.
I primi giorni vennero occupati per metabolizzare la situazione, con tutti i pro e contro sui quali, in ogni caso, non avevano alcuna possibilità di incidere.
Avevano una sola scelta. O avrebbero fatto ciò che la Padrona richiedeva oppure no. Nel primo caso, se fosse stato uno scherzo, ne avrebbero pagate le conseguenze. Tuttavia, anche nel secondo caso, se, invece, non fosse stato uno scherzo, ne avrebbero comunque pagate le conseguenze.
I giorni successivi ancora, nella speranza che il primo incontro sarebbe avvenuto il più in là possibile nel tempo, vennero utilizzati per decidere cosa farle fare e, così facendo, prendere coscienza della situazione.
Più ne parlavano, più si rendevano conto che per fare ciò che la Contessa richiedeva, avrebbero dovuto trattarla veramente come una schiava.
Si abituarono sempre più all’idea e, alla fine, non videro l’ora che la Signora decidesse di iniziare il gioco.
Se fosse andata bene, si sarebbero divertiti. Se, invece, fosse andata male, sapevano già ciò che sarebbe loro capitato.
Eventualmente sarebbe stata la Contessa a fermare il rapporto. Avrebbero anche potuto avere molto divertimento dalla cosa, divertimento e comodità.
Voleva fare la schiava? Bene, sarebbe stata trattata come una schiava.
L’opportunità avrebbe anche potuto costituire una sorta di rivalsa e, forse, anche questo era uno dei motivi per i quali erano stati scelti dei contadini in un posto sperduto.
La saggezza della gente di campagna, comunque, sarebbe stata loro di aiuto, abituati a compiere atti, verificare, aspettare e, in ultimo, raccogliere i frutti.
Avrebbero iniziato con cose semplici, forti ma non eccessivamente compromettenti, così da poter fare in qualsiasi momento marcia indietro.
La Contessa fece sapere che sarebbe arrivata il giorno dopo, senza comunicare l’ora.
Certamente, schiava va bene, ma restava comunque la Contessa e sarebbero stati loro a doversi attenere alle sue esigenze.
Arrivò da sola, come era logico immaginarsi. Dubitavano che altri sarebbero stati messi al corrente dei loro accordi.
Dalle loro bocche, ovviamente, non sarebbe uscito nulla. Non c’era stato bisogno di questo avvertimento.
Si presentò riccamente vestita, con indosso gioielli che mai avrebbero potuto immaginare di vedere da vicino.
Restarono basiti in quanto si sarebbero aspettati un abbigliamento consono a ciò che sarebbe avvenuto. Il vestito è la fotografia dell’ambiente sociale cui si appartiene ed i gioielli la forza del patrimonio con il quale si vive nel proprio ambiente sociale.
Furono intimoriti. Si guardarono e restarono impietriti quando la videro scendere dalla carrozza che lei stessa aveva guidato.
“Non dobbiamo farci intimorire, Annette”.
“Dici bene tu, ma guarda che donna”.
“Possono essere due cose: la prima è che non poteva uscire vestita come una stracciona; la seconda è che ci vuole mettere alla prova”.
“La terza è che non ne usciamo vivi da questa roba”.
Eloise lasciò carro e cavallo in mezzo al cortile. Era abituata a farsi servire, la stronza.
Si diresse in quella povera casa con l’altezzosità tipica di chi guarda dall’alto esseri che considera inferiori.
Entrò senza chiedere permesso e porse la borsa a François.
L’uomo la guardò e, inaspettatamente per sé in primo luogo e, soprattutto per la Contessa, le diede un forte schiaffo che la fece spostare e cadere.
Non era sua intenzione colpire così forte. Non aveva saputo dosare la propria forza su un corpo che, comunque, è gracile rispetto a quelli cui lui era abituato.
Annette sbiancò ma lui nemmeno se ne accorse, concentrato a vedere quella ricca donna a terra, ai suoi piedi, che lo guardava con odio.
Ancora inaspettatamente, le si avvicinò e le diede un altro schiaffo, dimentico di tutte le cautele alle quali si erano preparati. Questa volta fece bene attenzione ad usare la stessa forza del precedente colpo.
La Contessa lo guardò, senza odio ma con piglio serio, capendo che, forse, aveva ottenuto ciò che voleva.
Abbassò lo sguardo a terra e stette in silenzio, in attesa.
François fu stupito di quanto accaduto. Ora era quasi lucido e lo sguardo della donna prima di odio, poi severo e, in ultimo, abbassato a terra e non più alzato, ebbe l’effetto di eccitarlo, trasmettendo al cazzo le prime reazioni.
Guardò Annette. Anche lei aveva adesso uno sguardo diverso, più acceso seppur ancora titubante.
Vivevano in una piccola postazione, isolata, dove c’erano solo loro e, per chilometri, nessun altro.
Forse anche per questo la Contessa aveva fatto cadere la sua scelta su di loro.
Erano impauriti, ovviamente. Pensarono inizialmente che fosse tutto uno scherzo ma, d’altro canto, se tale l’avessero colto e non fossero stati all’altezza delle aspettative della Contessa, mala sorte li avrebbe colti, forse peggiore.
I primi giorni vennero occupati per metabolizzare la situazione, con tutti i pro e contro sui quali, in ogni caso, non avevano alcuna possibilità di incidere.
Avevano una sola scelta. O avrebbero fatto ciò che la Padrona richiedeva oppure no. Nel primo caso, se fosse stato uno scherzo, ne avrebbero pagate le conseguenze. Tuttavia, anche nel secondo caso, se, invece, non fosse stato uno scherzo, ne avrebbero comunque pagate le conseguenze.
I giorni successivi ancora, nella speranza che il primo incontro sarebbe avvenuto il più in là possibile nel tempo, vennero utilizzati per decidere cosa farle fare e, così facendo, prendere coscienza della situazione.
Più ne parlavano, più si rendevano conto che per fare ciò che la Contessa richiedeva, avrebbero dovuto trattarla veramente come una schiava.
Si abituarono sempre più all’idea e, alla fine, non videro l’ora che la Signora decidesse di iniziare il gioco.
Se fosse andata bene, si sarebbero divertiti. Se, invece, fosse andata male, sapevano già ciò che sarebbe loro capitato.
Eventualmente sarebbe stata la Contessa a fermare il rapporto. Avrebbero anche potuto avere molto divertimento dalla cosa, divertimento e comodità.
Voleva fare la schiava? Bene, sarebbe stata trattata come una schiava.
L’opportunità avrebbe anche potuto costituire una sorta di rivalsa e, forse, anche questo era uno dei motivi per i quali erano stati scelti dei contadini in un posto sperduto.
La saggezza della gente di campagna, comunque, sarebbe stata loro di aiuto, abituati a compiere atti, verificare, aspettare e, in ultimo, raccogliere i frutti.
Avrebbero iniziato con cose semplici, forti ma non eccessivamente compromettenti, così da poter fare in qualsiasi momento marcia indietro.
La Contessa fece sapere che sarebbe arrivata il giorno dopo, senza comunicare l’ora.
Certamente, schiava va bene, ma restava comunque la Contessa e sarebbero stati loro a doversi attenere alle sue esigenze.
Arrivò da sola, come era logico immaginarsi. Dubitavano che altri sarebbero stati messi al corrente dei loro accordi.
Dalle loro bocche, ovviamente, non sarebbe uscito nulla. Non c’era stato bisogno di questo avvertimento.
Si presentò riccamente vestita, con indosso gioielli che mai avrebbero potuto immaginare di vedere da vicino.
Restarono basiti in quanto si sarebbero aspettati un abbigliamento consono a ciò che sarebbe avvenuto. Il vestito è la fotografia dell’ambiente sociale cui si appartiene ed i gioielli la forza del patrimonio con il quale si vive nel proprio ambiente sociale.
Furono intimoriti. Si guardarono e restarono impietriti quando la videro scendere dalla carrozza che lei stessa aveva guidato.
“Non dobbiamo farci intimorire, Annette”.
“Dici bene tu, ma guarda che donna”.
“Possono essere due cose: la prima è che non poteva uscire vestita come una stracciona; la seconda è che ci vuole mettere alla prova”.
“La terza è che non ne usciamo vivi da questa roba”.
Eloise lasciò carro e cavallo in mezzo al cortile. Era abituata a farsi servire, la stronza.
Si diresse in quella povera casa con l’altezzosità tipica di chi guarda dall’alto esseri che considera inferiori.
Entrò senza chiedere permesso e porse la borsa a François.
L’uomo la guardò e, inaspettatamente per sé in primo luogo e, soprattutto per la Contessa, le diede un forte schiaffo che la fece spostare e cadere.
Non era sua intenzione colpire così forte. Non aveva saputo dosare la propria forza su un corpo che, comunque, è gracile rispetto a quelli cui lui era abituato.
Annette sbiancò ma lui nemmeno se ne accorse, concentrato a vedere quella ricca donna a terra, ai suoi piedi, che lo guardava con odio.
Ancora inaspettatamente, le si avvicinò e le diede un altro schiaffo, dimentico di tutte le cautele alle quali si erano preparati. Questa volta fece bene attenzione ad usare la stessa forza del precedente colpo.
La Contessa lo guardò, senza odio ma con piglio serio, capendo che, forse, aveva ottenuto ciò che voleva.
Abbassò lo sguardo a terra e stette in silenzio, in attesa.
François fu stupito di quanto accaduto. Ora era quasi lucido e lo sguardo della donna prima di odio, poi severo e, in ultimo, abbassato a terra e non più alzato, ebbe l’effetto di eccitarlo, trasmettendo al cazzo le prime reazioni.
Guardò Annette. Anche lei aveva adesso uno sguardo diverso, più acceso seppur ancora titubante.
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