Inferno o paradiso Nono episodio
di
Davide Sebastiani
genere
dominazione
Marzia prese per un braccio Filippo e lo accompagnò fuori dalla stanza.
Camminavano appaiati lungo il corridoio di quell'ospedale ed il ragazzo
cominciò a confrontarsi con la realtà di quel mondo così uguale e allo
stesso tempo così diverso. C'era un viavai frenetico e al contempo ordinato
in quell'ospedale e Filippo ebbe modo di incrociare diverse persone lungo
quel breve tragitto che lo portava fuori dall'ospedale. Le donne erano tutte
gigantesse e di questo ormai se ne era reso conto perfettamente. La loro
altezza variava da un minimo di un metro e ottanta fino a toccare i due metri,
tutte straordinariamente belle e vestite succintamente o comunque in maniera
sensuale. Non riusciva neanche a dare un'età a quelle meravigliose creature.
Anche quelle che sembravano più avanti negli anni avevano un fisico
strepitoso e un abbigliamento tale da far rigirare qualunque maschio, degno
di ritenersi tale, del suo mondo. Incontrò finalmente anche parecchi uomini.
Erano, come aveva intuito dai discorsi di Marzia, di bassa statura. Il più
alto riusciva a malapena a sfiorare il metro e cinquantacinque centimetri
creando così un dislivello con le donne che li accompagnavano veramente
comico. Egli stesso, pur essendo notevolmente più alto di tutti gli altri
maschi che aveva incontrato, era in enorme imbarazzo accanto a Marzia che lo
superava di dodici centimetri almeno, ai quali si aggiungevano diversi
centimetri di tacchi. Incontrò anche un uomo che stava facendo le pulizie.
Evidentemente i lavori più umili erano destinati alle persone del suo sesso.
Ora si rendeva anche conto per quale motivo lui fosse considerato così
attraente dalle donne di questa dimensione. Lui che era un normale ragazzo di
aspetto gradevole nel suo mondo, in questo diventava un'autentica bomba sexy
e in effetti aveva notato come tutte le donne che aveva incrociato non
avevano potuto fare a meno di osservarlo, magari di sottecchi visto che anche
lui era a fianco di una donna. Finalmente giunsero all'uscita dell'ospedale.
Davanti a loro ora c'era un enorme parcheggio con centinaia di autovetture,
tutte dall'aspetto stranissimo, almeno per lui. Marzia, sempre prendendolo per
un braccio, si diresse verso il parcheggio riservato alle auto della polizia e
lo fece salire sulla vettura. Entrato nell'abitacolo Filippo si guardò
intorno pieno di stupore. Quella vettura era una meraviglia tecnologica e da
questo sembrava ovvio che quel mondo amazzonico fosse più modernizzato
rispetto al suo. Magari i diritti civili erano inesistenti, almeno per quanto riguardava gli uomini, ma la tecnologia era un passo avanti. Appena la vettura si mise in moto, rimase con il naso attaccato al finestrino per osservare, come un bambino curioso, tutto quello che lo circondava e per prima cosa si rese conto che quella non era certo la Roma che conosceva, la città in cui era nato e cresciuto. Sembrava piuttosto una città come quelle dei film rosa americani degli anni cinquanta, con poco traffico, pulita, tutto il contrario della sua Roma, caotica, sporca, ma anche affascinante e piena di vita. Poi improvvisamente lo scenario cambiò e le costruzioni moderne lasciarono il posto a qualcosa che Filippo conosceva molto bene. Dovevano essere entrati nel centro storico di quella città e il ragazzo rimase a bocca aperta ammirando la grandiosità di quello che nel suo mondo era considerato il monumento più famoso che esisteva: il Colosseo e nelle sue vicinanze il Foro Romano. Poi la meraviglia dell'arco di Costantino e giù in fondo a quella via ecco le Terme di Caracalla al termine del quale riconobbe senza esitazione il suo fiume, il Tevere. Chissà come si chiamavano tutti questi monumenti in questo mondo. Erano tutti uguali a quelli che conosceva anche se erano più curati, tutti in ottimo stato. Filippo continuava imbambolato ad osservare tutte quelle meraviglie mentre l'automobile di Marzia costeggiava il fiume. Ora alla sua destra riconosceva la Bocca della verità ed alla sua sinistra notava l'inconfondibile sagoma dell'Isola Tiberina, l'isoletta come era chiamata da tutti i veri romani. Tutto era però diverso intorno a qui monumenti, i ponti, le case, ma quella era senza dubbio Roma. Non la sua Roma ovviamente, ma qualcosa che assomigliava ad essa. La fantascienza, quando affrontava il tema dei mondi paralleli, li faceva
somiglianti. Anche le persone che vi abitavano erano semplici doppi, mentre in
questo, dopo un'era antica apparentemente simile, pur nella differenza dovuta
al fatto che le donne erano geneticamente superiori all'uomo, l'evoluzione era
stata quasi completamente diversa. Insomma, questa, pur essendo la Terra, era
un mondo alieno per Filippo. Attraversarono un ponte. Ora avrebbe dovuto
trovare Trastevere, ma la strada che percorrevano era larga, a tre corsie,
niente a che vedere con la via che conosceva sempre piena di traffico. Era
più che altro una via commerciale, con tanti negozi, bar e ristoranti, ma
ordinata e precisa, con tante bellissime donne che passeggiavano altere,
sprezzanti e sicure di se stesse e che accompagnavano uomini di circa
cinquanta centimetri più bassi di loro
“ Quelli che vedi sono quasi tutti turisti” disse Marzia interrompendo il silenzio e i pensieri allucinati di Filippo “Vengono da ogni parte del mondo per visitare questa città” Filippo fece cenno alla commissaria di aver compreso. Del resto conosceva molto bene la situazione che, almeno in questo, non differiva molto dalla sua versione e si rimise ad osservare incuriosito tutto quello che lo circondava. Dovevano aver oltrepassato il centro storico perché ora lo scenario era di nuovo differente.
La gente era più scarsa, i negozi quasi inesistenti tranne degli edifici che
sembravano centri commerciali e le abitazioni erano decisamente più moderne.
Filippo continuava ad osservare, incuriosito sempre di più da quello strano mondo quando fu colpito da un gruppo di persone in circolo. Sembrava che
stessero osservando uno spettacolo di piazza e il ragazzo chiese spiegazioni
a Marzia
“ No, non è uno spettacolo” rispose la donna fermando la vettura all'altezza
del capannello di persone “Vado a sincerarmi di cosa sta accadendo. Tu non
muoverti da qua”
Marzia scese dall'auto e anche Filippo, incurante dell'ordine impostogli, fece
altrettanto, spinto dalla curiosità e, mentre la poliziotta si faceva largo
tra la folla sbandierando le sue generalità, poté osservare la scena: una
ragazza stava riempiendo di schiaffi un maschio piangente e sanguinante senza
che nessuno si facesse avanti per porre fine a quel massacro. La ragazza era
naturalmente alta, doveva superare il metro e ottanta, ma non altissima
considerando la media, e il suo corpo statuario strideva con il suo volto da
bambina. Con una mano teneva fermo l'uomo e con l'altra lo picchiava senza
pietà. Marzia raggiunse i due e cominciò a parlottare con la ragazza e
questa lasciò per un attimo la presa sul ragazzo e raccolse una borsa che era
per terra vicino a lei traendone fuori qualcosa che doveva assomigliare a dei
documenti. Filippo spinto dalla curiosità chiese informazioni a un tizio che
gli arrivava a malapena alla spalla pregandolo di parlare lentamente per
poterlo capire. L'uomo sembrò contento di poter spettegolare su qualcuno e
non si fece pregare
“Credo che il ragazzo abbia disobbedito a sua sorella. Ecco perché lo sta
punendo. Io li conosco un po' perché abitano vicino a casa mia e la signorina
non è la prima volta che punisce il fratello duramente. Lui deve essere un bel
po' ribelle”
“ Ma secondo te quanti anni hanno quei due?” incalzò Filippo
“ Il ragazzo avrà sui 25 anni e la signorina lo so per certo che ne ha tredici
La mamma è spesso fuori città per lavoro ed è lei che deve prendersi cura dei fratelli appena esce da scuola. Una brava ragazza con la testa sulle spalle al contrario di questo fratello. Lo sai che mi hanno detto che se l'è fatta con parecchie ragazze del quartiere? Ha proprio una brutta nomea”
Filippo si guardò intorno esterrefatto. Una ragazzina di tredici anni stava
picchiando a sangue il fratello che aveva il doppio dell'età e questa era una
brava ragazza? Osservò Marzia che controllava i loro documenti e pensò che almeno questa vessazione avrebbe avuto fine e invece la commissaria, terminato il controllo, tornò indietro mentre la titanica ragazzina riprese imperterrita a
fare scempio di quel povero ragazzo. Lo alzò per il bavero della giacca
sbattendolo addosso al muro e riprese a schiaffeggiarlo più violentemente di
prima incurante delle grida di pietà e di scuse che uscivano dalla bocca del
fratello.
“ Ma che fa? Urlò il ragazzo alla poliziotta quando questa fu di fronte a
Lui “Non la arresta quella? Ma non vede che lo sta uccidendo?” Per tutta
risposta Marzia alzò il braccio e fece partire anche lei due violenti
schiaffi che si abbatterono come macigni sul volto di Filippo mandandolo
diversi metri all'indietro
“ Questo è l'ultimo avviso che ti do. La prossima volta mi arrabbierò sul
serio. Ti avevo ordinato di non muoverti e invece sei sceso dall'auto. Io ora
ho il pieno diritto su di te, non costringermi ad esercitarlo. Se ti do un
ordine tu devi obbedirmi. Sono stata chiara?”
Filippo osservò la statuaria figura di Marzia e si rese conto che doveva
averla commessa grossa secondo i criteri di obbedienza che vigevano in questo
strano mondo e che finora l'aveva scampata forse proprio per l'attrazione che
la poliziotta provava per lui
“ Si signora, mi scusi” si affrettò a dirle impaurito “non volevo
disobbedirle. Il fatto è che non mi sono abituato ancora a queste situazioni.
Sono così strane per me”
“Ancora con questa storia” pensò Marzia spazientita, poi aiutò Filippo a
rialzarsi ed entrambi rientrarono nell'auto. Al ragazzo ancora bruciavano le
guance ed i suoi occhi erano umidi. Non voleva piangere ancora una volta, ma
alla fine dovette arrendersi e iniziò a lacrimare senza riuscire a
controllarsi. Erano lacrime per gli schiaffi ricevuti che gli facevano ancora
girare la testa, ma erano soprattutto lacrime di impotenza. Impotenza nei
confronti di quella donna alla quale era costretto ad obbedire, lui che era
abituato a cavarsela da solo in ogni circostanza, ma anche impotenza alla
vista di quel ragazzo malmenato. Non riusciva a sopportare quella situazione e
la cosa lo faceva star male. Chiese spiegazioni alla commissaria
“Perché non ha arrestato quella ragazza che picchiava il fratello?”
“ E con quale scusa avrei potuta arrestarla? Era il fratello, non era un
estraneo. Poteva fargli tutto quello che voleva”
“ Io non capisco. Lei ha arrestato quelle tre che volevano violentarmi e non
può fare niente contro quella. Perché?” Marzia sembrava sempre più
spazientita. Possibile che questo ragazzo non fosse a conoscenza delle più
elementari leggi che regolano la vita tra maschi e femmine? O forse faceva
semplicemente l'ingenuo per avvalorare le sue tesi strampalate?
“ Perché quelle tre non avevano nessun diritto su di te” rispose infine sospirando “mentre quella ragazza è la sorella, una familiare e quindi la
responsabile. Perciò può fare quello che vuole con lui. Così come può
farlo una madre, una moglie o qualunque donna abbia pieni diritti su un
maschio. Gli stessi diritti che ho io adesso nei tuoi confronti da quando la
giudice ha firmato l'atto e che contemplano la totale obbedienza e
sottomissione da parte tua nei miei confronti”
“ Ma così lo ucciderà” insistette Filippo
“ Ed allora pagherà una multa salata. Questa è la legge che vige in tutto il
mondo e soprattutto nell'impero romano, e io sono pagata per far rispettare
la legge” Filippo si lasciò cadere quasi senza forze sullo schienale
dell'auto. Dunque, se la poliziotta avesse voluto, avrebbe potuto ucciderlo, ed
era in grado di farlo senza il minimo sforzo, senza essere accusata di
omicidio, pagando una semplice miserabile multa. Ora si che lo sconforto si
era abbattuto su di lui. Ora si che era convinto che quello fosse l'inferno.
L'inferno degli uomini.
Per commentare questa storia, scrivete a
davidmuscolo@tiscali.it
Camminavano appaiati lungo il corridoio di quell'ospedale ed il ragazzo
cominciò a confrontarsi con la realtà di quel mondo così uguale e allo
stesso tempo così diverso. C'era un viavai frenetico e al contempo ordinato
in quell'ospedale e Filippo ebbe modo di incrociare diverse persone lungo
quel breve tragitto che lo portava fuori dall'ospedale. Le donne erano tutte
gigantesse e di questo ormai se ne era reso conto perfettamente. La loro
altezza variava da un minimo di un metro e ottanta fino a toccare i due metri,
tutte straordinariamente belle e vestite succintamente o comunque in maniera
sensuale. Non riusciva neanche a dare un'età a quelle meravigliose creature.
Anche quelle che sembravano più avanti negli anni avevano un fisico
strepitoso e un abbigliamento tale da far rigirare qualunque maschio, degno
di ritenersi tale, del suo mondo. Incontrò finalmente anche parecchi uomini.
Erano, come aveva intuito dai discorsi di Marzia, di bassa statura. Il più
alto riusciva a malapena a sfiorare il metro e cinquantacinque centimetri
creando così un dislivello con le donne che li accompagnavano veramente
comico. Egli stesso, pur essendo notevolmente più alto di tutti gli altri
maschi che aveva incontrato, era in enorme imbarazzo accanto a Marzia che lo
superava di dodici centimetri almeno, ai quali si aggiungevano diversi
centimetri di tacchi. Incontrò anche un uomo che stava facendo le pulizie.
Evidentemente i lavori più umili erano destinati alle persone del suo sesso.
Ora si rendeva anche conto per quale motivo lui fosse considerato così
attraente dalle donne di questa dimensione. Lui che era un normale ragazzo di
aspetto gradevole nel suo mondo, in questo diventava un'autentica bomba sexy
e in effetti aveva notato come tutte le donne che aveva incrociato non
avevano potuto fare a meno di osservarlo, magari di sottecchi visto che anche
lui era a fianco di una donna. Finalmente giunsero all'uscita dell'ospedale.
Davanti a loro ora c'era un enorme parcheggio con centinaia di autovetture,
tutte dall'aspetto stranissimo, almeno per lui. Marzia, sempre prendendolo per
un braccio, si diresse verso il parcheggio riservato alle auto della polizia e
lo fece salire sulla vettura. Entrato nell'abitacolo Filippo si guardò
intorno pieno di stupore. Quella vettura era una meraviglia tecnologica e da
questo sembrava ovvio che quel mondo amazzonico fosse più modernizzato
rispetto al suo. Magari i diritti civili erano inesistenti, almeno per quanto riguardava gli uomini, ma la tecnologia era un passo avanti. Appena la vettura si mise in moto, rimase con il naso attaccato al finestrino per osservare, come un bambino curioso, tutto quello che lo circondava e per prima cosa si rese conto che quella non era certo la Roma che conosceva, la città in cui era nato e cresciuto. Sembrava piuttosto una città come quelle dei film rosa americani degli anni cinquanta, con poco traffico, pulita, tutto il contrario della sua Roma, caotica, sporca, ma anche affascinante e piena di vita. Poi improvvisamente lo scenario cambiò e le costruzioni moderne lasciarono il posto a qualcosa che Filippo conosceva molto bene. Dovevano essere entrati nel centro storico di quella città e il ragazzo rimase a bocca aperta ammirando la grandiosità di quello che nel suo mondo era considerato il monumento più famoso che esisteva: il Colosseo e nelle sue vicinanze il Foro Romano. Poi la meraviglia dell'arco di Costantino e giù in fondo a quella via ecco le Terme di Caracalla al termine del quale riconobbe senza esitazione il suo fiume, il Tevere. Chissà come si chiamavano tutti questi monumenti in questo mondo. Erano tutti uguali a quelli che conosceva anche se erano più curati, tutti in ottimo stato. Filippo continuava imbambolato ad osservare tutte quelle meraviglie mentre l'automobile di Marzia costeggiava il fiume. Ora alla sua destra riconosceva la Bocca della verità ed alla sua sinistra notava l'inconfondibile sagoma dell'Isola Tiberina, l'isoletta come era chiamata da tutti i veri romani. Tutto era però diverso intorno a qui monumenti, i ponti, le case, ma quella era senza dubbio Roma. Non la sua Roma ovviamente, ma qualcosa che assomigliava ad essa. La fantascienza, quando affrontava il tema dei mondi paralleli, li faceva
somiglianti. Anche le persone che vi abitavano erano semplici doppi, mentre in
questo, dopo un'era antica apparentemente simile, pur nella differenza dovuta
al fatto che le donne erano geneticamente superiori all'uomo, l'evoluzione era
stata quasi completamente diversa. Insomma, questa, pur essendo la Terra, era
un mondo alieno per Filippo. Attraversarono un ponte. Ora avrebbe dovuto
trovare Trastevere, ma la strada che percorrevano era larga, a tre corsie,
niente a che vedere con la via che conosceva sempre piena di traffico. Era
più che altro una via commerciale, con tanti negozi, bar e ristoranti, ma
ordinata e precisa, con tante bellissime donne che passeggiavano altere,
sprezzanti e sicure di se stesse e che accompagnavano uomini di circa
cinquanta centimetri più bassi di loro
“ Quelli che vedi sono quasi tutti turisti” disse Marzia interrompendo il silenzio e i pensieri allucinati di Filippo “Vengono da ogni parte del mondo per visitare questa città” Filippo fece cenno alla commissaria di aver compreso. Del resto conosceva molto bene la situazione che, almeno in questo, non differiva molto dalla sua versione e si rimise ad osservare incuriosito tutto quello che lo circondava. Dovevano aver oltrepassato il centro storico perché ora lo scenario era di nuovo differente.
La gente era più scarsa, i negozi quasi inesistenti tranne degli edifici che
sembravano centri commerciali e le abitazioni erano decisamente più moderne.
Filippo continuava ad osservare, incuriosito sempre di più da quello strano mondo quando fu colpito da un gruppo di persone in circolo. Sembrava che
stessero osservando uno spettacolo di piazza e il ragazzo chiese spiegazioni
a Marzia
“ No, non è uno spettacolo” rispose la donna fermando la vettura all'altezza
del capannello di persone “Vado a sincerarmi di cosa sta accadendo. Tu non
muoverti da qua”
Marzia scese dall'auto e anche Filippo, incurante dell'ordine impostogli, fece
altrettanto, spinto dalla curiosità e, mentre la poliziotta si faceva largo
tra la folla sbandierando le sue generalità, poté osservare la scena: una
ragazza stava riempiendo di schiaffi un maschio piangente e sanguinante senza
che nessuno si facesse avanti per porre fine a quel massacro. La ragazza era
naturalmente alta, doveva superare il metro e ottanta, ma non altissima
considerando la media, e il suo corpo statuario strideva con il suo volto da
bambina. Con una mano teneva fermo l'uomo e con l'altra lo picchiava senza
pietà. Marzia raggiunse i due e cominciò a parlottare con la ragazza e
questa lasciò per un attimo la presa sul ragazzo e raccolse una borsa che era
per terra vicino a lei traendone fuori qualcosa che doveva assomigliare a dei
documenti. Filippo spinto dalla curiosità chiese informazioni a un tizio che
gli arrivava a malapena alla spalla pregandolo di parlare lentamente per
poterlo capire. L'uomo sembrò contento di poter spettegolare su qualcuno e
non si fece pregare
“Credo che il ragazzo abbia disobbedito a sua sorella. Ecco perché lo sta
punendo. Io li conosco un po' perché abitano vicino a casa mia e la signorina
non è la prima volta che punisce il fratello duramente. Lui deve essere un bel
po' ribelle”
“ Ma secondo te quanti anni hanno quei due?” incalzò Filippo
“ Il ragazzo avrà sui 25 anni e la signorina lo so per certo che ne ha tredici
La mamma è spesso fuori città per lavoro ed è lei che deve prendersi cura dei fratelli appena esce da scuola. Una brava ragazza con la testa sulle spalle al contrario di questo fratello. Lo sai che mi hanno detto che se l'è fatta con parecchie ragazze del quartiere? Ha proprio una brutta nomea”
Filippo si guardò intorno esterrefatto. Una ragazzina di tredici anni stava
picchiando a sangue il fratello che aveva il doppio dell'età e questa era una
brava ragazza? Osservò Marzia che controllava i loro documenti e pensò che almeno questa vessazione avrebbe avuto fine e invece la commissaria, terminato il controllo, tornò indietro mentre la titanica ragazzina riprese imperterrita a
fare scempio di quel povero ragazzo. Lo alzò per il bavero della giacca
sbattendolo addosso al muro e riprese a schiaffeggiarlo più violentemente di
prima incurante delle grida di pietà e di scuse che uscivano dalla bocca del
fratello.
“ Ma che fa? Urlò il ragazzo alla poliziotta quando questa fu di fronte a
Lui “Non la arresta quella? Ma non vede che lo sta uccidendo?” Per tutta
risposta Marzia alzò il braccio e fece partire anche lei due violenti
schiaffi che si abbatterono come macigni sul volto di Filippo mandandolo
diversi metri all'indietro
“ Questo è l'ultimo avviso che ti do. La prossima volta mi arrabbierò sul
serio. Ti avevo ordinato di non muoverti e invece sei sceso dall'auto. Io ora
ho il pieno diritto su di te, non costringermi ad esercitarlo. Se ti do un
ordine tu devi obbedirmi. Sono stata chiara?”
Filippo osservò la statuaria figura di Marzia e si rese conto che doveva
averla commessa grossa secondo i criteri di obbedienza che vigevano in questo
strano mondo e che finora l'aveva scampata forse proprio per l'attrazione che
la poliziotta provava per lui
“ Si signora, mi scusi” si affrettò a dirle impaurito “non volevo
disobbedirle. Il fatto è che non mi sono abituato ancora a queste situazioni.
Sono così strane per me”
“Ancora con questa storia” pensò Marzia spazientita, poi aiutò Filippo a
rialzarsi ed entrambi rientrarono nell'auto. Al ragazzo ancora bruciavano le
guance ed i suoi occhi erano umidi. Non voleva piangere ancora una volta, ma
alla fine dovette arrendersi e iniziò a lacrimare senza riuscire a
controllarsi. Erano lacrime per gli schiaffi ricevuti che gli facevano ancora
girare la testa, ma erano soprattutto lacrime di impotenza. Impotenza nei
confronti di quella donna alla quale era costretto ad obbedire, lui che era
abituato a cavarsela da solo in ogni circostanza, ma anche impotenza alla
vista di quel ragazzo malmenato. Non riusciva a sopportare quella situazione e
la cosa lo faceva star male. Chiese spiegazioni alla commissaria
“Perché non ha arrestato quella ragazza che picchiava il fratello?”
“ E con quale scusa avrei potuta arrestarla? Era il fratello, non era un
estraneo. Poteva fargli tutto quello che voleva”
“ Io non capisco. Lei ha arrestato quelle tre che volevano violentarmi e non
può fare niente contro quella. Perché?” Marzia sembrava sempre più
spazientita. Possibile che questo ragazzo non fosse a conoscenza delle più
elementari leggi che regolano la vita tra maschi e femmine? O forse faceva
semplicemente l'ingenuo per avvalorare le sue tesi strampalate?
“ Perché quelle tre non avevano nessun diritto su di te” rispose infine sospirando “mentre quella ragazza è la sorella, una familiare e quindi la
responsabile. Perciò può fare quello che vuole con lui. Così come può
farlo una madre, una moglie o qualunque donna abbia pieni diritti su un
maschio. Gli stessi diritti che ho io adesso nei tuoi confronti da quando la
giudice ha firmato l'atto e che contemplano la totale obbedienza e
sottomissione da parte tua nei miei confronti”
“ Ma così lo ucciderà” insistette Filippo
“ Ed allora pagherà una multa salata. Questa è la legge che vige in tutto il
mondo e soprattutto nell'impero romano, e io sono pagata per far rispettare
la legge” Filippo si lasciò cadere quasi senza forze sullo schienale
dell'auto. Dunque, se la poliziotta avesse voluto, avrebbe potuto ucciderlo, ed
era in grado di farlo senza il minimo sforzo, senza essere accusata di
omicidio, pagando una semplice miserabile multa. Ora si che lo sconforto si
era abbattuto su di lui. Ora si che era convinto che quello fosse l'inferno.
L'inferno degli uomini.
Per commentare questa storia, scrivete a
davidmuscolo@tiscali.it
0
voti
voti
valutazione
0
0
Continua a leggere racconti dello stesso autore
racconto precedente
Inferno o paradiso Ottavo episodioracconto sucessivo
Inferno o paradiso Decimo episodio
Commenti dei lettori al racconto erotico